Vaticano

Le finanze vaticane, i bilanci dello IOR e dell'Obbligo di San Pietro

Esiste un legame intrinseco tra i bilanci degli Oblati di San Pietro e l'Istituto per le opere di religione.

Andrea Gagliarducci-12 luglio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Esiste una stretta relazione tra la dichiarazione annuale della Obolo di San Pietro e il bilancio dell'Istituto delle Opere di Religione, la cosiddetta "banca vaticana". Perché l'obolo è destinato alla carità del Papa, ma questa carità si esprime anche nel sostegno alla struttura della Curia romana, un immenso "bilancio missionario" che ha spese ma non tante entrate, e che deve continuare a pagare gli stipendi. E perché lo IOR, da qualche tempo, contribuisce volontariamente con i suoi utili proprio al Papa, e questi utili servono ad alleggerire il bilancio della Santa Sede. 

Da anni lo IOR non ha più gli stessi profitti del passato, per cui la quota destinata al Papa è diminuita nel corso degli anni. La stessa situazione vale per l'Obolo, le cui entrate sono diminuite nel corso degli anni e che ha dovuto affrontare anche questa diminuzione del sostegno dello IOR. Tanto che nel 2022 ha dovuto raddoppiare le sue entrate con una generale dismissione di beni.

Ecco perché i due bilanci, pubblicati il mese scorso, sono in qualche modo collegati. Dopo tutto, il Le finanze del Vaticano sono sempre stati collegati e tutto contribuisce ad aiutare la missione del Papa. 

Ma analizziamo i due bilanci più in dettaglio.

Il globo di San Pietro

Lo scorso 29 giugno gli Oblati di San Pietro hanno presentato il loro bilancio annuale. Le entrate sono state di 52 milioni, ma le spese sono state di 103,4 milioni, di cui 90 milioni per la missione apostolica del Santo Padre. Nella missione sono incluse le spese della Curia, che ammontano a 370,4 milioni. L'Obbligo contribuisce quindi con 24% al bilancio della Curia. 

Solo 13 milioni sono andati in beneficenza, a cui però vanno aggiunte le donazioni di Papa Francesco attraverso altri dicasteri della Santa Sede per un totale di 32 milioni, di cui 8 in beneficenza. finanziato direttamente dall'Obolo.

In sintesi, tra il Fondo Obolo e i fondi dei dicasteri parzialmente finanziati dall'Obolo, la carità del Papa ha finanziato 236 progetti, per un totale di 45 milioni. Tuttavia, il bilancio merita alcune osservazioni.

È questo il vero uso dell'Obbligo di San Pietro, che spesso viene associato alla carità del Papa? Sì, perché lo scopo stesso dell'Obbligo è quello di sostenere la missione della Chiesa, ed è stato definito in termini moderni nel 1870, dopo che la Santa Sede ha perso lo Stato Pontificio e non aveva più entrate per far funzionare la macchina.

Detto questo, è interessante che il bilancio degli Oblati possa essere dedotto anche dal bilancio della Curia. Dei 370,4 milioni di fondi preventivati, il 38,9% è destinato alle Chiese locali in difficoltà e in contesti specifici di evangelizzazione, per un totale di 144,2 milioni.

I fondi per il culto e l'evangelizzazione ammontano a 48,4 milioni, pari al 13,1%.

La diffusione del messaggio, cioè l'intero settore della comunicazione vaticana, rappresenta il 12,1% del bilancio, con un totale di 44,8 milioni.

37 milioni di euro (10,9% del bilancio) sono andati a sostegno delle nunziature apostoliche, mentre 31,9 milioni (8,6% del totale) sono stati destinati al servizio della carità - proprio i soldi donati da Papa Francesco attraverso i dicasteri -, 20,3 milioni all'organizzazione della vita ecclesiale, 17,4 milioni al patrimonio storico, 10,2 milioni alle istituzioni accademiche, 6,8 milioni allo sviluppo umano, 4,2 milioni a Educazione, Scienza e Cultura e 5,2 milioni a Vita e Famiglia.

Le entrate, come già detto, ammontano a 52 milioni di euro, di cui 48,4 milioni di euro sono donazioni. L'anno scorso le donazioni sono diminuite (43,5 milioni di euro), ma le entrate, grazie alla vendita di immobili, sono state pari a 107 milioni di euro. È interessante notare che ci sono 3,6 milioni di euro di entrate derivanti da rendite finanziarie.

In termini di donazioni, 31,2 milioni provengono dalla raccolta diretta delle diocesi, 21 milioni da donatori privati, 13,9 milioni da fondazioni e 1,2 milioni da ordini religiosi.

I principali Paesi donatori sono gli Stati Uniti (13,6 milioni), l'Italia (3,1 milioni), il Brasile (1,9 milioni), la Germania e la Corea del Sud (1,3 milioni), la Francia (1,6 milioni), il Messico e l'Irlanda (0,9 milioni), la Repubblica Ceca e la Spagna (0,8 milioni).

Il bilancio dello IOR

Il IOR 13 milioni di euro alla Santa Sede, a fronte di un utile netto di 30,6 milioni di euro.

I profitti rappresentano un miglioramento significativo rispetto ai 29,6 milioni di euro del 2022. Tuttavia, le cifre vanno confrontate: si va dagli 86,6 milioni di utili dichiarati nel 2012 - che quadruplicano quelli dell'anno precedente - ai 66,9 milioni del rapporto 2013, ai 69,3 milioni del rapporto 2014, ai 16,1 milioni del rapporto 2015, ai 33 milioni del rapporto 2016 e ai 31,9 milioni del rapporto 2017, fino ai 17,5 milioni del 2018.

Il rapporto 2019, invece, quantifica i profitti in 38 milioni, anch'essi attribuiti al mercato favorevole.

Nel 2020, anno della crisi del COVID, l'utile è stato leggermente inferiore, pari a 36,4 milioni.

Ma nel primo anno post-pandemia, un 2021 non ancora influenzato dalla guerra in Ucraina, il trend è tornato negativo, con un profitto di soli 18,1 milioni di euro, e solo nel 2022 si è tornati alla barriera dei 30 milioni.

Il rapporto IOR 2023 parla di 107 dipendenti e 12.361 clienti, ma anche di un aumento dei depositi della clientela: +4% a 5,4 miliardi di euro. Il numero di clienti continua a diminuire (12.759 nel 2022, addirittura 14.519 nel 2021), ma questa volta diminuisce anche il numero di dipendenti: 117 nel 2022, 107 nel 2023.

Continua quindi il trend negativo della clientela, che deve far riflettere, considerando che lo screening dei conti ritenuti non compatibili con la missione dello IOR è stato completato da tempo.

Ora, anche lo IOR è chiamato a partecipare alla riforma delle finanze vaticane voluta da Papa Francesco. 

Jean-Baptiste de Franssu, presidente del Consiglio di Sovrintendenza, sottolinea nella sua lettera di gestione i numerosi riconoscimenti che lo IOR ha ricevuto per il suo lavoro a favore della trasparenza nell'ultimo decennio, e annuncia: "L'Istituto, sotto la supervisione dell'Autorità di Vigilanza e Informazione Finanziaria (ASIF), è quindi pronto a fare la sua parte nel processo di centralizzazione di tutti i beni vaticani, in conformità con le istruzioni del Santo Padre e tenendo conto degli ultimi sviluppi normativi.

Il team dello IOR è desideroso di collaborare con tutti i dicasteri vaticani, con l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) e di lavorare con il Comitato per gli Investimenti per sviluppare ulteriormente i principi etici del FCI (Faith Consistent Investment) in accordo con la dottrina sociale della Chiesa. È fondamentale che il Vaticano sia visto come un punto di riferimento".

L'autoreAndrea Gagliarducci

Risorse

Confessioni di un cuore inquieto: perché leggere Sant'Agostino?

Sant'Agostino (354-430), uno dei più grandi Padri della Chiesa e pensatori della storia, ha lasciato un'opera immensa che ha segnato profondamente la teologia, la filosofia e la cultura occidentale.

Jerónimo Leal-21 giugno 2025-Tempo di lettura: 8 minuti

Il Papa Leone XIV è un "figlio di Sant'Agostino" e, come tale, lo conosce bene e lo cita nei suoi discorsi. Chi era Sant'Agostino? Che influenza ha ancora oggi su di noi?

Sant'Agostino è, secondo molti, il più grande dei Padri e uno degli intelletti più profondi dell'umanità. La sua grande influenza sui pensatori successivi e il fatto che gli studi su di lui si siano moltiplicati in modo esponenziale ne sono la conferma. La produzione letteraria di Sant'Agostino è immensa e pochissimi dei suoi scritti sono andati perduti: solo dieci dei 93 titoli (232 libri) che egli stesso cita nel libro di San Paolo. Ritrattazioni tre anni prima della sua morte. Lo stile di Agostino rende impossibile dimenticare la sua precedente dedizione alla retorica: il suo linguaggio abbonda di idee e parabole, talvolta difficili da tradurre, ma che rispondono sempre con grande sincerità a ciò che intende comunicare e, tuttavia, non disdegnava di usare un linguaggio volgare quando lo riteneva più adatto all'uditorio.

Fonti agostiniane

Esistono quattro fonti contemporanee sulla sua vita e con esse sarebbe possibile ricostruire la sua vita quasi giorno per giorno. 

1. Il ConfessioniQuest'opera autobiografica, la più popolare di tutti i tempi, scritta poco dopo la sua elezione a vescovo, tra il 397 (morte di Ambrogio) e il 400, è di straordinario valore, non solo per seguire il suo percorso spirituale, ma anche come testimonianza antica di innumerevoli aspetti della psicologia umana, delle reazioni dell'uomo a se stesso, agli altri e a Dio.

2. Il Ritrattazioniscritto verso la fine della sua vita (427), è un giudizio, con correzioni, delle sue opere precedenti e una descrizione dei motivi che lo spinsero a scriverle, ed è un'opera fondamentale per conoscere l'anima e i motivi che ispirano i suoi scritti.

3. L'epistolario, molto abbondante, in cui risolve questioni postegli dai suoi contemporanei o le sottopone ad altri, come ad esempio a San Girolamo.

4. Di eccezionale importanza e valore storico è anche la Vita di Agostino da Posidio, suo discepolo e fedele amico, scritto tra il 431 e il 439.

La vita di Agostino può essere suddivisa in diversi periodi.

1. Dalla nascita alla conversione (354-386). 

Agostino nacque il 13 novembre 354 a Tagaste (Numidia). Studiò a Tagaste, Madaura e Cartagine. Conosceva perfettamente la lingua e la cultura latina, ma non il greco né la lingua punica. Fu educato come cristiano dalla madre Monica, ma non fu battezzato. All'età di 17 anni (373) ebbe un figlio naturale, Adeodato. Nello stesso anno lesse il Ortensio Cicerone (106-43 a.C.), un'opera ormai perduta che era un'esortazione alla filosofia, attraverso la quale iniziò il suo ritorno alla fede. Poco dopo, lesse anche le Scritture, ma fu scoraggiato dallo stile povero, inadatto a un insegnante di retorica. In questo periodo iniziò a insegnare grammatica e retorica, prima a Tagaste (374), poi a Cartagine (375-383) e a Roma (384), infine a Milano (autunno 384-estate 386). In questo periodo scrisse (380) la sua prima opera: De pulchro et apto (perso). 

Era un seguace della dottrina manichea, che offriva una soluzione radicale al problema del male, dividendo la realtà in due principi opposti, la luce e le tenebre (il bene e il male), che coesistono nell'uomo, il quale deve separarli per potersi salvare. Questa separazione avviene, secondo i manichei, rispettando i tre sigilli: della bocca (che proibisce le parole e i cibi impuri), delle mani (che proibisce il lavoro manuale, in particolare la coltivazione dei campi e il sacrificio di animali) e del petto (che proibisce i pensieri cattivi e il matrimonio, poiché impedisce alla luce di dissociarsi dalla materia).

Agostino non arrivò a credere profondamente nel manicheismo, pur accettando il razionalismo, il materialismo e il dualismo, ma con lo studio si convinse dell'inconsistenza della religione di Manes, soprattutto dopo un dialogo con il vescovo manicheo Faustus, che lo fece cadere nello scetticismo, e quando ascoltò la predicazione di sant'Ambrogio scoprì la chiave di lettura dell'Antico Testamento e giunse alla convinzione che l'autorità su cui si fonda la fede è la Scrittura letta nella Chiesa.

2. Dalla conversione all'episcopato (386-396). 

Nell'ottobre del 385 Agostino si ritirò a Casiciaco (forse l'attuale Cossago, in Brianza) per prepararsi al battesimo. Rinuncia poi alla carriera e al matrimonio. La lettura dei platonici lo aiutò a risolvere i problemi filosofici del materialismo e del male, il primo partendo dal mondo interiore, il secondo interpretando il male come una privazione del bene: il male non viene da Dio, né direttamente né indirettamente, poiché è una mancanza di essere e non ha bisogno di una causa. 

In novembre scrisse diversi trattati filosofici. Due in particolare spiccano come punti principali della sua filosofia. Il primo è che l'interiorità dell'uomo è essa stessa un riflesso oggettivo della realtà, per cui studiando l'anima umana si può comprendere molto meglio ciò che sta fuori dall'uomo. Il secondo è la nozione di partecipazione: tutti i beni limitati che conosciamo sono tali in virtù della partecipazione all'unico Bene supremo, che è Dio. Secondo Agostino, la fede è necessaria per l'attività intellettuale, crede ut intelligasma crede di avere l'intelligenza, ed è per questo che dice anche intellige ut credas. In queste due espressioni si può riassumere il pensiero di Agostino sul rapporto tra fede e ragione. 

A marzo torna a Milano, inizia il catecumenato e viene battezzato da Ambrogio il 25 aprile, vigilia di Pasqua. Dopo il battesimo decide di tornare in Africa per dedicarsi al servizio di Dio. Lascia Milano, ma a Ostia la madre Monica si ammala inaspettatamente e muore. Agostino decise allora di tornare a Roma, interessandosi alla vita monastica e alla scrittura. A questo periodo risalgono altri trattati filosofici. Rimase a Roma fino al luglio o all'agosto del 388; poi partì per l'Africa e si ritirò a Tagaste, dove mise in pratica il suo programma di vita ascetica. In seguito scrisse soprattutto contro i manichei, come ad esempio i De Genesi contro Manichaeos (388-389). Suo figlio Adeodato morì in questo periodo (tra il 389 e il 391). 

Nel 391 si recò a Ippona per fondare un monastero, ma inaspettatamente il vescovo gli conferì l'ordinazione sacerdotale. A questo periodo risalgono le sue prime omelie. Il 28-29 agosto 392 si svolse a Ippona la disputa con il manicheo Fortunato. Scrive allora a Girolamo, chiedendogli le traduzioni latine dei commentari greci sulla Bibbia, e compone la Enarrationes in Psalmos (i commenti ai primi 32 salmi nel 392, ma lo concluse nel 420) e la Salmo contra partem Donati

Il 17 gennaio 395 morì Teodosio e furono nominati imperatori Arcadio (Oriente) e Onorio (Occidente). Nello stesso anno o in quello successivo (395-396) ricevette la consacrazione episcopale, essendo per qualche tempo coadiutore di Valerio e dal 397 vescovo di Ippona. Lasciò quindi il monastero laico, ma fondò un monastero clericale nella casa del vescovo.

3. Dall'episcopato alla controversia pelagiana (396-410). 

La sua attività episcopale fu intensa: predicò ininterrottamente, partecipò alle udienze episcopali per giudicare le cause, si occupò dei poveri, dei malati e degli orfani, della formazione del clero, dell'organizzazione dei monasteri, fece molti lunghi viaggi per partecipare ai concili africani, intervenne senza sosta nelle polemiche contro manichei, donatisti, pelagiani, ariani e pagani. 

Il donatismo, dal nome di uno dei suoi primi rappresentanti, Donato, il primo movimento scismatico, divenne un'eresia dichiarata: coloro che ritenevano di aver mantenuto un comportamento corretto durante la persecuzione di Diocleziano rifiutarono come pastori coloro che avevano visto vacillare nella persecuzione e crearono una propria gerarchia che raddoppiò il numero dei vescovi. Entrambi si appellarono all'autorità imperiale, che decise ripetutamente a favore della gerarchia cattolica. Ma i vescovi donatisti non rispettarono nessuna delle decisioni imperiali, finché Costantino dovette optare per una repressione violenta. Il Donatismo non ebbe alcuna influenza al di fuori dell'Africa, ma era ancora vivo cento anni dopo, al tempo di Agostino, e sembra che non sia scomparso fino all'estinzione del cristianesimo, iniziata con i Vandali e terminata con i musulmani. 

Agostino dovette organizzare il dibattito con Proculiano, vescovo donatista di Ippona, e altri donatisti (395-396). Il suo insegnamento sulla Chiesa è particolarmente illuminante. La Chiesa dei donatisti non può essere la vera Chiesa, perché in essa non si trovano l'unità, la santità, l'apostolicità e la cattolicità. Al di fuori della Chiesa non c'è salvezza. Anche se nel suo seno ci sono dei peccatori, la Chiesa è santa. Per quanto riguarda il battesimo e i sacramenti in generale, Agostino insegna che la loro validità non dipende dalla santità di chi li amministra, perché la loro efficacia viene da Cristo, non dal ministro. Appartiene a questa prima fase del suo episcopato il De doctrina christiana (terminato nel 426), che si potrebbe definire un'introduzione alle Sacre Scritture, in cui tratta delle conoscenze pagane necessarie per lo studio della Bibbia, della sua interpretazione e del suo utilizzo nella predicazione, e allo stesso tempo propone uno schema di educazione cristiana che si avvale anche della cultura pagana.

A questo periodo risalgono anche altre opere contro i manichei e i Confessioni (397-400). Nel 399 il De Trinitate. L'esposizione di Agostino della Trinità è più chiara e profonda di quelle dei Padri precedenti. Fedele al suo principio di cercare nell'uomo la luce per comprendere l'esterno, spiega che l'anima umana possiede una somiglianza con la Trinità nelle sue tre facoltà: memoria, intelligenza e volontà. Così, il Figlio procede dal Padre per mezzo dell'intelligenza, come aveva già detto Tertulliano, e lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio per mezzo della volontà o amore. Il 7-12 dicembre 404 ebbe un dibattito pubblico con Felice il manicheo. 

4. La polemica pelagiana (410-430). 

Il 24 agosto 410 Alarico saccheggiò Roma e Pelagio si recò a Ippona. Agostino fu l'anima del concilio del 411 tra cattolici e donatisti e il principale artefice della risoluzione della controversia pelagiana. Alla fine di quest'anno ricevette la notizia della diffusione delle dottrine pelagiane a Cartagine e della condanna di Celestio in un processo a cui Agostino non aveva partecipato. 

La controversia sulla grazia si svolgeva solo tra vescovi e specialisti, senza la partecipazione del popolo in un senso o nell'altro. In modo schematico si potrebbe dire che Pelagio sosteneva che l'uomo può fare il bene ed evitare il male con le proprie forze e che il peccato di Adamo non si trasmette come tale ai suoi discendenti: per loro è solo un cattivo esempio. In Africa, Pelagio fu contrastato da Sant'Agostino, che, in occasione della controversia, sviluppò la dottrina che gli valse in seguito il titolo di Medico di grazia. Questa dottrina consiste essenzialmente nell'affermare che l'uomo è stato creato in uno stato di giustizia originaria, di innocenza, che Adamo ha perso per sé e per i suoi discendenti con il peccato originale: tutti gli uomini hanno contratto la colpa, perché tutti hanno peccato in Adamo e sono stati resi massa damnata. Questo peccato si trasmette di generazione in generazione e provoca una separazione da Dio, a cui si pone rimedio con il battesimo: l'uomo ha bisogno dell'aiuto divino per compiere opere buone soprannaturalmente meritorie. 

Un'opera particolarmente nota di Agostino è La città di DioSi tratta in parte di un'apologia, in cui il tema classico secondo cui i cristiani sarebbero la causa di tutti i mali, in questo caso la rovina dell'Impero romano, viene contrastato con abbondanza di fatti e argomenti. Inoltre, offre una panoramica della storia, la più antica che si conosca, con un tocco drammatico non privo di significato; il filo conduttore è la lotta tra la città di Dio e la città terrena, tra la fede e l'incredulità, tra il bene e il male, sia che siano ancora sulla terra sia che l'abbiano già lasciata. Coloro che appartengono all'una o all'altra città sono mescolati, sia nella Chiesa che nella società civile, e saranno separati, e poi definitivamente, solo nel giorno della resa dei conti.

Nell'ultimo periodo della vita di Agostino c'è una predominanza di opere antipelagiane. Dal 413 al 415 abbiamo la De natura et gratia. Nel 416 Agostino partecipa al Concilio di Milevi (settembre-ottobre), che condanna Pelagio e il suo discepolo Celestio. Il 27 gennaio 417 Innocenzo I condanna Pelagio e Celestio. Il 18 marzo viene eletto Papa Zosimo, che riesamina il caso di Pelagio, annunciando che il sinodo romano ha assolto Pelagio e Celestio. Dopo uno scambio di lettere tra l'Africa e Roma riguardo ai pelagiani, nel 418 Celestio e Pelagio vengono scomunicati ed espulsi da Roma. Nell'estate l'enciclica (Tractoria) di Zosimo che condanna solennemente il pelagianesimo. 

Agostino continuerà a chiarire diversi aspetti polemici. Nel 426-427 scrive De gratia et libero arbitrio e nel 428-429 il Retractationes. Agostino morì il 28 agosto 430, al terzo mese dell'assedio di Ippona da parte dei Vandali. Probabilmente sepolto nella cattedrale, i suoi resti furono trasferiti prima in Sardegna e poi a Pavia, dove si trovano oggi. Le sue opere divennero sempre più diffuse e popolari, con un'influenza efficace e profonda sulle concezioni filosofiche e teologiche, sul diritto e sulla vita politica e sociale. Agostino è uno dei grandi architetti d'Europa, grazie alla sua influenza sulla cultura medievale e successiva.

Per saperne di più:

Invito alla patrologia. Come i Padri della Chiesa hanno letto la Bibbia.

Autore: Hieronymus Loyal
Editoriale: Rialp
Numero di pagine: 328

 

L'autoreJerónimo Leal

Evangelizzazione

Sant'Aloysius Gonzaga morì di peste dopo essersi preso cura di persone infette a Roma

Il 21 giugno la Chiesa celebra Sant'Aloysius Gonzaga, un giovane gesuita italiano che si prese cura e servì i malati, soprattutto durante l'epidemia di peste a Roma nel 1591. Morì di peste all'età di 23 anni. Si dedicò anche all'educazione dei giovani studenti.  

Francisco Otamendi-21 giugno 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

La liturgia celebra il 21 giugno una San Luigi Gonzaga (Luigi Gonzaga, 1568-1591), che, vivendo a Roma, affrontò diversi drammi che flagellavano la città. Prima la siccità, poi la carestia, e infine una epidemia di peste tifoidea. Luis si recò tra gli "apestados" per aiutarli e morì di peste mentre si prendeva cura degli infetti.

I suoi biografi raccontano che un giorno San Luigi vide un malato abbandonato per strada, sul punto di morire: lo caricò sulle spalle e lo portò all'ospedale della Consolata. Fu così che probabilmente si infettò e pochi giorni dopo morì tra le braccia dei suoi compagni, a soli 23 anni. 

Malattia: riflettere e pregare

Proveniente da una famiglia nobile di Castiglione, in Italia, il padre di San Luigi, il Marchese di Castiglione, lo preparò alla carriera militare e completò la sua educazione a Firenze. Poco dopo, il giovane Luigi iniziò a soffrire di insufficienza renale, che considerò una benedizione perché gli permise di dedicarsi alla riflessione e alla preghiera. In questo periodo percepisce la sua chiamata al sacerdozio. Ricevette la prima comunione da San Carlo Borromeo nel luglio del 1580. A seguito della malattia, San Luigi si dedicò all'insegnamento del catechismo ai giovani poveri. 

Contrario i desideri del padreSt. Louis ha annunciato l'intenzione di aderire all'associazione Compagnia di Gesù. All'età di diciotto anni rinuncia al titolo e alla terra, entra nei Gesuiti e studia sotto la guida di San Roberto Bellarmino, SJ, suo consigliere spirituale. Professò i primi voti nel 1587. Fu canonizzato nel 1726 da Benedetto XIII. Pio XI lo proclamò protettore della gioventù cattolica nel 1926. E San Giovanni Paolo II lo ha nominato protettore dei malati di AIDS nel 1991.

L'autoreFrancisco Otamendi

Per saperne di più
Stati Uniti

Tre anni dopo Dobbs negli Stati Uniti: gli Stati navigano nelle politiche sull'aborto

Tre anni dopo la sentenza Dobbs, gli Stati stanno affrontando la politica sull'aborto. 12 hanno vietato l'aborto, mentre altri sei lo limitano tra le sei e le 12 settimane di gestazione. Ciononostante, il numero di aborti è in crescita nel Paese, afferma Kelsey Pritchard di SBA Pro-Life America. Nel 2024 sono saliti a 1.038.100, meno di 1% in più rispetto al 2023.  

OSV / Omnes-21 giugno 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Tre anni dopo la storica sentenza Dobbs della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha annullato la legalizzazione dell'aborto in tutti i 50 Stati, ogni Stato sta ancora navigando e vengono emanate leggi diverse sull'aborto.

Come si ricorderà, nella sentenza del 24 giugno 2022 (Dobbs contro Jackson Women's Health Organization), la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade del 22 gennaio 1973, che aveva legalizzato l'aborto in tutti i 50 Stati. Nella causa Dobbs, l'Alta Corte ha stabilito che l'aborto non è un diritto federale e ha trasferito la giurisdizione sull'aborto agli Stati.

"Mentre festeggiamo, ci prepariamo per il lavoro che ci attende", ha dichiarato Kelsey Pritchard, direttore degli affari pubblici statali di SBA Pro-Life America, un'organizzazione di difesa della vita.

Aumento del numero di aborti

"Ci rendiamo conto di quanto lavoro ci aspetta, conoscendo l'aumento del numero di aborti dopo la decisione Dobbs, perché ora siamo a 1,1 milioni di aborti all'anno", ha aggiunto Kelsey Pritchard.

Infatti, secondo il Guttmacher Institute, nel 2024 negli Stati Uniti sono stati praticati 1.038.100 aborti da parte di medici, con un aumento di meno di 1 % rispetto al 2023.

Importante ruolo federale nell'aborto

"Il governo federale ha un ruolo importante da svolgere sulla questione dell'aborto", ha detto Pritchard, sottolineando i finanziamenti federali che Planned Parenthood, il più grande fornitore di aborti della nazione, continua a ricevere. I politici di Washington dovrebbero essere incoraggiati dai progressi pro-vita compiuti dai legislatori dei loro Stati e impegnarsi ad agire con coraggio", ha aggiunto.

Mentre molti Stati hanno concluso le loro sessioni legislative regolari per quest'anno, Pritchard ha notato che alcuni hanno promulgato leggi che la sua organizzazione sostiene. Tra queste, quella che i sostenitori chiamano legge sull'educazione medica o "med ed", che richiede allo Stato di chiarire le norme sull'aborto per gli operatori sanitari e per il pubblico in generale.

"Si tratta di proposte di legge che essenzialmente chiariscono che se si è in uno Stato pro-vita, in base alla loro legge pro-vita, e si è incinta, si può ancora ottenere assistenza d'emergenza per una gravidanza ectopica, un aborto spontaneo o qualsiasi altra emergenza medica, proprio come si poteva fare prima della sentenza Dobbs", ha detto la Pritchard. Una legge di questo tipo in Texas è stata approvata dalla legislatura, ma non è ancora stata firmata dal governatore repubblicano Greg Abbott.

Tennessee e Kentucky

Ad aprile, il governatore repubblicano del Tennessee, Bill Lee, ha approvato una legge che, secondo i sostenitori, chiarirebbe le eccezioni mediche al divieto dello Stato, ma che, secondo gli oppositori, limiterebbe ulteriormente l'aborto. A marzo, i legislatori del Kentucky hanno annullato il veto del governatore democratico Andy Beshear al disegno di legge 90, una legge simile. 

L'Arkansas, che ha un divieto di aborto, ad aprile ha approvato una legge che vieta l'aborto sulla base della razza del feto. Questa legge è stata concepita per entrare in vigore nel caso in cui il divieto generale di aborto fosse bloccato o abrogato.

Al contrario, altri Stati hanno preso provvedimenti per ridurre le barriere all'aborto. Il governatore Jared Polis, democratico del Colorado, ha firmato in aprile una legge che sancisce l'accesso all'aborto nella costituzione dello Stato e consente l'uso di fondi pubblici per gli aborti.

Quando gli è stato chiesto di esprimere le sue preoccupazioni per gli sforzi sulla questione dell'aborto a livello statale, Pritchard ha detto: "Possiamo aspettarci più misure elettorali negative sull'aborto nel 2026.

Tutela giuridica dell'aborto

Nel 2024, gli elettori hanno approvato la maggior parte dei referendum volti a espandere le protezioni legali per l'aborto (cioè a garantirlo o rafforzarlo), in Arizona, Colorado, Montana, Nevada, Missouri e misure correlate in Maryland e New York. Ma Florida, Nebraska e South Dakota hanno respinto tali misure, in controtendenza rispetto alle elezioni del 2022 e 2023.

Un possibile voto del 2026 in Virginia modificherebbe la Costituzione della Virginia per stabilire il diritto alla libertà riproduttiva, che verrebbe definito come "il diritto di prendere e attuare le proprie decisioni su tutte le questioni relative alla gravidanza". In Virginia, gli emendamenti alla Costituzione del Commonwealth devono essere approvati dall'Assemblea generale due volte in almeno due anni, dopodiché i cittadini possono votare tramite referendum.

Lavorare contro il voto in Virginia

Pritchard ha dichiarato che l'SBA intende impegnarsi contro l'approvazione della misura in Virginia. 

"C'è un potenziale, in realtà, per qualsiasi decisione di voto sull'aborto in qualsiasi Stato che abbia un processo che permetta ai cittadini di approvare emendamenti o leggi in questo modo", ha detto.

Ogni vita umana è sacra. Sostegno di fronte alla povertà

La Chiesa cattolica insegna che tutta la vita umana è sacra dal concepimento alla morte naturale e, come tale, si oppone all'aborto diretto. In seguito alla decisione di Dobbs, i leader della Chiesa negli Stati Uniti hanno ribadito la preoccupazione della Chiesa per la madre e il bambino. E hanno chiesto di rafforzare il sostegno disponibile per coloro che vivono in condizioni di povertà o per altre cause che possono spingere le donne ad abortire.

Il vescovo pro-vita presiedente: maggiore protezione per i bambini non nati

In vista dell'anniversario della Corte Suprema di Dobbs, il 24 giugno, il presidente delle attività pro-vita della Conferenza episcopale degli Stati Uniti invita i cattolici a sostenere una maggiore tutela dei bambini non nati.

Il vescovo Daniel E. Thomas di Toledo, Ohio, ha esortato i fedeli a "impegnare i loro rappresentanti eletti su tutte le questioni che minacciano il dono della vita umana, in particolare la minaccia dell'aborto", riporta OSV News.

Con Dobbs, il tribunale ha posto fine a quasi 50 anni di "aborto virtualmente illimitato e su scala nazionale", ha dichiarato il vescovo Thomas in una dichiarazione del 16 giugno. Durante questo Anno giubilare della speranza, siamo chiamati a riflettere più profondamente sulla speranza duratura che è stata conquistata per noi attraverso la morte e la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo".

Dobbs ha aperto la strada, ma la battaglia per la vita continua

"La decisione di Dobbs non solo ha dato agli Stati la libertà di proteggere i bambini non nati, ma ha anche aperto la strada a vittorie pro-vita a livello nazionale", ha proseguito il vescovo Thomas. "Il governo federale è ora più vicino che mai a disboscare Planned Parenthood e altre organizzazioni il cui profitto abortista danneggia donne e bambini".

Tuttavia, "nonostante i risultati positivi ottenuti dalla decisione Dobbs, la battaglia per la vita è ben lungi dall'essere conclusa", ha dichiarato. Sappiamo che diversi Stati hanno adottato politiche pro-choice estreme, scavalcando le salvaguardie pro-vita esistenti, e che alcuni Stati lasciano i bambini vulnerabili all'aborto persino fino alla nascita".

Nell'affrontare le sfide di oggi, "ritroviamo la speranza in questo Anno giubilare e rafforziamoci nella nostra determinazione a servire la causa della vita", ha detto il vescovo.

Incoraggiamento alle parrocchie cattoliche ad accompagnare le donne

"Possano le nostre parrocchie cattoliche continuare ad accogliere, abbracciare e accompagnare le donne che affrontano gravidanze inaspettate o difficili attraverso iniziative come Camminare con le mamme nel bisogno", ha aggiunto il vescovo Thomas. E che non ci stanchiamo mai di condividere il messaggio di misericordia di Cristo con tutti coloro che soffrono dopo un aborto attraverso ministeri come il Progetto Rachele".

Manifestanti pro-vita a Washington festeggiano la sentenza Dobbs il 24 giugno 2022 (Foto di OSV News/Evelyn Hockstein, Reuters).


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Kate Scanlon è una giornalista nazionale di OSV News che si occupa di Washington.

Questo articolo è una traduzione dell'articolo originale di OSV News che potete consultare qui. qui e qui.

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L'autoreOSV / Omnes

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200 cristiani uccisi in Nigeria e il silenzio della stampa spagnola

Il massacro di 200 cristiani in Nigeria è stato praticamente ignorato dalla stampa spagnola, a differenza di altre tragedie in Occidente con un numero minore di vittime. Questa disparità solleva seri interrogativi sul valore attribuito dai media ad alcune vite rispetto ad altre.

20 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Una nuova tragedia ha colpito la già martoriata comunità cristiana della Nigeria. Nella notte tra il 13 e il 14 giugno, un gruppo jihadista ha perpetrato un massacro nella città di Yelewata. L'attacco, portato avanti con estrema violenza, ha lasciato almeno 200 mortiI cristiani si sono rifugiati in un centro di sfollamento gestito da una missione cattolica. Molti di loro erano precedentemente fuggiti dalla violenza di gruppi come Boko Haram.

