Gli esorbitanti stipendi dei manager e degli sportivi d'élite sono stati un argomento ricorrente del dibattito pubblico. Le recenti dichiarazioni di Papa Leone XIV, nella sua prima intervista ufficiale, ravvivano l'interesse per questo tema.
Alla domanda sulla polarizzazione delle nostre società, Leone XIV ha risposto: "Trovo molto significativo il crescente divario tra i livelli di reddito della classe lavoratrice e il denaro ricevuto dai più ricchi. Per esempio, gli amministratori delegati che 60 anni fa potevano guadagnare da quattro a sei volte di più di quanto ricevono i lavoratori, l'ultima cifra che ho visto è 600 volte di più di quanto riceve il lavoratore medio". Ieri è emerso che Elon Musk sarà il primo miliardario del mondo: che cosa significa e di che cosa si tratta? Se questa è l'unica cosa che ha ancora valore, allora siamo in guai seri...".
Leone XIV non fa una condanna esplicita del capitalismo o del liberalismo, ma sottolinea come le gigantesche disuguaglianze siano problematiche. Non sembra che il Papa intenda criticare il successo personale, ma mette in discussione i valori che la società privilegia.
Perché la Chiesa si intromette nel dibattito sui salari?
La Chiesa cattolica ha voce in capitolo sui salari sproporzionati non per intromettersi in questioni puramente economiche, ma per una questione di principio morale. La Dottrina sociale della Chiesa sostiene che il capitalismo e il liberalismo non possono essere sistemi senza limiti. Uno dei principi fondamentali di questa dottrina è la destinazione universale dei beni umani.
Questo principio, che risale ai Padri della Chiesa, afferma che la terra e le sue risorse sono destinate a essere utilizzate da tutta l'umanità. Pertanto, finché un gran numero di esseri umani si trova in condizioni di grave deprivazione materiale, l'accumulo eccessivo di ricchezza da parte di altri è problematico.
Sebbene la Chiesa riconosca e difenda il diritto alla proprietà privata come strumento per garantire l'autonomia e lo sviluppo personale, questo diritto non è assoluto. In un mondo in cui la disuguaglianza è salita alle stelle, la Chiesa ritiene che l'accumulo eccessivo di ricchezza da parte di una minoranza sia contrario alla destinazione universale dei beni.
Disuguaglianza globale: i dati che convalidano la critica
La critica della Chiesa è supportata dall'evidenza di una crescente disuguaglianza economica. Come sottolineano unanimemente i rapporti di numerose organizzazioni (UNESCO, OSXFAM, Credit Suisse), le 1% più ricche del mondo possiedono una quantità di ricchezza superiore a quella della maggioranza della popolazione mondiale. Ad esempio, i 10% più ricchi della popolazione mondiale detengono 76% della ricchezza totale, mentre i 50% più poveri detengono solo 2% della ricchezza globale.
Questa disparità non è solo un problema statistico, ma un'ingiustizia morale che ha gravi conseguenze sociali e civili. Il problema del nostro sistema economico non è che permette alle persone di essere molto ricche, ma che questo avviene mentre milioni di persone lottano per accedere alle basi di una vita dignitosa. La Chiesa non cerca l'abolizione della proprietà privata o l'uguaglianza economica tra tutti gli esseri umani, ma un'economia che fornisca un minimo di dignità materiale a tutte le persone.
L'eco della critica di Michael Sandel
Le parole del Papa risuonano con le idee del filosofo americano Michael Sandel, vincitore della Principessa delle Asturie e famoso ex professore di Harvard, che è stato uno dei più famosi critici della disuguaglianza salariale. Se l'unico indicatore di valore è l'accumulo di ricchezza, l'importanza della solidarietà e del bene comune viene meno. Scorporando il valore del lavoro dal suo reale contributo alla società, si erode la dignità di quei lavori che, pur essendo essenziali, sono mal pagati.
Sandel sostiene che l'idea che il successo sia basato esclusivamente sullo sforzo individuale è una falsità. La fortuna, l'ambiente sociale e le circostanze di nascita giocano un ruolo cruciale, eppure la società meritocratica tende a ignorare questi fattori. I dati dimostrano che l'ascensore sociale non funziona e quindi non si è responsabili del proprio successo (o fallimento) come il sogno americano vorrebbe farci credere.
Per Sandel, gli stipendi astronomici di manager e atleti sono il prodotto di una società che confonde il valore di mercato con il valore morale. Questa distinzione è cruciale: un gestore di fondi d'investimento può generare una fortuna, ma il suo contributo alla società è davvero più prezioso di quello di un insegnante o di un'infermiera? La critica di Sandel, come quella del Papa nelle sue dichiarazioni, non cerca di rovesciare il successo, ma di ridefinire ciò che dovrebbe essere valutato dalla società.
In un mondo in cui la disuguaglianza cresce e la polarizzazione sociale aumenta, le parole di Leone XIV invitano a rivedere i nostri valori. Mettendo in discussione la sproporzione salariale, Leone XIV solleva il dibattito sul tipo di società che stiamo costruendo e su chi viene realmente premiato.