Quel bambino che piange a messa 

La partecipazione dei più piccoli alla Messa non solo porta doni a loro e alle loro famiglie, ma giova anche a tutta la parrocchia.

7 luglio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti
Quel bambino che piange a messa

Per noi che professiamo la fede cattolica, la nascita di un bambino nel mondo è invariabilmente una benedizione di Dio, una manifestazione tangibile dell'amore divino che si riverbera nell'innocenza di una nuova anima. Tuttavia, questa gioia porta con sé anche un'enorme responsabilità, perché l'anima che ci viene affidata è un tesoro ancora più grande di quello della parabola dei talenti.

Non basta, dunque, fornire cibo e riparo al nuovo membro della famiglia, e nemmeno ricoprirlo di affetto o di risate: è necessario nutrire il suo spirito, condurlo sulla via stretta del Vangelo in un mondo che spesso gli offrirà idoli d'argilla e d'oro. E quale modo migliore per fornirgli questo nutrimento se non la Messa, dove ha luogo il sacrificio eucaristico che, secondo le parole della Lumen Gentiumè "la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana" (n. 11)?

Tuttavia, la strada da percorrere per passare dalle parole ai fatti è lunga e i genitori si rendono subito conto delle difficoltà logistiche che comporta portare in chiesa un bambino eccitato, stordito, che si contorce, si agita, strilla e urla al cielo senza dire "acqua passata" (il tutto nello spazio di un minuto).

Come padre orgoglioso di un bambino di un anno, posso testimoniare che il suo breve registro linguistico non gli impedisce di partecipare "attivamente" alla messa - non di rado a squarciagola. È proprio così. E poi, con il viso arrossato dall'imbarazzo e il braccio intorpidito dal trasporto del bambino, si comincia a pensare a qualche sotterfugio: "Ha senso portare il bambino? Se si comporta male, deve essere annoiato. Forse è meglio lasciarlo qui, dopotutto è ancora troppo piccolo per capire cosa sta succedendo".

Ed è davvero così piccolo?... E chi è obbligato ad ascoltare la messa? Non perdiamoci in chiacchiere, prima di tutto. Il canone 11 della Codice di Diritto Canonico stabilisce che le leggi ecclesiastiche obbligano i battezzati che hanno l'uso della ragione sufficiente, ipotesi che si aggiorna all'età di sette anni. Ecco quindi la prima risposta di questo articolo: se nostro figlio ha già raggiunto quell'età, ha il dovere di ascoltare la messa, quindi non esitiamo oltre e portiamolo con noi, per quanto possa essere impegnativo.

Risolta questa questione, consideriamo ora il caso dei neonati e dei bambini sotto i sette anni. Da un lato, è innegabile che la loro tenera età li esoneri dall'obbligo canonico di ascoltare la Messa; dall'altro, non esiste alcuna disposizione magisteriale (o pastorale) che vieti loro di partecipare alla Messa - o addirittura la scoraggi - e c'è un certo consenso tra persone di provata prudenza e sano giudizio sulla convenienza di questa pratica. Le parole di S. Paolo, che ha parlato di "Messa", sono state scritte da S. Paolo. Giovanni Paolo II nella sua esortazione apostolica Ecclesia in America sono chiari: "Il bambino deve essere accompagnato nel suo incontro con Cristo, dal battesimo alla prima comunione, poiché fa parte della comunità viva della fede, della speranza e della carità" (n. 48). In ultima analisi, si tratta di una questione puramente prudenziale.

Dopo questa precisazione, mi permetto ora - per prudenza, per la cronaca - di spezzare una lancia a favore della partecipazione dei più piccoli alla Santa Messa. In primo luogo, perché gli esseri umani sono creature abitudinarie e, così come i bambini riconoscono la loro casa come un rifugio sicuro e stabile in cui abitano i loro genitori, dovrebbero sentirsi a loro agio anche nel tempio, dove abita il loro Padre celeste.

In secondo luogo, perché, come tutti noi che abbiamo figli piccoli (o ricordiamo la nostra infanzia) sappiamo che i bambini iniziano a informarsi sulle attività a cui sono esposti molto prima di essere sani di mente.

Il bambino può non essere in grado di astrarre il mistero della transustanziazione, ma può capire che le nuvole che la bocca del botafumeiro emette sono le nostre preghiere che salgono verso Dio o che, se ci genuflettiamo, è perché siamo davanti a Qualcuno a cui dobbiamo la massima riverenza e il massimo rispetto.

Inoltre, come nel caso del battesimo, non è necessario comprendere perfettamente qualcosa per trarne i benefici spirituali. E terzo, perché andare a Messa insieme infonde la grazia nell'unità familiare e ci priva di scuse per saltare le domeniche - e i giorni santi - perché, come notava saggiamente il sacerdote irlandese Patrick Payton, un servo di Dio: "La famiglia che prega insieme rimane insieme".

D'altra parte, la partecipazione dei piccoli alla Messa non porta solo doni a loro e alle loro famiglie, ma giova anche a tutta la congregazione. La loro semplice presenza è una testimonianza vivente del fatto che ci sono ancora persone disposte a santificarsi attraverso un matrimonio aperto alla procreazione, secondo il mandato della Genesi di essere fecondi e moltiplicarsi.

Non dimentichiamo che la Chiesa, corpo mistico di Cristo, non finisce con noi, ma si estende anche ai nostri discendenti, ai quali dobbiamo trasmettere le tradizioni che ci sono state tramandate fin dai tempi apostolici.

Quindi, la prossima volta che sentiremo il pianto di un bambino durante la messa, non dobbiamo annusare e alzare gli occhi al cielo. Piuttosto, rallegriamoci nel sapere che la Chiesa è viva e pulsante e che le porte dell'inferno non prevarranno su di lei.

L'autoreGuillermo Villa Trueba

Lobbista per il Conferenza cattolica del Missouri(USA) e ricercatore in storia del diritto. Dottore in Economia e Governo presso l'UIMP e Master in Diritto presso l'UIMP. Università di Notre Dame.

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