Tuttavia, il dramma umano di questo massacro non ha avuto l'eco che ci si poteva aspettare nei media spagnoli. Delle cinque stazioni radiofoniche più ascoltate nel nostro Paese, solo due hanno dato la notizia. Solo uno dei cinque quotidiani a maggiore tiratura ha dedicato un articolo alla vicenda. Tra i cinque canali televisivi più seguiti, solo uno ha riportato l'attacco. E per quanto riguarda le principali agenzie di stampa, solo una delle quattro principali ha coperto l'evento.

Al contrario, le informazioni sono state ampiamente riportate dai media religiosi specializzati e dai portali alternativi. Il silenzio della stampa tradizionale contrasta con la gravità dei fatti e solleva domande scomode.

Il confronto è inevitabile. Nel BataclanA Parigi sono state uccise quasi 90 persone. La copertura mediatica è stata massiccia e si è protratta per settimane, come è logico che sia per una tragedia di tale portata. Ma perché 200 vite stroncate in Africa finiscono a malapena sulle prime pagine o nei telegiornali? Una vita occidentale vale di più di una africana? La religione delle vittime gioca un ruolo?

Come è possibile che un massacro di questa portata non meriti l'attenzione della maggior parte dei media tradizionali? È un pregiudizio ideologico, culturale o religioso? E se le vittime fossero state di un'altra religione, in un altro continente, o se gli assassini non fossero stati jihadisti? La copertura sarebbe stata diversa?

La mancanza di attenzione da parte dei media tradizionali non solo fa male: è inquietante. Perché quando il giornalismo diventa selettivo sulle tragedie, perde la sua capacità di servizio pubblico e diventa una fabbrica di omissioni.

L'autoreJavier García Herrería

Editore di Omnes. In precedenza, ha collaborato con diversi media e ha insegnato filosofia a livello di Bachillerato per 18 anni.

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Spagna

Crimini d'odio e pornografia, le priorità della Conferenza episcopale spagnola

La Conferenza episcopale spagnola ha approvato la creazione di un ufficio per la denuncia e il conteggio dei crimini di odio religioso e un Progetto a favore della dignità della persona, in relazione alla pornografia e alle sue conseguenze.

Javier García Herrería-20 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola (CEE) ha tenuto la sua riunione ordinaria il 17 e 18 giugno presso la sede della CEE a Madrid. Nella conferenza stampa tenuta oggi dal Segretario generale, mons. García Magán, sono stati riportati i principali temi discussi durante l'incontro, tra cui l'approvazione di un nuovo Ufficio per l'accoglienza delle denunce di crimini d'odio e reati per motivi religiosi.

Questo nuovo Ufficio, dipendente dalla CEE, è stato creato con l'obiettivo di promuovere la difesa della libertà religiosa e rispondere alle aggressioni subite dai fedeli cattolici in Spagna. Le sue funzioni includono la preparazione e la diffusione di un rapporto annuale sui crimini e i reati di matrice religiosa, la sensibilizzazione delle diocesi su questi attacchi e il mantenimento del dialogo con le altre confessioni religiose e con le entità nazionali e internazionali impegnate nella difesa della libertà religiosa.

Progetti per il futuro

Durante l'incontro sono proseguiti anche i lavori per la stesura degli Orientamenti pastorali della CEE per il quadriennio 2026-2030. Il documento sarà esaminato dalla prossima Commissione permanente e sottoposto all'approvazione dell'Assemblea plenaria di novembre.

D'altra parte, Miguel Garrigós, direttore della segreteria del Sottocommissione episcopale per la famiglia e la difesa della vita, ha presentato lo stato di avanzamento dei lavori. Progetto a favore della dignità umanache si concentra sull'analisi dell'impatto della pornografia e delle sue conseguenze. Questo progetto è passato da una fase di studio a una nuova fase di lavoro trasversale tra le diverse commissioni episcopali. L'obiettivo è presentare a novembre un piano articolato su tre assi fondamentali: sensibilizzazione, prevenzione e accompagnamento.

Rafforzare la pastorale vocazionale

Luis Argüello ha presentato nuove proposte per riorganizzare il lavoro del Servizio di pastorale vocazionale, dopo il Congresso "Per chi sono?", svoltosi lo scorso febbraio. Il vescovo ha sottolineato la necessità di consolidare una cultura vocazionale che promuova il dialogo tra le diverse vocazioni, dando continuità al processo avviato e rafforzando la rete dei servizi diocesani di pastorale vocazionale.

Con questi passi, la Conferenza episcopale riafferma il suo impegno nella difesa della fede, dell'accompagnamento pastorale e della dignità umana in un contesto sociale sempre più impegnativo per i credenti.

Evangelizzazione

20 giugno, Beati i martiri irlandesi e inglesi e i martiri giapponesi

Il 20 giugno la Chiesa celebra molti beati martiri. Dermot O'Hurley e 16 compagni irlandesi più la beata Margaret Ball, cinque sacerdoti gesuiti inglesi sotto il regno di Elisabetta I, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena, e altri nove gesuiti, di cui tre sacerdoti, anch'essi martirizzati a Nagasaki (Giappone).  

Francisco Otamendi-20 giugno 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Nel 1992, San Giovanni Paolo II ha beatificato 17 martiri irlandesi morti tra il 1579 e il 1654. Si trattava del Beato Dermot O'Hurley e di 16 compagni. Oggi, 20 giugno, la liturgia accoglie i beati irlandesi e inglesi che hanno difeso la loro fede cattolica, rifiutando di accettare la supremazia religiosa della Regina. E anche giapponesi, clero e laici.

Il gruppo di martiri è guidata da Dermot O'Hurley, arcivescovo di Cashel, impiccato a Dublino il 20 giugno 1584, data in cui si celebra la memoria collettiva di tutti loro. Fu torturato a Dublino nel 1584, durante il regno di Elisabetta Ifiglia di Enrico VIII e di Anna Bolena. Dei 17Il numero dei sacerdoti, sei dei quali erano laici, nove religiosi, alcuni dei quali vescovi, e due sacerdoti.

Il beato Thomas Whitbread e i suoi compagni martirizzarono cinque sacerdoti gesuiti. IngleseFurono accusati ingiustamente di tradimento contro il re Carlo II d'Inghilterra. Furono giustiziati nel 1679. 

Anche in Giappone

Il Beato Francisco PachecoI nove martiri della Compagnia di Gesù, tre sacerdoti e gli altri fratelli professi, catechisti e collaboratori giapponesi, erano portoghesi e i loro compagni. Furono bruciati vivi a Nagasaki (Giappone) nel 1626 per odio alla fede cristiana.

Il sito web dei gesuiti riporta che il governatore legò i nove gesuiti a dei pali e nel giro di 15 minuti erano tutti morti. Costrinse i laici ad assistere alla loro morte, nella speranza che la paura li avrebbe fatti cambiare. Si sbagliava. Li rimandò in prigione e pochi giorni dopo sarebbero stati martirizzati.

L'autoreFrancisco Otamendi

Ventiquattro ore nella vita di una donna

Come dice Stefan Zweig, autore di "24 ore nella vita di una donna", un romanzo breve che cattura fin dal primo minuto: "Il mondo può essere crudele, ma ci saranno sempre persone pronte ad aiutarci e confortarci".

20 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Vorrei consigliarvi un libro che può essere letto in un pomeriggio. Si intitola "Ventiquattro ore nella vita di una donna"e fu un bestseller quasi cento anni fa. Nel tempo è diventato un classico. Racconta una storia nella storia, con una struttura narrativa nota come frame story.

Scandalo e critiche

Il libro inizia in un albergo dove gli ospiti raccontano quello che è successo quel giorno: una signora, che alloggiava con loro, ha appena lasciato il marito e si trova nell'albergo. bambini di uscire con un bel fusto che si aggirava da qualche giorno e che non era passato inosservato. Le conversazioni ruotano intorno al caso e tutti, in stato di shock, criticano la decisione della donna, ritenendo che le sue azioni siano riprovevoli e che non ne verrà fuori nulla di buono in futuro.

Solo un signore non è duro con lei e commenta la decisione con indulgenza. La signora C., sessantaquattrenne, ascoltando il suo parere non giudicante, si sente costretta a sceglierlo come confidente. In apparenza è una signora anziana, elegante e con una reputazione impeccabile.

La signora C. ha una pietra pesante nel cuore che sente il bisogno di gettare nel vuoto: si sfoga con lui, da sola, il giorno dopo. In quel momento, gli racconta un episodio accaduto 20 anni prima a Montecarlo, di cui si pente profondamente e di cui non ha mai parlato con nessuno. A un certo punto dice che vorrebbe diventare cattolica per potersi confessare, perché in un solo giorno ha fatto qualcosa per cui si giudica ogni giorno.

Persone disposte ad aiutare

Il romanzo ha molti spunti di riflessione, ma me ne rimane uno che mi ha catturato: l'imperioso bisogno che noi persone abbiamo di sfogarci con chi non ci giudica. Di conseguenza, spesso ci troviamo a raccontare la nostra vita a un perfetto sconosciuto a cui non importa nulla di noi. 

Come dice Stefan Zweig, autore di questo breve romanzo che cattura fin dal primo minuto: "Il mondo può essere crudele, ma ci saranno sempre persone disposte ad aiutarci e confortarci". 

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Mondo

L'ACN finanzia più di 5.300 progetti in 137 paesi.

Nel corso del 2024, ACN ha sostenuto 1.224 diocesi inviando 139 milioni di euro in donazioni e lasciti.

Javier García Herrería-19 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Nell'ultimo decennio, Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN) si è fatta strada tra i cattolici di tutto il mondo, affermandosi come una delle organizzazioni più attive nel sostegno alle comunità cristiane colpite da conflitti. Sebbene la sua presenza sia immediata nei contesti di emergenza, la sua missione va oltre l'assistenza materiale: si concentra soprattutto sull'accompagnamento pastorale e spirituale.

Cura pastorale

Un esempio emblematico di questo lavoro è la pubblicazione della Bibbia adattata per i bambini, un progetto che ha raggiunto una dimensione globale. Questa pubblicazione è stata tradotta in oltre 190 lingue e ha distribuito più di 51 milioni di copie, dando un contributo decisivo all'evangelizzazione e alla formazione cristiana delle nuove generazioni nei cinque continenti.

Il lavoro dell'ACN riflette un forte impegno a rafforzare la fede e la speranza nelle comunità cristiane più bisognose in tutto il mondo. Il 28,2% delle risorse è stato destinato alla formazione di sacerdoti, religiosi e catechisti, mentre gli stipendi per le Messe hanno rappresentato il 23,9%. In totale, sono stati erogati 1.619.185 euro in stipendi, con un aumento di 11,8% rispetto al 2023.

I dati 

La fondazione della Santa Sede Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN) ha presentato questa mattina il Rapporto di attività e i conti 2024. I dati sono stati presentati da José María Gallardo, direttore di ACN Spagna, e da Carmen Conde, responsabile delle finanze e dei lasciti di ACN Spagna.

All'inizio dell'evento, sono state ricordate le seguenti persone 200 cristiani ucciso sabato scorso in Nigeria.

ACN finanzia più di 5.300 progetti in 137 Paesi grazie al sostegno di quasi 360.000 benefattori in 23 Paesi.

Nel 2024, la fondazione ha finanziato 5.335 progetti in 1.224 diocesi. A livello internazionale, il budget totale stanziato dall'ACN è stato di 139,3 milioni di euro in donazioni e lasciti.

Distribuzione degli aiuti per progetto

Ucraina, Libano e India, i paesi più sostenuti

L'Ucraina ha ricevuto 8,5 milioni di euro, diventando per il terzo anno consecutivo il Paese che ha beneficiato maggiormente dell'ACN dall'inizio della guerra. Seguono il Libano (7,5 milioni) e l'India (6,8 milioni).

In Africa, che ha assorbito il 30,2% dei fondi, il Burkina Faso si è distinto con 2,3 milioni di euro, collocandosi per la prima volta tra i primi dieci Paesi sostenuti dalla fondazione.

Anche l'Asia, l'Oceania e il Medio Oriente ricevono un sostegno sostanziale, con 18,7% dei fondi, con particolare attenzione a Paesi come India, Tanzania e Pakistan.

Il Medio Oriente, invece, riceve 17,5%, il che lo rende la terza regione più beneficiata.

Spagna: fedeltà dei donatori

In Spagna, 24.987 benefattori hanno sostenuto il lavoro di ACN, di cui 60,5% collaborano da più di cinque anni. La campagna per la Chiesa in Ucraina e Burkina Faso ha raccolto 14,5 milioni di euro, di cui oltre 2,6 milioni provenienti da eredità e lasciti.

José María Gallardo, direttore di ACN in SpagnaHa ringraziato tutte le "persone che rendono possibile che la speranza dei nostri fratelli e sorelle sofferenti non si spenga" per il loro sostegno.

Iniziative

Adotta un nonno, che mette in contatto membri di diverse generazioni

Adotta un nonno è un'iniziativa che mette in contatto anziani e giovani per combattere la solitudine tra gli anziani, una crisi in aumento in Spagna e in altri Paesi del mondo. Con oltre 14.000 volontari e circa 10.000 nonni nel programma, Adotta un nonno è diventato un progetto di grande impatto sociale.

Paloma López Campos-19 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Ofelia Alayón è responsabile delle partnership di Adottare un nonnoun progetto avviato da Alberto Cabanes nel 2013 che mira a unire membri di generazioni diverse. 

La loro missione, come spiegano, poggia su tre pilastri: "rendere omaggio al anziani e posizionarli dove meritano di essere, creare esperienze trasformative che facciano la differenza nella vita delle persone e sviluppare la tecnologia per connettere le generazioni di tutto il mondo.

In questa intervista con Omnes, Ofelia spiega l'origine del progetto, l'impatto che ha avuto sulle persone coinvolte negli ultimi 12 anni e la visione per il futuro del progetto. Adottare un nonno.

Come è nata l'idea di mettere in contatto i giovani con gli anziani?

-L'iniziativa di Adottare un nonno ha avuto inizio nel 2013 quando Alberto Cabanes, il fondatore, ha incontrato Bernardo, un uomo di 86 anni, vedovo e senza discendenti, amico di suo nonno, che gli ha confessato il suo più grande desiderio: avere un nipote per trascorrere del tempo con lui.

Questo incontro ha ispirato Alberto a creare una piattaforma che mette in contatto i giovani volontari con gli anziani, con l'obiettivo di farli sentire ascoltati, accompagnati e amati, e di dare loro in qualche modo "un nipote". Quella che era nata come una semplice idea ha preso gradualmente forma fino a diventare un'iniziativa che, giorno dopo giorno, trasforma la vita di migliaia di anziani e di volontari.

Quali sono state le sfide più grandi che avete affrontato nel percorso di fondazione e crescita dell'organizzazione?

-Una delle sfide principali è stata quella di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla solitudine indesiderata degli anziani. Si tratta di una realtà che riguarda molti, ma che rimane in gran parte invisibile e di conseguenza non riceve l'attenzione che merita. Poiché non si parla abbastanza di questo problema, la società non è sempre consapevole della sua entità, né di come possa contribuire a cambiarlo. Ecco perché vogliamo dare voce a questa situazione e invitare tutti coloro che possono a impegnarsi.

Inoltre, la crescita dell'organizzazione ha richiesto una grande capacità di adattamento, dalla logistica e dal coordinamento dei volontari, delle attrezzature e delle residenze, all'implementazione dei progressi tecnologici.

Che tipo di impatto avete osservato nella vita dei nonni e dei giovani che partecipano al programma?

-Nel tempo abbiamo osservato che l'impatto è immenso sia per gli anziani che per i volontari. Per gli anziani, il semplice fatto di sentirsi ascoltati e accompagnati fa sì che sperimentino un miglioramento del loro benessere emotivo, sentendosi più apprezzati e diminuendo il senso di solitudine.

Per i giovani volontari è anche un'esperienza di trasformazione: sviluppano empatia e rispetto e imparano esperienze di vita. Molti volontari ci hanno detto che questa esperienza ha cambiato la loro prospettiva sulla vecchiaia e sull'importanza di essere accompagnati e di non sentirsi soli.

Come selezionate le persone anziane che beneficeranno del programma? Quali criteri sono importanti per garantire un collegamento significativo?

-At Adottare un nonno Lavoriamo con più di 400 case di riposo e centri diurni per identificare e sostenere gli anziani che vogliono e devono partecipare al progetto. Vengono presi in considerazione diversi fattori, come la loro disponibilità a parlare con i giovani, il loro desiderio di attività e il loro bisogno di compagnia.

Per garantire che ci siano legami reali, analizziamo gli interessi, le personalità e le affinità tra i nonni e i giovani, assicurandoci che la relazione fluisca in modo naturale e abbia un impatto positivo sulla loro vita. partita. Inoltre, seguiamo sempre con continuità per garantire che l'esperienza sia positiva per entrambe le parti.

Quali strategie utilizzate Adottare un nonno per sostenere la partecipazione attiva dei giovani nel lungo periodo?

-I giovani che partecipano sono di solito molto impegnati, quindi in generale non abbiamo difficoltà a mantenere la loro partecipazione attiva. Tuttavia, comprendiamo che ogni persona ha le proprie responsabilità, i propri orari e la propria routine. Per questo cerchiamo di rendere il volontariato un'esperienza arricchente, mai un obbligo.

Offriamo sempre diverse modalità in modo che ogni volontario possa scegliere quella più adatta al proprio stile di vita. Possono fare visite di persona, telefonare attraverso la nostra app e adattare gli incontri in base alla loro disponibilità di tempo e di giorni. Inoltre, organizziamo anche attività ed eventi che aggiungono molto valore all'esperienza di volontariato, creando un maggiore senso di comunità e di appartenenza tra i partecipanti.

In che misura ritiene che la società sia cambiata in termini di percezione della vecchiaia e dell'importanza del legame intergenerazionale?

-Negli ultimi anni abbiamo assistito a una maggiore consapevolezza dell'importanza dell'integrazione degli anziani nella società e dell'importanza della compagnia. Le iniziative che promuovono il legame intergenerazionale sono state riconosciute, creando un cambiamento positivo nella percezione della vecchiaia. C'è una crescente consapevolezza della solitudine indesiderata.

La differenza tra generazioni può essere una sfida a causa dei diversi stili di vita, della digitalizzazione o dei diversi modi di comunicare, ma sappiamo anche che, se ben organizzata, può servire come esperienza di apprendimento reciproco. Molte delle nostre esperienze hanno dimostrato che i giovani sono disposti a investire il loro tempo negli anziani, ma a volte hanno bisogno di un'iniziativa che li aiuti a farlo.

Considerando lo stato della piramide demografica, qual è la sua visione per il futuro dell'organizzazione?

-La Spagna è uno dei Paesi con la popolazione più anziana e questo dato continuerà ad aumentare nel corso degli anni. Questo implica un maggior bisogno dei nostri servizi, pertanto la nostra idea è quella di continuare a crescere, sia a livello nazionale che internazionale. Riteniamo essenziale rafforzare ed espandere i programmi che promuovono il legame tra le generazioni, per aiutare gli anziani ma anche i giovani.

Vogliamo che Adottare un nonno è una rete di sostegno che contribuisce a migliorare la qualità della vita delle persone anziane, affinché non si sentano sole, e allo stesso tempo promuove valori di solidarietà e rispetto nelle nuove generazioni.

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Vangelo

Vita divina nell'Eucaristia. Corpus Domini (C)

Joseph Evans commenta le letture per il Corpus Domini (C) di domenica 22 giugno 2025.

Giuseppe Evans-19 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Melchisedec è una figura molto misteriosa che compare nel libro della Genesi. Ci viene detto che è un sacerdote che ha benedetto Abramo, ma al quale il patriarca ha poi dato una decima, un segno evidente della superiorità di Melchisedec. Scompare poi dalla Bibbia per poi riapparire in modo criptico in un verso del Salmo 110, sempre visto come un salmo sul Messia: Il Signore ha giurato e non si pente: "Tu sei un sacerdote eterno, secondo il rito di Melchisedec". E poi, nel Nuovo Testamento, l'autore della lettera agli Ebrei non ha dubbi sul fatto che tutto questo si riferisca in ultima analisi a Cristo (cfr. Ebrei 7).

Il nome di Melchisedec, che significa "re di giustizia", e il fatto che fosse re di "Salem", che significa "pace", indicano Gesù, che è il vero re di giustizia e di pace. E il fatto che egli appaia semplicemente, senza riferimento alla sua ascendenza, e poi scompaia, senza riferimento al suo futuro, dà un senso di eternità, che si compie nuovamente in Gesù: "Senza padre, senza madre, senza genealogia; non viene menzionato né l'inizio dei suoi giorni né la fine della sua vita. In virtù di questa somiglianza con il Figlio di Dio, egli è sacerdote in perpetuo". (Eb 7, 3).

Oggi, in occasione della festa del Corpus Domini, la Chiesa ci offre questo episodio su Melchisedec e il salmo in cui viene menzionato. Melchisedec viene mostrato mentre offre ad Abramo un dono di pane e vino con cui lo benedice. Ma Gesù va ben oltre. Non solo è in grado di moltiplicare il pane, come vediamo nel Vangelo di oggi (un segno del suo potere sulla creazione), ma è anche in grado di dare al pane e al vino un significato completamente nuovo e persino una realtà completamente nuova. È il dono dell'Eucaristia, che San Paolo descrive nella seconda lettura. Gesù supera di gran lunga la benedizione che Melchisedec aveva elargito ad Abramo. Attraverso questo nuovo dono del pane e del vino, Gesù ci dona ora la sua stessa vita divina, il corpo e il sangue, l'umanità e la divinità di Dio fatto uomo.

Con quell'antico dono di pane e vino, Melchisedec benedisse la missione di Abramo, il suo cammino in obbedienza al comando di Dio, e celebrò la sua conquista sui nemici. L'Eucaristia è ora il cibo per il nostro cammino di vita verso Dio e l'eternità - da condividere con il Sommo ed Eterno Sacerdote Gesù - e ci aiuta a combattere e vincere tutte le battaglie che dobbiamo combattere al servizio di Dio. Il Gesù che moltiplica il pane può anche "moltiplicare", trasformare completamente, la sua realtà, facendosi, per la nostra salvezza, pane di vita eterna (cfr. Gv 6, 64).

Vaticano

Gesù invita i cristiani a vincere la disperazione, dice Papa Leone XIV

Papa Leone XIV ha ricordato nell'Udienza di oggi che Gesù invita i cristiani a vincere la disperazione. Ha anche lanciato un forte appello a "non abituarsi alla guerra" e alla sua "barbarie", come l'ha definita il Concilio Vaticano II. Inoltre, il Vaticano ha lanciato una campagna di donazioni per l'Appello di San Pietro.

OSV / Omnes-18 giugno 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Justin McLellan, Catholic News Service (CNS), Città del Vaticano

Quando la speranza sembra essere scomparsa, i cristiani possono rivolgersi a Gesù per superare la rassegnazione e recuperare il desiderio di guarigione, diceva Papa Leone XIV.

A volte "ci sentiamo 'bloccati', chiusi in un vicolo cieco. A volte, infatti, sembra inutile continuare ad aspettare", ha detto il Santo Padre alle migliaia di pellegrini riuniti nell'assolata Piazza San Pietro per il suo discorso di benvenuto. pubblico generale del 18 giugno. "Questa situazione è descritta nei Vangeli con l'immagine della paralisi".

Gesù li raggiunge nel loro dolore

Il Papa ha incentrato la sua catechesi sul racconto del Vangelo di Giovanni in cui Gesù guarisce un uomo paralizzato da 38 anni. Invece di recarsi direttamente al Tempio di Gerusalemme, Gesù visita la piscina dove erano riuniti i malati e i sofferenti, molti dei quali erano esclusi dal culto del tempio perché ritualmente impuri.

Gesù va da loro di persona, diceva Papa Leone. "È allora Gesù stesso che li raggiunge nel loro dolore.

Il Papa ha detto che la piscina di Bethesda, che in ebraico significa "casa della misericordia", è un'immagine della Chiesa "dove si riuniscono i malati e i poveri e dove il Signore viene a guarire" e a portare speranza.

Concentrandosi sulla condizione dell'uomo paralizzato, il Papa ha sottolineato come la delusione e la rassegnazione possano paralizzare lo spirito umano. "Quando si è bloccati per tanti anni, può anche mancare la volontà di guarire", ha detto.

Tuttavia, "Gesù invece riconduce quest'uomo al suo vero e profondo desiderio", ha detto il Papa.

"Volete essere curati?", domanda essenziale

Gesù chiese all'uomo paralizzato: "Vuoi essere guarito?", ha osservato il Papa. Anche se la domanda di Gesù può sembrare "superficiale", è essenziale, perché "a volte preferiamo rimanere in una condizione di malattia, costringendo gli altri a prendersi cura di noi", ha detto. Questa rassegnazione "a volte è anche un pretesto per non decidere cosa fare della nostra vita". 

Citando Sant'Agostino, il Papa ha detto che la persona aveva bisogno di "un uomo che fosse anche Dio" per essere veramente guarita. "L'uomo di cui c'era bisogno è dunque venuto; perché rimandare ancora la guarigione?", ha detto il Papa.

No ad atteggiamenti fatalistici: fortuna o sfortuna 

Papa Leone ha usato la storia del Vangelo per sfidare gli atteggiamenti fatalistici che vedono la vita come una questione di fortuna o di sfortuna. "Gesù, invece, lo aiuta a scoprire che anche la sua vita è nelle sue mani", ha detto. Quando Gesù gli ordina di alzarsi, di prendere la sua barella e di camminare, segnala una chiamata ad assumersi la responsabilità e ad andare avanti con determinazione.

La barella, ha aggiunto il Papa, simboleggia la sofferenza passata dell'uomo che "non se ne va e non si butta via". Se prima bloccava la vita dell'uomo, "ora è lui che può portare quella barella e portarla dove vuole: può decidere cosa fare della sua storia!

Capire dove la nostra vita è bloccata

Papa Leone ha esortato i pellegrini riuniti in piazza a "chiedere al Signore il dono di capire dove la nostra vita è bloccata" e a "dare voce al nostro desiderio di guarigione".

"E preghiamo per tutti coloro che si sentono paralizzati, che non vedono una via d'uscita", ha detto. "Chiediamo di tornare a vivere nel Cuore di Cristo, che è la vera casa della misericordia!

Resistere alla "tentazione" di ricorrere alle armi

Al termine dell'udienza, prima di impartire la benedizione, Papa Leone ha lanciato un forte appello contro le guerre. 

Il mondo deve resistere al richiamo delle armi moderne, che minacciano di dare ai conflitti una ferocia superiore a quella delle guerre precedenti, ha detto Papa Leone XIV.

"Il cuore della Chiesa è straziato dalle grida che provengono dai luoghi di guerra", ha detto al termine dell'udienza generale in Piazza San Pietro il 18 giugno. "In particolare, dall'Ucraina, dall'Iran, da Israele, da Gaza".

Non abituarsi alla guerra! Barbarie" più grande di prima

"Non dobbiamo abituarci alla guerra", ha detto il Papa. "Piuttosto, dobbiamo resistere al richiamo di armi potenti e sofisticate come una tentazione.

Citando la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo ("Gaudium et Spes") del Concilio Vaticano IIPapa Leone ha detto che nelle guerre moderne "si usano armi scientifiche di ogni tipo", e di conseguenza "la loro atrocità minaccia di portare i combattenti a una barbarie molto più grande di quella dei tempi passati".

"Pertanto, in nome della dignità umana e del diritto internazionale, ripeto ai responsabili ciò che Papa Francesco era solito dire: 'La guerra è sempre una sconfitta'", ha detto il Papa. E, citando un altro suo predecessore, Papa Pio XII, ha aggiunto: "Con la pace non si perde nulla. Con la guerra si può perdere tutto".

"Grave deterioramento della situazione in Medio Oriente".

Il messaggio di Papa Leone è giunto pochi giorni dopo aver espresso profonda preoccupazione per il "grave deterioramento" della situazione in Medio Oriente, poco dopo che Israele ha effettuato attacchi aerei contro strutture nucleari in Iran e che il 13 giugno sono stati lanciati attacchi di droni contro Israele.

"Nessuno dovrebbe mai minacciare l'esistenza di un altro2, ha detto il Papa durante un'udienza con i pellegrini a Roma per l'Anno Santo 2025 il 14 giugno. Se è giusto sperare in un mondo "libero dalla minaccia nucleare", ha detto, "è dovere di tutte le nazioni sostenere la causa della pace, percorrendo strade di riconciliazione e promuovendo soluzioni che garantiscano sicurezza e dignità per tutti".

Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha dichiarato all'agenzia di stampa italiana ANSA il 17 giugno che la Santa Sede è favorevole al disarmo nucleare e ha redatto un documento sull'immoralità non solo dell'uso ma anche del possesso di armi nucleari, un'idea già espressa dal defunto Papa Francesco.

Oblò di San Pietro": appello del Vaticano alla generosità

Inoltre, il Vaticano ha lanciato oggi una campagna di appello per le donazioni per il Obolo di San PietroLa raccolta si svolge ogni anno il 29 giugno, anche quest'anno l'ultima domenica di giugno, festa liturgica di San Pietro e San Paolo. 

Lo scopo dell'Obolo di San Pietro è quello di sostenere la missione del Santo Padre al servizio della Chiesa universale, che si estende a tutto il mondo, con l'annuncio del Vangelo, la promozione dello sviluppo umano integrale, l'educazione, la pace e la fraternità tra i popoli.

Questo è reso possibile anche dalle numerose attività di servizio svolte dal dicasteri, organismi e agenzie della Santa Sede che lo assistono quotidianamente. 

Numerosi enti di beneficenza

Anche l'obolo di San Pietro è dedicato a San Pietro.le numerose opere di beneficenza a favore di individui, famiglie in difficoltà e popolazioni colpite da disastri naturali e guerre, o che necessitano di assistenza o aiuti allo sviluppo. 

La Segreteria per l'Economia e il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede hanno preparato materiali informativi e multimediali che ne spiegano il significato, consultabili ai seguenti link. qui.

L'autoreOSV / Omnes

Stati Uniti

Leone XIV, un leader molto apprezzato dai cattolici statunitensi.

Il sondaggio distingue le opinioni tra elettori repubblicani e democratici. Chiede anche alle persone di altre confessioni cristiane.

OSV / Omnes-18 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Di Gina Christian, Notizie OSV

A poco più di un mese dalla sua elezione, il Papa ha Leone XIV secondo un nuovo sondaggio, sta ricevendo recensioni positive dalla maggioranza dei cattolici del Paese.

Il Centro di ricerca sugli affari pubblici Stampa Associata-NORC dell'Università di Chicago ha intervistato 1.158 adulti statunitensi tra il 5 e il 9 giugno tramite questionari telefonici e web somministrati in inglese e spagnolo; secondo i ricercatori, i partecipanti hanno ricevuto "un piccolo incentivo monetario" per completare l'indagine.

65% dei cattolici statunitensi vedono il nuovo Papa "molto" o "un po'" favorevolmente, 29% rispondono di non saperne abbastanza per farsi un'opinione e 6% riportano un'opinione sfavorevole.

Al contrario, un sondaggio AP-NORC dell'ottobre 2015 su 1058 adulti ha mostrato che 59% dei cattolici statunitensi approvavano Papa Francesco, 26% non avevano abbastanza informazioni per dirlo e 15% disapprovavano. Questo sondaggio è stato condotto più di due anni dopo l'elezione di Papa Francesco nel marzo 2013.

Sia nel sondaggio del 2015 che in quello del 2025, 44% di adulti statunitensi hanno espresso opinioni favorevoli sull'attuale Papa. Nel sondaggio del 2025, altri 46% hanno dichiarato di non conoscere abbastanza Papa Leone, mentre nel 2015, 42% hanno detto lo stesso di Papa Francesco. Nel sondaggio del 2025, 10% degli adulti del Paese hanno espresso disapprovazione per Papa Leone, mentre 13% hanno detto lo stesso di Papa Francesco nel 2015.

Opinioni degli elettori repubblicani e democratici

L'AP ha riferito che il sondaggio "non ha rilevato alcuna divisione partitica tra i cattolici riguardo a Papa Leone, e i cattolici di tutto lo spettro ideologico hanno espresso la speranza che Leone possa sanare alcune delle divisioni sorte durante il pontificato del suo predecessore, Papa Francesco".

Secondo l'AP, i membri di altri gruppi religiosi sono più propensi a "formarsi ancora un'opinione" su Papa Leone. In particolare, circa la metà dei protestanti nati di fede (noti anche come evangelici), dei protestanti tradizionali e di coloro che non sono affiliati ad alcuna religione non sono d'accordo sull'opinione di Papa Leone, e 1 su 10 ha un'opinione sfavorevole su di lui, secondo AP-NORC.

Circa la metà degli adulti del Paese con più di 60 anni approva Papa Leone, mentre 4 su 10 degli under 30 lo vedono con favore e solo 1 su 10 lo disapprova.

L'autoreOSV / Omnes

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Evangelizzazione

San Ciriaco e Santa Paola, martiri cristiani e santi patroni di Malaga

Il 18 giugno la Chiesa celebra i Santi Ciriaco e Paola, martiri, lapidati a Malaga durante la persecuzione di Diocleziano all'inizio del IV secolo, e patroni della città di Malaga. La liturgia odierna celebra anche il cardinale San Gregorio Barbarigo, vescovo che il Papa affidò a Roma per coordinare gli aiuti alle persone colpite dalla peste nel 1656.  

Francisco Otamendi-18 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Si sottolinea che Martirologio Romano che "in Spagna, nella città di Malaga, morirono in questo giorno (IV secolo) i martiri Ciriaco e Paula, vergini. Dopo aver sofferto molti tormenti, furono lapidati e consegnarono le loro anime (al) cielo proprio tra le pietre". Secondo un altro Nel Martirologio, San Cirillo e Santa Paola erano fratelli.

Il giornalista Antonio Moreno, che potete leggere su Omnes, traccia un profilo dei santi martiri, e del loro contesto, con le parole di Rafael Contreras, archivista, sul sito web dell'Istituto. diocesi di Malaga

La tradizione afferma che "i santi Ciriaco e Paula erano due giovani di Malaga appartenenti a una fiorente comunità cristiana della nostra città e presieduta dal vescovo San Patricio. Furono arrestati durante la decima persecuzione dell'imperatore Diocleziano e sottoposti a dolorosi tormenti. Lo scopo era quello di farli rinunciare alla loro fede e al culto delle divinità pagane".

