Parlare di moralità tende a condurre molte persone verso la sfera privata, dove ognuno può avere le proprie regole o norme di comportamento. Da qui è facile distinguere questa sfera privata dalla sfera pubblica, dove esiste anche la morale, ma che ha soprattutto a che fare con il sistema di regole con cui governiamo la nostra convivenza. Con regole non sempre scritte, ma che accettiamo di rispettare.
È quindi facile dividersi tra un insieme di regole da seguire o rispettare nella sfera pubblica - si vedano i codici deontologici delle varie professioni, le leggi civiche o le procedure per garantire un trattamento giusto o equo - e un modo personale di comportarsi quando si è “fuori servizio”. Solo in quest'ultimo caso posso essere veramente me stesso, “staccare” dalle regole e seguire i miei standard di comportamento morale. Questa è quella che potremmo definire la morale soggettiva della sfera privata, in contrapposizione all'etica oggettiva della sfera pubblica.
Etica in terza persona
In una linea di pensiero simile, ci sono autori che distinguono tra l'etica in terza persona, di natura più “giuridica”, in cui il comportamento etico viene discusso a partire da criteri normativi ed esterni; e l'etica in prima persona, che risponde alla visione soggettiva che ogni persona ha delle proprie azioni. Nella prospettiva della terza persona, i fatti e gli eventi sono giudicati e anche una certa intenzionalità nel comportamento può essere giudicata oggettivamente. Se ho seguito la procedura, ho agito bene; se non ho rispettato le leggi, ho agito male. Nella prospettiva della prima persona, invece, ciò che conta sono le intenzioni e i sentimenti di bontà o cattiveria con cui ho compiuto l'azione.
Tuttavia, non esiste un'etica dei fatti autoimposta. I fatti, per quanto oggettivi possano sembrare, devono essere interpretati; e questa interpretazione deve essere fatta da soggetti esterni agli individui coinvolti negli eventi. D'altra parte, i sentimenti e le intenzioni, per quanto soggettivi possano sembrare, non sono semplicemente interni, ma tendono a essere comunicati. La felicità, la tristezza o la rabbia non appartengono alla sfera meramente privata o soggettiva.
L'etica e la morale, intese come i poli oggettivo e soggettivo del nostro comportamento, non si comprendono bene senza un terzo polo, quello intersoggettivo, che è essenziale per comprendere la corretta prospettiva della morale. È necessaria una prospettiva in seconda persona, che si manifesta nell'ammirazione per il comportamento di alcune persone o addirittura nel proporle come modelli di comportamento morale.
La moralità si impara e si esercita soprattutto in seconda persona, osservando il comportamento degli altri e agendo in modo da essere un riferimento per gli altri. Senza però trascurare né l'insegnamento delle norme etiche coltivate dalle buone azioni di chi ci ha preceduto, né la messa a punto dell'io interiore che funge da bussola, per dirmi che forse non mi sono comportato così bene quando ho mancato di rettitudine d'intenzione, anche se il mio comportamento esteriore era impeccabile.
L'etica è affare di altri
Professore di antropologia ed etica all'Università di Navarra.




