Ogni domenica, molte famiglie vivono la stessa situazione: vorremmo andare a Messa e adorare il Signore, ma abbiamo bambini piccoli. Se la parrocchia non dispone di una sala per i bambini, entrare nella navata principale può diventare una vera e propria odissea. Non perché i bambini siano un problema, ma perché, spesso, le nostre chiese non sono pensate per loro.
Prima di diventare madre, confesso che anch'io sognavo le “messe perfette”: un sacerdote profondo e vicino, una liturgia curata, un coro ben intonato, un'atmosfera di silenzio che favorisse la preghiera. Per me, il silenzio era quasi sinonimo della presenza di Dio.
Ma quando sono arrivati i miei figli, tutto è cambiato. Ho scoperto che la Messa può essere vissuta in modo diverso. Che c'è una grazia nascosta per i genitori che continuano ad andare a Messa nonostante tutto, anche la comunità stessa, sia contro di loro.
Fu proprio durante quelle Messe “interrotte” che capii, per la prima volta, cosa significa vivere il mistero eucaristico con semplicità. Così, sentendomi fuori posto per gli sguardi impazienti rivolti ai miei figli, ho capito che la presenza di Dio non dipendeva dalla mia concentrazione, che la Messa non era una sessione di yoga. Lui è lì, anche quando non riesco a seguire ogni parola, anche quando non ascolto tutta l'omelia.
Non si tratta certo di incoraggiare il disordine. Tutti noi genitori cerchiamo di insegnare ai nostri figli a comportarsi con rispetto, a non interrompere, ma troppo spesso ci rendiamo conto che la Chiesa non ha un posto per loro. Se non c'è una sala o uno spazio dove i bambini possano muoversi liberamente, le famiglie finiscono per stare sulla porta o in strada, cercando di ascoltare la Messa dall'esterno. E per questo motivo voglio dire a voce alta ai genitori: la Chiesa non è infastidita dai bambini! Anche se qualche sacerdote dice il contrario o se alcuni fedeli si girano verso di voi e verso i vostri figli con sguardo di disapprovazione.
Anche a me piacerebbe vivere la Messa in modo diverso, senza le domande dei miei figli e le loro continue richieste, soprattutto quando non hanno nemmeno cinque anni. Tuttavia, anche se sembra che i bambini così piccoli non capiscano nulla, ho avuto esperienze che non possono essere riprodotte in una lezione di religione o in una comunità dove non ci sono bambini.
Dopo la liturgia della parola e dopo aver consacrato il vino, mio figlio si commuove e, guardando il calice che il sacerdote solleva sull'altare, mi dice ad alta voce: “Mamma, è il bicchiere Pistone di Saetta McQueen”. Ascoltandolo, non posso fare a meno di sorridere, trattenendo una risata. Guardo mio figlio e vedo i suoi occhi brillare. Allora gli do un bacio pensando: “Mio figlio sta confondendo tutto”, penso all'inizio. Ma poi, guardando di nuovo il calice dove Dio si sta rendendo presente, provo una certa invidia verso mio figlio. Anch'io vorrei guardarlo con la stessa ammirazione, con lo stesso desiderio.
Da allora, ad ogni messa chiedo al Signore di concedermi la grazia di tornare bambino, di mescolare tutto, di desiderarlo come mio figlio lo desiderava quella volta: come il protagonista del suo film preferito.