"Venerato nella nostra città

"Poiché non ci riuscirono, furono condannati a morte e lapidati, ognuno legato a un albero. Questo avvenne sulle rive del fiume Guadalmedina il 18 giugno 303 d.C.. Nel luogo che ancora oggi conosciamo come Paseo de Martiricos".

Dopo la loro morte, i fratelli cristiani raccolsero i loro corpi e procedettero alla loro sepoltura. "Da allora i cristiani li venerano nella nostra città". "La memoria dei santi patroni di Malaga è ancora molto presente tra i malaghegni", si ricorda.

Protagonisti di un romanzo storico

Nel suo recente articolo I veri santiIn Omnes, Antonio Moreno racconta la genesi di "Omnes".Il pesce di fango". Si tratta di un romanzo storico di Ana Medina e Antonio S. Reina, che narra la vita dei santi patroni di Malaga, i giovani San Ciriaco e Santa Paola, martirizzati al tempo di Diocleziano. L'opera riporta il lettore agli inizi del cristianesimo, spiega Antonio Moreno, quando le prime comunità vivevano la gioia della Buona Novella di fronte al fallimento delle religioni pagane. 

"In questa finzione (non abbiamo quasi nessun dettaglio della loro vita) Ciriaco e Paula sono due giovani comuni che vivono la loro vocazione cristiana come tanti giovani di oggi, tra dubbi e sbagli. Ma quando arriva il momento, la grazia dà loro la forza di cambiare eroicamente vita fino a dare la suprema testimonianza del martirio". Ambientato all'inizio del IV secolo, "Il pesce di fango" riflette sui problemi attuali del dialogo della fede con la cultura di oggi.

L'autoreFrancisco Otamendi

Risorse

Patrimonio e orizzonte: Leone XIII e Leone XIV

Una riflessione sull'eredità di Leone XIII e sulla sua possibile influenza sul pontificato di Leone XIV, evidenziando le cause e gli effetti principali del suo papato. Esamina inoltre il contesto attuale e il profilo del nuovo papa.

Gerard Jiménez Clopés-18 giugno 2025-Tempo di lettura: 11 minuti

"Leon XIV?" Queste sono state le parole, con una faccia sorpresa, che forse più di uno ha pronunciato il giorno dell'elezione del Papa. Così è stato almeno nel mio caso, in piedi con un amico in Piazza San Pietro. La mia mente andava indietro, per ricordare Leone XIII, e allo stesso tempo non potevo fare a meno di andare avanti, per capire chi sarebbe diventato Roberto Francesco. Prevost. In effetti, le parole e i gesti del nuovo Papa ci darebbero ulteriori indizi sul suo pontificato.

Non sappiamo fino a che punto Leone XIV assomiglierà a Leone XIII o lo seguirà, ma il fatto che nella breve omelia di inizio pontificato il Santo Padre abbia nuovamente menzionato Leone XIII e lo abbia chiamato "mio predecessore" suggerisce che questa decisione è più di una remota ispirazione. In quell'omelia, dopo aver commentato come la carità possa essere un lievito di unità nel mondo, ha detto: "Con il mio predecessore Leone XIII, possiamo chiederci oggi: se questa carità prevalesse nel mondo, "non sembrerebbe che ogni lotta si estinguerebbe presto, ovunque essa abbia effetto nella società civile" (Lettera Enc. Rerum novarum, 20)".

Oltre la Rerum novarum

Mi è sembrato opportuno analizzare gli aspetti che caratterizzano il pontificato di Leone XIII per vedere cosa si può intravedere attraverso l'inizio del pontificato di Leone XIV, e per andare oltre la conoscenza di Leone XIII come papa della Rerum novarum e la dottrina sociale della Chiesa, come era comunemente definita nei primi momenti dopo la sua elezione.

Per capire cosa ha segnato il pontificato di Leone XIII e perché, ho strutturato questo articolo in questo modo: descriverò quattro cause e quattro effetti del pontificato, per poi trarre alcune brevi conclusioni. Le cause, come si può facilmente dedurre, spiegheranno in gran parte gli effetti, che costituiranno le linee fondamentali che riteniamo abbiano caratterizzato Leone XIII.

Come avvertenza iniziale, permettetemi di dire che non indicherò molte date o nomi di encicliche, poiché il mio interesse è principalmente rivolto alle linee fondamentali del suo pontificato. Inoltre, è forse strano se non iniziamo con un breve paragrafo sulla biografia di Leone XIII, correndo il rischio di farne una caricatura. Non abbiamo scelta, a beneficio del lettore.

Gioacchino Pecci, nato a Carpineto Romano il 2-3-1810 - non lontano da Roma - e morto nella stessa città il 20-5-1903, fu da giovane molto diligente negli studi e molto dedito all'organizzazione. Dopo gli studi per la carriera diplomatica, fu legato pontificio (governatore) dello Stato Pontificio in varie località italiane, soprattutto Benevento e Perugia (cinque anni in tutto), nunzio per un breve periodo in Belgio (tre anni), e soprattutto vescovo di Perugia e vescovo di Roma, rispettivamente per più di trenta e venticinque anni. Serio e determinato, aveva un forte senso dell'autorità e non amava la familiarità. Governò a favore dell'unità cattolica e con un forte senso di centralizzazione in un mondo in profonda evoluzione, come vedremo.

Causa 1: Esperienza personale come delegato e vescovo

Come abbiamo visto nel caso di Papa Francesco - e come probabilmente è avvenuto anche per i pontefici precedenti - la biografia precedente al pontificato è un fattore determinante per comprendere le decisioni di colui che diventa il successore di Pietro. L'esperienza accumulata in decenni, la visione del mondo e della Chiesa, così come le azioni intraprese prima di assumere il pontificato, segnano profondamente lo stile e l'approccio del nuovo Papa. Così è stato chiaramente nel caso di Leone XIII.

Gioacchino Pecci fu profondamente influenzato da due fattori: la sua vocazione e capacità di governo e diplomazia e i trentuno anni trascorsi come vescovo della stessa diocesi, la città di Perugia, situata nell'interno dell'Italia, a circa 170 chilometri a nord di Roma, che egli arrivò a considerare la sua casa.

Il periodo trascorso come delegato pontificio in varie città - soprattutto Benevento e Perugia - e come vescovo di quest'ultima, gli fornì una preziosa esperienza di governo e una profonda conoscenza del ruolo che la Chiesa poteva svolgere a favore del popolo, sia nell'azione politica che in quella ecclesiastica. A quel tempo, la carica di delegato pontificio aveva una funzione eminentemente politica: consisteva nell'amministrare un territorio per conto del Papa, visto che esisteva ancora lo Stato Pontificio. In quegli anni, Pecci era noto per la sua instancabile attività pastorale e sociale, visitando personalmente paesi e città e promuovendo ogni tipo di iniziativa assistenziale, educativa e religiosa.

Tra il periodo di delegazione e l'episcopato c'è stata una parentesi significativa: tre anni come nunzio a Bruxelles. Questa esperienza lo segnò soprattutto nella sfera intellettuale, poiché lì poté osservare come il cattolicesimo fosse costretto a rinnovarsi nel modo di esporre la propria dottrina per rispondere alla sfida del liberalismo contemporaneo. Sebbene questo periodo sia stato meno decisivo per le linee generali del suo futuro pontificato, contribuì ad affinare il suo stile di governo, combinando audacia e prudenza.

Causa 2: La caduta dello Stato Pontificio

La caduta dello Stato Pontificio coincide, a Perugia, con la metà del periodo di Pecci come vescovo, anche se il conflitto - noto come "questione romana" - durerà per molti decenni. Questo fu un duro colpo per lui, che aveva già accumulato una lunga storia di governo, prima in politica e poi come pastore. Lo ferì soprattutto perché era pienamente consapevole del potenziale della Chiesa nel promuovere il bene comune quando aveva a disposizione tutti gli strumenti per intervenire nella società. Sentiva, quindi, che la capacità della Chiesa di rendere un servizio all'umanità si stava perdendo.

Inoltre, la perdita del potere temporale fu vissuta come un'umiliazione: per molti, compreso Pecci, era inaccettabile che il Papa - la suprema autorità spirituale - dovesse riconoscere e sottomettersi a un'autorità civile. Per chi era nato e vissuto sotto lo Stato Pontificio, accettare questa nuova situazione era paragonabile a subire un'invasione barbarica.

Tuttavia, è importante notare che Pecci era anche consapevole dei limiti del governo politico della Chiesa. Durante il suo episcopato a Perugia, assistette alla successione di diversi delegati pontifici, non tutti degni della carica che ricoprivano. Nonostante queste esperienze, egli conserverà sempre una certa nostalgia per il potere temporale, ispirato dall'idea che la Chiesa possa essere il miglior benefattore della società, sia umanamente che spiritualmente.

Causa 3: Periodo nazionalista e coloniale

La caduta dello Stato Pontificio coincise con un'altra realtà: l'esaltazione nazionalista delle principali potenze europee. Nel caso di Pecci, all'interno dei territori pontifici, la riunificazione italiana provocò un atteggiamento molto aggressivo nei confronti della Chiesa, almeno dal punto di vista di come egli la visse, sia come vescovo che poi come papa.

Pecci capì che il Papa veniva privato della sua legittima capacità operativa. Col tempo, si rese conto che esistevano altri modi più appropriati di esercitare la leadership e l'influenza, sia a livello nazionale che internazionale. Tuttavia, questa trasformazione dell'approccio ha richiesto tempo per essere pienamente concepita e sviluppata. Per questo, nel corso del suo pontificato, lo vedremo impegnato a ripristinare il ruolo del Santo Padre e a proteggere la sua sovranità.

Se questa era la sfida in Italia, a livello internazionale Leone XIII cercava qualcosa di simile, ma in un contesto diverso. In tale contesto, egli sostenne con forza il riconoscimento del Papa come attore di rilevanza sociale di fronte alle conseguenze del colonialismo. Ciò includeva l'intervento nelle dispute territoriali tra Paesi, nel modo in cui la fede doveva essere propagata nei territori coloniali e nel determinare chi dovesse esercitare l'autorità ecclesiale nei Paesi di missione sotto il dominio coloniale.

Causa 4: Rivoluzione industriale

Da quanto ho potuto leggere negli ultimi giorni, questo è forse l'aspetto più importante e più conosciuto del pontificato di Leone XIII: la sua instancabile lotta per difendere la dignità umana contro gli abusi dei dirigenti d'azienda durante la rivoluzione industriale.

Nel XIX secolo, infatti, l'Europa ha assistito allo svuotamento di molte aree rurali e alla nascita di ghetti suburbani alla periferia delle grandi città. Migliaia di uomini, donne e bambini vi si concentrarono in condizioni precarie, pronti a contribuire allo sviluppo dell'industria.

Già a Perugia, Gioacchino Pecci aveva mostrato una chiara preoccupazione per il miglioramento delle condizioni di lavoro degli operai, un compito che intraprese durante il suo periodo come delegato pontificio e che continuò come vescovo. Da Papa, mantenne la stessa sensibilità per le questioni sociali.

Questo periodo industriale fu caratterizzato da vere e proprie forme di sfruttamento e fu segnato da crisi economiche che aggravarono la situazione: aumentarono la miseria, la disoccupazione e l'emigrazione. Ma non solo: la trasformazione sociale accelerò anche un processo di scristianizzazione del mondo operaio e promosse una divinizzazione del denaro, insieme all'esaltazione del progresso, della scienza e della tecnologia.

Di fronte a questa realtà, Leone XIII optò per un discorso - dato che non era possibile un'azione politica diretta - che cercava di raggiungere la società capitalista e borghese, così come l'incipiente movimento operaio e il nascente socialismo. Questo sforzo avrebbe dato vita a un magistero che, quasi senza volerlo, avrebbe introdotto una concezione moderna dello Stato e dell'organizzazione sociale.

Secondo questa visione, lo Stato dovrebbe assumere un ruolo attivo nella gestione dei problemi sociali, promuovendo la comprensione tra lavoratori e datori di lavoro. Dovrebbe essere un giudice e un legislatore giusto, attento ai diritti e ai doveri di tutte le classi sociali.

Conseguenza 1: il nuovo ruolo della Chiesa nella società

Passiamo - senza alcuna transizione, per brevità - a descrivere le conseguenze che queste cause ebbero sull'azione di Papa Leone XIII. Cominciamo dal modo in cui la Chiesa stessa si trasformò. Si può riassumere dicendo che cessò di essere "uno Stato come tanti" e divenne, se così si può dire, un'entità di carattere eminentemente spirituale, con una vocazione di influenza universale.

Sarebbe ingenuo pensare che si trattasse di una novità: la Chiesa, fondata da Gesù Cristo, aveva ed esercitava già una tale vocazione. Tuttavia, la realtà è molto ostinata: governare vasti territori significava dedicare molto tempo e fatica alla gestione dello Stato Pontificio.

Quando questo cambiamento radicale ebbe luogo, la Chiesa - forzatamente e dolorosamente, almeno per Leone XIII - dovette affidarsi sempre più esclusivamente alla sua guida spirituale. In poche parole, alcune delle priorità di Papa Leone XIII furono: un profondo rinnovamento della formazione intellettuale basata sulla dottrina di San Tommaso d'Aquino; la rivitalizzazione e l'unificazione degli ordini religiosi, in particolare dei Francescani e dei Benedettini; un grande impulso alle missioni, approfittando dell'espansione coloniale; un rafforzamento del controllo sull'autorità ecclesiastica in tutto il mondo.

Conseguenza 2: un attore influente "per autorità morale".

La seconda conseguenza fu di natura più politica. La perdita del ruolo temporale con la caduta dello Stato Pontificio costrinse la Santa Sede a farsi rispettare sia in Italia che sulla scena internazionale, non più attraverso il potere militare.

Fu un processo lungo ma fruttuoso, perché durante la vita di Leone XIII il Vaticano fu consultato per risolvere numerosi conflitti: dispute territoriali e di confine tra colonie, questioni commerciali e tariffarie tra Paesi o crisi umanitarie causate dalla guerra. Non era raro che si raggiungesse un accordo grazie all'intervento di Roma.

Queste azioni politico-sociali sono solo un esempio del processo di trasformazione della Chiesa. Durante il pontificato di Leone XIII, si è visto che la Chiesa guardava oltre lo Stato Pontificio e si rivolgeva con più energia al mondo intero. Attraverso il dolore e molte umiliazioni diplomatiche, la Chiesa scoprì un nuovo modo di contribuire al bene comune, basato sulla sua autorità morale, e guadagnò così una crescente influenza internazionale.

Conseguenza 3: essere un difensore della dignità umana

La terza conseguenza riguarda la difesa della dignità della persona. Le correnti politiche e sociali dell'epoca - in particolare il capitalismo, il socialismo e la massoneria - insieme al già citato processo di industrializzazione, portarono Leone XIII a intervenire con decisione per salvaguardare il valore di ogni essere umano.

Non ci soffermeremo troppo su questo punto, se non per aggiungere che la motivazione ultima era, ovviamente, spirituale: Leone XIII valutava ogni persona per il valore che Cristo gli attribuiva.

Vale anche la pena di notare che, come conseguenza della perdita del potere temporale, il Papa accettò gradualmente che i cattolici potessero intervenire "autonomamente" nell'azione politica per difendere i valori umani ispirati dal Vangelo. Sebbene inizialmente riluttante, nel caso dell'Italia si rese conto che tale coinvolgimento era essenziale, altrimenti il Paese sarebbe stato nelle mani esclusive di liberali e massoni. Nel resto d'Europa, Leone XIII fu meno riluttante a incoraggiare la partecipazione dei cattolici alla vita pubblica. Tuttavia, questa "autonomia" va intesa tra virgolette, poiché egli auspicò sempre che i cattolici si raggruppassero in un unico partito.

In ogni caso, questo nuovo approccio a un cattolicesimo democratico e sociale generò grande entusiasmo tra i giovani cattolici europei e costituì un importante seme per il futuro.

Conseguenza 4: condurre la Chiesa nella modernità

L'ultima grande conseguenza fu che Papa Leone XIII guidò la Chiesa verso la modernità in molti degli aspetti sopra menzionati. Si dice che i cardinali che lo elessero - dopo il lungo pontificato di Pio IX - cercassero un papa con maturità e una certa apertura, per non aggravare il conflitto causato dalla perdita dello Stato Pontificio, ma per affrontarlo con moderazione e saggezza.

Perché le acque erano così agitate? Semplificando al massimo, si può dire che, da una parte, Pio IX aveva pubblicato un'enciclica con una "lista compilativa dei principali errori del nostro tempo", meglio conosciuta come la Sillabo. Con essa la Chiesa intendeva offrire luce in mezzo alle tenebre degli errori moderni, ma di conseguenza ha creato l'impressione di un confronto totale con la modernità.

D'altra parte, il recente crollo dello Stato Pontificio aveva lasciato Pio IX in una posizione di arretramento, dalla quale non voleva uscire se non riconquistando ciò che era stato perso.

In breve, come si è visto, la Chiesa fu costretta a riaggiustare numerosi pezzi. Con il senno di poi, si può dire che lo fece con notevole solvibilità, e lo fece per mano di Leone XIII.

Guardando verso Leone XIV

Leone XIII era un uomo di enorme energia. Tanto che si sa che lavorava fino a tarda notte e l'unica luce accesa in Piazza San Pietro era quella del suo ufficio. Con senso dell'umorismo, si è detto che in questo modo era all'altezza del suo motto papale: Lumen in caeloluce nel cielo". Con questo voglio dire che la sintesi che abbiamo fatto del suo pontificato è quasi una mutilazione, perché è stato ampio nel tempo e ha coperto una grande varietà di fronti e di azioni.

Tuttavia, sembra ragionevole affermare che il filo conduttore del pontificato di Leone XIII sia stato il desiderio di vedere una Chiesa coesa e un mondo in cui la persona umana - amata da Dio - sia al centro dell'azione politica e sociale, in modo che la carità di Cristo sia il principio sia dell'evangelizzazione che della promozione umana. Leone XIV sembra essere stato ispirato dallo stesso spirito.

Oltre a quanto detto finora, possiamo anche notare quanto segue: la biografia di Giovanni Pecci prima che diventasse papa e le circostanze sociali del suo tempo furono i due assi che più segnarono i suoi venticinque anni di pontificato. Pertanto, se volgiamo lo sguardo a Leone XIV, non è irragionevole affermare che chiunque voglia fare congetture sui venti portati dallo Spirito Santo con il suo pontificato, dovrebbe almeno esplorare questi due ambiti.

Ritengo affrettato e rischioso prevedere quale direzione prenderà questo nuovo pontificato. Per questo motivo, preferisco non avventurarmi troppo in avanti. Ma poiché la storia dimostra che questi due elementi - la biografia personale e il contesto sociale - contengono spesso i semi di ciò che accadrà, diciamo almeno ciò che sembra ovvio.

Dalla sua biografia - che conosco ancora poco e preferisco conoscere attraverso ciò che viene pubblicato - è significativo sapere che è un agostiniano, che a Chiclayo è stato un vescovo vicino, con una grande capacità di ascolto, amichevole, un uomo di missione e, allo stesso tempo, molto preparato intellettualmente. Ha anche un pragmatismo caratteristico del suo luogo d'origine.

Per quanto riguarda il momento ecclesiale e sociale del mondo di oggi, il Papa stesso ha già menzionato alcune sfide chiave: la necessità di coesione nella Chiesa per superare la polarizzazione interna, l'unità dei cristiani, le implicazioni etiche dell'intelligenza artificiale, le conseguenze dei conflitti armati e l'urgenza di continuare a prendersi cura soprattutto dei più bisognosi per evitare ogni forma di esclusione sociale ed economica. Infine, come Leone XIII, sappiamo che Leone XIV ha una profonda devozione mariana.

Il binomio che riassume il suo progetto, espresso dallo stesso Papa Leone XIV, è condensato nell'omelia di inaugurazione del suo pontificato: "Amore e unità: ecco le due dimensioni della missione che Gesù ha affidato a Pietro". Da qui scaturisce questo desiderio: "Una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi lievito per un mondo riconciliato".

Per intuire il corso del suo pontificato, forse più che scavare nella storia, il modo più semplice è ascoltarlo con la stessa attenzione e lo stesso affetto filiale con cui abbiamo seguito Francesco, Benedetto XVI, Giovanni Paolo II, e - a seconda delle generazioni - i papi che hanno vissuto ciascuno di loro.

Alcune biografie su Leone XIII 

  • Santiago Casas, Leone XIII: un papato tra modernità e tradizione, EUNSA, Pamplona 2014
  • Bernardo O'Reilly, Vita di Leone XIIIEspasa, Madrid 1886
  • J. Martin Miller, La vita di Papa Leone XIIINEB, Omaha 1903
L'autoreGerard Jiménez Clopés

Sacerdote

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Mondo

200 cristiani massacrati dai jihadisti in Nigeria

Un massacro ha lasciato almeno 200 cristiani uccisi dai jihadisti in un centro per sfollati nel Benue, in Nigeria. Papa Leone XIV ha denunciato la tragedia e ha chiesto pace e giustizia per le comunità cristiane perseguitate.

Javier García Herrería-17 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Una nuova tragedia ha scosso la comunità cristiana in Nigeria nella notte tra il 13 e il 14 giugno. Almeno 200 cristiani sono stati brutalmente uccisi da un gruppo jihadista nella città di Yelewata, nello stato di Benuenel centro del Paese. Le vittime erano rifugiate in un centro di sfollamento gestito da una missione cattolica, dopo essere fuggite dalle violenze di gruppi estremisti come Boko Haram.

Secondo i testimoni, i radicali hanno fatto irruzione nel centro di notte, scatenandosi con una violenza sfrenata. "Stavano dormendo, molti erano bambini e donne", ha raccontato un volontario locale che è riuscito a fuggire.

Questo attacco non è un incidente isolato. Negli ultimi due mesi, centinaia di cristiani hanno perso la vita in azioni simili in diverse parti del Paese. Nello stesso Stato del Benue, almeno 500 cristiani sono stati uccisi negli ultimi cinque anni, in un crescendo di violenza religiosa ed etnica.

Il silenzio internazionale e la reazione del Papa

I leader cristiani hanno condannato il massacro e hanno chiesto alle autorità nigeriane di adottare misure urgenti per proteggere la popolazione civile. Nel frattempo, il silenzio internazionale continua a essere una ferita aperta per le vittime e le loro comunità.

Durante la preghiera dell'Angelus del 15 giugno, Papa Benedetto XVI ha detto Leone XIV ha lanciato un forte messaggio contro la crescente ondata di violenza nel mondo, con particolare attenzione agli attacchi alle comunità cristiane. Davanti a migliaia di fedeli riuniti in Piazza San Pietro, il Pontefice ha espresso il suo profondo dolore per il massacro "È avvenuto un "atroce massacro, con la morte violenta di circa duecento persone, per lo più sfollati interni accolti dalla Chiesa locale", ha lamentato il Papa.

Ha inoltre chiesto di pregare per la stabilità e la riconciliazione in Nigeria, "un Paese amato e colpito da molteplici forme di violenza", e in particolare per le comunità cristiane rurali del Benue, "vittime costanti di attacchi crudeli".

Stati Uniti

Esperti cattolici consigliano la non violenza negli USA

In questi giorni gli esperti cattolici hanno consigliato la non violenza. In altre parole, le proteste contro i raid dell'amministrazione Trump sull'immigrazione illegale dovrebbero essere pacifiche. Rivolte ed episodi di violenza si stanno verificando in questi giorni nelle città statunitensi, soprattutto a Los Angeles. Il consiglio vale anche per altre proteste.  

OSV / Omnes-17 giugno 2025-Tempo di lettura: 7 minuti

Kimberley Heathetington, (Notizie OSV)

Esperti di peacebuilding stanno discutendo i principi cattolici della protesta non violenta sulla scia degli eventi che si stanno svolgendo a Los Angeles e in altre città.

Centinaia di persone, tra cui clero di molte denominazioni, leader e sostenitori di gruppi di difesa basati sulla fede e fedeli delle chiese, si sono riunite in modo pacifico e rispettoso vicino al Campidoglio il 10 giugno per una "Testimonianza pentecostale per un bilancio morale".

Tuttavia, si sono agitati esortando verbalmente il Congresso a proteggere Medicaid, i sussidi alimentari SNAP e altri programmi che sono stati colpiti da quelli che dicono essere tagli paralizzanti nella "One Big Beautiful Bill" (H.R. 1) dell'amministrazione Trump, ora all'esame del Senato degli Stati Uniti.

Nel difendere la proposta di legge, il presidente della Camera Mike Johnson, R-La, ha definito "disinformazione" l'affermazione secondo cui essa comporterebbe drastici tagli a Medicaid (un programma di assistenza sanitaria federale e statale che aiuta a coprire le spese mediche per individui e famiglie bisognose). Mike Johnson ha anche assicurato che la copertura Medicaid per le persone che ne hanno bisogno non è minacciata.

Protesta non violenta

Tuttavia, gli organizzatori della veglia, tra cui il Centro per la Fede e la Giustizia dell'Università di Georgetown, hanno precedentemente dichiarato: "Ritirare il sostegno alle comunità più vulnerabili della nazione per ridurre le tasse ai ricchi è una concessione morale che i seguaci di Gesù non dovrebbero accettare".

E cosa hanno fatto? Hanno manifestato per protestare. E, come persone di fede, lo hanno fatto in modo non violento. 

È un precetto importante della cittadinanza cattolica: il disaccordo etico con le politiche pubbliche, e il desiderio di cambiarle pacificamente, è un'impresa degna.

Ciò contrasta con i recenti scontri violenti avvenuti in tutti gli Stati Uniti: a Los Angeles, dove sono stati dispiegati 4.000 soldati della Guardia Nazionale e 700 Marines, a Minneapolis e a New York. Si è trattato di una reazione fisica delle comunità ai raid dell'Immigration and Customs Enforcement, che trattengono i vicini che si trovano nel Paese senza documenti legali. 

L'Arcivescovo Gómez: non provocare paura e ansia

L'arcivescovo di Los Angeles, José H. Gómezha sollecitato la restrizione il 9 giugno. "Siamo tutti d'accordo sul fatto che non vogliamo immigrati privi di documenti che sono noti terroristi o criminali violenti nelle nostre comunità", ha detto l'arcivescovo Gomez. "Ma non c'è bisogno che il governo agisca in modo da provocare paura e ansia tra gli immigrati comuni, che lavorano duramente, e le loro famiglie".

Le proteste, iniziate con relativa calma il 6 giugno, sono poi degenerate in scene di auto in fiamme, violenti scontri con la polizia e centinaia di arresti. 

Nel frattempo, i funzionari, tra cui il governatore della California Gavin Newsom e il sindaco di Los Angeles Karen Bass (democratici), sostengono che il caos è limitato a una piccola sezione del centro.

"Vivere, parlare e agire senza violenza non significa rinunciare, non perdere o rinunciare a nulla", ha detto Papa Francesco nell'aprile 2023, "ma aspirare a tutto".

Come possiamo quindi incoraggiare efficacemente il cambiamento in una cultura che troppo spesso ricorre alla forza o ignora chi non lo fa?

L'arcivescovo di Los Angeles José H. Gomez guida una veglia di preghiera interreligiosa e comunitaria a Grand Park il 10 giugno 2025 (foto OSV News/John Rueda, per gentile concessione dell'arcidiocesi di Los Angeles).

Principi cattolici di non violenza

OSV News ha parlato con esperti di peacebuilding per esplorare i principi cattolici della protesta non violenta.

"Se siete interessati a partecipare a una protesta o a una manifestazione", ha detto Meghan J. Clark, docente di teologia morale alla St. John's University nel Queens, New York, "esorto i cattolici a essere preparati".

Clark ha scritto che "la protesta non è solo una questione di giustizia, è un atto di fede". Ora suggerisce di prepararsi in tre aree chiave, soprattutto per l'azione sui temi dell'immigrazione.

Meghan J. Clark: informazioni, preghiera e comunità

"Innanzitutto, l'informazione: assicuratevi di informarvi e di sapere cosa sta succedendo. È anche importante sapere cosa portare e cosa lasciare a casa", ha consigliato. "La Rete Ignaziana di Solidarietà e CLINIC (Catholic Legal Immigration Network Inc.) sono luoghi perfetti per iniziare. Offrono una grande quantità di informazioni, guide pratiche e racconti.

Clark ha poi consigliato la preghiera. "La preghiera, il discernimento e la riflessione sono fondamentali per prepararsi a impegnarsi in una protesta attiva e non violenta. Martin Luther King, Jr.(un ministro cristiano battista), ha sviluppato dei principi di non violenza attiva che inviterebbe i cattolici a utilizzare per prepararsi spiritualmente", ha detto. Quando ci prepariamo spiritualmente, è più facile resistere alla paura, all'intimidazione e all'escalation in una situazione di tensione".

E infine, la comunità. "La partecipazione alle manifestazioni è meglio se fatta insieme ad altri. Anche se non conoscete nessun altro interessato ad andare, quando vi unite alla manifestazione, conoscete i vostri vicini", raccomanda Clark. "Unendoci per protestare contro le ingiustizie, creiamo nuovi momenti di incontro e solidarietà reciproca".

Gerard Powers (Notre Dame): ruolo chiave dei cattolici

Gerard Powers, direttore degli studi cattolici sulla costruzione della pace e coordinatore della Rete cattolica per la costruzione della pace presso il Kroc Institute for International Peace Studies dell'Università di Notre Dame, è d'accordo.

Powers ha citato il ruolo cruciale che i cattolici hanno svolto nelle proteste non violente, dal People Power nelle Filippine e Solidarność in Polonia, alle proteste per la guerra in Iraq del 2003 e all'annuale Marcia per la Vita a Washington.

"Per mantenere una posizione morale ed essere efficaci, le proteste devono rimanere non violente, organizzate e disciplinate, e strategicamente focalizzate sull'ingiustizia in questione", ha spiegato Powers. Se le proteste diventano casuali e associate, anche se involontariamente, alla violenza, devono cessare e devono essere perseguiti mezzi alternativi per opporsi all'ingiustizia".

Una strategia più ampia delle proteste

Le proteste non possono nemmeno essere l'unico strumento di opposizione. Anche le proteste non violente più efficaci", ha aggiunto Powers, "devono essere solo una parte di una strategia molto più ampia per affrontare le ingiustizie e promuovere il bene comune".

Judy Coode, direttore delle comunicazioni di Pax Christi USA, ha posto l'accento sull'umanità condivisa e sulla costruzione di relazioni.

"Quando ci uniamo a una manifestazione pubblica, come in qualsiasi interazione con gli altri, riconosciamo e rispettiamo l'umanità degli altri, anche se non siamo d'accordo", ha detto Coode. "Quando scegliamo di rispondere con la nonviolenza, scegliamo di costruire relazioni e di comprendere gli altri, e ci concentriamo sulla fine dell'ingiustizia, non sulla sconfitta di una o più persone".

Judy Coode: preparazione

Come Clark, anche Coode ha esortato alla preparazione. "Nei Vangeli, Gesù ci insegna ripetutamente a scegliere la non violenza, e questo è il motivo per cui siamo impegnati nella non violenza", ha confermato il direttore di Pax Christi USA. 

"Tutte le persone che sperano di partecipare a manifestazioni pubbliche a sostegno del bene comune - cattolici, persone di altre fedi, coloro che non dichiarano una fede - sono fortemente incoraggiate a saperne di più e ad essere formate alla nonviolenza. Una nonviolenza che ha una storia profonda e ricca, ma che troppo spesso viene ignorata. Ma se sempre più persone ne capiscono l'efficacia e come è stata efficace nel corso degli anni", ha aggiunto, "si diffonderà sempre di più". 

Veicolo in fiamme sull'Atlantic Boulevard (Los Angeles) durante uno scontro tra manifestanti e forze dell'ordine in seguito a numerosi arresti (7 giugno 2025, foto OSV News/Barbara Davidson, Reuters).

Diritto alla protesta pacifica

Tutti e tre gli esperti hanno espresso parole forti sugli eventi di Los Angeles. Clark si è detto preoccupato per l'intervento militarizzato. "Una tale escalation ingiustificata rende la comunità meno sicura, non più", ha detto. "Il diritto di protestare pacificamente è essenziale in qualsiasi società democratica". I poteri hanno invitato a concentrarsi.

"La violenza associata alle proteste di Los Angeles è illegittima e controproducente e deve essere affrontata", ha confermato. "Ma non possiamo permettere che questo ci distragga dalle principali questioni in gioco: le ingiuste politiche di immigrazione dell'amministrazione Trump, i suoi duri sforzi per soffocare le proteste legittime su una serie di questioni e le sue mosse per militarizzare le forze dell'ordine nazionali".

Coode ha dichiarato che Pax Christi USA è "profondamente preoccupata per i tentativi del governo federale di intimidire persone vulnerabili ed emarginate, e sono sconcertata dall'uso ingiustificato e sproporzionato della forza nell'area di Los Angeles". Parlando in North Carolina il 10 giugno, il Presidente Donald Trump ha avvertito che future proteste contro l'immigrazione potrebbero essere "affrontate con forza uguale o maggiore".

"Fedele ai principi della nostra tradizione sociale cattolica".

Tornato a Washington, Adam Russell Taylor, ministro battista e presidente di Sojourners, ha fatto una promessa ai partecipanti del "Moral Budget Watch": "Facciamo un po' di rumore sacro oggi, d'accordo?

Taylor è stato seguito da decine di oratori, alcuni con una parola profetica, altri che hanno offerto versetti delle Scritture pertinenti, occasionalmente punteggiati da inni.

Prima di recarsi sui gradini del Campidoglio, dove i partecipanti sono stati raggiunti dai senatori Raphael Warnock, D-Georgia, e Chris Coons, D-Delaware, ha parlato Joan F. Neal, direttore esecutivo ad interim di Network, un gruppo di pressione cattolico per la giustizia sociale.

Joan F. Neal ha fatto eco alle preoccupazioni della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, che il 20 maggio ha definito le disposizioni dell'H.R.1 "inconcepibili e inaccettabili".

"Sappiamo già che questa legge danneggerà le famiglie, i bambini, gli anziani, i nostri fratelli e sorelle immigrati", ha dichiarato Neal. Ha inoltre sottolineato che "sarà il più grande trasferimento di ricchezza dai redditi più bassi a quelli più alti nella storia del nostro Paese". 

