


Qualche tempo fa mi ha sorpreso leggere una dichiarazione del cardinale Walter Kasper in cui esprimeva la convinzione che il libro "Dal profondo del nostro cuore", scritto dal cardinale Robert Sarah con Joseph Ratzinger Benedetto XVI come Papa emerito, avesse vanificato il tentativo, da parte della maggioranza di coloro che avevano partecipato al Sinodo sull'Amazzonia, tenutosi tra il 6 e il 27 ottobre 2019, di far sì che, almeno in alcuni territori della Chiesa come la stessa Amazzonia, gli uomini sposati che sono già diaconi permanenti o i cosiddetti "viri probati" possano essere ordinati sacerdoti.
Le sorprendenti affermazioni del cardinale Walter Kasper mi hanno indotto a leggere il libro sopra citato che, a mio avviso, a parte l'orientamento esortativo e appassionato, contiene buona dottrina e teologia sul sacerdozio ministeriale; dottrina e teologia che sostengono l'antichissima norma ecclesiale, confermata dal Concilio Vaticano II e dai documenti magisteriali post-conciliari, di richiedere ai sacerdoti di "osservare una continenza prefetta e perpetua per il Regno dei Cieli" (c. 277,1 del Codice di Diritto Canonico). 277,1 del Codice di Diritto Canonico).
Il cardinale Robert Sarah insiste sulla necessità di non lasciarsi trascinare, in questo ambito, dal "funzionalismo" o dall'"efficienza". Infatti, il sacerdozio ministeriale svolge una "funzione", un "servizio" la cui importanza nella Chiesa, così come intesa dal suo Fondatore, è di prim'ordine, perché è la "funzione" o il "servizio" di Cristo Capo, Sommo Sacerdote, Pastore e Sposo della sua Chiesa.
Oggi insistiamo giustamente sul fatto che il sacerdozio ministeriale non può essere concepito ed esercitato come un potere temporale, un'onorificenza o una forma di "establishment" che, in passato, può aver avuto un certo riconoscimento sociale.
Un servizio istituito da Cristo
Il sacerdozio ministeriale è un servizio ecclesiale e chi lo esercita deve esercitarlo come un vero e sincero servitore di tutti. Si tratta però di un "servizio" o "funzione" (ministero) che la Chiesa non si crea come Istituzione nel mondo per essere meglio organizzata e più efficace nella sua missione di annuncio del Vangelo. No! Il sacerdozio ministeriale è il ministero che Cristo stesso istituisce. È il ministero di Cristo stesso come Capo, Sommo Sacerdote, Pastore e Sposo della sua Chiesa. Il sacerdote ministeriale "impersona" Cristo proprio in queste funzioni e Cristo era celibe e non aveva altro sposo che la sua comunità, che ha bisogno dell'azione del suo Capo e non può essere auto-costruita o auto-realizzata. È Cristo stesso che ha conferito questo ministero agli Apostoli ed è trasmesso nella Chiesa da uno specifico sacramento.
Il sacerdote ministeriale agisce immediatamente negli atti del suo ministero "in persona Christi Capitis", nella persona di Cristo Capo, il che implica che il sacerdote ministeriale è uno strumento vivo e libero attraverso il quale Cristo stesso opera nella sua Chiesa. Ciò è evidente nell'esercizio dei "tria munera", le tre funzioni proprie di questo ministero, che sono inseparabili l'una dall'altra; nell'esercizio di Cristo come Maestro di verità, nell'identificazione con il Buon Pastore che dà la vita per le pecore, e nell'amministrazione dei sacramenti, specialmente nell'Eucaristia e nella Penitenza, dove solo il sacerdote ministeriale può pronunciare le parole in prima persona, che è quella di Cristo: "Questo è il mio Corpo", "Questo è il calice del mio Sangue" o nel sacramento della Penitenza: "Ti assolvo dai tuoi peccati..". Anche nelle formule rituali che a volte passano inosservate, come: "Pregate, fratelli, che questo sacrificio mio e vostro", dove il "mio" sta per Cristo, oppure "andate in pace" invece di "andiamo in pace".
Tutto questo non toglie nulla alla condizione umana peccaminosa e fallibile del ministro. Questa stessa presenza viva e immediata di Cristo nei suoi ministri non deve essere intesa come se egli fosse esente dalle debolezze umane. Anch'egli agisce in nome di tutta la Chiesa, che si unisce alla preghiera e all'offerta del suo Capo e unico Salvatore.
Si capisce quindi che il celibato dei sacerdoti ministeriali è molto più di una norma disciplinare. Il lodevole desiderio che tutte le comunità cristiane abbiano l'Eucaristia frequente e il servizio sacerdotale non può portarci a una mentalità "efficientista", considerando il celibato come una regola puramente disciplinare, che può essere cambiata senza troppi problemi, ma a creare comunità cristiane di fede viva e autentica, pregando con piena fiducia il Padrone della messe di mandare operai nella sua messe (cfr. Mt 9,38).