Evangelizzazione

Pregare: aprirsi alla presenza di Dio

Nel febbraio 2024, il sacerdote Álex Muñoz ha tenuto un discorso in una parrocchia su come pregare. Nonostante sia stato registrato con scarsa qualità, il video su youtube ha più di 170.000 visualizzazioni. Questa è la proposta che offre.

Miguel Janer-29 settembre 2025-Tempo di lettura: 6 minuti
pregare

Álex Muñoz ha raggiunto un obiettivo raro nella letteratura spirituale di oggi: trasmettere la profondità teologica con una semplicità calda e accessibile. Il suo libro Come ascoltare Dio? Un modo per trovare la Sua vocepubblicato quest'anno, rompe con i metodi di preghiera tradizionali e strutturati. In contrasto con schemi chiusi o formule ripetitive, Muñoz propone un percorso liberatorio, basato sul silenzio, sull'abbandono e sulla contemplazione dell'amore.

Il cuore della sua proposta non è fare molto, ma rendersi disponibili: smettere di controllare, aprirsi alla presenza di Dio e ascoltare dal profondo. "Non trattate Dio come la vostra stampella o il vostro mago; è un Padre che vi ama più di chiunque altro".avverte l'autore. Con esempi quotidiani - come il paragone tra la presenza di Dio e il grasso del prosciutto iberico che permea ogni cosa - unisce il trascendente all'ordinario e dimostra che il divino abita nelle cose più comuni.

Il suo metodo si articola in quattro passi chiari, accessibili e profondamente trasformativi: decentrarsi, arrendersi, scrivere e credere. Questi passi non sono tecniche o esercizi, ma atteggiamenti interiori che ci permettono di vivere una preghiera autentica, silenziosa e fruttuosa.

Decentrare: smettere di girare intorno a se stessi

Il primo passo che Muñoz propone è il decentramento. Consiste nell'uscire dal centro di se stessi. Molti ostacoli a una preghiera viva e profonda derivano dal fatto che siamo troppo occupati dai nostri pensieri, paure, desideri o problemi. L'anima, quando si ripiega su se stessa, diventa rumorosa e autoreferenziale.

Decentrarsi non è negare o fuggire da se stessi, ma aprirsi all'altro. È riconoscere che il vero centro non sono io, ma Dio. È un atto di umiltà che trasforma il punto di partenza della preghiera. Muñoz la mette in questo modo: passare dal "Devo pregare". a "Signore, eccomi".

Questo passo ci invita a fermarci, a respirare, a fare silenzio e a prendere coscienza che Dio è già presente. Non abbiamo bisogno di crearlo o di forzarlo. Basta essere. Solo di renderci disponibili. Disimpegnarsi significa svuotarsi dolcemente, senza sforzo, per ricevere.

Arrendersi: mettere tutto ciò che siamo nelle mani di Dio.

Il secondo passo è arrendersi. Se il decentramento ci svuota della IL'abbandono ci rende disponibili a Dio. Qui la preghiera diventa un atto di fiducia. 

Arrendersi è offrire a Dio ciò che si è e si vive in quel momento, senza filtri: gioie, stanchezze, ferite, confusione, desideri, persone care.

Non si tratta di spiegare nulla in dettaglio, né di risolvere prima le questioni interiori. Consegnare è presentare tutto così com'è, con semplicità, con verità, con il cuore aperto. In altre parole: "Signore, questo sono io. Prendimi come vengo oggi"..

Muñoz insiste sul fatto che la preghiera spesso ristagna perché non lasciamo andare ciò che ci appesantisce. Continuiamo a controllare, a trattenere, a sorvegliare. Arrendersi significa lasciar andare. È abbandonare i propri schemi affinché Dio possa agire in libertà.

Questo gesto può essere espresso a parole, con un simbolo (come l'apertura delle mani) o semplicemente con un silenzio pieno di intenzione e fiducia.

Scrivere: riconoscere ciò che si è ascoltato e memorizzarlo.

Il terzo passo consiste nella scrittura, che aggiunge una sfumatura molto particolare alla proposta di Muñoz. Nel suo metodo, la scrittura è parte attiva della preghiera. Dopo il silenzio e l'ascolto, l'autore propone di scrivere ciò che si è sentito, compreso o percepito alla presenza di Dio.

Non si tratta di scrivere lunghe riflessioni o teologia. È sufficiente annotare l'essenziale: una parola del Vangelo che ha risuonato, un'immagine interiore, un movimento del cuore, una domanda, una gratitudine. A volte, l'annotazione può essere semplice come: "Oggi non ho sentito nulla, ma ero con voi"..

La scrittura ha un doppio valore. Da un lato, ordina e fissa interiormente ciò che abbiamo vissuto; dall'altro, ci permette di riconoscere nel tempo il filo del passaggio di Dio nella nostra vita. Diventa una memoria spirituale, come un quaderno in cui Dio lascia le sue impronte.

Questo scritto non è per gli altri. È intimo, sincero e non cerca stile o correzione. È un'estensione dell'ascolto, un modo di dire: "Questa cosa che è accaduta con te, Signore, è reale e voglio mantenerla"..

Credere: fidarsi di ciò che non si vede

Il quarto e ultimo passo è credere. Qui l'autore tocca il nocciolo di molte difficoltà contemporanee nella preghiera: la tendenza a misurare tutto in base ai risultati o alle sensazioni. Se non proviamo nulla, pensiamo che la preghiera non abbia funzionato. Se non ci sono emozioni, pensiamo di aver sprecato il nostro tempo.