Atto di fede e di speranza

Neal si è poi rivolto ai membri cattolici del Senato "affinché rimangano fedeli ai valori della nostra fede e ai principi della nostra tradizione sociale cattolica".

L'evento è stato, in sostanza, un modello di fedele protesta non violenta, un gruppo di leader che ha agito pacificamente, come quello che San Oscar Romero ha descritto come "un microfono per Cristo".

Sebbene l'impatto sia incerto, l'ottimismo era nell'aria e ha sottolineato un commento di Clark. La resistenza attiva non violenta", ha osservato, "è un profondo atto di fede e di speranza".

Clima di violenza: omicidi recenti

Come contesto, vale la pena notare che la violenza con un profilo politico, non solo quella legata alla politica di immigrazione, sta occupando sempre più il mainstream della vita americana. Recentemente, si sono verificati un attacco contro due legislatori democratici del Minnesotain cui sono stati uccisi una deputata e suo marito e sono rimasti gravemente feriti un senatore e sua moglie. 

Gli eventi sono stati condannati da tutto lo spettro politico, anche dal presidente Donald Trump, che nel luglio dello scorso anno, in piena campagna elettorale, ha subito un attacco in Pennsylvania che avrebbe potuto costargli la vita.

D'altra parte, l'anno scorso le università statunitensi sono state teatro di violente proteste contro la guerra a Gaza. Leone XIVPrimo Papa americano, ha pregato e promosso la pace fin dal primo giorno della sua elezione a successore di Pietro, avvenuta a maggio.

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Kimberley Heatherington scrive per OSV News dalla Virginia, USA.

Questo articolo è una traduzione dell'originale di OSV News, che potete trovare qui. qui

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L'autoreOSV / Omnes

Evangelizzazione

Beato Floribert Bwana, congolese, difensore della giustizia e dell'integrità

Questa domenica è stato beatificato a Roma. Il laico congolese Floribert Bwana Chui, assassinato nel 2007 all'età di 26 anni per essersi opposto alla corruzione e aver difeso la giustizia. È il primo Beato proclamato dalla Comunità di Sant'Egidio.  

Francisco Otamendi-17 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Lo ha detto Papa Leone XIV all'Angelus della Domenica della Santissima Trinità. Floribert Bwana Chui, giovane martire congolese, "fu ucciso a ventisei anni perché, come cristiano, si opponeva all'ingiustizia e difendeva i piccoli e i poveri. La sua testimonianza dia coraggio e speranza ai giovani della Repubblica Democratica del Congo e di tutta l'Africa", ha detto il Pontefice.

Il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, ha presieduto la beatificazione nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Alla cerimonia hanno partecipato prelati congolesi, tra cui il cardinale Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa. Anche monsignor Willy Ngumbi, vescovo di Goma, la diocesi di origine del futuro Beato. E la comunità congolese a Roma. 

Martire dell'onestà 

Stanislas Kambashi SJ, ha ricordato in Notizie dal Vaticano che Papa Francesco ha riconosciuto il martirio di Floribert Bwana Chui, avvenuto lo scorso 25 novembre, "per odio alla fede". Ha riassunto la sua vita come un martire dell'onestà e dell'integrità morale. Il giovane, originario della Repubblica Democratica del Congo (RDC), era un commissario dell'Ufficio congolese di controllo (OCC), l'organismo nazionale di controllo delle dogane e delle merci. 

Floribert era responsabile della valutazione della conformità dei prodotti che attraversavano il confine orientale della RDC. Il suo rifiuto di cedere alla corruzione gli è costato la vita. Decise di non permettere l'ingresso nel suo Paese di alimenti provenienti dal Ruanda che non avevano ottenuto le necessarie autorizzazioni per la commercializzazione e il consumo. Secondo alcuni testimoni, "Bwana Chui ha preferito morire piuttosto che far entrare cibo che avrebbe potuto avvelenare un gran numero di persone". 

In nome della loro fede cristiana

Floribert Bwana Chuiche apparteneva al Comunità di Sant Egidio di Goma, è stato rapito il 7 luglio 2007. Due giorni dopo il suo corpo è stato ritrovato davanti all'Université Libre des Pays des Grands Lacs (ULPGL-Goma), un'istituzione educativa privata cristiana nella provincia del Nord Kivu. 

Gertrude Kamara Ntawiha, madre di Floribert, ha espresso la sua gioia e gratitudine per la notizia che allevia il dolore provato dopo la tragica morte del figlio: "è stato ucciso in nome della sua fede cristiana", ha detto.

L'autoreFrancisco Otamendi

Vivere il fumo bianco

Ci sono così tanti sogni umani da realizzare... Mi credete se vi dico che il mio era quello di andare a vivere una fumata bianca?

17 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Ci sono tanti sogni umani da realizzare... chi vuole andare a questo o quel concerto, chi vuole andare in qualche città, o chi vive per vedere la propria squadra nel suo stadio di calcio... Mi credete se vi dico che il mio era quello di vivere una fumata bianca? Non è che ci pensassi tutti i giorni, ma la verità è che quando Giovanni Paolo II è morto è stato qualcosa che ha cominciato a prendere forma dentro di me.

Credo sinceramente che l'amore per il Papa sia un dono. Un grande dono che vorrei che tutti i cristiani avessero. Io l'ho ricevuto e mi sento molto fortunato ad averlo ricevuto. Ho una vera passione per "il dolce Cristo in terra", come lo chiamava Santa Caterina da Siena.

Così, a quarant'anni, l'epoca in cui tutti ti ricordano che sei maturo, indipendente, autonomo e così via, muore Papa Francesco. Mi è bastato uno sguardo con mio marito per capire che eravamo sulla stessa lunghezza d'onda: cercare in tutti i modi di andare a Roma. Ma al conclave. Per vivere la fumata bianca.

Desiderati e soddisfatti

La verità è che quelli erano giorni frenetici: la comunione di una figlia, un blackout, la solita vita di genitori con una famiglia numerosa, tanto lavoro per entrambi... ma con una motivazione più grande di qualsiasi altra che avessi mai sperimentato: andare a Roma e vivere il momento. Quando mi chiedevano perché lo facevo, mi sentivo persino superficiale: qualcosa dentro di me mi spingeva a voler vivere quel momento proprio lì, perché lo facevo, perché lo volevo.

Forse vi immaginate il mio conto corrente con un ampio margine di manovra. Niente di più sbagliato. In questo "vivere il momento" sapevamo che i soldi sarebbero dovuti arrivare da noi. Senza alcun tipo di promozione, a mio marito sono stati assegnati tre lavori extra per un giorno ciascuno, che non erano affatto male. La Provvidenza nella nostra vita non smette mai di lavorare e noi ci siamo sentiti, ancora una volta, dei bambini viziati che facevano i capricci e nostro padre Dio ce li dava.

Desiderato e realizzato: giovedì 8 maggio alle 11.52 siamo entrati in San Pietro appena arrivati a Roma e stava uscendo la seconda Fumata Nera. Entrambe nello stesso momento. Mezzo giro. Ci siamo ritemprati nel corpo e nell'anima (Santa Messa e pranzo) e siamo rientrati.

15:43: entriamo di nuovo in Piazza San Pietro. Quello che si prova in quel momento all'interno del colonnato vaticano è indescrivibile. È attraversare una dimensione in cui siamo tutti figli dello stesso padre, fratelli, conoscenti e persone care. Qualcosa già "bruciava" nei nostri cuori. Non posso raccontare il numero di rosari che abbiamo recitato, le conversazioni che abbiamo avuto o molto altro. Posso solo parlare di doni. Uno dopo l'altro.

Il fumo bianco

Ore 18:05. Un gabbiano e i suoi piccoli si avvicinano al camino. Qualcosa ci dice che il momento è vicino. Guardare quella madre con il suo piccolo ci fa stare zitti e contemplare. Ha prodotto un moto di tenerezza che ci ha fatto concentrare sul camino.

18:07: PAZZIA. Follia totale da parte di tutti: c'è fumo bianco. Mi si accappona la pelle solo a scriverlo. Da quel giorno sono convinto che in Paradiso vivremo cose simili: tutti diversi e insieme con la stessa gioia traboccante che ci ha fatto saltare e urlare d'amore. Uniti in un'unica persona di cui non conosciamo nemmeno il nome. Le grida di "Viva il Papa" cominciano a rendermi rauco. All'improvviso c'è silenzio e qualcuno intona la "Salve regina", la salvezza latina. La cantiamo all'unisono. Mi ha commosso molto il motto scelto dal Papa, che abbiamo imparato a conoscere qualche tempo dopo: "In Illo uno unum", in cui Lui è Uno, noi siamo Uno. Ed è quello che è successo: mi sono sentito più Chiesa che mai, più unito a Pietro che mai.

19:12: il protodiacono annuncia il tanto atteso "The Protodeacon".Habemus papam". Forse è per la follia delle urla, o per la lingua madre di chi parla, ma non capiamo quasi nulla, solo Robert e LEONE. LEONE. Ma che meraviglia... Il nome di colui che ci ha uniti, ardente e folle è Leone. Leone XIV. È difficile spiegare (di nuovo) ciò che già gli volevamo bene. Accanto a noi, un uomo, con in mano una lista stampata di fatti curiosi, dice "Cardinale Prevost, matematico e di Chicago".

19:23: lo vediamo. Il nostro cuore arde di fronte al volto di Leone XIV. È davvero inspiegabile: lo vediamo così buono, così "simpatico", così "Papa". Il nostro cuore scoppia: Prevost ci ha conquistato, ci ha conquistato, ci ha per la sua Chiesa, ci ha come figli. Si commuove: parla e tace, ci sorride, ci guarda.

Amore per il Papa

Figlio di Sant'Agostino, missionario... Come ti inserisci quando lui guarda la gente e quella gente sei tu? Gridi "VIVA EL PAPA LEONE" e lui tace per l'emozione. Continuiamo a galleggiare: questa è la cosa più vicina al Paradiso che tutti noi che eravamo lì abbiamo mai sperimentato.

È molto difficile tornare alla normalità dopo questo fatto. Ogni volta che a Messa sento "per Papa Leone" qualcosa mi salta dentro e posso solo sorridere. Ogni volta che vedo un suo video o leggo un discorso qualcosa vibra... L'amore per il Papa è un dono e posso solo goderne.

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Zoom

L'arcivescovo di Los Angeles guida la veglia di preghiera in risposta ai raid contro l'immigrazione

José Gómez ha indetto una giornata di preghiera per la pace e l'unità, con messe, e ha invitato le parrocchie dell'arcidiocesi di Los Angeles a impegnarsi nella preghiera nei prossimi giorni.

Redazione Omnes-16 giugno 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
Vaticano

Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati saranno canonizzati il 7 settembre

Domenica 19 ottobre saranno canonizzati i beati Ignazio Choukrallah Maloyan, Peter To Rot, Vincenza Maria Poloni, Maria del Monte Carmelo Rendiles Martinez, Maria Troncatti, Jose Gregorio Hernandez Cisneros e Bartolo Longo.

Rapporti di Roma-16 giugno 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il Vaticano ha confermato ufficialmente che Carlo Acutis sarà canonizzato il 7 settembre 2025, insieme al Beato Pier Giorgio Frassati. La cerimonia si svolgerà a Roma e sarà presieduta da Papa Leone XIV.

Carlo Acutis, conosciuto come "l'influenzatore di Dio", e Frassati, modello di fede e impegno sociale, saranno proclamati santi in un evento che segnerà un momento storico per la gioventù cattolica.


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Stati Uniti

Chicago celebra l'elezione a Papa di uno dei suoi cittadini 

La città di Chicago (Illinois, USA) ha celebrato questo fine settimana l'elezione a Papa di uno dei suoi cittadini, Leone XIV. Alla celebrazione, presso il Rate Field, la casa della squadra di baseball Chicago White Sox, è intervenuto Chuck Swirsky, voce dei Chicago Bulls Padre John Merkelis, agostiniano, e un ex insegnante, suor Maria Teresa. Dianne Bergant.  

OSV / Omnes-16 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

- Simone Orendain, Chicago, Stati Uniti (OSV News). 

In quello che era iniziato come un pomeriggio nuvoloso, nello stadio luminoso e soleggiato della squadra di baseball preferita da Papa Leone XIV, i fedeli di Chicago hanno esultato per l'elezione di uno dei loro al papato. 

La celebrazione del 14 giugno, organizzata dall'arcidiocesi di Chicago, ha incluso una serie di brevi filmati e la prima trasmissione di un filmato di presentazione. messaggio video Papa Leone XIV ai giovani del mondo al Rate Field, sede della squadra di baseball dei Chicago White Sox, nel Southside di Chicago (Illinois).

Riconoscere che Dio vi chiama

Nel messaggio, il Papa Leo ha incoraggiato i giovani a guardare dentro di sé, a riconoscere la presenza di Dio nel proprio cuore. "Riconoscete che Dio è presente e che, forse in molti modi diversi, Dio viene a voi, vi chiama, vi invita a conoscere suo Figlio Gesù Cristo, attraverso le Scritture, forse attraverso un amico o un parente... un nonno, che potrebbe essere una persona di fede. 

Ha sottolineato l'importanza di riconoscerlo, soprattutto "l'anelito all'amore nella nostra vita, alla ricerca, alla vera ricerca, alla ricerca di modi in cui possiamo fare qualcosa con la nostra vita per servire gli altri".

Papa Leone ha anche rivolto un invito a partecipare a questo Anno Santo alla folla acclamante e cullata, con gli occhi puntati sui monitor video di tutto il campo. 

"In questo Anno giubilare della speranza, Cristo, che è la nostra speranza, ci chiama tutti a unirci per essere un vero esempio vivente: la luce della speranza nel mondo di oggi", ha detto. (Testo completo disponibile qui).

L'emittente dei tori P. John Merkelis e un insegnante

Il programma che precedeva la Messa allo stadio prevedeva un'intervista a tre voci. Con il conduttore Chuck Swirsky, noto ai locali come annunciatore della squadra NBA dei Chicago Bulls. Con il compagno di classe di Papa Leone, l'agostiniano Padre John Merkelis, presidente della Augustinian Providence High School in un sobborgo a sud di Chicago. 

E con Suor Dianne Bergant di St. Agnes, una sua ex insegnante all'Unione Teologica Cattolica, che ha detto che era un ottimo studente.

Padre Merkelis ha parlato del modo di fare umile e concreto del suo amico "Bob" Prevost. Ha condiviso i suoi pensieri su che tipo di Papa sarebbe stato il suo compagno di scuola e amico intimo. "È un uomo ponderato e riflessivo. Ascolterà tutti, ma deciderà da solo. È un avvocato canonico e sa come applicare la legge in modo pastorale. È un uomo di preghiera. E dopo aver risolto tutto questo, è un uomo normale", ha detto padre Merkelis. 

I White Sox invitano il Papa a Chicago

Il vicepresidente senior dei White Sox, Brooks Boyer, si è rivolto direttamente al Papa, nel caso stesse guardando la diretta.

"A nome dei White Sox e di tutti i nostri tifosi, sarebbe un onore averlo di nuovo qui al Rate Field per un primo lancio cerimoniale. I suoi fan sono sicuramente pronti e la sua squadra, i White Sox, è qui a braccia aperte", ha detto. 

Il programma comprendeva un video musicale prodotto dall'arcidiocesi in cui il frate agostiniano David Marshall cantava e suonava il pianoforte in una canzone da lui composta sulle origini di Papa Leone a Chicago, "Uno di noi". La canzone combina un mix di testi in inglese, spagnolo e latino, sottolineando la frase "In Illo uno unum" (Nell'Uno siamo uno), il motto di Papa Leone XIV.

Lo sport, "un mezzo prezioso per la formazione umana e cristiana".

La mattina di Santissima TrinitàIl Papa ha celebrato la Messa conclusiva del Giubileo dello Sport nella Basilica di San Pietro, alla quale hanno partecipato diverse migliaia di persone.

Nel omeliaLeone XIV ha affermato che "la combinazione di Trinidad-sport non è esattamente un luogo comune, eppure l'associazione non è assurda. Infatti, ogni buona attività umana porta con sé un riflesso della bellezza di Dio, e lo sport è certamente una di queste.

"In fondo, Dio non è statico, non è chiuso in se stesso. È comunione, una relazione viva tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che si apre all'umanità e al mondo. La teologia chiama questa realtà pericoresicioè "danza": una danza di amore reciproco".

Il Papa ha definito lo sport "un mezzo prezioso per la formazione umana e cristiana".

E "la via per costruire la pace" (Angelus)

Dopo la Messa e dopo aver salutato le migliaia di fedeli presenti in Piazza San Pietro, Leone XIV ha recitato il Àngelus con i fedeli. 

Nelle sue parole, ha affermato che "lo sport è un modo per costruire la pace, perché è una scuola di rispetto e lealtà, che fa crescere la cultura dell'incontro e della fraternità. Sorelle e fratelli, vi incoraggio a praticare questo stile in modo consapevole, opponendovi a ogni forma di violenza e oppressione".

Medio Oriente, Ucraina, Africa...

Il Pontefice ha poi ricordato i conflitti armati in Myanmar, Nigeria (terribile massacro con 200 morti due giorni fa), Sudan, Medio Oriente, Ucraina e nel mondo intero. "Continuiamo a pregare per la pace in Medio Oriente, in Ucraina e in tutto il mondo", ha detto.

Il Papa ha anche ricordato la beatificazione, avvenuta questa domenica pomeriggio a San Paolo fuori le Mura, di Floribert Bwana Chui, giovane martire congolese. "È stato ucciso a 26 anni perché, come cristiano, si opponeva all'ingiustizia e difendeva i piccoli e i poveri. La sua testimonianza dia coraggio e speranza ai giovani della Repubblica Democratica del Congo e di tutta l'Africa".

Appello ai giovani dal 28 luglio al 3 agosto

Per concludere, ha lanciato un appello ai giovani: "Vi aspetto tra un mese e mezzo nella Giubileo dei giovani! La Vergine Maria, Regina della Pace, interceda per noi". Il Giubileo di giovani si svolgerà dal 28 luglio al 3 agosto a Roma.

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Simone Orendain scrive per OSV News da Chicago.

Questo articolo è una traduzione dell'originale che si può trovare su qui

L'autoreOSV / Omnes

Mondo

Scoperte archeologiche rivelano fatti sul Santo Sepolcro

Recenti scoperte indicano l'esistenza di un giardino storico sotto la Chiesa del Santo Sepolcro. Pur non confermando in modo definitivo l'ubicazione della tomba di Gesù, esse supportano la descrizione contenuta nel Vangelo di Giovanni.

José M. García Pelegrín-16 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Tra le venerabili mura della Chiesa del Santo Sepolcro, un team di ricercatori guidati da Francesca Romana Stasolla, docente all'Università di Roma, è riuscito a trovare il Università La Sapienza di Romaha portato alla luce i resti di un antico giardino. Questo straordinario ritrovamento getta nuova luce sulla tradizione biblica. Stasolla è membro della Pontificia Accademia Romana di Archeologia e del consiglio scientifico del Centro Italiano di Studi Altomedievali di Spoleto (CISAM).

La scoperta conferma il racconto evangelico di un giardino nel luogo della crocifissione e della sepoltura di Gesù: "C'era un giardino nel luogo dove lo crocifissero e nel giardino un sepolcro nuovo dove nessuno era ancora stato sepolto" (Gv 19,41).

Il team di ricerca ha trovato anche una base circolare in marmo sotto l'edicola, cioè il santuario che circonda la tomba. Questo potrebbe essere appartenuto alla chiesa originaria di Costantino, come attestato da fonti antiche del V e VI secolo; le indagini scientifiche hanno ora fornito prove tangibili di questa ipotesi. Inoltre, nei campioni di terreno sono stati identificati pollini e resti di radici di ulivi e viti di oltre 2000 anni.

Il parco del Santo Sepolcro

La storia del terreno su cui sorge la Chiesa del Santo Sepolcro risale a tempi antichi. I ritrovamenti di campioni di terreno risalenti all'epoca precristiana indicano che l'area si è trasformata da cava, al più tardi nel I secolo a.C., a terreno agricolo, prima di diventare infine un luogo di sepoltura. In particolare, i resti di ulivi e viti di circa 2.000 anni sono coerenti con i racconti del Vangelo di Giovanni. Il proprietario del giardino apparteneva probabilmente alla classe alta, il che suggerisce che la tomba di Gesù si trovava in un ambiente benestante.

Oltre agli ulivi e alle viti, gli scienziati hanno scoperto i resti di alberi di fico, che sono stati coltivati nella regione per migliaia di anni. I dintorni della tomba di Gesù dovrebbero quindi essere visti come un luogo verde.

Tradizione e restauro

Gli scavi sono iniziati nel 2022 nell'ambito di un progetto di restauro che costituisce la prima ristrutturazione completa della chiesa dal XIX secolo. I lavori dovevano essere approvati dalle tre principali amministrazioni ecclesiastiche: il Patriarcato greco-ortodosso, la Custodia romana di Terra Santa e il Patriarcato armeno. È stata inoltre richiesta la licenza dell'Autorità israeliana per le antichità. "Durante i lavori di ristrutturazione, le comunità religiose hanno anche permesso di effettuare scavi archeologici sotto terra", spiega Stasolla. Questo sito non è solo uno dei più sacri della cristianità, ma ha anche un grande valore storico e simbolico.

Dopo la distruzione di Gerusalemme Nel 70 d.C., l'imperatore Adriano ordinò la ricostruzione della città, compresa l'area del Golgota. Per arginare il crescente culto cristiano, vi fece costruire un tempio dedicato a Venere. Paradossalmente, questo tentativo di sradicamento ebbe l'effetto opposto: i cristiani conservarono la memoria del luogo sacro nella loro tradizione. Quando, nel IV secolo, l'imperatore Costantino elevò il cristianesimo a religione preferita dell'Impero Romano, diede inizio a scavi su larga scala per riportare alla luce la tomba di Gesù.

Secondo la tradizione, la madre di Costantino, l'imperatrice Elena, si recò personalmente a Gerusalemme per individuare il sito. Dopo la demolizione del Tempio di Venere, per ordine di Costantino vi fu costruita una chiesa monumentale, precursore dell'attuale Chiesa del Santo Sepolcro.

La storia dell'edificio è segnata da distruzioni e ricostruzioni. Furono eseguiti importanti lavori di ristrutturazione, soprattutto durante le Crociate. Per secoli, su una parete della chiesa è rimasta inosservata un'enorme lastra coperta da graffiti di pellegrini. Un attento esame ha rivelato che si trattava del retro di un altare del XII secolo riccamente scolpito.

Le fonti storiche indicano che i crociati, durante il loro dominio su Gerusalemme (1099-1187), realizzarono una magnifica decorazione della chiesa. Tuttavia, dopo un devastante incendio nel 1808, l'altare fu considerato distrutto. Ora si è scoperto che era nascosto nella chiesa durante questo periodo. Questa scoperta fornisce informazioni preziose sulla progettazione medievale della Chiesa del Santo Sepolcro e sulla vita religiosa dei crociati. Gli esperti stanno attualmente lavorando per ricostruire la posizione originale dell'altare nella chiesa.

Uso della tecnologia

Di particolare rilievo è la scoperta di una camera sotterranea finora inaccessibile. Gli antichi resoconti dei pellegrini menzionano una cavità sotto la chiesa e ora i ricercatori confermano l'esistenza di una struttura inesplorata. La sua esatta natura - grotta naturale, antica tomba o architettura paleocristiana - rimane al momento poco chiara.

"La tecnologia moderna offre una visione senza precedenti della storia della chiesa", spiega Francesca Romana Stasolla. Oltre all'archeologia classica, vengono utilizzati metodi all'avanguardia. Gli scanner 3D e l'analisi radar ad alta risoluzione del terreno permettono di vedere strutture nascoste senza bisogno di scavi fisici. "Ogni scoperta ci avvicina alla verità, anche se alcune domande rimarranno senza risposta", riassume il direttore degli scavi. La fase finale degli scavi riprenderà quest'anno, ma la documentazione e la pubblicazione dei risultati richiederanno probabilmente anni.

Per secoli, i pellegrini di tutto il mondo sono accorsi alla Chiesa del Santo Sepolcro per pregare. Stasolla evita di commentare l'autenticità della tomba di Gesù. Secondo le conoscenze attuali, non può essere provata scientificamente. Tuttavia, sottolinea: "La fede millenaria nella santità di questo luogo ne ha permesso l'esistenza e lo sviluppo". E aggiunge: "Indipendentemente dalla fede personale nella storicità del Santo Sepolcro, la fede intergenerazionale in esso rimane un fatto oggettivo". La sua storia è "la storia di Gerusalemme".

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Tribuna

Il cuore di Cristo nel cuore della Spagna

La spiritualità del Cuore di Cristo, di cui celebriamo la festa nel mese di giugno, è un cammino di santità oggi e una via privilegiata per comprendere il mistero di Gesù Cristo.

Manuel Vargas Cano de Santayana-16 giugno 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Cerro de los Ángeles non è solo una posizione geografica al centro della penisola iberica. Da tempo immemorabile, la Madonna degli Angeli è venerata su questa collina dagli abitanti di Getafe. Ma quando Sua Maestà Alfonso XIII consacrò qui la Spagna, nel 1919, al Sacro Cuore di Gesù, questo luogo divenne un santuario spirituale che accoglie migliaia di persone provenienti da tutta la nostra nazione, una scuola di preghiera e di amore riparatore. Nel silenzio della sua spianata, davanti al monumento e alla basilica, risuona l'invito sempre attuale che il Signore fece a Santa Margherita Maria Alacoque nel 1675: "Almeno tu mi ami". Questa supplica, che scaturisce dal Cuore trafitto di Cristo, racchiude il cuore di questa spiritualità: lasciarsi amare dal Signore e amarlo in risposta.

La spiritualità del Cuore di Cristo non è una devozione del passato, né una semplice estetica pietistica. È un cammino di santità oggi e una via privilegiata per comprendere il mistero di Gesù Cristo: la sua umanità rimane il sacramento visibile dell'amore invisibile di Dio. Questo è ciò che Papa Francesco ha ricordato con forza nella sua ultima enciclica Dilexit NosIl testamento spirituale del Papa, culmine del suo magistero, è un vero e proprio testamento spirituale del pontefice recentemente scomparso. In esso ci ha detto: Il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo". (Dilexit Nos, 83).

Il Cerro de los Ángeles è, in questa prospettiva, molto più di un luogo di pellegrinaggio: è un segno profetico che interpella la Chiesa e il mondo. I cinque martiri che qui hanno dato la vita per Cristo, testimoni fedeli dell'Amore che non muore, ci insegnano che amare il Cuore di Cristo non è una spiritualità evasiva, ma impegnare la propria vita fino al dono totale di sé, anche in un contesto ostile. Hanno saputo fidarsi, amare e riparare, facendo della loro vita un'oblazione per la Chiesa e per la Spagna.

Questa torre di guardia nei pressi di Madrid ha attirato innumerevoli santi che, mossi dallo Spirito Santo, si sono prostrati davanti al Sacro Cuore: Santa Maravillas de Jesús inaugurò il convento delle Carmelitane Scalze nel 1926, rispondendo a un'ispirazione del Signore che le disse: Il mio Cuore ha bisogno di essere consolato (...), la Spagna sarà salvata dalla preghiera". San José María Rubio, l'apostolo gesuita di Madrid all'inizio del XX secolo, venne più volte a celebrare l'Eucaristia in questo luogo, insegnando ai madrileni a confidare nel Cuore divino come rifugio sicuro nei momenti difficili. Anche San Josemaría Escrivá fu qui e incoraggiò i suoi figli spirituali a scoprire nel Cuore di Cristo la fonte dell'apostolato laico in mezzo al mondo. San Manuel González, il vescovo dei Tabernacoli Abbandonati, vide in questo luogo una fonte di rinnovamento per la pastorale della Chiesa, e anche Madre Teresa di Calcutta, in una delle sue visite in Spagna, volle venire qui a pregare, riconoscendo che nel Cuore di Gesù si trova la forza per amare e servire i più poveri tra i poveri.

In una società che ha scelto così spesso di vivere voltando le spalle a Dio, la spiritualità del Cuore di Gesù è un invito a recuperare il nostro sguardo verso l'Amore prima di tutto. Come ha detto Benedetto XVI in Deus Caritas estNon si comincia a essere cristiani per una grande idea, ma per l'incontro con una Persona che dà un nuovo orizzonte alla propria vita. Questo orizzonte è il Cuore trafitto di Gesù che, dal Cerro de los Angeles, continua a dire: Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò riposo. (Mt 11,28).

La famiglia cristiana, la Chiesa domestica, trova in questa spiritualità una fonte di rinnovamento. In un ambiente che esalta l'individualismo, il Cuore di Cristo ci invita a costruire case in cui adorare, confidare, riparare e amare. Come insegna Dilexit NosÈ nel Cuore di Cristo che impariamo a vivere una cultura della tenerezza e della gratuità, dove ogni ferita umana può essere toccata e guarita dall'amore autodonante di Gesù.

Il Cerro de los Ángeles vuole essere proprio questo: una scuola di amore riparatore; una chiamata alla santità personale; un invito a guardare la storia, la Chiesa e il mondo dal lato aperto di Cristo. Lì, come Maria ai piedi della Croce, impariamo a essere discepoli amati e inviati. E da lì vogliamo essere apostoli del Cuore ferito e glorioso, convinti che non c'è deserto umano che non possa diventare terra di grazia se si lascia fecondare da questo Amore, incessante acqua viva. Dal cuore geografico della Spagna scaturisce un'ardente chiamata alla fiducia, all'amore e alla riparazione, certi che il Cuore di Cristo continua ad essere la risposta alle preoccupazioni più profonde dell'uomo di oggi.

L'autoreManuel Vargas Cano de Santayana

Vicario di Cerro de los Ángeles. Diocesi di Getafe

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Cinema

Un mafioso tranquillo e codardo

Jakov, un immigrato jugoslavo in Svezia, è combattuto tra la lealtà verso i suoi compagni criminali e l'aiutare una poliziotta a smantellare una rete.

Pablo Úrbez-16 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Serie

IndirizzoTomas Jonsgården, Mani Maserrat Agah
DistribuzioneKatia Winter, Christian Hillborg, Jens Hultén
Piattaforma: Filmin
PaeseSvezia, 2025

Jakov - Filmin: Radovan Jakovic, "Jakov", è un jugoslavo arrivato in Svezia nel 1990. È timido, introverso, un po' codardo e poco appariscente. I suoi parenti e connazionali vivono in Svezia da diversi anni. Alcuni fanno soldi con il contrabbando di tabacco, altri con rapine in banca e piccoli furti. Jakov non si sente a suo agio nell'aiutare i suoi connazionali. Gunn Törngren, invece, è una poliziotta assegnata a compiti superficiali e guardata dall'alto in basso dai suoi colleghi. Quando scopre il traffico di tabacco di contrabbando, cerca di collaborare con Jakov per perseguire tutti i colpevoli. Tuttavia, Jakov è indeciso se collaborare con la giustizia o fare la spia ai suoi connazionali.

Questa miniserie in sei puntate è un drammatico duello attoriale tra due personaggi molto coinvolgenti: Jakov, il grigio, e il vivace Gunn. Nel corso della storia, ognuno di loro ha i propri conflitti, desideri e interessi, si fidano l'uno dell'altro, combattono, perseguono i propri obiettivi e si sforzano di salvare le persone che amano. I due portano il peso della storia in un ruolo equilibrato di co-protagonisti, con singole sottotrame che si susseguono l'una dopo l'altra, e raramente entrambe sullo stesso piano.

Jakov Parla di senso della giustizia, ambizione, tradimento e lealtà. In un secondo momento parla anche di nazionalismo. Gli jugoslavi di Serbia e Croazia si trovano in Svezia quando scoppia la guerra in Jugoslavia, così che l'appartenenza all'uno o all'altro popolo modella le alleanze e le relazioni nella criminalità organizzata. Allo stesso tempo, assistiamo alla trasformazione della Svezia negli anni Novanta da paese pacifico a un nuovo ambiente caratterizzato da violenza e criminalità su larga scala, che sconvolge le forze di polizia.

Il ritmo della storia è lento e tranquillo. Gli eventi sono a volte affrettati, ci sono omicidi, ma la calma e la sobrietà predominano. In un certo senso, il ritmo è una conseguenza della personalità di Jakov: un profilo basso, silenzioso e non invadente, ma che lentamente cambia l'ambiente circostante e lo fa esplodere. La lunghezza di sei capitoli può risultare eccessiva, ma nonostante ciò mantiene la suspense fino all'epilogo, soprattutto grazie all'evoluzione drammatica dei personaggi, vera attrattiva di questa miniserie sull'ambizione e la giustizia.

L'autorePablo Úrbez

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Cultura

Scienziati cattolici: Juan Marcilla Arrazola, ingegnere agrario

Juan Marcilla Arrazola, ingegnere agrario spagnolo e vicepresidente del CSIC, è morto il 16 agosto 1950. Questa serie di brevi biografie di scienziati cattolici è pubblicata grazie alla collaborazione della Società degli scienziati cattolici di Spagna.

Alfonso Carrascosa-15 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Juan Marcilla Arrazola (27 dicembre 1886 - 16 agosto 1950), vicepresidente fondatore del CSIC, nacque a Madrid e rimase orfano all'età di 14 anni, per cui dovette pagarsi gli studi, compresi quelli di pianoforte, con l'ulteriore sforzo di dare lezioni private di matematica.

Completa brillantemente la sua formazione accademica come ingegnere agrario nel 1910, ottenendo il primo posto nella sua classe. La sua vita professionale si orientò subito verso la viticoltura e si trasferì alla Stazione Enologica di Villafranca del Penedés. In quel periodo il settore vitivinicolo stava attraversando una profonda crisi legata all'occupazione francese.

Nel 1915, dopo un soggiorno all'estero, in particolare presso la Estación Vitivinícola de Montpellier, fu assegnato alla Estación Ampelográfica Central de Madrid, dove erano stati accentrati gli ex Servicios Vitícolas. In questo periodo si è specializzato nella lotta contro l'insetto fillossera, una necessità impellente del settore, attraverso l'uso di portainnesti americani.

