La Chiesa come difensore della verità: Newman, Plank, Spaemann e Ratzinger

Da Newman a Ratzinger, passando per Planck e Spaemann, diversi punti di vista mostrano come coscienza, scienza e filosofia trovino la loro pienezza nella fede.

1 novembre 2025-Tempo di lettura: 4 minuti
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Newman, Plank, Spaemann e Ratzinger ©wikipedia

Nella sua “Lettera al Duca di Norfolk”, il successivo Dottore della Chiesa santo John Henry Newman intende la coscienza come una luce che invita all'obbedienza alla Voce divina che parla in noi e che il buon esercizio di questa coscienza consiste nel fatto di indirizzarsi immediatamente alla condotta, a qualcosa da fare o da non fare. Dice anche che Gesù ha voluto che il Vangelo fosse una Rivelazione riconosciuta e autentica, pubblica, fissa e permanente. Di conseguenza, ha costituito una società di persone che fosse garante della sua Rivelazione. Quando stava per lasciare la terra, diede agli Apostoli il compito di insegnare a coloro che si sarebbero convertiti ad osservare tutte le cose che aveva insegnato loro. E disse loro che sarebbe stato con i suoi seguaci fino alla fine del mondo e della storia.

Newman aggiunge che questa promessa di aiuto soprannaturale non si è esaurita con la scomparsa degli Apostoli, perché Cristo ha detto “fino alla fine del mondo”, presupponendo che essi avrebbero avuto dei successori e impegnandosi a stare al fianco di questi ultimi come aveva fatto con gli Apostoli. La Rivelazione, prosegue Newman, è stata data ai Dodici nella sua interezza e la Chiesa si limita a trasmetterla. Egli ritiene che la Chiesa abbia la missione di insegnare fedelmente la dottrina che gli Apostoli ci hanno lasciato in eredità. Per insegnamento della Chiesa non intende l'insegnamento di questo o quel vescovo, ma le sue voci unanimi, e il Concilio è la forma che la Chiesa può assumere affinché tutti riconoscano ciò che insegna. Allo stesso modo, il Papa deve presentarsi davanti a noi in modo speciale o con un gesto speciale, in modo che si capisca che sta esercitando il suo ufficio di insegnamento, cioè ex cathedra.

Nella sua opera “Lo sviluppo del dogma” afferma che la supremazia della coscienza è l'essenza della religione naturale e che la supremazia nella coscienza del cristiano è ciò che ci viene rivelato nel Nuovo Testamento e confermato dalla Chiesa. Ritiene che la Chiesa cattolica sia l'unica tra tutte le Chiese che osa rivendicare l'infallibilità, come se un istinto segreto e un malumore involontario frenassero le altre confessioni.

Nel suo libro “Apologia pro vita sua” afferma di essere costretto a parlare dell'infallibilità della Chiesa come di una disposizione voluta dalla misericordia del Creatore per preservare la religione nel mondo e per frenare quella libertà di pensiero - che è indubbiamente di per sé uno dei nostri più grandi doni naturali - al fine di salvarla dai suoi stessi eccessi autodistruttivi.

Nel suo libro “Assenso religioso” afferma che chi crede nel depositum della Rivelazione, crede in tutte le dottrine di quel depositum e, poiché non può conoscerle tutte insieme, conosce alcune dottrine e non ne conosce altre... ma sia che ne sappia poco o molto, intende, se crede veramente nella Rivelazione, credere a tutto ciò che è da credere ogni volta e appena gli viene presentato.

Egli afferma che c'è una sola religione al mondo che tende a soddisfare le aspirazioni e le prefigurazioni della fede e della devozione naturale, il cristianesimo, e che essa sola ha un messaggio preciso rivolto a tutta l'umanità.

Plank, Spaemann e Ratzinger

Il premio Nobel tedesco Max Plank, autore della teoria dei quanti, ha detto in una conferenza: «Ovunque guardiamo, per quanto lontano guardiamo, non troviamo da nessuna parte la minima contraddizione tra religione e scienza naturale, al contrario, troviamo un accordo perfetto sui punti decisivi. La religione e la scienza naturale non si escludono a vicenda, come alcuni temono o credono oggi, ma si completano e si condizionano a vicenda. La prova più immediata della compatibilità tra religione e scienza della natura, anche di quella costruita sull'osservazione critica, è offerta dal fatto storico che proprio i più grandi scienziati naturali di tutti i tempi, Keplero, Newton, Lebnitz, erano uomini profondamente religiosi».

E quella stessa conferenza di Plank si concludeva con le seguenti parole: «È la lotta sempre sostenuta, mai vacillante, che la religione e la scienza naturale conducono insieme contro l'incredulità e la superstizione, e nella quale lo slogan che segna la direzione, che l'ha segnata nel passato e la segnerà nel futuro, dice: Verso Dio!» (“Cristo e le religioni della terra”, Franz Köning).

È vero che ci sono persone intelligenti che si dedicano alla filosofia e alla scienza e che non sono credenti. Ma preferisco ricordare, ancora una volta, qualcuno che ha saputo conciliare ragione e fede: Robert Spaemann.

Una volta al filosofo tedesco fu chiesto se lui, scienziato di fama internazionale, credesse davvero che Gesù fosse nato da una vergine e avesse fatto miracoli, che fosse risorto dai morti e che con Lui si ricevesse la vita eterna. Una fede del genere, gli fu detto, è tipicamente infantile.

L'ottantatreenne filosofo rispose: “Beh, se vuole, lo faccio. Tra l'altro, credo più o meno come quando ero bambino, solo che nel frattempo ci ho pensato di più. Alla fine, la riflessione mi ha sempre confermato nella mia fede”. 

A questo aneddoto Benedetto XVI ha aggiunto: «Perché Dio non dovrebbe essere in grado di far nascere anche una vergine? Perché non dovrebbe essere in grado di far risorgere Cristo? Certo, se io stesso determino ciò che è permesso essere e ciò che non lo è, se io e nessun altro determina i limiti di ciò che è possibile, allora tali fenomeni devono essere esclusi... Dio ha voluto entrare in questo mondo. Dio non voleva che ci limitassimo a percepirlo solo da lontano attraverso la fisica e la matematica. Voleva mostrarsi a noi...» (“La luce del mondo”, conversazione di Benedetto XVI con il giornalista Peter Seewald).

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