Muñoz risponde con un'affermazione essenziale: Dio agisce nell'invisibile, anche se noi non lo vediamo. 

Spesso i frutti della preghiera si manifestano più tardi. A volte senza che ce ne rendiamo conto. Ecco perché credere significa avere fiducia che ciò che sperimentiamo nella preghiera è vero, anche se sembra piccolo o invisibile.

Credere è un atto umile. È uscire dalla preghiera senza certezze rumorose, ma con la pace di essere stati con Dio. È confidare che la Parola ha agito, anche se non ce ne accorgiamo. È uscire dalla giornata con il desiderio di vivere con più attenzione, con più apertura, con più amore.

Questo passo trasforma la preghiera in vita. Perché, come dice giustamente l'autore, la preghiera non finisce quando finisce il silenzio. Continua nella vita di tutti i giorni.

Le impronte dei santi

Uno degli aspetti più solidi del libro è come Álex Muñoz ancori la sua proposta all'esperienza dei grandi maestri spirituali, che presenta non come figure idealizzate, ma come testimoni reali di una preghiera incarnata, viva e concreta.

Santa Teresa di Gesù appare come un modello di fiducia radicale e di dialogo intimo con Dio. La sua affermazione"Pregare è cercare di essere amici, mentre spesso siamo soli con colui che sappiamo che ci ama".- diventa la cornice affettiva dell'intera proposta di Muñoz. La preghiera è relazione, non tecnica. È un legame, non un'attività.

Santa Teresa di Lisieux, da parte sua, porta all'autore la tenerezza e la piccolezza come cammino spirituale. Teresa insegna che non è necessario saper pregare bene per poter pregare. È sufficiente offrire il proprio desiderio, anche con parole povere. La sua spiritualità infantile"È la fiducia, e nient'altro che la fiducia, che deve condurci all'amore".- illumina l'intero percorso.

San Giovanni della Croce porta l'esperienza del silenzio e dello spogliamento. Per Muñoz, Giovanni è la chiave per capire che Dio spesso comunica senza parole, senza luce, senza consolazione, e che questa apparente oscurità non è assenza, ma mistero. L'anima, dice San Giovanni, impara nel non sapere. La preghiera può essere arida, ma questo non la rende meno vera.

San Josemaría Escrivá appare come il testimone di una preghiera perseverante nel mezzo della vita quotidiana. In lui Muñoz riconosce una spiritualità che unisce lavoro, silenzio interiore e presenza di Dio. La preghiera non si riduce a un momento, ma si prolunga nella vita concreta, dalla più semplice e abituale.

La frase "inutile

Una delle idee più potenti del libro è quella che l'autore chiama "preghiera inutile".. Questa espressione, lungi dall'avere un significato negativo, è una denuncia della spiritualità utilitaristica che misura la preghiera in base a ciò che "produce". Al contrario, Muñoz propone una preghiera che non cerca risultati, consolazione o chiarezza. Una preghiera che è semplicemente presenza condivisa.

Pregare senza aspettarsi nulla. Stare con Dio solo perché. Questa è, per Muñoz, la forma più alta di preghiera: quella che non pretende, che non manipola, che non strumentalizza Dio.

Questa "inutilità" è, paradossalmente, la più feconda. Perché libera dall'ansia spirituale e apre il cuore a un'esperienza di Dio che non dipende dallo sforzo personale, ma dalla grazia. È una preghiera spoglia, umile, silenziosa. Ma è anche ferma, fedele, fiduciosa.

Per praticarlo, questo è sufficiente:

-Stare in silenzio, con la certezza che Dio è lì.

-Non cercate di sentire nulla.

-Non cercate di "fare bene la preghiera".

-Essere e basta. Solo per restare.

-E uscire con la fiducia che stare con Dio è sufficiente.

Una spiritualità libera e vera

Alex Muñoz non presenta solo un altro metodo, ma un modo diverso di stare davanti a Dio. Il suo libro non è insegnato con formule, ma è trasmesso come una testimonianza. L'itinerario che propone - concentrarsi, arrendersi, scrivere, credere - è in realtà una pedagogia del cuore: silenziosa, paziente, umile.

In un momento in cui la spiritualità rischia di diventare tecnica o emotiva, questo libro ci ricorda che la vera preghiera non ha bisogno di abbellimenti, ma solo di verità. Non richiede parole sofisticate, ma solo disponibilità. E che Dio non si trova nello spettacolare, ma nel piccolo, nel nascosto, nel fedele.

Perché, alla fine, ascoltare Dio non è un'abilità. È un dono. E dobbiamo solo imparare ad ascoltarlo nell'unico luogo in cui parla sempre: il cuore.

Il Vangelo, la chiave

La conclusione del libro sottolinea che pregare e leggere il Vangelo non è un mezzo utile o un manuale di regole, ma un incontro personale con Dio. La preghiera, come l'amore o la bellezza, è "inutile" nel senso che non cerca di ottenere cose, ma ha valore in sé: Dio è il fine, non il mezzo.

Il Vangelo non deve essere ridotto a moralismo o a consigli pratici, ma alla ricerca del volto di Cristo. L'autore ci invita a entrare nelle scene evangeliche con la nostra immaginazione, come un personaggio qualsiasi, seguendo l'esempio di san Josemaría, che raccomandava di trattare Gesù, Maria e Giuseppe con fiducia e affetto.

Anche le scene più intense - come la discesa di Cristo dalla croce - aiutano a vivere la fede con realismo e tenerezza, rendendo la preghiera e la lettura del Vangelo un incontro intimo, amorevole e trasformante con Dio.

L'autoreMiguel Janer

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