Nel 1924 vinse la cattedra di Viticoltura ed Enologia presso la Escuela Técnica Superior de Ingenieros Agrónomos di Madrid. Si dedica scientificamente alla microbiologia enologica. Richiese un finanziamento statale e fu nominato direttore del primo centro di ricerca scientifica in enologia, il Centro de Investigaciones Vinícolas, che apparteneva all'Istituto di ricerca di Madrid. Fondazione nazionale per la ricerca scientifica e la sperimentazione delle riforme (FENICER)creato dalla JAE.

Nel 1939 ricevette un riconoscimento internazionale quando fu nominato vicepresidente dell'Office International de la Vigne et du Vin, oggi OIV, la massima autorità internazionale in materia di viticoltura.

Marcilla introdusse la microbiologia enologica europea in Spagna. Sensibile a tutti i progressi e ai nuovi sviluppi della microbiologia enologica, scrisse il suo capolavoro "Tratado de viticultura y enología españolas" (1942), premiato dall'OIV.

Poco dopo, continuando il suo ruolo di istituzionalizzatore della microbiologia scientifica, nel 1946 fu presidente fondatore della Società Spagnola di Microbiologia (SEM), il cui straordinario lavoro continua tuttora. Fu anche un uomo profondamente religioso ed ebbe il merito di crescere 11 figli nonostante fosse rimasto vedovo all'età di 50 anni.

L'autoreAlfonso Carrascosa

Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC).

I veri santi

Uno dei peggiori favori che si possono fare ai santi è quello di addolcire le loro biografie concentrandosi sulle loro virtù personali e oscurando così il ruolo primario della grazia.

15 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Il ragazzo voleva comprare un regalo di compleanno per il padre, ma non aveva modo di raggiungere il centro commerciale.

"Se vuoi, ti do un passaggio", si offrì il padre. Una volta arrivato, il ragazzo non sapeva quale regalo scegliere. "Che ne dici di un paio di racchette per giocare insieme?", suggerì il papà. Il ragazzo pensò che fosse un'ottima idea, ma c'era un problema: non aveva i soldi per comprarle. "Non preoccuparti, figliolo, le pagherò io", lo rassicurò dolcemente il padre.

Quando tornò a casa, il figlio gli chiese di avvolgere lui stesso le racchette nella carta da pacchi, dato che non era capace di farlo. Il padre acconsentì, avvolgendole con cura e decorando il pacchetto con un bel nastro rosso.

Alla festa di compleanno, subito dopo aver spento le candeline, il figlio consegnò il regalo al padre, che corse a scartarlo con il cuore in gola. Quando vide le racchette, una lacrima di commozione gli scese sulla guancia. La moglie, che conosceva tutta la storia, gli chiese: "Ma come puoi essere così felice se tuo figlio non ha fatto nulla? Sei stato tu ad andare al negozio, a scegliere un regalo per lui, a pagarlo e persino a incartarlo". Al che il marito rispose, con gli occhi lucidi e la voce calma: "È il pensiero che conta!

Santi e grazia

Ho sentito questa storia qualche giorno fa in un'omelia in cui il sacerdote spiegava come la grazia di Dio agisce sui santi. È così poco quello che fanno e così tanto quello che Dio mette! Eppure, come si rallegra il Padre quando uno dei suoi figli si apre a questa grazia che Egli dà loro gratuitamente! Che grande dono è per Lui!

Il santità è un cammino difficile a cui tutti siamo chiamati, ma che pochi riescono a raggiungere. Di fronte alla gratuità di Dio (gratuito viene da "gratia" - grazia -), c'è la libertà dell'essere umano di accettarla. Le nostre debolezze sono tante, i nostri peccati sono tanti, come lo erano quelli del figlio nella parabola che ho appena ricordato. Bastava che avesse l'intenzione di aprirsi alla grazia perché il padre portasse a termine la sua opera, superando le sue tante evidenti imperfezioni.

Uno dei peggiori favori che si possono fare ai santi è quello di addolcire le loro biografie, mettendo l'accento sulle loro virtù personali e nascondendo così il ruolo primordiale della grazia. I peccati dei santi vengono messi in secondo piano, come se ci si vergognasse, mentre è vero il contrario: "dove abbondò il peccato, abbondò molto di più la grazia".

Gran parte della colpa è da attribuire al fatto che le agiografie sono commissionate a persone che la pensano come loro e supervisionate da figli spirituali che tendono a idealizzare i loro fondatori. Succederebbe a chiunque: chi vorrebbe che venissero portati alla luce i difetti della propria madre, del proprio padre o di una persona a lui cara? L'affetto e l'ammirazione ci inducono a minimizzarli e, al contrario, a magnificarne i meriti. Ma le vite dei santi non devono essere panegirici per il godimento dei loro fedeli seguaci, bensì scritti che inducano il lettore a voler imitare la vita di coloro che si sono lasciati fare dal Signore, perché sono proprio così, vasi di terra.

Veridicità

Mostrare le mancanze dei seguaci di Gesù è, infatti, uno dei criteri utilizzati dai critici per dimostrare la storicità di Gesù, la veridicità dei Vangeli. Si chiama criterio della difficoltà o dell'imbarazzo e si basa sul fatto che, se i seguaci di Gesù avessero voluto inventare una storia, sarebbe stato illogico per loro tirare in ballo, ad esempio, l'abbandono dei suoi discepoli nel Getsemani; il rinnegamento del suo braccio destro, Pietro; o la mancanza di fede degli apostoli alla notizia che era risorto dai morti. Il fatto che il racconto evangelico non nasconda le debolezze dei primi seguaci di Gesù ci assicura che coloro che hanno compilato i primi scritti non stavano cercando di venderci una moto, ma di spiegare come il Figlio di Dio si incarni e come non scelga realmente i capaci, ma renda capaci coloro che sceglie.

Santi patroni di Malaga

A questo proposito, ho avuto la fortuna di seguire molto da vicino la nascita del ".Il pesce di fango" (Mensajero), un romanzo storico di Ana Medina e Antonio S. Reina che narra la vita dei santi patroni di Malaga, i giovani San Ciriaco e Santa Paola, martirizzati al tempo di Diocleziano. L'opera riporta il lettore agli inizi del cristianesimo, quando le prime comunità vivevano la gioia della Buona Novella di fronte al fallimento delle religioni pagane. In questa fiction (non abbiamo quasi nessun dettaglio della loro vita) Ciriaco e Paula sono due giovani comuni che vivono la loro vocazione cristiana come tanti giovani di oggi, tra dubbi e sbagli, ma al momento opportuno la grazia ha dato loro la forza di cambiare vita in modo eroico fino a dare la testimonianza suprema del martirio.

Ambientato all'inizio del IV secolo, "Il pesce di fango" riflette su problemi di grande attualità per il dialogo della fede con la cultura di oggi, come il cambiamento dei tempi, l'aborto, il dialogo interreligioso, la corruzione politica, l'abuso dei potenti, lo sfruttamento delle donne e la cura degli ultimi. Affronta anche questioni ecclesiali di grande attualità come il ruolo della donna nelle comunità, la vocazione al matrimonio o alla vita consacrata, la sinodalità o il discernimento sui membri della Chiesa che partecipano alla sua vita in modo imperfetto.

Nel romanzo, come nella vita, i santi vivono con i piedi nel fango e a volte si sporcano per poter dire con San Paolo: "Non faccio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio". Non abbiamo sperimentato questo nella vita reale, e la finzione ci aiuterà a rendere credibile la vita reale dei santi?

Al termine della loro vita terrena, i "martiri", come i giovani Ciriaco e Paula erano affettuosamente conosciuti nella loro città, presentarono a Dio, come dono prezioso, la palma del martirio. Sapete cosa esclamò allora il Padre, con gli occhi pieni di lacrime: "È l'intenzione che conta"!

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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Evangelizzazione

Cosa sono i ritiri Emmaus?

L'esperienza pastorale conferma i frutti di conversione e di evangelizzazione prodotti dai ritiri Emmaus, quando sono vissuti secondo il loro metodo, con docilità allo Spirito Santo e in piena comunione ecclesiale.

José Miguel Granados-15 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Una "fuga spirituale" per liberarsi dal materialismo opprimente? Una "iniezione" cristiana di emozioni ottenute sul mercato sentimentale? Un'esperienza religiosa "alla moda" per i cattolici benestanti? Lasciamo i luoghi comuni e i pregiudizi e spieghiamo la realtà vissuta da tante persone.

I ritiri Emmaus sono uno strumento di evangelizzazione, e in particolare di primo annuncio, nato di recente all'interno della Chiesa cattolica, organizzato da laici e rivolto principalmente a laici, sotto la tutela di una parrocchia, con la guida e la supervisione del parroco.

L'evento più intenso e caratteristico di questi "ritiri" (diversi dai classici discorsi dei predicatori e dal silenzio meditativo) consiste in due giorni di incontro con il Signore e con una comunità. È organizzato con grande generosità ed entusiasmo da un'équipe di servitori, che sono semplici fedeli, e di solito in una casa di spiritualità. La celebrazione della Santa Messa con grande devozione e tono festoso, così come l'offerta di un dialogo libero con un sacerdote, con la possibilità di ricevere il sacramento della riconciliazione e la benedizione, sono elementi importanti del ritiro.

Questi ritiri non sono un movimento, un'associazione o un'istituzione ecclesiale con la pretesa di abbracciare in modo completo le dimensioni della vita del cristiano, né offrono una formazione cristiana integrale. Sono solo un'umile risorsa, particolarmente adatta a persone lontane dalla fede. Sono aperti a uomini e donne di tutti i ceti sociali e di diverse sensibilità. Infatti, in alcuni ritiri la maggior parte dei partecipanti sono migranti con mezzi finanziari limitati.

I pilastri dei ritiri Emmaus

Questi ritiri si basano su tre pilastri, che potremmo definire il "tripode": testimonianza, adorazione e amicizia. Ogni La testimonianza consiste nel racconto sincero e autentico dell'azione di guarigione e di trasformazione della Spirito Santo nella propria storia. La presentazione di queste esperienze personali è preparata nella fede, con molta preghiera e con il consiglio di una persona esperta.

L'adorazione ha lo scopo di aiutare le persone ad apprezzare e frequentare la presenza di Gesù nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia, creando un'atmosfera adatta per accompagnarlo e trattarlo intimamente.

Il L'amicizia si concretizza nel portare la carità fraterna in conversazioni profonde in cui si condivide la ricerca personale di Dio come colui che salva e dà senso pieno alla propria esistenza.

Per questo è necessario formare una comunità semplice, di solito all'interno della parrocchia. Per questo motivo, i suoi membri partecipano regolarmente agli incontri settimanali di preghiera, formazione e preparazione dei prossimi ritiri, in un'atmosfera cordiale. Inoltre, è necessario un minimo di organizzazione e coordinamento.

I frutti

Molti pastori e fedeli notano con gioia e gratitudine il profondo rinnovamento spirituale che, grazie a Emmaus, porta molti uomini e donne a cambiare la loro vita cristiana, a crescere e maturare nel loro impegno per la vita della Chiesa.

In breve, l'esperienza pastorale conferma i grandi frutti di conversione, santificazione ed evangelizzazione che sono stati prodotti in questi anni dalla ritiri di Emmaus, quando sono vissute secondo il metodo corretto, con docilità allo Spirito Santo e in piena comunione ecclesiale, contando sulla vicinanza e sulla cura dei pastori. Nella nostra società, che purtroppo si sta rapidamente scristianizzando, sono quindi una grande fonte di speranza.

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Vaticano

Il Papa canonizzerà il Beato Acutis e il Beato Frassati il 7 settembre

Papa Leone XIV canonizzerà insieme i Beati Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati il 7 settembre, ha annunciato il Vaticano. Nello stesso concistoro, Papa Leone ha confermato che altri sette Beati saranno canonizzati il 19 ottobre, Domenica Missionaria Mondiale. Tra questi, i venezuelani María Rendiles Martínez e José Gregorio Hernández Cisneros.    

CNS / Omnes-14 giugno 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

- Justin McLellan, Città del Vaticano (CNS). Papa Leone XIV canonizzerà i beati italiani Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati il 7 settembre, ha annunciato il Vaticano.

Incontrando i cardinali residenti e in visita a Roma per un concistoro ordinario pubblico il 13 giugno, Papa Leone approvò la nuova data per la canonizzazione dei due giovani Beati. E ha fissato al 19 ottobre la data per la canonizzazione di altri sette. Tra questi, i primi santi del Venezuela, José Gregorio Hernández e Carmen Rendiles. Il Papa ha annunciato le date in latino.

Carlo Acutis, Eucaristia ed evangelizzazione sul web

Il Beato Carlo Acutis è un adolescente noto per la sua devozione all'Eucaristia e per la creazione di una mostra online di miracoli eucaristici.

La canonizzazione era inizialmente prevista per il 27 aprile, durante il Giubileo degli adolescenti. È stata rinviata in seguito alla morte di Papa Francesco, avvenuta il 21 aprile.

Nato nel 1991 e cresciuto a Milano, il beato Acutis ha usato le sue competenze tecnologiche per evangelizzare e si è fatto notare per la sua fede gioiosa e la sua compassione per gli altri prima di morire di leucemia nel 2006 all'età di 15 anni.

Pier Giorgio Frassati, profonda spiritualità e servizio ai malati

Il Beato Frassati, nato nel 1901 in una famiglia importante di Torino, in Italia, era ammirato per la sua profonda spiritualità, il suo amore per i poveri e il suo entusiasmo per la vita. Membro del Terz'Ordine domenicano, servì i malati attraverso la Società di San Vincenzo de' Paoli. Morì all'età di 24 anni dopo aver contratto la poliomielite, forse da una delle persone che assisteva.

I due laici italiani saranno i primi santi ad essere proclamati da il nuovo Papaeletto l'8 maggio.

Modifica delle date

Sebbene il Vaticano non abbia mai fissato ufficialmente una data per la canonizzazione del Beato Frassati, lo scorso novembre Papa Francesco ha dichiarato che intendeva proclamarlo santo durante il Giubileo della Gioventù, dal 28 luglio al 3 agosto. Il sito ufficiale della causa di canonizzazione del Beato Frassati aveva detto che la canonizzazione avrebbe avuto luogo il 3 agosto. Il Papa dovrebbe celebrare una Messa con migliaia di giovani alla periferia di Roma.

Wanda Gawronska, nipote del Beato Frassati e da sempre promotrice della sua causa di santità, ha dichiarato a Catholic News Service di essere delusa dal cambiamento di data: "Migliaia e migliaia di persone hanno i biglietti per venire a Roma per la canonizzazione in agosto.

Altri sette il 19 ottobre: due venezuelani

Durante lo stesso concistoro, Papa Leone ha anche confermato che altri sette beati saranno canonizzati il 19 ottobre, Domenica Missionaria Mondiale. Si tratta di uomini e donne di cinque Paesi, tra cui martiri, fondatori di congregazioni religiose e laici riconosciuti per le loro virtù eroiche e il loro servizio. Sono:

- Beato Ignazio Maloyan, arcivescovo armeno cattolico e martire di Mardin, nell'attuale Turchia; nato nel 1869, fu arrestato, torturato e giustiziato in Turchia nel 1915.

- Beato Pietro To Rot, catechista laico martire, marito e padre di Papua Nuova Guinea. Nato nel 1912, fu arrestato nel 1945 durante l'occupazione giapponese nella Seconda Guerra Mondiale e fu ucciso con un'iniezione letale mentre era in prigione.

- Beata Vincenza Maria Poloni, fondatrice delle Suore della Misericordia di Verona, Italia; visse dal 1802 al 1855.

- Beata María Rendiles Martínez, fondatrice venezuelana della Congregazione delle Serve di Gesù. Nata a Caracas nel 1903, morì nel 1977. Sarà la prima donna santa del Venezuela.

- Beata Maria Troncatti, salesiana nata in Italia nel 1883 e missionaria in Ecuador nel 1922. Morì in un incidente aereo nel 1969.

- Beato José Gregorio Hernández Cisneros, medico venezuelano nato nel 1864. Era un francescano del Terzo Ordine e divenne noto come "il medico dei poveri". Morì in un incidente nel 1919 mentre si recava ad aiutare un paziente.

- Beato Bartolo Longo, avvocato italiano nato nel 1841. Dopo essere stato un oppositore militante della Chiesa e coinvolto nell'occultismo, si convertì, dedicandosi alla carità e alla costruzione del Pontificio Santuario della Beata Vergine del Rosario a Pompei. Morì nel 1926.

L'autoreCNS / Omnes

Libri

Come lo spirito agisce nel mondo

Il libro di Javier Sánchez Cañizares esplora il rapporto tra fede, scienza e spiritualità da una prospettiva filosofica e scientifica contemporanea. Difende la compatibilità tra l'anima spirituale e la fisica quantistica e propone una visione integrale dell'essere umano come ponte tra materia e trascendenza.

José Carlos Martín de la Hoz-14 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Javier Sánchez Cañizares (Cordoba 1970), professore all'Università di Navarra, fisico e teologo, nel libro che presentiamo è riuscito a sintetizzare in modo mirabile l'intenso rapporto tra fede e scienza oggi e come lo Spirito, l'anima umana e la realtà spirituale interagiscono con la realtà materiale.

Il sottotitolo che ha dato a questa interessante opera è molto significativo: "Dio e l'anima nel contesto della scienza contemporanea". Infatti, il prof. Javier Sánchez Cañizares riconosce apertamente l'esistenza dello spirito e, inoltre, la sua capacità di relazionarsi con la materia. Inoltre, sottolinea: "ciò che non può essere misurato è di grande interesse per la scienza" (p. 11).

Il grande problema che l'autore ha incontrato nella stesura di quest'opera è semplice come rendersi conto che "il libro della scienza è scritto in caratteri matematici" (p. 34), da cui la difficoltà di divulgare, ad esempio, la meccanica quantistica o la radiazione ultravioletta.

Comprendere il complesso

Durante la lettura di questo affascinante studio, l'importante è non fermarsi, anche se a un certo punto il lettore perde il filo del ragionamento. A quel punto, il lettore dovrebbe continuare e riprendere il filo in seguito, perché non è necessario capire tutto e tutte le formule matematiche. È importante imparare a fidarsi degli scienziati e del loro modo di ragionare matematico, sapendo che tra loro esercitano una critica rigorosa e senza compromessi. 

Poi prosegue con un interessante confronto tra i grandi sistemi per illuminarci nelle discussioni attuali: "L'indeterminismo è probabilmente la caratteristica quantistica più favorevole a una visione non riduzionista della natura, in netto contrasto con le visioni meccanicistiche basate su un universo deterministico. Secondo il determinismo, lo stato dell'universo in ogni momento, insieme alle leggi naturali che ne governano la dinamica, determinano univocamente lo stato dell'universo in ogni momento. Al contrario, l'indeterminismo quantistico sembra lasciare spazio a un tipo di attività che va oltre ciò che è quantificabile e determinabile dalla fisica in modo meccanicistico" (p. 93).

Poco dopo aggiungerà: "il quadro fornito dalla meccanica quantistica potrebbe indicare la compatibilità e la complementarità del comportamento degli agenti liberi con le leggi della fisica, che rimangono aperte nella loro fondamentale indeterminatezza" (p. 94).

Inoltre, spiegherà la complessità delle possibili cause coinvolte in un processo fisico e, quindi, la pazienza di arrivare al "principio di ragion sufficiente" per spiegare il fatto (p. 111). E, naturalmente, come funzionano le teorie e i modelli scientifici (p. 112).

Materia e spirito

Nella seconda parte del libro discuterà le "vere ragioni di una visione rinnovata". L'obiettivo è quello di gettare una luce che eviti una visione disgregatrice e lasci spazio a una visione integrale del mondo della materia e dello spirito nella prospettiva della "natura creatrice" (p. 143).

È logico che approfondisca la teoria hylemorphista di Aristotele e la sua versione ritoccata e migliorata di San Tommaso, con contributi della stessa fisica: "Potremmo descrivere la vita come una ribellione dei sistemi contro la tendenza generale all'aumento dell'entropia nell'universo" (p. 147).

Egli porterà anche spunti dalla stessa teoria evolutiva nella sua versione attuale: "Il punto fondamentale è che la pressione selettiva dell'ambiente cambia anche perché l'ambiente stesso cambia, anche se su scale temporali molto più lunghe. L'esito del successo o del fallimento, a breve o a lungo termine, per una specie può essere una questione non banale e difficile da prevedere" (p. 149). 

Poi afferma chiaramente: "con l'arrivo dell'essere umano, l'evoluzione sembra fare un enorme balzo in avanti, così che non siamo più semplicemente in un'evoluzione casuale, in cui avanziamo per tentativi ed errori, ma siamo in grado di generare cultura, apprendimento attraverso la trasmissione di idee, linguaggi simbolici, storia o senso di trascendenza" (p. 171).

L'anima umana

Alla domanda diretta sull'origine dell'anima, il nostro autore risponderà anche direttamente: "L'uomo viene interamente dall'evoluzione e interamente da Dio: l'evoluzione non è altro che il modo in cui si svolge l'azione creatrice di Dio. Che l'anima umana sia creata direttamente e immediatamente da Dio non significa che Dio irrompa direttamente nella temporalità specifica dell'evoluzione, significa che l'essere umano, portatore di un'anima immateriale, è per questo oggetto di un rapporto diretto e immediato con Dio. I nostri malintesi su come combinare evoluzione e creazione derivano in ultima analisi da una comprensione errata della creazione" (p. 182).

Il concetto di "emergenza ontologica" del nostro autore è interessante, ma lasciamo che sia lui a spiegarlo: "mostreremo come l'emergenza ontologica, che abbiamo chiamato 'decollo dell'immaterialità', possa essere intesa come un cambiamento ontologico in cui si inverte la tendenza del tipo di granularità che osserviamo nell'emergenza dei sistemi naturali" (p. 183).

Nell'ultima sezione su come Dio agisce nel mondo, prosegue il suo approccio dalla filosofia della scienza e dal mondo della fisica per richiamare le nozioni fondamentali della teodicea: "Dio non emerge nella creazione, Dio è eterno e non è soggetto alla successione temporale, al cambiamento e al movimento tipici del mondo naturale in cui esistiamo" (p. 213).

Più avanti, ci ricorda la difficoltà del linguaggio a esprimere questioni di grande profondità: "la sfida è articolare quella causalità divina, l'attività del divino, l'attività del divino, l'attività del divino, l'attività del divino, l'attività del divino, l'attività del divino, l'attività del divino, l'attività del divino, l'attività del divino". annuncio extra di Dio, con la causalità naturale o creata" (p. 214). Vale a dire: "come comprendere l'articolazione della trascendenza e dell'immanenza nell'attività divina" (p. 216). Aggiungerà anche: "come articolare l'essere creato, temporale, e l'Essere sussistente, eterno, che sono simili nell'esistenza e dissimili in quasi tutto il resto" (p. 217).

Come lo Spirito agisce nel mondo. Dio e l'anima nel contesto della scienza contemporanea.

AutoreJavier Sánchez Cañizares
EditorialeIncontro
Anno: 2025
Numero di pagine: 278
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Cultura

Il cristiano nella vita pubblica

Il cristiano nella vita pubblica è chiamato a essere una persona di dialogo: dinamica, flessibile, aperta al cambiamento, ma non qualcuno che cambia per il gusto di cambiare. Se queste parole sono relativamente facili da scrivere, sono difficili da mettere in pratica.

Leonard Franchi-14 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

In questo breve articolo rifletterò su come gli studenti universitari cattolici possano incarnare la tradizione intellettuale cattolica nella loro vita professionale e personale. Per farlo, dobbiamo essere consapevoli di cosa intendiamo per tradizione intellettuale cattolica.

Per essere chiari, la tradizione intellettuale cattolica si riferisce al modo in cui la comunità cristiana ha affrontato (e continua ad affrontare) il complesso mondo delle idee attraverso la lente della fede e della ragione. Quando i primi cristiani hanno cercato di allineare le loro nuove credenze, prima con il pensiero ebraico e poi con il mondo della filosofia greca, ci hanno offerto un esempio dei semi della tradizione intellettuale cattolica. Questa realtà storica rivela una Chiesa nascente, aperta al mondo esterno, aperta al dialogo e che cercava di inquadrare le sue convinzioni fondamentali in modo che fossero ascoltate e comprese dai suoi interlocutori. Ci vorrebbero molti libri per fornire una trattazione dettagliata di come la Chiesa ha continuato a impegnarsi in questa importante missione. annuncio extra. Pensiamo in particolare alla nascita delle università europee ex corde ecclesiae e alla misura in cui le università contemporanee, cattoliche o laiche, possono offrire alla società e agli individui i mezzi per lo sviluppo umano.

La fine dell'università

Per mantenere l'attenzione sull'università, è anche necessario ancorare la nostra riflessione sullo scopo dell'università nella società. È principalmente un luogo di credenziali? Come possono gli studenti e il personale collaborare per esplorare obiettivi comuni? Anzi, è possibile per il personale e gli studenti condividere gli obiettivi? Sono domande importanti che richiedono una seria riflessione. È qui che un impegno profondo con la tradizione intellettuale cattolica può aiutare gli accademici cattolici a contribuire in modo significativo a dibattiti teorici più ampi sia nelle istituzioni cattoliche che in quelle laiche.

Una domanda che sorge nel dibattito sulla tradizione intellettuale cattolica è se essa lasci sufficiente spazio all'esercizio della libertà accademica individuale. Il discorso popolare spesso fa la caricatura del credo cristiano, e di qualsiasi altro credo religioso, come restrittivo e limitante dell'importante esercizio della libertà individuale. In questa visione del mondo, la religione è un fardello che deve essere tolto se si vuole apprezzare e promuovere la libertà umana. La visione cristiana della libertà, invece, si concentra su come la libertà consista nella capacità di fare ciò che è giusto e di incoraggiare gli altri a seguire la via della virtù. Non va confusa con un "diritto" autonomo di fare ciò che si vuole, quando si vuole.

Cultura universitaria

Il concetto di cultura intellettuale offre un utile punto di ingresso a questo e ad altri dibattiti correlati. Cultura, ovviamente, è un termine molto discusso nelle riviste e nelle monografie accademiche. Fa anche parte del più ampio vocabolario della società: gli allenatori di calcio cercano di integrare una certa cultura nelle loro squadre, le aziende possono vantarsi della loro cultura collegiale ed etica, e così via. Per l'intellettuale cattolico, la cultura ha una radice diversa: deriva dalla liturgia (cultus) e si riferisce a come la liturgia deve essere la radice e l'ispirazione del nostro modo di amare, delle scelte che facciamo e del modo in cui sviluppiamo le nostre relazioni.

Questo porta, naturalmente, a un'altra domanda: come può la liturgia essere fonte di ispirazione per l'apostolato intellettuale della Chiesa? Innanzitutto, e in termini generali, la liturgia è il culto pubblico della comunità cristiana. È il luogo in cui i battezzati si riuniscono per celebrare la bontà di Dio e ricevere la sua grazia. Questo fornisce l'ispirazione per ciascuno dei battezzati nell'esercizio della sua particolare vocazione, lo studioso non meno del commerciante. In secondo luogo, poiché la liturgia è un evento pubblico e non una cerimonia privata per individui selezionati, ha un naturale sconfinamento nel mondo delle idee, delle teorie, delle filosofie e simili. 

Pragmatismo e ricerca della verità

Riflettere collettivamente su queste domande ha conseguenze pedagogiche. In particolare, apre la questione di come trovare la verità e confrontarsi con essa. 

Una strada da percorrere è quella di riconsiderare il rapporto tra ratio e intellectus come forme di conoscenza. La prima si riferisce al modo in cui usiamo la ragione per valutare, discutere, valutare; la seconda mostra un approccio più contemplativo che riconosce i limiti della prima e cerca di fondare la nostra ricerca di significato in una realtà più profonda. È attraverso l'intellectus che lo studioso cristiano, grazie allo studio orante e a una mente aperta al trascendente, può trovare la luce che completa l'esercizio della ratio.

L'esplorazione di queste domande ci porta, quasi inevitabilmente, al lavoro di San John Henry Newman sull'intelletto. Come è noto oggi, Newman si accontenterebbe dell'università come luogo di pura cultura intellettuale, senza espliciti obiettivi pratici per il programma universitario. Se una posizione del genere sia oggi sostenibile è una questione da affrontare in un altro momento. Newman era anche consapevole che la mente illuminata da una raffinata cultura intellettuale non poteva che avere un'influenza positiva sulla società in generale. Questa è una dimensione importante del pensiero di Newman, così come la sua insistenza sul fatto che non ci dovrebbe essere alcun divario tra lo studio teologico serio e l'esercizio della pietà.

Per avanzare il pensiero di Newman, ecco tre cose a cui pensare mentre riflettiamo sul posto dell'intellettuale cattolico nella Chiesa e nella società di oggi.

  • Dimostrare nel nostro lavoro che tutto ciò che facciamo è realizzato con la massima qualità umana. Sfruttare le varie risorse disponibili per un'efficace diffusione delle idee.
  • Leggere molto e spesso. Amate i testi classici e cercate nuove opere e autori. Stabilire relazioni professionali con persone che cercano di dare un contributo significativo ai dibattiti.
  • Prendere l'iniziativa per contribuire positivamente allo sviluppo di nuove idee. Essere presenti all'inizio, durante e alla fine delle discussioni sulle politiche e sulle pratiche.

Per concludere, rinfreschiamo la nostra mente con alcune parole di Papa Francesco sul perché dovremmo rinnovare il nostro impegno nello studio della storia della Chiesa. Nella sua recente lettera su questo tema, Papa Francesco dice:

"Un corretto senso della storia può aiutare ciascuno di noi a sviluppare un migliore senso delle proporzioni e della prospettiva, per arrivare a comprendere la realtà così com'è e non come la immaginiamo o vorremmo che fosse. Mettendo da parte astrazioni pericolose e disincarnate, possiamo rapportarci alla realtà nella misura in cui essa ci chiama alla responsabilità etica, alla condivisione e alla solidarietà".

I destinatari di questa lettera sono principalmente sacerdoti e persone che si preparano al sacerdozio. Tuttavia, le sue parole colgono qualcosa di essenziale sullo studio accademico e su come le idee devono essere valutate onestamente. L'intellettuale cristiano dovrebbe prendere a cuore queste parole.

L'autoreLeonard Franchi

professore presso l'Università di Glasgow e l'Università di Notre Dame, in Australia.

Per saperne di più
Educazione

Sánchez Orantos: "La conoscenza non pragmatica, che illumina la vita, è molto urgente".

La rivista "Diálogo filosófico", che celebra il suo 40° anniversario, in collaborazione con la Pontificia Università di Salamanca (UPSA), ha organizzato il suo XII Congresso dal 19 al 21 giugno. Il suo direttore, Antonio Sánchez Orantos, cmf, ha dichiarato a Omnes: "La tristezza si sta impadronendo della vita umana. La conoscenza non pragmatica, che illumina la vita umana, è più urgente che mai.

Francisco Otamendi-13 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

In occasione del 40° anniversario diDialogo filosoficoLa rivista diretta dal professor Antonio Sánchez Orantos, cmf, vedrà la partecipazione di un nutrito gruppo di relatori, filosofi e accademici provenienti da diverse università. Si analizzeranno dal 19 al 21 giugno presso la Università Pontificia di Salamanca (UPSA), importanti sfide umane.

Antonio Sánchez Orantos (Madrid, 1957), missionario clarettiano, ha assunto la responsabilità della direzione di Dialogo filosofico nel 2023, in sostituzione del precedente direttore, José Luis Caballero Bono, anch'egli clarettiano. 

Oltre ad altre occupazioni professionali, Sanchez Orantos è stato professore di Antropologia, Metafisica e Storia antica per 22 anni presso il Università Pontificia di ComillasIl leader gesuita, a capo della Compagnia di Gesù, è ora in pensione. 

Ma è ancora molto impegnato. Attualmente continua a insegnare Teologia spirituale presso l'Istituto Teologico Clarettiano (affiliato alla Pontificia Università di Salamanca), oltre a dirigere la rivista "Diálogo Filosófico". Oggi parliamo con il filosofo di alcuni temi di attualità.

Professore, due pennellate preliminari. Dove è nato e ha studiato. Lei è un filosofo e un clarettiano. 

- Sono nato a Madrid nel 1957, il 17 luglio. Sono entrato nella Congregazione dei Missionari Figli del Cuore di Maria (missionari clarettiani) nel 1974 e ho fatto la mia prima professione dei voti nel 1975. 

Sono stato consacrato sacerdote da Mons. Vicente Enrique y Tarancón il 24 aprile 1983. Ho conseguito il baccellierato in Teologia presso il Centro Teologico Clarettiano di Colmenar Viejo (affiliato all'Università Comillas). Laurea in Filosofia presso l'Università Comillas. Dottorato in Filosofia presso la stessa università. Laurea in Teologia presso il Pontificio Ateneo San Anselmo di Roma e Master in Filosofia e Mistica presso lo stesso Ateneo di Roma.

Mi parli di alcuni dei temi che ha affrontato nella rivista negli ultimi tempi. Oggi festeggiate i 40 anni di "Diálogo Filosófico". 

- La rivista, di alta divulgazione filosofica, ha cercato di confrontarsi criticamente con i problemi più urgenti della nostra cultura, riservando un numero annuale (la rivista esce ogni quattro mesi) all'aggiornamento delle proposte degli autori più rappresentativi della tradizione filosofica. 

Cito solo gli ultimi: Kant (n. 119), Maritain (in stampa, n. 122), omaggio a Benedetto XVI (n. 117). 

Nel corso dei quarant'anni della sua esistenza, molti altri sono stati trattati: Husserl, Heidegger, Zubiri, Rorty, Habermas, Simone Weil, la Scuola di Francoforte (si può vedere qui).

Per quanto riguarda gli argomenti trattati, essi sono cinque campi di riflessione: etica e politica, epistemologia e neuroscienze, problemi di fondazione e significato della vita umana (antropologia/metafisica), trascendenza umana e teodicea (problema di Dio), riflessione critica su modalità/modi culturali. 

I temi più recenti sono stati: Digital Humanities (115), Povertà (116), Pensare l'incertezza (118), Moralità: una fondazione (120).

Suppongo che la collaborazione con l'Università Pontificia di Salamanca risalga a molto tempo fa.

