Quest'estate, tra pannolini, risate e notti brevi, sono stato colpito da una convinzione che faccio fatica a capire perché non occupi i titoli dei giornali o le omelie: la vocazione di un padre e di una madre di famiglia è, per merito e dedizione, pari a quella di qualsiasi persona consacrata. Sì, lo dico chiaramente. E mi sorprende - mi scandalizza, in senso buono - che la Chiesa, e la società in generale, non lo riconoscano ancora pienamente.
A Messa sentiamo le petizioni per "coloro che dedicano tutta la loro vita al Signore", e automaticamente pensiamo a suore, sacerdoti, missionari, e io, seduto lì, non posso fare a meno di chiedermi: e noi? E mentre sono seduto lì, non posso fare a meno di chiedermi: e noi? Un giovane padre o una giovane madre, che danno tutto se stessi per portare avanti un generoso progetto familiare, non dedicano forse anche la loro vita al Signore? Questa dedizione - senza riserve, senza orari - non è forse un eroismo quotidiano che glorifica Dio in modo radicale?
Il celibato è prezioso, eminentissimo, con la sua ragion d'essere nella vita della Chiesa. Ma non meno importante è il matrimonio vissuto come una vera vocazione. La famiglia cristiana non è una piccola rinuncia: è un'oblazione quotidiana. È amore che si incarna nelle prime ore del mattino, discussioni che guariscono, abbracci che curano, economie che si regolano perché i figli crescano in una casa aperta alla vita e a Dio.
Oggi, mentre alcuni scelgono progetti di coppia più comodi o rimandano l'impegno a quando tutto è "sotto controllo", ci sono giovani che si sposano presto, che puntano ad avere figli, che si complicano consapevolmente la vita per amore. E questo, comunque lo si guardi, è degno di un piedistallo.
In questo senso, non è un caso che Mons. Luis Argüello - Arcivescovo di Valladolid e Presidente della Conferenza Episcopale Spagnola - abbia condiviso che, nel presentare la proposta del Congresso Nazionale delle Vocazioni a Papa Francesco, abbia detto: "Si preoccupi di promuovere la vocazione al matrimonio e alla famiglia", evidenziando il valore del matrimonio in tempi di crisi demografica e culturale.
Forse è arrivato il momento che vescovi e sacerdoti lo dicano senza mezzi termini: la vocazione matrimoniale, vissuta veramente, ha un valore soprannaturale di prim'ordine. Non è una "scelta naturale" di secondo piano. È una via stretta e gloriosa che, nel mistero di Dio, ha lo stesso merito di chi dona la propria vita nel celibato. E forse, se lo riconoscessimo di più, non solo le nostre famiglie ne uscirebbero rafforzate, ma anche la Chiesa stessa.