Povero

La fede promuove la solidarietà e la consapevolezza della dignità umana, invitandoci a imitare la povertà di Cristo per raggiungere la vera libertà e a riconoscere nei poveri una ricchezza che ci rivela la verità del Vangelo.

16 novembre 2025-Tempo di lettura: 4 minuti
povero

«La povertà più grave», dice Leone XIV nel suo messaggio per la Giornata mondiale dei poveri, "è non conoscere Dio". Una bella bomba in una società che considera Dio il suo arcinemico e che crede, a torto, che la povertà si possa combattere con il denaro.

Dio è stato considerato da alcuni come l'oppio dei popoli, una fantasia infantile che allontana gli esseri umani dalla lotta per la giustizia, che li allontana dal ribellarsi ai potenti, mentre è vero il contrario. La fede, se è in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, illumina gli uomini e le donne per renderci consapevoli della nostra dignità e di quella dei nostri fratelli e sorelle.

Credere in un Padre comune ci rende fratelli e sorelle, ci rende vicini, ci predispone a un'equa distribuzione della ricchezza perché apparteniamo alla stessa famiglia. Caritas, Manos Unidas e tante altre organizzazioni nate nel cuore della comunità cattolica conducono la lotta contro la povertà anno dopo anno. Lo fanno con opere che tutti conosciamo, ma anche con parole profetiche, denunciando la situazione ingiusta in cui vivono milioni di nostri fratelli e sorelle. E lo fanno, con coerenza, dalla povertà evangelica, dalla semplicità, senza i potenti mezzi che altre istituzioni hanno a disposizione.

Nel frattempo, le ideologie e - drogati economicamente da esse - gli agenti sociali intraprendono le loro lotte con i poveri come bandiera. Tutti credono di avere la soluzione per porre fine alla povertà; alcuni aumentando le tasse sui ricchi per distribuirle ai poveri; altri promuovendo la generazione di più ricchezza in modo che ce ne sia di più da distribuire a chi ne ha di meno; ma, in entrambi i casi, dall'idolatria del denaro, come se il denaro da solo avesse il potere di porre fine alla povertà.

Ma non è così. Basta dare un'occhiata alle statistiche delle persone che sono andate in bancarotta dopo aver vinto un premio alla lotteria. Secondo uno studio, fino al 70% di loro finisce in bancarotta entro cinque anni. Il motivo? Esiste una povertà umana che è superiore a qualsiasi povertà materiale e che ci porta non a dominare il denaro, ma a esserne dominati. Se con poco nessuno è libero dalla tentazione di soddisfare desideri assurdi, egoistici, se non addirittura dannosi, quanto più lo è se siamo sommersi dal denaro! La stessa cosa sta accadendo alle nostre società ricche. C'è sempre più denaro, ma siamo sempre più indebitati e i poveri sono sempre più poveri. Come è possibile? L'amore per il denaro ci allontana da Dio e quindi da tutto ciò che ci rende umani: la solidarietà, l'appartenenza a una comunità, la sobrietà, l'autocontrollo. Sperperiamo il denaro in politiche assurde e non investiamo in ciò che genera davvero ricchezza: le persone.  

La stessa parola «solidarietà», che molti iniziano nel mondo della politica o delle organizzazioni che lottano contro la povertà, si perde man mano che si sale nella scala sociale fino a quando, con onorevoli eccezioni, il luccichio del denaro guadagnato e la loro vanità impediscono loro di vedere la povertà da cui sono appena usciti. Poveri, non hanno altro che il denaro che li trascina in basso e li domina. 

Una settimana prima della celebrazione della festa di Cristo Re, un re che appare povero e umile, con una corona di spine e un cuore trafitto dall'amore per l'umanità, la Giornata Mondiale dei Poveri ci invita a regnare con lui sui poteri umani, quelli che gestiscono il denaro, perché «non si possono servire due padroni». E ci incoraggia a imitarlo nella sua povertà, nel suo distacco da tutte le sicurezze umane, affidandoci solo al Padre, la cui Provvidenza è più potente di qualsiasi banca o fondo. La prossima generazione.

È la libertà sentita da tanti santi come San Francesco d'Assisi o San Rocco, che hanno rinunciato alle loro ricchezze per vivere un'autentica libertà. Da lì possiamo cominciare a vedere i poveri non come un ostacolo, non solo come un problema da risolvere, ma come una ricchezza perché sono, ci ricorda Leone XIV, «i fratelli e le sorelle più amati, perché ognuno di loro, con la sua esistenza, e anche con le sue parole e la sapienza che possiede, ci provoca a toccare con mano la verità del Vangelo». 

«Il Signore ha profetizzato: »Avrete sempre dei poveri in mezzo a voi". E non lo ha detto per farci gettare la spugna perché è un problema senza soluzione, ma per renderci consapevoli che la nostra libertà, la nostra salvezza, è sempre a portata di mano. Non è necessario andare lontano per trovare un povero, come fanno coloro che preferiscono alleggerirsi la coscienza senza farsi coinvolgere.

A volte dormono nei portici dei grandi centri urbani, sì, ma a volte hanno il volto di un conoscente disoccupato e con il sussidio esaurito. A volte si trovano in paesi di missione, sì, ma a volte hanno la forma di un familiare che richiede cure incompatibili con il nostro tenore di vita. A volte sono in prigione, sì, ma a volte vivono in casa nostra, imprigionati dalla dipendenza da videogiochi perché nessuno presta loro attenzione. A volte sono in ospedale psichiatrico, sì, ma altre volte sono amici o vicini di casa che hanno bisogno del nostro affetto, del nostro tempo e della nostra comprensione perché soffrono di problemi mentali e la convivenza diventa difficile... 

«Il Signore ha profetizzato: »Avrete sempre dei poveri in mezzo a voi". E il fatto è che, ovunque ci sia un povero, un bisognoso, una persona che soffre, vicino o lontano da noi, Lui ci aspetterà per aiutarci a uscire da noi stessi, per aiutarci, quindi, a uscire dalla povertà più grave che è vivere senza di Lui.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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