- Il fondatore della rivista, Pr. Dr. Ildefonso Murillo Murillo, professore emerito ed ex preside della Facoltà di Filosofia dell'UPSA, nonché ex direttore dell'Istituto Iberoamericano di Filosofia (UPSA), ha definito chiaramente gli obiettivi della rivista fin dall'inizio.

"Il desiderio di contribuire all'indagine della verità filosofica all'altezza del nostro tempo (perché) molti filosofi sembravano essere motivati da obiettivi diversi dalla verità.

"La preoccupazione di offrire un orientamento radicale e pieno di speranza alla vita umana".

Forse c'era un'idea di fondo...

- La Spagna degli anni Ottanta ha affrontato grandi sfide: tempi di crisi, di cambiamento e di speranza. La stagnazione della filosofia in una scolastica superata provocò una reazione verso proposte positiviste, nichiliste, strutturaliste, postmoderne o postmetafisiche. 

In questo ambiente culturale è nato il "grande sogno" di creare uno spazio aperto al dialogo per ripensare criticamente queste reazioni e provocare la presenza di una riflessione filosofica che presentasse chiaramente la saggezza contenuta nell'umanesimo cristiano. Quest'anno celebriamo quarant'anni di presenza nella fedeltà a questo compito.

All'UPSA, ora avete a che fare con la crisi e la speranza.

- La tristezza si sta impadronendo della vita umana. Una tristezza che manda in frantumi ogni speranza di un futuro migliore. E quando la speranza si infrange, la demoralizzazione permea tutte le dimensioni della vita sociale. E al centro di questa crisi culturale, l'irruzione dirompente dell'IA minaccia l'identità umana. 

Per questo motivo, abbiamo più che mai bisogno di un sapere che, invitando gli esseri umani ad ascoltare i desideri del loro cuore (silenzio riflessivo in contrapposizione a discorsi superficiali), offra progetti di vita morale speranzosi e realistici: è in gioco il futuro delle nostre società.

Su questa linea, non so se la filosofia, e le scienze umane in generale, sono troppo spesso considerate come un certo "sapere inutile", poco pragmatico. Cosa ne pensa?

- Le dimensioni pragmatiche della vita umana sono sufficientemente curate e, pertanto, la conoscenza non pragmatica, che illumina la vita umana, è più urgente che mai. 

Un sapere apparentemente inutile, ma che viene ricercato dagli esseri umani per dare un senso alla propria vita.

Offrire spazi di dialogo per questa conoscenza è l'impegno della rivista e l'obiettivo fondamentale del nostro Congresso. Perché solo nel dialogo con chi è diverso, rompendo la tentazione della polarizzazione sociale, potremo trovare percorsi di giustizia e di pace per gli uomini di oggi.

Concludiamo la nostra conversazione. Le attrattive del Congresso sono numerose e le programma presenta relatori di spicco. All'inaugurazione interverranno monsignor Luis Argüello, il cardinale clarettiano Aquilino Bocos Merino, il Gran Cancelliere, monsignor José Luis Retana, e il rettore dell'UPSA, Santiago García-Jalón. E anche, come è ovvio, il professor Ildefonso Murillo, cmf, fondatore della rivista, e il direttore, Antonio Sánchez Orantos. 

L'autoreFrancisco Otamendi

Educazione

Come far leggere e alfabetizzare i vostri figli quest'estate

Per far sì che un bambino legga e si coltivi durante l'estate, si consiglia di pianificare visite didattiche d'impatto e adatte all'età e di creare un ambiente familiare che incoraggi la lettura quotidiana. Le attività preparate in anticipo e il coinvolgimento dei genitori sono la chiave per un apprendimento significativo e duraturo.

Álvaro Gil Ruiz-13 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Con l'arrivo di giugno si avvicina l'inizio della tanto sospirata e desiderata estate e si attiva la sfida annuale di riempire i quasi tre mesi di vacanze dei nostri figli con attività di ogni tipo: campeggi urbani o di campagna, clinic di calcio, giornate con i nonni in spiaggia o in paese... Ma oltre a farli divertire, possiamo aspirare e far svolgere loro attività educative e formative con un impatto sulla famiglia, se teniamo presenti due cose: sceglierle bene e prepararle con un po' di tempo.

Esperienze educative positive presso il centro estivo

Se rimaniamo nella nostra casa abituale o se viaggiamo (prima di arrivare alla meta delle vacanze), possiamo cogliere l'occasione per cercare musei, castelli, siti archeologici, chiese... e preparare una buona spiegazione affinché la visita sia arricchente e d'impatto. Il segreto è che noi adulti ci immergiamo in letture, podcast o video di persone che conoscono il luogo, per creare una storia adatta alle caratteristiche dei nostri bambini, a seconda della loro età e dei loro gusti. Ci possono essere più storie se riuniamo più famiglie con bambini di età diverse, spiegate da più adulti in più gruppi, se non ci sono guide.

È importante generare grandi aspettative ed entusiasmo per la visita. Per i bambini che amano comunicare e a cui viene naturale farlo, possiamo incoraggiarli a realizzare un video come uno youtuber o un audio come un podcaster da inviare alla famiglia dopo la spiegazione. Altri possono essere invitati a scrivere una notizia per un blog o un capitolo di un libro fatto in casa. In ogni caso, quando si racconta ciò che si è imparato, si dimostra che si conosce e si consolida ciò che si è appreso. Perché raccontare ciò che si è visto, di persona o attraverso qualsiasi mezzo, aiuta a memorizzare, a divertirsi e a imparare a comunicare correttamente. 

Prima di arrivare a questa fase in cui i nostri bambini raccontano ciò che hanno imparato, deve esserci una fase precedente in cui c'è un impatto sul loro cervello. Per due motivi: per quanto è impressionante ciò che visitiamo e per come li esponiamo a ciò che vedranno, generando un contesto adeguato.

Esempi concreti

Prendiamo un esempio, anche se potrebbe essere qualsiasi altro. Nel Galleria delle collezioni reali -Accanto al Palazzo Reale, c'è una grande sala di proiezione dove si può vedere un video sulla storia delle mura di Madrid; a un certo punto l'interno di una vetrata al lato della sala si illumina e si può vedere un pezzo autentico delle mura, che è stato trovato durante la costruzione dell'edificio, il che per un bambino o per qualcuno che vuole imparare è qualcosa di impressionante. Non solo perché si vede qualcosa di autentico nel luogo in cui è stato costruito, ma anche perché c'è una spiegazione che lo contestualizza.

Nello stesso luogo, ma in un'altra sala, si può vedere il ricco e spettacolare rostrillo, la corona e l'aureola della Vergine di Atocha. Se, prima di contemplare questa meraviglia, i genitori o i nonni dei bambini-spettatori hanno raccontato loro la storia di come il prete Merino tentò di aggredire la regina Isabella II nei pressi della basilica di Atocha e di come lei, uscendo illesa, interpretò l'accaduto come un miracolo della Vergine e donò i gioielli che indossava per creare quest'opera d'arte, allora l'esperienza assumerà un significato maggiore. Questo contesto storico-emotivo favorirà un'esperienza di apprendimento più profonda e duratura.

Tutto questo apprendimento deve essere collegato a ciò che hanno imparato in precedenza a scuola, a casa o in altri ambiti. In ogni caso, l'estate è un ottimo momento per fare queste esperienze.

Per far leggere un bambino

La lettura è un ottimo modo per plasmare la nostra famiglia, rispettando il modo di essere di ciascuno dei nostri figli, poiché la lettura è un'attività autonoma, nata dall'iniziativa di ciascuno e svolta individualmente. Ma l'esempio dei genitori e dei fratelli maggiori ha una grande influenza quando si tratta di iniziare e continuare questa attività intellettuale nei nostri figli. Inoltre, i genitori, in quanto modelli, possono aiutare a pianificare la lettura più appropriata per ciascuno dei loro figli. I genitori sono fondamentali anche per creare le condizioni giuste a casa e in famiglia. Generare un'atmosfera di lettura familiare e di buoni lettori richiede tempo, consigli da parte di buoni lettori, ma soprattutto un vero desiderio per i nostri figli di raggiungere questo buon hobby.

Può sembrare un'utopia per i tempi in cui viviamo, ma chi si impegna e si dota di mezzi può ottenere un ambiente di lettura adatto a casa propria. Come? Adattando un angolo o un luogo della casa che renda piacevole la lettura prolungata, stabilendo momenti della giornata in cui leggere con la famiglia e assicurando il silenzio spegnendo TV, console e tablet... e ottenendo un silenzio interiore che facilita il raggiungimento di un'atmosfera favorevole alla lettura. Ma la scelta di un buon libro richiede riferimenti, riviste di letteratura o siti web che suggeriscano i libri da leggere, siano essi attuali, classici della letteratura per ragazzi, opere classiche adattato dall'età... ma è qualcosa che non si può improvvisare.

Ci sono due strumenti fondamentali per generare buoni lettori e una buona atmosfera per la lettura: la visita a una libreria attraente e a buone biblioteche che scatenano la "concupiscenza della lettura".

Andare in una grande libreria, con esposizioni che mostrano un'ampia varietà di libri, con copertine colorate e autori interessanti, genera il desiderio di leggere. Così come una buona biblioteca invita a leggere e ad apprezzare titoli diversi, facilitandone la lettura grazie al sistema di prestito. Una visita regolare alla biblioteca di quartiere e alla libreria come famiglia è un'esperienza di grande impatto che lascia il segno se fatta per tempo. 

Risorse

Teologia, scienza e magistero

Joseph Ratzinger ha dedicato il suo pensiero alla conciliazione tra fede e ragione, sottolineando che la fede cristiana non deve opporsi alla ragione o sottomettersi ad essa, ma deve dialogare con la scienza, la filosofia e il Magistero. La sua teologia difende una verità concreta - Gesù Cristo - come fondamento storico ed esperienziale della fede, in una comunità che la accoglie, la interpreta e la trasmette.

Reynaldo Jesús-13 giugno 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

È impossibile che negli scritti del cardinale Joseph Ratzinger Non troviamo alcun riferimento, o almeno non si avvicina, alla questione del conflitto tra "fede e ragione"; l'incessante ricerca di armonia tra questi due elementi ha segnato tutta un'esperienza di riflessione su Dio, su ciò che fa, su ciò che è e su ciò che significa.

Per contestualizzare il tutto, recentemente nella mia facoltà di teologia una delle materie teologiche è stata rivitalizzata attorno ad alcuni scritti di Joseph Ratzinger. Devo ammettere che la cosa mi ha riempito di entusiasmo e l'ho presa come una sfida ad addentrarmi un po' di più nel pensiero e nella persona del teologo tedesco del XX secolo.

Così, con l'aiuto del lavoro La Chiesa e la teologia scientificacontenuto nel Teoria dei principi teologici (Barcellona, 2005, p. 388-399), inizia un itinerario particolare, un percorso di verità dalla mano di uno dei predicatori più emblematici della Verità - in maiuscolo -, e del suo significato nella vita cristiana. Per Ratzinger, "la fede non deve mai e in nessun caso essere contrapposta alla ragione, ma nemmeno può essere sottomessa ad essa"; una distinzione che costituisce l'asse centrale su cui si baserà l'intero sviluppo tematico delle sue linee. Contrariamente a quanto detto, egli ha insistito in più occasioni sulla stretta unione e sul legame che deve esistere tra fede e ragione, senza l'intenzione di promuovere una riduzione di questa realtà ai metodi della modernità.

Teologia, scienza e Magistero

Ora, nel frammento che ci interessa, troviamo un breve esercizio che dovrebbe farci riflettere sul posto della Chiesa e della teologia in un mondo che si basa sempre più sulla ragione che sui criteri della fede. teologiail scienza e il Magistero. Allo stesso tempo, scopre nelle sue lettere una teologia capace di riconoscere i limiti della scienza, ma, nonostante questo, una chiara convinzione che non si debba rinunciare al dialogo con la scienza, e fa un passo avanti nel riconoscere l'importanza di una fede che non si riduca a una semplice adesione senza contenuto, a una semplice vicinanza o adozione di idee e concetti che non legano l'esperienza della vita con il Risorto.

Nonostante quanto detto, è curioso che i molti commenti sull'interpretazione della Sacra Scrittura, o che la definizione di elementi dottrinali dipenda in larga misura dall'intervento della Chiesa, soprattutto di coloro che esercitano un ruolo importante nell'interpretazione della Scrittura. lavoro docendi nella realtà ecclesiale.

Questa tensione non è qualcosa di nuovo, non è una realtà che la Chiesa dei tempi moderni ha dovuto affrontare, fin dal Medioevo conosciamo una molteplicità di casi in cui l'intervento della Chiesa, nella persona dei suoi pastori (vescovi), è stato necessario, nonostante il criterio generale sia quello della necessità, a pena di della giustificazione dell'autonomia delle scienze (per motivi di logica e di metodo), la posizione generale di un intero organo collegiale come il Magistero (Pontificia Commissione Biblica) viene messa da parte, L'interpretazione biblica nella Chiesa1993, n. 32. 3b).

L'autonomia della scienza

Ma cosa implica questa autonomia della scienza? Lo stesso Ratzinger, in un altro dei suoi commenti teologici, mette in discussione l'idea della completa autonomia della scienza, facendo notare che la scienza è generalmente segnata da interessi e valori pregressi, infatti le stesse conclusioni che ciascuna di esse offre nei vari ambiti sono condizionate da dati già preesistenti. Questo è il cosiddetto critica neomarxista che ha evidenziato lo stretto rapporto tra scienza e potere.

Il confronto che egli fa tra le altre religioni, in particolare tra induismo e cristianesimo, è curioso. Kraemer afferma che mentre l'induismo manca di una rigida ortodossia e si basa su pratiche religiose comuni senza la necessità di una convinzione condivisa, il cristianesimo, invece, dipende da un'ortodossia, da una convinzione comune che è in grado di articolare credenze essenziali come la vita, la morte e la resurrezione; così, la conoscenza della verità nei cristiani non è solo simbolica, ma realistica, è una verità storica - e d'altra parte, la diversità tra i concetti di verità, rivelazione e conoscenza religiosa.

Come cristiano - un commento personale, se mi permettete - proprio queste brevi righe, in una sorta di confronto e contrasto, hanno suscitato in me un sentimento interiore di gratitudine per il dono che immeritatamente riceviamo, avendo questa realtà che ci supera, che ci abbraccia senza esaurirci, che assumiamo senza corromperla, con cui ci uniamo senza perdere il nostro essere personale, la nostra individualità.

Dimensione comunitaria della fede

Ora, facciamo un passo in più, non possiamo rimanere nell'esperienza di fede vissuta nell'individualità, ma dobbiamo entrare nella dimensione comunitaria, e nella comunità siamo in grado di ricevere un impulso particolare e fondamentale nella vita dei cristiani: la missione, una missione che nasce dalla certezza che la rivelazione cristiana è qualcosa di reale e concreto, e non solo una insieme di idee vuoteNon è un'interpretazione che si diluisce in mezzo ad altre religioni "simili" a questa, non si tratta di questo. È un progetto che nasce in un soggetto specifico, che ha avuto una sua storia, un suo processo di fondazione e istituzione.

Il cristianesimo cerca di comprendere e sviluppare le verità rivelate in un quadro coerente, concentrandosi sulla produzione di una teologia capace di dialogare con la ragione e la filosofia, rendendola inseparabile dalla fede stessa.

Tuttavia, nonostante la grandezza dell'esperienza cristiana di fede, è curioso che da allora si sia parlato di una crisi della teologiaIn altre parole, di riflessione. La radice della radice è quella di aver manipolato la Sacra Scrittura, coniando una serie di metodi storici e letterari, riducendola in tutti i sensi.

La Rivelazione, di per sé, non dipende interamente da ciò che può contenere la Sacra Scrittura, anche se corrisponde a ciò che il libro sacro offre. Non è possibile giustificare l'intero contenuto della fede con ciò che la Scrittura indica, senza tener conto degli altri ambiti della Rivelazione, ossia la Tradizione e il Magistero.

La fede dei cristiani si basa su una comunità di fede viva che è in grado di dare senso e contesto alla Rivelazione, che la assume, che la condivide; è una comunità che non solo interpreta i testi, ma li vive attraverso i sacramenti e la catechesi, che non dipendono più dalla volontà della Chiesa, ma dalla sua stessa natura. 

Infine, tornando all'idea proposta da Ratzinger, vorrei riprendere un elemento che ha attirato la mia attenzione, e cioè il fatto che si afferma che La fede è un "Sì" a una Verità concreta, una Verità che chiede di essere proclamata e compresa, una Verità che è proclamata, o almeno dovrebbe esserlo, dal cristianesimo, una Verità la cui identità ha un volto concreto: Gesù di Nazareth.. Un Gesù che non è un elemento simbolico della fede, al contrario, è reale, un evento storico autentico con implicazioni reali per l'intera umanità, motivo per cui non può essere scambiato con altri racconti di religioni che predicano la divinità.

L'autoreReynaldo Jesús

Educazione

Non ha paura di parlare di sessualità

Rafael Lafuente ha una solida formazione nel campo dell'educazione affettivo-sessuale e della consulenza familiare. Pur lavorando a tempo pieno come insegnante di lingue e letteratura, negli ultimi anni è diventato uno dei relatori più richiesti nel campo dell'affettività, tenendo più di 100 sessioni all'anno.

Rafael Lafuente-13 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

L'educazione affettivo-sessuale è senza dubbio una delle maggiori sfide nell'educazione dei bambini e dei giovani. Si tratta di un ambito difficile perché le percentuali di insuccesso nell'esperienza sana e piena della sessualità sono elevate, ma allo stesso tempo è fondamentale, poiché le conseguenze di una buona o cattiva educazione in questo ambito possono determinare la felicità o la sofferenza di una persona per tutta la vita. Per questo motivo, non possiamo continuare a ignorarlo o lasciare che siano i social network o l'intrattenimento a educare in questo ambito. È inevitabile affrontarlo nelle scuole e nelle parrocchie, luoghi in cui i giovani dovrebbero ricevere risposte chiare, profonde e adeguate allo sviluppo, in una prospettiva olistica che comprenda il corpo, la mente, il cuore e la dimensione spirituale.

Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale che un numero sempre maggiore di agenti di formazione venga formato in questo campo. Iniziative come i programmi di formazione dei formatori Teen Star o Imparare ad amare offrono strumenti efficaci per accompagnare bambini, adolescenti e adulti nella loro crescita emotiva e sessuale. 

Qualche anno fa, ho partecipato al corso per Teen StarSono stata in grado di imparare da questa formazione, che non solo mi ha rafforzato, ma ha anche cambiato la mia comprensione dell'educazione affettivo-sessuale. Da allora, ho incorporato questa nuova prospettiva non solo nella mia vita personale, ma anche nelle mie lezioni di lingua e in ogni conversazione significativa che ho con giovani e adulti.

Oggi tengo circa un centinaio di sessioni all'anno e tutte sono state realizzate grazie alla passaparolaCome è iniziato tutto? Semplicemente parlando con i miei studenti. Sono stati loro i primi a interessarsi, a spargere la voce e a invitarmi in altri forum in cui erano attivi. Quando qualcuno trova risposte alle sue preoccupazioni più profonde, le condivide, ed è così che questa formazione, che considero fondamentale, si è diffusa.

Parlare in modo chiaro e delicato

Nel mio percorso ho scoperto che la chiave per affrontare l'educazione affettivo-sessuale sta nel trovare un equilibrio tra chiarezza e delicatezza, tra argomentazione e testimonianza personale. Non si tratta solo di dare informazioni, ma di aiutare a comprendere e vivere la propria affettività in modo pieno e autentico.

Dare risposte metaforiche sulla sessualità non aiuta i giovani perché, lungi dal chiarire i loro dubbi, genera confusione e lascia spazio a interpretazioni errate. Le storie della cicogna possono sembrare belle, ma non spiegano chiaramente la realtà del corpo, il significato dell'abbandono o le ragioni profonde che stanno alla base di un'esperienza piena di affettività e sessualità. 

I giovani hanno bisogno di risposte dirette e ben argomentate, adeguate al loro livello di comprensione, che li aiutino a prendere decisioni consapevoli e libere. Quando non trovano queste risposte a casa o a scuola, le cercano altrove, dove spesso ricevono informazioni distorte o ideologizzate. È quindi essenziale parlare loro in modo sincero e diretto, in un linguaggio che capiscano e che permetta loro di vedere la bellezza e la responsabilità della sessualità umana.

Ho tenuto sessioni di un'ora e mezza e fino a cinque ore. Ho parlato ad adolescenti delle scuole superiori, a studenti universitari, a professionisti di diversi settori, a single e coppie sposate, a sacerdoti e coppie sposate, a genitori di bambini piccoli e ad adulti anziani. Ogni gruppo ha le sue preoccupazioni, le sue domande, i suoi dubbi. E in tutti ho visto come, con la giusta formazione, si aprono strade di luce in mezzo alla confusione.

Parlare presto

Una delle esperienze più preziose che ho vissuto è vedere come questa formazione trasforma coloro che la ricevono. Mi è stato detto molte volte: "Ora capisco", "Per la prima volta questo ha senso"., "Ora mi è chiaro che voglio essere vergine quando mi sposerò".. Queste parole non provengono da estranei, ma da giovani con un solido background cristiano, che semplicemente non hanno mai avuto una conversazione chiara, aperta e profonda su questi temi.

E non solo i giovani. Ho visto genitori di bambini di sei, sette, otto anni superare le loro paure e osare parlare ai loro figli di affettività e sessualità. Hanno fatto questo passo e, dopo averlo fatto, sono soddisfatti delle conseguenze. Perché l'educazione affettivo-sessuale non è un singolo discorso o un momento specifico; è un cammino che si percorre fin dall'infanzia, in modo naturale, sincero e con amore.

Nelle mie sessioni con i genitori dico sempre che "Meglio parlare con un anno di anticipo che con cinque minuti di ritardo".. È preferibile affrontare precocemente i temi dell'affettività e della sessualità, piuttosto che aspettare che si presentino problemi o situazioni irreversibili. L'educazione precoce consente ai giovani di prendere decisioni informate e responsabili, rafforzando la loro autostima e la capacità di discernimento. 

Parlare con loro prima che si trovino ad affrontare pressioni o dubbi impedisce loro di ricorrere a fonti inappropriate o di prendere decisioni affrettate senza comprenderne le conseguenze. D'altro canto, se si aspetta troppo ad affrontare questi temi, potrebbe essere troppo tardi per evitare errori dolorosi o per correggere convinzioni erronee a lungo sostenute. Pertanto, è meglio anticipare e accompagnare il processo di maturazione con informazioni chiare, accessibili e adeguate in ogni fase della vita.

Scuole, parrocchie e istituzioni cattoliche

Parlare di affettività e sessualità significa parlare della vita stessa. Per troppo tempo, però, questi argomenti sono stati considerati tabù negli ambienti educativi e religiosi, lasciando i giovani in balia di messaggi contraddittori, superficiali e spesso dannosi che ricevono dall'ambiente, dalla società e dai media. Di fatto, negli ultimi due decenni abbiamo permesso ai giovani di essere educati dalla pornografia. 

Per questo motivo, è essenziale che l'educazione affettivo-sessuale abbia la priorità in due istituzioni chiave nella vita dei bambini e dei giovani: la scuola e le parrocchie o le realtà ecclesiali in cui vivono. Entrambe sono luoghi di riferimento in cui si educano non solo la mente, ma anche il cuore e la coscienza, contribuendo a formare persone integre, capaci di vivere la propria affettività e sessualità con maturità e responsabilità.

I giovani hanno domande, preoccupazioni e dubbi sul proprio corpo, sulle emozioni e sulle relazioni. Se non trovano risposte in un ambiente sicuro ed educativo, le cercheranno su Internet, sui social network o nelle conversazioni con i loro coetanei, dove le informazioni sono spesso incomplete, parziali o del tutto errate. È responsabilità della scuola fornire un quadro adeguato per l'apprendimento dell'affettività e della sessualità con profondità, rigore e coerenza.

Ma non si tratta solo di informazioni biologiche. Questa formazione deve essere impartita da una prospettiva olistica, aiutando gli studenti a comprendere la bellezza dell'amore umano, il valore dell'impegno e l'importanza dell'autodisciplina e del rispetto. Non basta parlare di anatomia e di prevenzione dei rischi, bisogna parlare di dignità, significato, responsabilità e vocazione.

Inoltre, se le scuole cattoliche hanno come missione quella di educare alla luce del Vangeloignorare l'educazione affettivo-sessuale è una grave omissione. La Chiesa ha una visione molto ricca della sessualità, della famiglia e dell'amore umano, che dovrebbe essere trasmessa con la stessa naturalezza con cui vengono insegnate le altre materie.

L'autoreRafael Lafuente

esperto di educazione affettivo-sessuale

Vaticano

La banca vaticana aumenta i profitti e le donazioni di beneficenza

La banca vaticana ha registrato un utile netto di 32,8 milioni di euro nel 2024 e ha pagato a Papa Francesco un dividendo di 13,8 milioni di euro, interamente devoluto in beneficenza. Ha inoltre riaffermato il suo impegno per gli investimenti etici, escludendo i settori contrari alla dottrina cattolica.

OSV / Omnes-12 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Di Cindy Wooden, OSV

L'Istituto per le Opere di Religione (IOR), comunemente noto come la banca del Vaticano, ha registrato un aumento dei profitti nel 2024 e ha consegnato un assegno di dividendi leggermente più alto a Papa Francesco, che ha utilizzato l'intero importo per la carità.

L'11 giugno la banca ha pubblicato il suo relazione finanziaria 2024, che illustra in quasi 200 pagine gli obiettivi, i risultati e i criteri di investimento etico.

Il suo utile netto nel 2024 è stato di 32,8 milioni di euro (circa 37,6 milioni di dollari), con un aumento di 7% rispetto al 2023, secondo il rapporto.

L'istituto ha pagato a Papa Francesco un dividendo di 13,8 milioni di euro (15,8 milioni di dollari). Il dividendo per il 2023 era di 13,6 milioni.

"Il Santo Padre ha deciso per la prima volta di destinare l'intero dividendo pagato alla carità", ha scritto Jean-Baptiste de Franssu, presidente dell'istituto, nell'introduzione al rapporto. Non sono stati forniti ulteriori dettagli sulle attività caritative sostenute da Papa Francesco.

Progetti della banca vaticana

La banca ha anche progetti di beneficenza propri, approvati da un comitato di beneficenza. Secondo il rapporto, sono stati distribuiti circa un milione di euro. "Le donazioni più comuni del Comitato di Carità sono l'aiuto finanziario diretto alle famiglie bisognose, di solito attraverso le parrocchie, l'aiuto specifico per le opere missionarie e caritative, o i contributi ai giovani sacerdoti studenti per completare i loro studi universitari".

L'istituto offre anche affitti a basso costo o gratuiti ad alcune associazioni no-profit che forniscono alloggi a migranti, rifugiati, madri single, persone con problemi di salute mentale e famiglie con difficoltà economiche.

La banca ha circa 12.000 clienti in più di 110 Paesi del mondo; i clienti sono limitati a enti cattolici come uffici vaticani, ordini religiosi, cardinali, dipendenti del Vaticano e conferenze episcopali.

Il rapporto finanziario afferma che la banca gestisce circa 5,7 miliardi di euro (6,5 miliardi di dollari) di attività totali, tra depositi, conti correnti, attività in gestione e titoli. Questo totale rappresenta un leggero aumento rispetto ai 5,4 miliardi di euro gestiti nel 2023.

Investimenti coerenti con la fede

Il rapporto 2024 ha anche dettagliato i principi inclusi nelle sue linee guida sugli "investimenti coerenti con la fede". "L'Istituto non investe in società che, direttamente o indirettamente attraverso filiali, possiedono o gestiscono ospedali o centri specializzati che forniscono servizi abortivi, producono prodotti abortivi, producono prodotti contraccettivi o sono coinvolti nell'uso di cellule staminali embrionali o tessuti derivati da embrioni o feti umani".

Non investe in: produttori di armi, compresi quelli che producono o distribuiscono armi di piccolo calibro; società che hanno un impatto negativo sull'ambiente; società direttamente o indirettamente coinvolte nel gioco d'azzardo, nella pornografia, nella concessione di prestiti a tassi usurari, nella produzione e vendita di tabacco o nella produzione e vendita di alcolici.

Il rapporto rileva che la banca non investe in società che "violano gravemente i 10 principi del Global Compact delle Nazioni Unite", violando i diritti umani, i diritti dei lavoratori, l'etica aziendale o la tutela dell'ambiente.

L'autoreOSV / Omnes

Iniziative

Gli Amici di Monkole e la Clínica Universitaria de Navarra combattono il cancro al collo dell'utero nelle donne vulnerabili

Un team di volontari del Fondazione Amici di Monkole e la Clínica Universidad de Navarra partiranno il 21 giugno per la Repubblica Democratica del Congo per promuovere il progetto Elikia, che mira a individuare e curare il cancro al collo dell'utero nelle donne vulnerabili.

Redazione Omnes-12 giugno 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Mentre in Spagna la vaccinazione contro il papillomavirus umano (HPV) e i programmi di screening sono riusciti a ridurre le morti per cancro al collo dell'utero del 13,2% tra il 2011 e il 2019, nella Repubblica Democratica del Congo la situazione è molto più drammatica. Lì, più di 4.800 donne muoiono ogni anno perché non sono state diagnosticate in tempo, rendendo questo tipo di cancro il più frequente e letale nella popolazione femminile.

Di fronte a questa realtà, la fondazione Amici di Monkole Il progetto Elikia - che significa "Speranza" in lingua Lingala - è promosso dall'associazione Dr. Luis Chiva e un'équipe multidisciplinare di medici, infermieri, farmacisti e studenti, mira a raggiungere il maggior numero possibile di donne e a implementare un sistema di diagnosi precoce sostenibile. Dal 2017, l'iniziativa ha permesso di sottoporre a screening più di 3.000 donne congolesi grazie alla solidarietà e agli sforzi di volontari e donatori.

Nella campagna di quest'anno, la sfida è ancora più grande: sottoporre a screening più di 500 donne in soli 15 giorni, per i quali sarà necessario raccogliere 6.000 euro. La campagna di raccolta fondi è sostenuta dall'atleta Daniela Fra Palmer, campionessa della World Relay 2025, e si svolge attraverso la piattaforma Migranodearena.org. L'équipe spera che la solidarietà internazionale le consenta di continuare a salvare vite umane e a diffondere la speranza a Kinshasa.

Vaticano

La Cina riconosce la nomina papale di un vescovo della Chiesa sotterranea

Il Vaticano ha annunciato che la Cina ha riconosciuto ufficialmente la nomina di Papa Leone XIV di Mons. Joseph Lin Yuntuan a vescovo ausiliare di Fuzhou. Questo segna una svolta nell'accordo provvisorio tra le due parti sulla nomina dei vescovi, in vigore dal 2018.

OSV / Omnes-12 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Di Carol Glatz, OSV

Le autorità cinesi hanno riconosciuto la nomina da parte di Papa Leone XIV di un vescovo ausiliare nella provincia del Fujian, in Cina, ha annunciato il Vaticano l'11 giugno.

Si tratta della prima nomina di un vescovo da parte del Papa in Cina dopo la sua elezione l'8 maggio.

In conformità con l'accordo provvisorio tra il Vaticano e la Cina sulla nomina dei vescovi, il 5 giugno Papa Leone aveva nominato mons. Joseph Lin Yuntuan, 73 anni, vescovo ausiliario di Fuzhou. La nomina è stata riconosciuta e il vescovo è stato insediato l'11 giugno, ha dichiarato il Vaticano.

L'accordo sulla nomina dei vescovi

Il Vaticano e il governo cinese hanno rinnovato il loro accordo sulla nomina dei vescovi nell'ottobre 2024, estendendolo da due a quattro anni. L'accordo provvisorio, firmato per la prima volta nel 2018, delinea le procedure per garantire che i vescovi cattolici eletti dalla comunità cattolica in Cina ricevano l'approvazione del Papa prima della loro ordinazione o investitura. Tuttavia, l'accordo non è mai stato pubblicato.

Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa vaticana, ha commentato la cerimonia di investitura svoltasi nella Cattedrale di Fuzhou: "Siamo lieti di sapere che oggi, in occasione dell'insediamento di Mons. Lin come vescovo ausiliare, il suo ministero episcopale è riconosciuto anche ai fini della legge civile".

"Questo evento è un altro frutto della dialogo tra la Santa Sede e le autorità cinesi ed è un passo importante nel cammino di comunione della diocesi", ha scritto Bruni.

L'agenzia di stampa vaticana Fides ha dichiarato: "Il riconoscimento ufficiale di Mons. Joseph Lin Yuntuan come vescovo ausiliare della diocesi di Fuzhou era un evento a lungo atteso dalla comunità locale. Finora le autorità e le agenzie governative cinesi non avevano riconosciuto l'ufficio episcopale del vescovo Lin". Ha ricevuto l'ordinazione episcopale nel dicembre 2017.

La cerimonia ufficiale di inaugurazione è stata presieduta dal Vescovo Vincent Zhan Silu di Mindong, che ha anche partecipato al Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità a Roma nell'ottobre 2024. La Messa è stata presieduta dal Vescovo Joseph Cai Bingrui di Fuzhou, riferisce Fides.

Alla concelebrazione hanno partecipato diversi vescovi delle diocesi della provincia del Fujian: oltre al vescovo Zhan Silu, il vescovo Lin Yuntang e il vescovo Wu Yishun di Minbei, insieme a circa 80 sacerdoti e più di 200 suore e laici.

L'autoreOSV / Omnes

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Evangelizzazione

San Leone III, Papa, e San Giovanni di Sahagún, agostiniano.

Il 12 giugno la Chiesa celebra San Leone III, papa che lottò contro l'eresia e incoronò Carlo Magno. E San Giovanni di Sahagún, un agostiniano spagnolo del XV secolo la cui vita è legata alla città di Salamanca. San Giovanni di Sahagún fu un apostolo agostiniano della pace e dell'Eucaristia.

 

Francisco Otamendi-12 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

San Leone III, papa dopo la morte di Adriano I (795-816), era romano. Benché eletto all'unanimità, fu presto osteggiato da alcuni a Roma, che tentarono persino di assassinarlo, cosicché egli ha dovuto fuggire. San Giovanni di Sahagún è stato il primo santo spagnolo dell'Ordine di Sant'Agostino.

Il Martirologio romano dice di San Leone III: "A Roma, nella basilica di San Pietro, è stato eletto Papa San Leone III, che incoronò come imperatore romano il re dei Franchi, Carlo Magno, e si distinse per la difesa della vera fede e della dignità divina del Figlio di Dio († 816)". Leone III combatté l'eresia che vedeva l'uomo Gesù solo come figlio adottivo di Dio, riferisce il Giornate dei santi in Vaticano

Leone III fu sepolto a San Pietro (12 giugno 816), dove sono custodite le sue reliquie, insieme a quelle dei anche santo Leone I (Leone Magno), Leone II e Leone IV. Fu canonizzato nel 1673. I denari d'argento di Leone III ancora esistenti portano il nome dell'imperatore oltre a quello di Leone. Essi mostrano l'imperatore come protettore della Chiesa e signore della città di Roma.

Promotore della pace e della convivenza

Oggi la Chiesa ricorda anche la figura di Juan de Sahagún, il santo Agostino spagnolo che si è dedicato alla predicazione e alla promozione della pace e della convivenza sociale in una città divisa e conflittuale. Sono stati evidenziati anche il suo amore per l'Eucaristia e il suo atteggiamento caritatevole verso le persone più bisognose.

Nacque intorno al 1430 a Sahagún de Campos (León), luogo di sosta dei pellegrini diretti a Santiago de Compostela. Ricevette la sua prima educazione dai monaci benedettini, che allora avevano un monastero a Sahagún. A trentatré anni si trasferì a Salamanca per dedicarsi allo studio. Lì indossò il Abitudine agostiniana Juan de Sahagún, il 18 giugno 1463. 

Sacra Scrittura, Eucaristia, Dialogo

Amava lo studio, soprattutto quello della Sacra Scrittura. La libertà evangelica della sua predicazione gli procurò persecuzioni per la verità e la giustizia. La sua mediazione rese possibile un patto di concordia perpetua tra due fazioni in guerra che erano segno di discordia e di divisione nella città di Salamanca. L'Eucaristia era la fonte della sua forza e del suo coraggio. Fra Giovanni morì nel convento di Sant'Agostino l'11 giugno 1479, all'età di quarantanove anni.

Con la nascita della nuova Provincia (2019) sono stati scelti San Juan de Sahagún in qualità di titolare, per l'elemento di concordia e pace della sua persona. La sua capacità di dialogo e di mediazione, sottolineano gli agostiniani, si basa sul valore evangelico delle Beatitudini: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Matteo 5, 9).

L'autoreFrancisco Otamendi

L'orgoglio come nemico del matrimonio

Naturalmente, nel matrimonio sorgono dei problemi. In questi casi, è necessario trovare la giusta soluzione, e per questo la virtù opposta all'orgoglio - l'umiltà - è una condizione essenziale.

12 giugno 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Uscì dallo studio legale con fare altezzoso. Il suo cuore ferito si era indurito per non soffrire più. Appose la sua firma sull'accordo di divorzio.

Pochi minuti dopo arrivò il marito, che lei già chiamava "ex marito". Entrò, si sedette dove gli era stato detto di sedersi e lesse il contratto. Ma non firmò... Gli occhi di lei si riempirono di lacrime che non riuscì a trattenere; un nodo alla gola le impedì di parlare. Dopo un paio di minuti si alzò e disse: "Non firmerò, non posso, non farò qualcosa che non voglio fare".

Dall'ufficio, la segretaria chiamò la moglie per raccontarle l'accaduto. La donna ascoltò con attenzione e, sorprendentemente, si sentì come una doccia di acqua fresca, la tensione del suo cuore si alleviò, pianse di commozione e disse: "Non voglio nemmeno io!

Il perdono

Poi arrivò la conversazione di cui avevano veramente bisogno: "perdonami", si dissero entrambi... "Ti prego, perdonami, voglio stare bene con te". 

L'orgoglio che divide e distrugge è stato spezzato e l'umiltà che unisce e costruisce ha potuto entrare.

Una serie di eventi necessari si sono verificati dopo quel nuovo incontro: hanno ripreso la loro vita di fede, si sono recati alla MassaHanno cercato un nuovo inizio attraverso una confessione generale che ognuno ha fatto in piena consapevolezza; hanno preso la mano di un terapeuta che li ha aiutati a guarire le ferite del passato; si sono impegnati in un apostolato matrimoniale che mira a rafforzare l'amore coniugale, e lo fanno molto bene!

Esiste un tipo di orgoglio positivo. Si verifica quando facciamo un lavoro ben fatto, quando proviamo la soddisfazione di un lavoro ben fatto o quando il successo di un figlio o di un'altra persona cara rallegra la nostra anima (Gal 6,4).

Orgoglio dannoso

L'orgoglio, invece, che ostacola l'amore, è dannoso e si oppone alla volontà di Dio. Satana fu cacciato dal cielo a causa del suo orgoglio (Isaia 14:12-15). Ha avuto l'audacia egoistica di cercare di sostituire Dio come sovrano dell'universo.

Quando questo tipo di orgoglio entra in una relazione di coppia, scava la fossa dell'amore. Inizia quando lui o lei non vuole cedere o cambiare nulla. Sperimentano una sorta di superiorità morale nei confronti dell'altro e pretendono il loro cambiamento e non il proprio.  

Questo orgoglio mal riposto è evidente quando vengono pronunciate sentenze come queste:

"Sei tu l'ubriaco, devi cambiare".

"Sei tu il pazzo, vedi chi ti può raddrizzare".

"Tu sei l'infedele, epura la tua condanna".

"Sei tu quello bipolare, lavandino".

"Non ti perdonerò mai per questo".

"Perché dovrei chiedere perdono?".

Umiltà per superare l'orgoglio

È ovvio che nelle relazioni coniugali sorgano dei problemi, ci siano divergenze di opinione e comportamenti inadeguati nei confronti dell'altro. Ci sono dei doveri da rispettare e può succedere che non vengano rispettati. In questi casi, occorre trovare la soluzione giusta, gli strumenti necessari per ricostruire. Una condizione essenziale per questo è la virtù opposta all'orgoglio: l'umiltà.

È umile chi riconosce di aver bisogno di aiuto, chi sa che c'è molto da migliorare in se stesso, chi è determinato a imparare il modo migliore per mettere a posto le cose. Umiltà non significa perdere la dignità, al contrario, umiltà è camminare nella Verità, come diceva Teresa la Grande.

Entrambi i partner hanno bisogno di questo atteggiamento. Entrambi devono imparare e sforzarsi di diventare una versione migliore di se stessi. Se c'è un problema di dipendenza, bisogna accettare questa realtà ed essere determinati a chiedere aiuto. In caso di infedeltà, allo stesso modo, bisogna capire cosa è successo per poterlo sanare e decidere di ricominciare con criteri cristiani. Se c'è violenza, bisogna usare tutti i mezzi necessari per interromperla completamente (anche se questo significa separarsi).

Dio desidera la riconciliazione

Quando uno o entrambi non accettano di lavorare sul cambiamento personale, possiamo vedere che l'orgoglio ha avuto la meglio: "Io non cedo, sono fatto così, che l'altro lo sopporti".

E... niente da fare... chi voleva litigare si rende conto che nel matrimonio bisogna essere in due per stare bene. 

Dio desidera la riconciliazione, il perdono e l'unità, presenta i mezzi, le circostanze, le persone che mostreranno la via dell'amore... ma rispetta la nostra libertà e con il cuore trafitto dal dolore continua a supplicare: aprimi il tuo cuore (Ap 3,20), non temere (Ap 3,20), non temere (Giosuè 1, 9). 

Ascoltate quella voce e non mettete fine al vostro matrimonio, ai vostri problemi, accettate l'aiuto.

Rompete il vostro orgoglio, frantumatelo, che questa manifestazione di orgoglio non vi impedisca di crescere nell'amore, nel perdono e nella gioia.

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Risorse

Gesù e il canone biblico

Esistono diversi criteri per l'appartenenza del Nuovo Testamento al canone biblico, tra cui la molteplicità delle fonti e la plausibilità esplicativa.

Gerardo Ferrara-12 giugno 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Per “canone biblico” s’intendono quei libri riconosciuti come testi sacri da parte della Chiesa. Il termine deriva dal greco κανών (kanon, “canna”, o “bastone diritto”) e indicava dapprima un’unità di misura, poi per estensione passò a definire un catalogo ufficiale, un modello.

Perché nel canone neotestamentario della Chiesa ci sono proprio quei libri?

Già nel II secolo d.C., specie in risposta a Marcione, che voleva escludere dal canone cristiano l’Antico Testamento e tutte quelle parti del nuovo che non fossero in linea con i suoi insegnamenti (per lui il Dio dei cristiani non andava identificato con quello degli ebrei), Giustino (140) ed Ireneo di Lione (180), seguiti poi da Origene, ribadirono che i Vangeli canonici, universalmente accettati da tutte le Chiese, dovevano essere quattro. Ciò venne confermato all’interno del Canone Muratoriano (antico elenco dei libri del Nuovo Testamento, risalente al 170 circa!).

Per stabilire la “canonicità” dei quattro Vangeli furono seguiti dei criteri ben precisi:

  • Antichità delle fonti. Come abbiamo visto, i quattro Vangeli canonici, risalenti al I secolo d.C., sono tra le fonti più antiche e meglio attestate per numero dei manoscritti o codici (circa 24 mila, tra greco, latino, armeno, copto, slavo antico, ecc.), più di qualunque altro documento storico.
  • Apostolicità. Gli scritti, per essere “canonici”, dovevano poter risalire agli Apostoli o a loro discepoli diretti. Tra l’altro, il termine “secondo”, anteposto al nome dell’evangelista (secondo Matteo, Marco, ecc.) indica che i quattro Vangeli fanno un unico discorso su Gesù ma in quattro forme complementari, in base alla predicazione dei singoli apostoli da cui derivano: Pietro per il Vangelo secondo Marco; Matteo (e probabilmente Marco) per quello secondo Matteo; Paolo (e, come abbiamo visto nel precedente articolo, anche Marco e Matteo) per quello secondo Luca; Giovanni per il Vangelo che porta il suo nome. In pratica, non è tanto il singolo evangelista a scrivere il singolo Vangelo, quanto la comunità, o la Chiesa nata dalla predicazione di un apostolo.
  • La cattolicità o universalità dell’uso dei Vangeli: dovevano essere accettati da tutte le Chiese principali (“cattolico” significa “universale”), cioè Roma, Alessandria, Antiochia, Corinto, Gerusalemme, e dalle altre comunità dei primi secoli.
  • L’ortodossia o retta fede.
  • La molteplicità delle fonti e le numerose e comprovate testimonianze in favore dei Vangeli canonici (e qui torniamo a citare, ad esempio, Papia di Gerapoli, Eusebio di Cesarea, Ireneo di Lione, Clemente d’Alessandria, Panteno, Origene, Tertulliano, ecc.).
  • La plausibilità esplicativa, cioè la comprensibilità del testo secondo una coerenza di causa ed effetto.

Criteri di storicità dei Vangeli

Oltre alle testimonianze più antiche dei Padri della Chiesa e ai criteri utilizzati già nel II secolo d.C. (ad es. per il Canone Muratoriano), si sono sviluppati, specie in epoca contemporanea, ulteriori metodi che consentono di confermare i dati storici di cui già siamo in possesso sulla figura di Gesù di Nazareth e sui Vangeli.

Réné Latourelle (1918-2017), teologo cattolico canadese, ha individuato dei criteri per attestare la storicità dei Vangeli:

  • Attestazione molteplice: è autentico un dato confermato da più fonti evangeliche (per es. la vicinanza di Gesù ai peccatori).
  • Discontinuità: è autentico un dato non riconducibile ai concetti del giudaismo e della Chiesa primitiva, come l’uso di abba (“papà”) per Dio (la parola “padre”, intesa nel senso di figliolanza intima e personale nei confronti di Dio, compare 170 volte nel Nuovo Testamento, di cui 109 solamente nel Vangelo di Giovanni, eppure unicamente 15 volte nell’Antico, ma sempre con il significato di paternità collettiva, “nazionale” di Dio rispetto al popolo ebraico.
  • Conformità: è autentico ciò che è coerente, conforme rispetto all’ambiente di Gesù e al suo insegnamento (per es. parabole e beatitudini).
  • Spiegazione necessaria: per es., la personalità “mastodontica” di Gesù chiarisce tutta una serie di eventi e comportamenti altrimenti incomprensibili (la sua forza, l’autorità, il carisma esercitato sulle folle, ecc.).
  • Stile di Gesù: che unisce maestà e umiltà, bontà e coerenza assoluta, senza ipocrisia e senza contraddizioni.

Vi sono anche altri criteri, più specificamente letterari e redazionali:

  • Studio delle forme letterarie (Formgeschichte), basato sull’analisi letteraria dei Vangeli, per determinare il “Sitz im leben”, cioè la vita della comunità in cui sono nati, per “incarnare” l’esistenza di Gesù in un contesto vivo e particolare.
  • Studio delle tradizioni scritte e orali (Traditiongeschichte) preesistenti ai Vangeli, per confrontarle con questi.
  • Studio dei criteri redazionali degli evangelisti (Redaktiongeschichte), che esamina come ogni evangelista abbia raccolto dei dati per poi metterli per iscritto, organizzandoli in base a esigenze particolari, come la predicazione a una determinata comunità.

Semitismi e analisi filologica

Nei primi secoli dell’era cristiana era noto che almeno due Vangeli canonici fossero stati scritti in una lingua semitica (ebraico o aramaico). Tuttavia, fino a Erasmo da Rotterdam (1518), si perse memoria di questo strato più antico, “nascosto” sotto la lingua greca in cui i testi ci sono pervenuti. Gli studi filologici moderni hanno poi consentito di ricostruire le tracce della loro struttura semitica originaria.

Queste tracce, definite “semitismi”, sono di varia natura (prestiti, sintassi, stile, vocabolario, ecc.). Jean Carmignac, grazie ai suoi studi sul linguaggio di Qumran e sulle opere dei maestri ebrei dell’epoca detta inter-testamentaria, è giunto alla conclusione che i Vangeli sinottici, in particolare Marco e Matteo, debbano essere stati scritti prima in ebraico (non in aramaico) e poi tradotti in greco. Ritraducendo il testo greco in ebraico, emergono infatti assonanze, rime e strutture poetiche assenti nella prosa greca.

Ciò consentirebbe di anticipare la datazione dei Vangeli di almeno due decenni, avvicinandoli ulteriormente ai fatti narrati e ai testimoni diretti. Inoltre, inserisce Gesù (e su questo insistono anche studiosi come John W. Wenham o vari esperti ebrei israeliani, tra cui David Flusser) in un contesto più armonico con l’ambiente ebraico del tempo, come confermato dai manoscritti di Qumran. 

Vediamo un paio di esempi di semitismi.

Quando leggiamo nei Vangeli che Gesù aveva dei fratelli, il termine “fratello”, il greco αδελφός (adelphós) traduce l’ebraico e aramaico אָח (aḥ), con cui però, nell’accezione semitica, non s’intendono soltanto i fratelli “germani”, bensì anche quelli “unilaterali”, i cugini, i parenti in generale, i membri di uno stesso clan, tribù o popolo. Neppure in ebraico moderno esiste un termine per definire un cugino: lo si chiama semplicemente “figlio dello zio”.

O ancora (Matteo 3, 9): Io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare veri figli ad Abramo

Greco: λέγω γὰρ ὑμῖν ὅτι δύναται ὁ θεὸς ἐκ τῶν λίθων τούτων ἐγεῖραι τέκνα τῷ Ἀβραάμ Lego gar hymìn oti dynatai o Theos ek ton lithon touton egeirai tekna to Abraam.

Ebraico (una delle possibili traduzioni): אלוהים יכול לעשות מן האבנים האלה בנים לאברהםElohìm yakhòlabanìm ha-‘ele banìm banìm le-Avrahàm

Come si può notare, solo nella versione ebraica vi è assonanza tra il termine “figli” (banìm) e il termine pietre (abanìm). Non solo: questo gioco di parole che fanno rima tra loro rientra perfettamente nella tecnica di trasmissione degli insegnamenti basata su assonanze, allitterazioni, parabole, ossimori e contrapposizioni (il famoso cammello che passa per la cruna di un ago) usata dai Tannaìm per far memorizzare le loro massime.

L’esempio appena riportato può essere presente anche in aramaico (“pietre”: ‘ebnaya; “figli”: banaya), ma tantissimi lo sono solamente in ebraico.

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Vangelo

Il mistero della vita di Dio. Santissima Trinità (C)

Joseph Evans commenta le letture della Santissima Trinità (C) del 15 giugno 2025.

Giuseppe Evans-12 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La prima lettura di oggi ci mostra quelli che potremmo definire i vertici della sapienza israelita alle prese con il mistero di Dio. Vediamo qui, in un testo di quella che chiamiamo letteratura sapienziale, la figura della sapienza personificata. Chi o cosa è questa figura, "al fianco" di Dio, "come architetto, e giorno dopo giorno lo rallegrava".che lavora con Dio nella creazione del mondo? Eppure Israele continua a brancolare nel buio.

Il salmo continua il tema del confronto con il mistero di Dio, questa volta concentrandosi sulla dignità della persona umana. Di fronte allo splendore della creazione, che cos'è l'uomo al suo interno? "Lo hai reso poco più basso degli angeli".. Ma la parola ebraica usata qui è Elohimcioè poco meno di "dèi". Tuttavia, la traduzione greca della Septuaginta lo traduce con "angeli", così come la lettera agli Ebrei del Nuovo Testamento (Eb 2, 9). L'uomo è una creatura così grande che siamo come gli angeli, addirittura come Dio stesso, fatti a sua immagine e somiglianza (Gen 1,26-27).

Tuttavia, abbiamo bisogno del Nuovo Testamento per la rivelazione completa. Qui apprendiamo che l'essere di Dio è veramente trinitario: una sola natura divina, ma tre Persone divine. Abbiamo accesso al Padre attraverso il Figlio, che si è fatto uomo come Gesù Cristo, e l'amore divino è riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo, lui stesso amore vivente di Dio, come ci insegna San Paolo nella seconda lettura.

Il Vangelo di oggi è denso, ma vale la pena di essere analizzato. Anche con la rivelazione più completa ricevuta attraverso Cristo, stiamo ancora brancolando nel mistero divino. Gesù ci ha insegnato così tanto sulla vita interiore di Dio, ma "Non puoi portarli per ora".. Tuttavia, lo Spirito Santo è all'opera nei nostri cuori e nella Chiesa per guidarci. "alla piena verità".. Lo Spirito prende gli insegnamenti di Gesù e ci conduce a una percezione più piena di essi: "Riceverà ciò che è mio e ve lo annuncerà".. Se siamo docili all'azione dello Spirito, la vita della Trinità cresce in noi, portandoci a conoscere e a relazionarci con ogni persona divina in modo più profondo, vivo e amorevole.

La vita di Dio è sempre un mistero che sfugge alla nostra comprensione, ma l'esplorazione di questo mistero è un viaggio emozionante in cui lo Spirito ci dà sempre nuove intuizioni, favorendo in ultima analisi la nostra speranza nel cielo: Egli "vi dirà cosa accadrà".. Nella festa odierna della Santissima Trinità, potremmo riflettere su quanto sia reale, vivo, il nostro rapporto con ciascuna Persona divina.

Vaticano

L'Opus Dei presenta in Vaticano la proposta di nuovi statuti

Il prelato dell'Opus Dei ha annunciato che la prelatura ha presentato alla Santa Sede la sua proposta di statuto.

Redazione Omnes-11 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Il prelato dell'Opus Dei, monsignor Fernando Ocáriz, ha reso noto oggi un messaggio in cui sottolinea che l'Opera ha presentato alla Santa Sede la sua proposta di statuto, seguendo il percorso indicato dal Vaticano dopo la pubblicazione del Motu Proprio Ad Charisma Tuendum.

In un breve messaggio, che è consuetudine per il prelato del Opus Dei, Il vescovo Ocáriz voleva incoraggiare i suoi figli ad affidare il loro lavoro e le loro fatiche apostoliche alla Santissima Trinità e alla Santa Trinità. San JosemaríaQuesto mese ricorre il cinquantesimo anniversario della sua morte. Nell'ultimo paragrafo di questa lettera, Ocáriz annota: "Vorrei informarla sul lavoro di adattamento degli Statuti. Era stato previsto di completarne lo studio nel Congresso generaleTuttavia, come sapete, poiché coincideva con la vacanza della sede, si è ritenuto opportuno non farlo. I membri del Congresso hanno dato il loro parere positivo affinché, con il nuovo Consiglio e la nuova Consulta, potessimo completare la revisione degli Statuti e sottoporli all'approvazione della Santa Sede, cosa che abbiamo fatto oggi. È stato un viaggio di tre anniChiedo a tutti voi di intensificare le nostre preghiere in questa fase finale.

Ora la Santa Sede dovrà rivedere e stabilire se accettare gli statuti proposti dalla prelatura, sui quali le due istituzioni hanno lavorato in coordinamento.

Tre anni di lavoro sugli statuti dell'Opus Dei

La Prelatura dell'Opus Dei è in procinto di rivedere i propri statuti dall'estate del 2022, in risposta alle indicazioni di Papa Francesco contenute nel motu proprio. Ad charisma tuendumche richiedeva un adeguamento giuridico in linea con la natura di questa istituzione della Chiesa. Il processo, che si è svolto in due fasi nel 2023 e nel 2024, è stato caratterizzato da uno spirito di collaborazione e di obbedienza alle indicazioni della Santa Sede.

Per tutto il 2023 tutti i membri dell'Opus Dei sono stati invitati a partecipare a una consultazione generale sui possibili adeguamenti degli statuti della Prelatura. Sulla base dei suggerimenti ricevuti, è stata preparata una prima bozza che è stata sottoposta alla deliberazione del Congresso Generale Straordinario convocato nell'aprile dello stesso anno dal prelato, Mons. Fernando Ocáriz.

Tuttavia, il processo non si è concluso qui. La pubblicazione di un secondo motu proprio nell'agosto 2023che ha modificato i canoni 295 e 296 del Codice di Diritto Canonico relativi alle prelature personali, ha portato a una nuova fase di lavoro. Questa volta, l'attenzione si è concentrata sul dialogo tecnico e dottrinale tra due équipe di esperti: una appartenente alla Dicastero per il Clero e un altro nominato dalla Prelatura stessa.

La proposta finale, elaborata dalla Prelatura, è stata presentata al Dicastero per il Clero, che a sua volta ha formulato le proprie osservazioni. La bozza finale del documento statutario doveva essere elaborata sulla base di queste osservazioni, ma, poiché la morte di Papa Francesco Pochi giorni prima del congresso ordinario previsto dalla Prelatura, la consegna dei nuovi statuti è stata sospesa in attesa dell'elezione del nuovo Pontefice e della riapertura degli uffici vaticani.

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Vaticano

Papa Leone XIV: Bartimeo ci aiuta a non perdere mai la speranza 

All'udienza generale di questo mercoledì, Papa Leone XIV ha riflettuto sul passo evangelico del cieco Bartimeo. Ha detto che l'atteggiamento di Bartimeo davanti a Gesù ci aiuta a non perdere mai la speranza, anche quando ci sentiamo soli e caduti, perché Dio ascolta sempre le nostre malattie, sia quelle del corpo che quelle dell'anima.

Francisco Otamendi-11 giugno 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Questa mattina, il Papa è tornato alla Pubblico generale il ciclo di catechesi per l'Anno Giubilare, "Gesù Cristo nostra speranza", e si è focalizzato su meditazione sul cieco Bartimeo. Coraggio! Alzati, ti chiama" (Mc 10, 49-52). Nel suo discorso, Leone XIV ci incoraggiò a portare a Gesù "le nostre infermità, sia del corpo che dell'anima, con la stessa fiducia che ispirò la preghiera di Bartimeo".

Nella catechesi di oggi riflettiamo sul brano evangelico del cieco Bartimeo, che ci mette di fronte a un aspetto essenziale della vita di Gesù, diceva Papa Leone XIV. "La sua capacità di guarire. Bartimeo, solo e sdraiato sul ciglio della strada, quando sente passare Gesù, grida, sa chiedere, abbandona il mantello, corre dal Signore e riceve ciò che desiderava, riacquistare la vista".

"Dio ascolta sempre".

"L'atteggiamento di Bartimeo davanti a Gesù ci aiuta a non perdere mai la speranza, anche quando ci sentiamo soli e caduti, perché Dio ci ascolta sempre. Come lui, tutti noi abbiamo bisogno di Gesù che ci guarisca, ci sollevi e ci aiuti a rimetterci in cammino", ha incoraggiato il Pontefice.

Per essere guariti dal Signore. "Mettiamo anche noi davanti allo sguardo di Cristo, con fede e sincerità, tutte le nostre vulnerabilità, sofferenze e debolezze", ha aggiunto il Santo Padre. "Non aggrappiamoci alla nostra apparente sicurezza, che spesso ci impedisce di camminare, e abbiamo il coraggio di alzare la testa per recuperare la nostra dignità".

"Continuate a gridare!"

"Cosa possiamo fare quando ci troviamo in una situazione apparentemente senza speranza? Bartimeo ci insegna a fare appello alle risorse che portiamo dentro di noi e che fanno parte di noi. È un mendicante, sa chiedere, anzi, sa gridare", ha proseguito il Papa.

"Se vuoi davvero qualcosa, fai di tutto per ottenerla, anche quando gli altri ti rimproverano, ti umiliano e ti dicono di smettere. Se lo vuoi davvero, continua a gridare!

Il grido di Bartimeo nel Vangelo di Marco - "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me" (v. 47) - è diventato una preghiera ben nota nella tradizione orientale, che anche noi possiamo utilizzare: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore".

"Bartimeo è cieco, ma paradossalmente vede meglio degli altri e riconosce chi è Gesù! Al suo grido, Gesù si ferma e lo chiama (cfr. v. 49), perché non c'è grido che Dio non ascolti, anche quando non sappiamo di rivolgerci a lui (cfr. Es 2,23)", ha meditato il Papa.

Domenica della Santissima Trinità

Nei suoi brevi discorsi ai pellegrini di diverse lingue, il Papa li ha incoraggiati a portare a Gesù le nostre malattie (lingua tedesca). "Le nostre prove, i nostri limiti e le nostre debolezze, così come quelle dei nostri cari. Portiamo anche la sofferenza di coloro che si sentono smarriti e non riescono a trovare una via d'uscita" (francese). 

"Mentre ci prepariamo a celebrare la solennità della Santissima Trinità domenica prossima, vi invito a fare dei vostri cuori una dimora accogliente per il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo". "Durante questo Giubileo della speranza, possiamo anche noi ricevere la grazia di vedere tutte le cose di nuovo alla luce della fede, e di seguire il Signore in libertà e novità di vita". (Lingua inglese). 

Cuore di Gesù

"Vi auguro di sperimentare nella vostra vita l'opera dello Spirito Santo, di irradiare la gioia della fede" (lingua cinese). "Saluto cordialmente tutti i polacchi. Nel mese di giugno essi celebrano la pia devozione alla Sacro Cuore di Gesù. Vi incoraggio a coltivare questa tradizione, affidando le vostre preoccupazioni e le vostre speranze al Cuore di Cristo, fonte di vita e di santità (polacco). "Chiediamo con fede al Signore di guarirci dalle nostre malattie" (portoghese).

Nei suoi saluti in spagnolo si è rivolto in particolare "ai gruppi di Spagna, Ecuador, Venezuela e Messico". Una banda messicana ha fatto da cornice al giro di Leone XIV in papamobile davanti al pubblico, durante il quale ha salutato ancora una volta numerosi neonati e bambini piccoli portati in braccio da genitori e parenti.

In spagnolo, il Papa ci ha invitato "a portare con fiducia a Gesù le nostre malattie e quelle dei nostri cari; a non essere indifferenti al dolore dei nostri fratelli e sorelle che si sentono smarriti e senza via d'uscita, ma a dar loro voce, certi che il Signore ci ascolterà e agirà. Chiediamo a Dio, per intercessione di Maria Santissima, di concederci la grazia di seguire Colui che è la Via, Gesù Cristo nostro Signore".

Preghiera per le vittime di Graz (Austria)

In italiano, prima di recitare il Padre Nostro e dare la Benedizione, ha pregato per le vittime del massacro in una scuola di Graz (Austria) e per le loro famiglie. Diverse centinaia di persone hanno partecipato alla Messa per le vittime.

Il Papa ha concluso l'udienza ricordando la Solennità della Santissima Trinità. "Auspico che la contemplazione del mistero trinitario vi conduca sempre più profondamente nell'Amore divino, per compiere in ogni circostanza la volontà del Signore".

L'autoreFrancisco Otamendi

Libri

San Josemaría e la liturgia

Il libro "San Josemaría e la liturgia", pubblicato da Juan José Silvestre, professore di Liturgia all'Università di Navarra, offre chiavi di lettura per comprendere la visione del santo sulla Santa Messa.

Juan José Silvestre-11 giugno 2025-Tempo di lettura: 9 minuti

L'opera inizia con alcune parole del santo di Barbastro che costituiscono l'incipit dell'opera. motivo leit dell'intero libro: "Non dimenticate che la vita liturgica è una vita d'amore; amore di Dio Padre, attraverso Gesù Cristo nello Spirito Santo, con tutta la Chiesa, di cui fate parte". Parole che il vescovo Mariano Fazio commenta nel prologo, dicendo: "Questa affermazione del santo percorre tutto il libro e, leggendolo, ho potuto constatare che l'autore ha individuato nell'amore un aspetto chiave della comprensione della liturgia da parte di San Josemaría".

Infatti, attraverso le pagine ho cercato di mostrare, con la vita e gli insegnamenti di san Josemaría, spesso legati a dettagli biografici, che le parole con cui inizia il libro sono una realtà. L'amore è un punto chiave.

San Josemaría e la liturgia

Il fascino per la liturgia si manifestò in lui fin dalla più tenera età, come ho cercato di mostrare nel primo capitolo. Essa segnò la sua vita spirituale ed egli vi rimase fedele per tutto il suo ministero sacerdotale. Ritrovando il 2 ottobre 1928, data in cui "vide" la Opus DeiAnche questa fu una tappa importante nella sua vita e nei suoi insegnamenti liturgici.

Come si evince dai tre capitoli, si può dire che in una logica liturgica presento il suo pensiero come portatore di una particolare ricchezza derivante sia dal carisma fondazionale ricevuto e dalla sua vita contemplativa, sia dalle vicende del suo ministero sacerdotale.

Credo si possa dire, senza timore di sbagliarsi, che San Josemaría era innamorato della liturgia. Questo amore, questo entrare nella corrente trinitaria di amore per l'uomo che è l'Eucaristia, lo ha portato per tutta la vita a cercare sempre il modo migliore di vivere, nella Chiesa, quell'incontro personale e amoroso che è la Santa Messa. Per questo motivo la sua predicazione sarà impregnata di fonti liturgiche. La sua vita e i suoi insegnamenti cercheranno di incarnare al meglio la natura stessa della liturgia. 

Vetus ordo

È stato l'amore per la liturgia che lo ha portato a "relazionarsi" con molte delle intuizioni del movimento liturgico degli anni Trenta. Questo stesso amore per la liturgia, come realtà ecclesiale, è quello che lo ha portato a promuovere un'ordinata e progressiva introduzione della riforma liturgica nelle celebrazioni dei centri dell'Opus Dei, come richiesto dalla Santa Sede. Ed è la sua vita liturgica, intesa come incontro d'amore con Dio, che spiega perché, dopo aver cercato per 45 anni di fare proprie le parole e i gesti del Messale tridentino, abbia trovato molta difficoltà a passare al Messale del 1970 e abbia finito per beneficiare, senza averlo chiesto, dell'indulto che gli ha permesso di continuare a celebrare negli ultimi tre anni della sua vita con il rito precedente alla riforma conciliare.

Sia nei suoi scritti pubblicati e inediti, sia nella sua predicazione orale, si può notare che l'amore è il centro, il cuore dei suoi insegnamenti liturgici. 

Amore divino

L'amore divino si riversa sui fedeli attraverso quel flusso d'amore trinitario che è la Santa Messa e che attende la risposta, anch'essa d'amore, di ogni cristiano. Una risposta che, uniti a Cristo nella sua Chiesa, offrono al Padre.

Amore divino che attende la corrispondenza di ciascuno attraverso questa partecipazione amorosa ai gesti e alle preghiere della celebrazione eucaristica, mostrando così l'importanza della partecipazione esteriore e interiore ad essa, come San Josemaría ha incarnato nei suoi insegnamenti mistagogici e nella sua vita di amore liturgico. 

Amore che caratterizza la risposta personale e va oltre la celebrazione rituale, coinvolge la vita, come insegna il Santo. Nella sua predicazione mostra chiaramente che tutti noi, in quanto "sacerdoti della nostra esistenza" attraverso il Battesimo, manifestiamo il nostro amore al Padre restituendogli il mondo trasformato da Cristo nello Spirito Santo, attraverso quella "Messa" che ognuno di noi celebra sull'altare del proprio lavoro, della propria vita quotidiana. Una "Messa" che dura ventiquattro ore e che ha al centro e alla radice la celebrazione sacramentale.

Movimento liturgico spagnolo

Se diamo uno sguardo alla struttura del libro, vediamo come esso sia proiettato in tre cerchi concentrici che convergono nell'amore: note biografiche, teologico-liturgiche e mistagogiche. Nelle pagine del primo capitolo, di carattere biografico, si evince dagli scritti editi e inediti del Santo e dalle testimonianze di coloro che hanno vissuto con lui, come San Josemaría negli anni Trenta fosse un vero e proprio pioniere, un sacerdote in anticipo sui tempi anche in campo liturgico. In molte delle sue decisioni ed esperienze liturgiche appare legato all'incipiente movimento liturgico spagnolo di cui conosce alcuni dei più importanti promotori e forze trainanti, che sono suoi amici personali. 

Aspetti fondamentali, come la liturgia vissuta come fonte di vita spirituale e il concetto di partecipazione attiva, saranno tradotti in manifestazioni e decisioni concrete che il santo prese e con cui, in quegli anni da giovane sacerdote, cercò di diffondere la vita liturgica: Le Messe in dialogo nelle residenze universitarie da lui promosse, la comunione frequente all'interno della Messa e con le ostie consacrate nella celebrazione stessa come qualcosa di abituale nella sua Messa e per tutte le persone che vi partecipavano, l'uso di ampi paramenti, così come le indicazioni per la costruzione di futuri oratori, sono manifestazioni concrete e pratiche di questo desiderio, così come del suo rapporto con le idee del movimento liturgico.

Liturgia e santità personale

Nelle pagine del secondo capitolo, di carattere più teologico, ho cercato di mostrare come il messaggio che San Josemaría Escrivá ricevette il 2 ottobre 1928, la chiamata universale alla santità, si colleghi alle idee di fondo degli insegnamenti conciliari sulla liturgia. 

Come non vedere al numero 14 della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium In quel famoso numero si legge: "La Santa Madre Chiesa desidera ardentemente che tutti i fedeli siano condotti a quella partecipazione piena, consapevole e attiva alle celebrazioni liturgiche che la natura stessa della Liturgia esige e alla quale il popolo cristiano, "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo peculiare" (1 Pt 2,9; cfr. 2,4-5), ha il diritto e l'obbligo in virtù del battesimo" (1 Pt 2,9).

La riscoperta del battesimo e della conseguente filiazione divina, come fondamento della chiamata universale alla santità, sono direttamente collegate a questo diritto e dovere di partecipare alla liturgia. Insegnamenti conciliari che San Josemaría aveva già anticipato nei suoi scritti mistagogici, come si può vedere nel terzo capitolo del libro, o nella sua stessa vita liturgica e in quella dei membri dell'istituzione che Dio gli ha fatto vedere, come si può vedere nel primo capitolo, incoraggiando, ad esempio, la partecipazione attiva nelle residenze che egli promuoveva vivendo le cosiddette Messe in dialogo.

La Messa, un'azione trinitaria

Allo stesso tempo, i numeri da 5 a 7 della stessa costituzione conciliare sono sviluppati anche negli insegnamenti di San Josemaría. Così la presentazione della Messa come estensione della corrente trinitaria dell'amore di Dio per noi, formulata dal santo, si collega all'idea della storia della salvezza riscoperta da san Josemaría. Concilio Vaticano IIViene sottolineata la componente fondamentale dell'amore.

Il carattere divino e trinitario della celebrazione della Santa Messa, insieme al suo carattere cristologico ed ecclesiale, sottolineato dal Santo, lo portano a definire la celebrazione eucaristica come centro e radice della vita cristiana. Questa espressione non è originale solo per la forma o i termini utilizzati, anche se la ritroviamo in modo simile nel magistero di Pio XII, nel Concilio Vaticano II e più in generale nella dottrina cattolica in generale, ma in San Josemaría trova un contesto più ampio e inedito.

La massa, il centro e la radice 

Infatti, la Santa Messa, presentata come centro e radice della vita cristiana, si collega con la vita ordinaria, quotidiana, la vita del lavoro, che è il luogo dell'incontro con Dio, come San Josemaría aveva instancabilmente predicato fin dal 1928. Questa vita secolare, questa vita nel mondo, realtà santificabile e santificata, trova il suo centro e la sua radice nella celebrazione dell'Eucaristia. Pertanto, ogni fedele, in virtù del suo battesimo, come dirà il Concilio Vaticano II, ha il diritto e l'obbligo di partecipare alle celebrazioni liturgiche, e il Santo lo proclamerà in modo più forte ed enfatico: ogni fedele è sacerdote della propria esistenza. Perciò il rapporto tra la vita ordinaria e lavorativa e la Messa è intimo, intenso, connaturato a entrambe le realtà. E per questo è chiamato a prolungarsi in una Messa che dura ventiquattro ore.

Se nel primo capitolo ho cercato di mostrare il rapporto di San Josemaría con il movimento liturgico e, quindi, di anticipare e preparare le idee che il Concilio Vaticano II avrebbe ripreso, nel secondo capitolo ho cercato di mostrare come gli insegnamenti del santo offrano al magistero liturgico del Concilio un contesto, una cornice in cui viverli. Infatti, nella sua predicazione orale e scritta egli avrebbe instancabilmente proclamato che ogni cristiano, chiamato ad essere sacerdote della propria esistenza dal battesimo, celebra la sua Messa delle ventiquattro ore sull'altare del suo posto di lavoro e della sua vita quotidiana, purché la celebrazione dell'Eucaristia ne sia per lui il centro e la radice.

La liturgia è performativa

Infine, nel terzo capitolo mi sono proposto di mettere in luce l'acuta consapevolezza di San Josemaría del potere trasformante della liturgia della Santa Messa per i fedeli comuni. I suoi insegnamenti su questo tema sono molti e compaiono frequentemente nei suoi scritti. Come ripeteva il santo: "Vi ho sempre insegnato a trovare la fonte della vostra pietà nella Sacra Scrittura e nella preghiera ufficiale della Chiesa, nella Sacra Liturgia.

In questo terzo capitolo ho scelto di concentrare la mia attenzione soprattutto su due testi: in primo luogo, l'omelia "L'Eucaristia, mistero di fede e di amore", in cui, seguendo le diverse parti della celebrazione eucaristica, san Josemaría propone delle conseguenze per la vita spirituale dei cristiani. In secondo luogo, mi sono avvalso di alcuni commenti alla celebrazione eucaristica che il nostro autore stava preparando nel 1938 e che intendeva pubblicare in un libro intitolato Devozioni liturgiche. Nel secondo capitolo del nostro libro abbiamo fatto uno studio del progetto e dei fogli che San Josemaría aveva scritto durante quell'anno. Nell'utilizzarli nel nostro lavoro li abbiamo riprodotti alla lettera, cioè con le abbreviazioni, i piccoli errori di ortografia, ecc. che contengono.

Testi inediti

Questi scritti, risalenti alla fine degli anni Trenta, mi sembrano costituire un testo di particolare interesse. Non solo perché sono inediti, ma anche perché mostrano, a mio avviso, come il Santo leggesse e conoscesse gli autori che presentavano commenti alla Messa dal marcato aspetto mistagogico. Allo stesso tempo, mostrano come egli condividesse con loro un modo di intendere la liturgia assolutamente all'avanguardia per il suo tempo, come si evince, in parte, dal primo capitolo in cui ho cercato di mostrare la particolare relazione di san Josemaría con il movimento liturgico. 

I commenti sono un perfetto mix di storia liturgica, ars celebrandiLe più caratteristiche del santo sono le considerazioni piene d'amore, che si esprimono in brevi frasi, a volte solo parole - eiaculatori, dardi - che cercano di condensare, in parole, l'amore per la Messa che traboccava dal suo cuore. 

Allo stesso tempo, l'accostamento di testi scritti in due periodi diversi della vita del santo, la fine degli anni '30 e gli anni '60, con in mezzo un concilio ecumenico e una riforma liturgica, mostrerà la continuità e l'armonia tra i due, frutto, credo, dell'amore del nostro autore per la liturgia.

La Messa spiegata da San Josemaría

Il commento alla liturgia della Santa Messa di San Josemaría, che occupa il terzo capitolo, mi sembra ci aiuti a capire perché il santo diceva: "Partecipando alla Santa Messa, imparerete come trattare ciascuna delle Persone divine. Nella celebrazione, i fedeli possono rivolgersi al Padre in Cristo attraverso l'azione dello Spirito Santo: entrando in dialogo con le Persone divine, la loro vita cristiana cresce. È un dialogo a cui li invita ogni gesto e parola del rito, che assume così un significato speciale. 

In breve, nell'ultimo capitolo ho cercato di mostrare che San Josemaría si prepara a "parlare" ai fedeli della Messa non in modo discorsivo, ma in modo "mistagogico", cioè a partire dai riti. È logico che sia così, poiché l'ampia e profonda realtà degli effetti spirituali della Santa Messa non dovrebbe funzionare in modo autonomo e indipendente dai testi e dai riti che ne scandiscono la celebrazione.

Vorrei concludere con alcune parole del santo che mi sembra riflettano molto bene tutto ciò che ho cercato di mostrare nel libro. È un testo scritto nel 1931, che mostra molto bene la sua formazione e la sua vita per la liturgia e dalla liturgia, l'amore, la filiazione divina, le parole e i gesti della stessa celebrazione liturgica spiegano tutto:

Questa mattina ho chiesto a Gesù - non ho chiesto a Lui, intendo dire male - ho detto a Gesù del mio desiderio di prepararmi molto bene, durante l'Avvento, per quando arriverà il Bambino. Gli ho detto molte cose, tra cui che mi avrebbe insegnato a vivere la sacra Liturgia. Ho pensato che la mia anima è una terra assetata e mi sono emozionata nel leggere nel comunione della Santa Messa: Dominus dabit benignitatem, et terra nostra dabit fructum suum. Signore, Gesù: fa' che la povera terra desolata della mia anima, riempita della tua grazia, porti frutto per la vita eterna. Ed ero confuso, pieno di gratitudine, quando ho recitato il salmo con le mie prime parole Confitemini Domino (Sal. 117)..., un'espressione fedele di ciò che potrebbe cantare ciascuno di coloro che avete scelto finora per la vostra Opera.

San Josemaría e la liturgia

AutoreJuan José Silvestre
Editoriale: Rialp
Anno: 2025
Numero di pagine: 303
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Evangelizzazione

San Barnaba, cipriota e apostolo insieme a San Paolo 

L'11 giugno la Chiesa celebra San Barnaba, o Giuseppe, che fu tra coloro che si riunirono intorno agli Apostoli dopo la morte di Gesù a Gerusalemme. Fu un discepolo riconosciuto tra i primi cristiani e poi apostolo con San Paolo.  

Francisco Otamendi-11 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La liturgia dedica l'11 giugno a San Barnaba, uno dei discepoli più noti della prima comunità cristiana. Pur non facendo parte dei Dodici, fu inviato ugualmente come apostolo. Grazie a lui, San Paolo, appena convertito sulla via di Damasco, fu accolto a Gerusalemme dagli apostoli e dalla comunità.

Il giorni dei santi vaticani Il fatto che molti fossero sospettosi nei confronti di Saulo, che aveva perseguitato i cristiani (cfr. Atti 9, 27), ma Barnaba lo accolse e lo fece entrare nella comunità. 

Lo fece nel modo seguente: "Arrivato a Gerusalemme, Saulo cercò di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui (...). Allora Barnaba lo prese e lo condusse dagli apostoli, ed egli raccontò loro come aveva visto il Signore lungo la strada e cosa gli aveva detto, e come a Damasco aveva agito con coraggio nel nome di Gesù".

Barnaba, tra i primi inviati da Gesù

Giuseppe, chiamato dagli apostoli Barnaba - che significa "figlio della consolazione" - era un levita nato a Cipro che possedeva un campo, lo vendette e mise il denaro a disposizione degli apostoli, secondo gli Atti. Inoltre, l'agenzia vaticana sottolinea che "un'altra tradizione - riportata da Eusebio di Cesarea, che si ispira a Clemente Alessandrino - include Barnaba tra i 72 discepoli inviati da Gesù in missione per annunciare il Regno di Dio".

Considerato "uomo virtuoso", riempiti di Spirito Santo e di fede"Barnaba fu inviato ad Antiochia di Siria, da dove erano giunte notizie di numerose conversioni. Barnaba esortò tutti a "perseverare con cuore fermo nel Signore" e poi chiese aiuto a Paolo, spingendolo verso la sua missione di apostolo delle genti. Ad Antiochia i discepoli iniziarono a si definiscono cristiani (Atti, 11, 26).

Con San Paolo, "discordia tra i santi".

Dopo la predicazione ad Antiochia, Barnaba e Paolo partono per una nuova missione a Cipro. Con loro c'è anche Giovanni, detto Marco (l'evangelista), che nel calendario dei santi ricorre il 25 aprile. La tappa successiva è la Panfilia, ma Giovanni decide di tornare a Gerusalemme. Barnaba e Paolo proseguono e infine ritornano. Poco dopo, i due si preparano per una nuova missione. Barnaba vuole viaggiare con Giovanni, mentre Paolo è contrario. Barnaba si imbarca per Cipro con Marco, mentre Paolo sceglie Sila (cfr. At 15,36-40).

Commentando questo passo, Benedetto XVI ha detto in una conferenza PubblicoAnche tra i santi ci sono contrasti, disaccordi, controversie. Lo trovo molto consolante, perché vediamo che i santi "non sono caduti dal cielo". E ha aggiunto: "Sono uomini come noi, anche con problemi complicati. La santità non è non sbagliare mai o non peccare mai. La santità cresce con la capacità di conversione, il pentimento, la disponibilità a ricominciare, e soprattutto con la capacità di riconciliazione e di perdono". Il resto -San Paolo chiama San Marco suo "collaboratore" - lo hanno nel testo di Benedetto XVI.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Libri

Il pazzo di Dio alla fine del mondo

"El loco de Dios en el fin del mundo" è un'opera di Javier Cercas, in cui accompagna Papa Francesco in un viaggio in Mongolia per cercare risposte per la madre credente. Pubblicato all'inizio del 2025, è stato descritto come un "thriller esistenziale" che mescola riflessione spirituale, diario di viaggio e ritratto approfondito del Pontefice.

Andrés Cárdenas Matute-11 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Al di là della fortuna della tempistica del libro, che ha coinciso con la morte di Francesco, gran parte del successo de "Il pazzo di Dio alla fine del mondo" ha a che fare con la sua prospettiva: uno scrittore che si definisce ateo e anticlericale viene invitato ad accompagnare il Papa nella sua visita a una delle più piccole comunità cattoliche, quella della Mongolia. Questo, a quanto pare, dovrebbe conferire all'opera un'imparzialità che la preservi da qualsiasi intento ideologico - almeno, da un intento ideologico da parte del cattolicesimo. E in gran parte questo è vero.

Cercas, senza nascondere le sue opinioni, si avvicina alla Chiesa, a Francesco, a coloro che hanno lavorato con lui e a un manipolo di cristiani, con la curiosità di chi vuole sentire che valore hanno queste esperienze. Si abbandona alla figura di Francesco, ma questo non gli impedisce di tracciarne un profilo non idealizzato: un profilo compatibile con le testimonianze negative della sua giovinezza, con le uscite di tono durante il suo pontificato, o con gli errori manifesti.

Il libro è anche un gesto d'amore di un figlio verso sua madre. La madre di Cercas, affetta da Alzheimer, è cattolica e vive nella certezza che quando morirà sarà di nuovo con suo marito. Lo scrittore vuole trasmettere questo messaggio a Francisco e, se possibile, riprendere alcune parole. "In tutta certezza". Ma al di là della centralità di questo tema - quello della vita eterna - la grande scoperta di Cercas è che se tutti i cristiani fossero come i missionari che ha incontrato in Mongolia, la Chiesa si rinnoverebbe automaticamente.

Almeno rinnoverebbe la Chiesa che lo spagnolo ha in mente, una Chiesa che - come direbbe Armando Matteo - soffre anche dell'inverno demografico, che non fa nascere molte vite. È interessante che molti cattolici, venendo a conoscenza dell'impostazione del libro, la prima cosa che chiedono è: si è convertito? Come se tutti gli sforzi andassero lì, come se la fede non fosse un granello di senape, quel chicco di grano che Dio fa crescere in silenzio durante la notte, ma solo un'altra maglietta nel carnevale della danza identitaria.

Cercare non è già una conversione? Cosa ne penseranno i missionari in Mongolia?

Il pazzo di Dio alla fine del mondo

AutoreJavier Cercas
Editoriale: Penguin Random Hause
Anno: 2025
Numero di pagine: 488
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Libri

Parole di odio e odio di parole

Anna Pintore analizza come la censura nelle democrazie liberali sia mutata da coercitiva a strutturale, promossa in nome del bene comune, ma con il rischio di minare la libertà di espressione. L'unica censura legittima sarebbe l'autocensura etica, basata sulla dignità umana e sul rispetto della verità.

José Carlos Martín de la Hoz-11 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Attualmente c'è un forte movimento di repulsione e indignazione contro la ferrea censura stabilita dai governi della comunità europea, come risultato dell'intensità della lotta della nostra civiltà occidentale contro il "discorso d'odio" nella stampa e nei media in generale, che è addirittura già criminalizzato nel diritto dell'UE, insieme agli intensi strumenti di regolamentazione e condanna che sono stati stabiliti (p. 12).

La professoressa Anna Pintiore, docente di filosofia del diritto all'Università di Cagliari, ha scritto un intenso lavoro sulla censura nella società liberale, sui suoi limiti e sulla sua metodologia, per fermare la nascita nei Paesi europei di un nuovo tribunale inquisitorio che torni a giudicare intenzioni, credenze e opinioni (p. 15). 

Vale la pena ricordare il principio giuridico derivato dal diritto romano: "De internis neque Praetor iducat", che sarebbe passato, come è successo, nel diritto canonico: "De internis neque Ecclesia iudicat". Questo principio di non giudicare le intenzioni e i pensieri è stato spesso invocato per ottenere l'abolizione del diritto inquisitorio.

Inquisizione

Infatti, l'obiettivo del tribunale moderno approvato da Sisto IV nel 1478 di porre fine all'eresia giudaizzante in Spagna, che si era diffusa in Castiglia e Aragona, sembrava loro rendere "necessaria" l'attuazione di un metodo efficace per raggiungere l'auspicata unità della fede.

Senza dubbio 75% dei processi si svolsero tra il 1478 e il 1511. Pertanto, il tribunale avrebbe dovuto essere abolito e la difesa della fede lasciata agli ordinari diocesani, come fu deciso dopo una violenta discussione alle Cortes di Cadice nel 1812.

Il Inquisizione Avrebbe potuto essere abolito, ma il clima di intensa mancanza di istruzione del popolo e del clero e la perfetta sovrastruttura che era stata creata permisero di mantenere questo tribunale indegno, perché nessuno deve essere giudicato interiormente se non da Dio, perché "dai loro frutti li riconoscerete".

Questo è il grande male del tribunale dell'Inquisizione, aver ceduto alla mentalità inquisitoria che consisteva, allora come oggi, nel giudicare le idee e le intenzioni altrui, senza alcun dato contrastante e causando diffidenza e distruzione dell'onore e della fama delle persone per diverse generazioni. Infatti, la Catechismo della Chiesa CattolicaIl Catechismo di Trento arrivava ad affermare che l'onore e la fama erano importanti quanto la vita stessa.

Diritto di difesa

Allo stesso tempo, la professoressa Anna Pintore sottolinea che lo Stato liberale ha il diritto di difendersi dalle falsità scritte da un autore in un libro, in un articolo di stampa o nei media, in quanto possono minare le fondamenta sociali o morali su cui sono costruiti lo Stato e la convivenza civile (p. 21). In altre parole, sarebbe opportuno "ridefinire la censura in termini di convenienza" (p. 23 e 32).

Non c'è dubbio che Michel Foucault si sia rivelato il nemico giurato di Hobbes quando quest'ultimo, nel Leviatano, ha chiesto la rinuncia alla libertà dei cittadini affinché lo Stato assolutista potesse costruire una pace duratura e stabile. Logicamente, una pace senza libertà è impossibile da mantenere in una cultura che ha sperimentato la libertà (p. 33).

È divertente vedere come la nostra autrice si impelaghi in un "volgare gioco di parole" quando pretende di opporre una censura "esterna, coercitiva e repressiva" a una "censura moderna" che sarebbe "produttiva, strutturale e necessaria" (p. 34). 

Infatti, in tutte le pagine di questo libro, emergerà la convinzione che l'unica censura possibile è l'"autocensura", derivante dal buon senso, dalla prudenza, dalle profonde convinzioni, dall'amore per la propria e l'altrui libertà, dal rispetto per le opinioni altrui e dal profondo desiderio di contribuire con la nostra critica al bene comune e alla dignità della persona umana e di salvaguardare il principio della presunzione di innocenza e la buona fede degli individui (p. 38).

Censure concordate

È interessante vedere come ci siano campi di "censura concordata" che sono marcatamente ideologizzati, anche nei nostri tempi democratici, come i seguenti, delineati dal nostro autore: "la regolamentazione istituzionale della libera espressione, la censura di mercato, i tagli ai finanziamenti governativi per l'arte controversa, i boicottaggi, i procedimenti giudiziari e l'emarginazione e l'esclusione degli artisti sulla base del loro genere o della loro razza, fino alla 'correttezza politica' nel mondo accademico e nei media, tanto che il termine è sopraffatto, persino banalizzato" (p. 41-42).

Indubbiamente, la nostra autrice esprime la sua perplessità di fronte all'abbondanza di letteratura e opinioni che vogliono limitare ulteriormente la libertà di espressione, soprattutto dopo l'invasione abusiva di Internet, che ha riempito la rete di opinioni della più varia origine e forza. Vengono invocati due principi apparentemente contrastanti: la libertà di espressione e l'uguaglianza (p. 51).

È molto importante il modo in cui giunge a questa importante conclusione: "i discorsi d'odio (e la pornografia) dovrebbero essere vietati non nella misura in cui escludono la voce delle loro vittime dall'arena pubblica, ma perché sono moralmente riprovevoli, cioè perché sono inaccettabili alla luce dell'etica dei diritti umani che si è affermata nel mondo occidentale (e noi aggiungiamo la dignità della persona umana)" (p. 67).

Infine, l'autrice conclude con le ultime parole del suo libro: "La metamorfosi della censura avvenuta negli ultimi decenni non è certo l'unico fattore che ha determinato questa situazione, ma ha certamente creato un ambiente intellettuale estremamente accogliente per essa. Visto il successo di cui godono oggi le idee che sono state qui criticate, non si può essere molto ottimisti sul futuro della libertà di espressione" (p. 85).

Tra parole di odio e odio di parole

AutoreAnna Pintore
Editoriale: Trotta
Anno: 2025
Numero di pagine: 95
Spagna

La Spagna è ancora una volta il paese che invia il maggior numero di missionari

Secondo il rapporto 2024 delle Pontificie Opere Missionarie, la Spagna è il Paese che invia il maggior numero di missionari in tutto il mondo ed è anche il secondo territorio che contribuisce economicamente di più alle missioni.

Redazione Omnes-10 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Pontificie Opere Missionarie La Spagna ha presentato il 10 giugno il rapporto di attività. L'aspetto più rilevante dei dati è che la Spagna è ancora una volta il Paese del mondo che invia il maggior numero di missionari, arrivando a quasi 10.000. Di questi, circa 5.000 sono attivi, più della metà sono donne e la maggior parte si trova in America.

Preghiera e contributo finanziario

Oltre a questa buona notizia, José María CalderónIl responsabile dell'istituzione pontificia ha spiegato che i fondi messi a disposizione di Roma nel corso del 2024 sono stati superiori a quelli del 2023. Ciò è dovuto in parte all'aumento della raccolta fondi, ma anche alla riduzione dei costi di gestione e amministrazione. Il risultato è stato l'erogazione di quasi 15 milioni di euro, distribuiti tra 1.131 territori di missione. Questo fa della Spagna il secondo Paese che ha dato più soldi alle OMP.

Ma come ha sottolineato Heliodoro Picazo, un missionario che ha condiviso la sua testimonianza durante la conferenza stampa, il denaro non è l'unica o la più importante parte del contributo alle Pontificie Opere Missionarie. La preghiera è essenziale per sostenere le migliaia di uomini e donne che lasciano tutto e vanno ad evangelizzare, molti dei quali in luoghi remoti dove la loro vita è in pericolo.

Grazie al sacrificio dei missionari, un battesimo su tre nel mondo avviene nei territori di missione. Allo stesso modo, aumentano le vocazioni native, si aprono scuole cattoliche e centri medici e la fede si diffonde in tutto il mondo.

Mancanza di vocazioni missionarie

Nonostante le buone notizie, sia José María Calderón che Heliodoro Picazo hanno espresso preoccupazione per l'età avanzata della maggior parte dei missionari. L'età avanza, ma non ci sono abbastanza vocazioni per un ricambio generazionale che garantisca la continuità delle missioni in tutti i territori.

In questo senso, i due relatori hanno sottolineato l'importanza della preghiera e della formazione dei giovani alla fede cristiana, affinché coloro che si sentono chiamati da Dio a essere missionari rispondano generosamente all'invito.

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Evangelizzazione

Numerose benedizioni dopo la Pentecoste

Il 10 giugno, due giorni dopo la Pentecoste, la liturgia celebra numerosi Beati provenienti da diversi luoghi. Tra questi, il domenicano italiano Giovanni Dominici, arcivescovo di Croazia e cardinale legato di due Papi. Il tedesco Eustace Kugler, vittima durante il periodo nazista. Edward Poppe, apostolo belga della devozione alla Vergine e all'Eucaristia. E i monaci inglesi Thomas Green e Gualterius Pierson.  

Francisco Otamendi-10 giugno 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Due giorni dopo la solennità di Pentecoste, in cui lo Spirito Santo è stato versato in abbondanza sul popolo di Dio, il Santo Padre ha detto ieri: "Lo Spirito Santo è stato versato in abbondanza sul popolo di Dio". Papa Leone XIVLa liturgia celebra numerosi beati e santi, provenienti da luoghi diversi. 

Juan BianchiniDomínici, soprannominato Domínici forse dal nome del padre, nacque a Firenze intorno al 1355. Fu membro dell'Ordine dei Predicatori, diplomatico e scrittore. Fu il primo frate a introdurre in Italia l'osservanza regolare, promossa fin dal 1348 dall'Ordine dei Predicatori. Beato Raimondo di CapuaNel 1393 fu nominato vicario generale dei conventi riformati. Fu anche promosso arcivescovo di Ragusa (Dubrovnik, Croazia) e nominato cardinale legato dei papi Gregorio XII e Martino V. Morì a Budapest. 

Apostoli, assistenti dei malati

Oltre a San Landerico di Parigi, la Chiesa celebra la Beata Diana di Andalusia. Nata a Bologna (Italia) intorno al 1200, aiutò i primi domenicani a stabilirsi nella città. E anche la Beata belga Eduardo PoppeIn seminario assimilò la dottrina mariana di San Luis M. Griñón de Monfort e iniziò ad essere apostolo e catechista della devozione alla Vergine e all'Eucaristia. 

Nel calendario dei santi del giorno è incluso anche Eustachio Kugler, Beato di Baviera, che entrò nell'Ordine Ospedaliero di Baviera all'età di 26 anni. San Juan de Dios. Per la maggior parte della sua vita religiosa fu priore di comunità e della sua provincia religiosa. Passava le notti nei corridoi dell'ospedale per occuparsi dei bisogni dei malati. Soffrì molto sotto i nazisti, che disprezzavano i malati. Morì a Ratisbona e fu beatificato nel 2009.

Altri martiri inglesi

Il beato Thomas Green e il beato Gualterius Pierson sono due dei monaci della Certosa di Londra che si rifiutarono di sottoscrivere il giuramento di supremazia religiosa del re Enrico VIII. Thomas era un sacerdote e Gualterius un fratello convertito. Entrambi furono imprigionati in una Carcere di Londrae morì (1537). Possiamo anche citare il beato vincenziano italiano Marcos Antonio Durando o il beato spagnolo José Manuel Claramonte, operatore diocesano.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Ecologia integrale

Intelligenza artificiale: tra tecnologia e spirito

L'Intelligenza Artificiale è passata da essere uno strumento tecnico a diventare un "compagno emotivo", il che pone profonde sfide etiche e spirituali. Il testo invita a non perdere di vista la dimensione umana, relazionale e trascendente che l'IA non può sostituire.

Juan Carlos Vasconez-10 giugno 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

L'intelligenza artificiale (AI) sta diventando una realtà che permea sempre più aspetti della nostra vita. Dalla mia esperienza di cappellano scolastico ho avuto modo di riflettere su questo affascinante incrocio tra tecnologia e moralità. Quando le ragazze sono venute per la prima volta nel mio confessionale pentendosi di aver "copiato" il lavoro sull'IA, ho pensato che fosse giunto il momento di capirlo meglio.

Il documento vaticano può fare luce, Antiqua era Novapubblicato a gennaio da due dicasteri che lavorano insieme: il Dicastero per la Dottrina della Fede e il Dicastero per la Cultura e l'Educazione.

Quando l'intelligenza artificiale entra nell'intimità

Finora abbiamo associato l'IA all'efficienza, all'automazione dei compiti e all'elaborazione di grandi dati. In effetti, l'IA rimane uno strumento prezioso per la produttività personale e professionale, che ci aiuta a organizzare la nostra vita, a gestire gli orari o persino a generare codice. Tuttavia, gli studi più recenti rivelano un sorprendente spostamento verso usi dell'IA molto più emotivi e personali.

Oggi, uno dei principali utilizzi dell'IA non è più solo per scopi tecnici o di produttività, ma si è esteso a sfere come la terapia e la compagnia. Le persone si rivolgono all'IA per cercare un sostegno emotivo, per avere un "orecchio che ascolta" o persino per conversare con simulazioni di persone care decedute. Un altro uso importante è la ricerca di uno scopo e l'autosviluppo: le persone consultano l'IA per avere una guida sui valori, la definizione di obiettivi o la riflessione filosofica, persino impegnandosi in "dialoghi socratici" con questi strumenti.

Compagno digitale

Questo fenomeno ci interpella profondamente. L'intelligenza artificiale è diventata una sorta di "compagno digitale" o "partner di pensiero", capace di personalizzare le risposte e di adattarsi ai nostri stati emotivi. Gli utenti non sono più solo consumatori passivi, ma "co-creatori" che affinano le loro interazioni per ottenere risposte più sfumate.

È qui che, come ci avverte Antiqua era NovaDobbiamo essere particolarmente attenti a non perdere di vista la nostra stessa umanità. Il fatto che l'IA possa simulare risposte empatiche, offrire compagnia o persino "assistere" nella ricerca di uno scopo non significa che possieda una vera empatia o che possa dare un senso alla vita.

L'intelligenza artificiale, per quanto avanzata, non è in grado di raggiungere l'intelligenza umana, che è anche plasmata da esperienze corporee, stimoli sensoriali, risposte emotive e interazioni sociali autentiche. L'intelligenza artificiale opera sulla logica computazionale e sui dati quantitativi; non sente, non ama, non soffre, non ha coscienza né libero arbitrio. Pertanto, non può replicare il discernimento morale o la capacità di stabilire relazioni autentiche.

Perché è fondamentale capirlo?

L'empatia è intrinsecamente umana: la vera empatia nasce dalla capacità di condividere i sentimenti di un altro, di comprendere il suo dolore o la sua gioia a partire dalla nostra esperienza incarnata. L'intelligenza artificiale è in grado di elaborare una grande quantità di dati sulle emozioni umane e di generare risposte che sembrare empatico, ma non sensazioni né sperimenta quelle emozioni. È una simulazione, non una realtà. Affidarsi all'IA per l'empatia è come aspettarsi che una mappa ci dia l'esperienza di percorrere un sentiero.

Il senso della vita nasce dalla relazione e dalla trascendenza: la ricerca del significato, dello scopo della vita, della realizzazione, non si trovano in un algoritmo o in una risposta generata dalla macchina. Nascono dalle nostre relazioni autentiche con Dio e con gli altri, dalla nostra capacità di amare ed essere amati, dal nostro sacrificio, dall'esperienza del dolore e della gioia condivisi, dalla nostra dedizione a un ideale che ci trascende. Come sacerdote, vedo ogni giorno come la vera realizzazione si trovi nella resa e nell'incontro con l'altro, qualcosa che l'AI, per definizione, non può offrire. È nella relazione interpersonale, spesso imperfetta e impegnativa, che ci forgiamo e troviamo un significato profondo.

Rischi di dipendenza emotiva e spirituale: se iniziamo a delegare ad AI il nostro bisogno di compagnia, di sostegno emotivo o anche la nostra ricerca di significato, corriamo il rischio di sviluppare una dipendenza che ci allontana dalle vere fonti di realizzazione. Potremmo accontentarci di una "pseudo-compagnia" che non ci sfiderà mai a crescere nella virtù, a perdonare, ad amare incondizionatamente o a trascendere i nostri limiti.

I rischi dell'antropomorfizzazione e la ricchezza delle relazioni umane

La tendenza ad antropomorfizzare l'IA sfuma il confine tra umano e artificiale. L'uso di chatbotper esempio, può plasmare le relazioni umane in modo utilitaristico. 

I rischi sono evidenti:

  • Disumanizzazione delle relazioni: Se ci aspettiamo dalle persone la stessa perfezione ed efficienza di un chatbot, possiamo impoverire la pazienza, l'ascolto e la vulnerabilità che definiscono le relazioni autentiche.
  • Riduzione dell'umano: vedere l'IA come "quasi umana" può portarci a vedere gli esseri umani come semplici algoritmi, ignorando la nostra libertà, la nostra anima e la nostra capacità di amare.
  • Impoverimento del ruolo dell'insegnante: la missione dell'insegnante è molto più che impartire dati; è formare criteri, ispirare e accompagnare la crescita personale e morale.
  • Delega del discernimento morale: potremmo essere tentati di cedere all'IA decisioni etiche che sono solo nostre.

Come affrontarli?

  • Consapevolezza critica: educare su cosa è e cosa non è l'IA, demistificando le sue capacità.
  • Rivalutare l'umano: promuovere spazi di interazione autentica, in cui si possa apprezzare la ricchezza dell'imperfezione e della complessità delle relazioni umane.
  • Dignificare gli educatori: sottolineare il loro ruolo insostituibile di formatori di persone.
  • Educare alla libertà e alla responsabilità: insistere sul fatto che il processo decisionale morale è una nostra prerogativa. L'IA è uno strumento; la scelta etica spetta a noi.

Un dialogo continuo: dove lasciamo l'anima?

L'irruzione dell'intelligenza artificiale ci invita a un dialogo esistenziale ineludibile, al di là del fascino tecnologico o della semplice efficienza. Se può simulare un "abbraccio" digitale o una "guida" filosofica, dov'è allora l'insostituibile profondità della relazione umana, dell'empatia che nasce dalla carne e dallo spirito, della trascendenza che solo l'anima umana può desiderare e raggiungere? 

La vera sfida non è meramente tecnica, ma antropologica e spirituale: discernere con radicale onestà se stiamo inconsapevolmente delegando a un algoritmo ciò che solo l'incontro con l'altro e con Dio può compiere, rischiando di impoverire la nostra stessa umanità nella ricerca di una comodità digitale che non potrà mai riempire il vuoto del cuore.