Spagna

Jumilla, libertà religiosa e centri sportivi: il contesto mancante

La Conferenza episcopale spagnola ha appoggiato la posizione della Commissione islamica di Spagna sulle manifestazioni religiose negli spazi pubblici, ma le fonti giuridiche consultate suggeriscono che potrebbe esserci una certa confusione giuridica sia da parte dei politici che della Conferenza episcopale.

Javier García Herrería-8 agosto 2025-Tempo di lettura: 3 minuti
Jumilla

Piazza Jumilla. ©Wikipedia Commons

La Conferenza episcopale spagnola (CEE) ha espresso il proprio sostegno alla posizione della Commissione islamica di Spagna in relazione alla decisione del Consiglio comunale di Jumilla di limitare le manifestazioni religiose negli spazi pubblici.

In una dichiarazione, i vescovi ricordano che "le manifestazioni religiose pubbliche, intese come libertà di culto, sono protette dal diritto alla libertà religiosa", sancito dall'articolo 16.1 della Costituzione spagnola e dall'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Secondo la CEE, l'unico intervento legittimo da parte delle autorità in questo settore dovrebbe essere "solo in caso di disturbo dell'ordine pubblico", sempre valutato "oggettivamente da specialisti e con criteri tecnici", evitando decisioni "arbitrarie o ideologiche". Sottolineano che, se le restrizioni sono applicate per proteggere il bene comune, dovrebbero essere estese a qualsiasi tipo di manifestazione in spazi pubblici, non solo a quelle di natura religiosa.

La nota avverte che limitare questi diritti per motivi religiosi "è una discriminazione che non può verificarsi nelle società democratiche" e che "non riguarda solo un gruppo religioso, ma tutte le confessioni religiose e anche i non credenti".

Cosa è successo a Jumilla?

Il Consiglio comunale di Jumilla ha suscitato forti polemiche approvando, lo scorso giovedì 7 agosto, una mozione - sostenuta dal PP e da Vox - che limita l'uso degli impianti sportivi comunali esclusivamente alle attività sportive organizzate dal Comune, vietando espressamente eventi religiosi come la fine del Ramadan e la Festa dell'Agnello.

La misura è stata considerata dalla comunità musulmana locale come una mancanza di rispetto e un colpo alla convivenza. Mohamed Ajana, segretario della Commissione islamica di Spagna, ha espresso "preoccupazione" per una decisione che ostacola la libertà religiosa.

Possibili confusioni

La polemica sulla decisione del Comune di Jumilla di limitare l'uso dei centri sportivi municipali alle attività sportive organizzate dal Comune - una misura che impedisce le celebrazioni religiose come la fine del Ramadan o la festa dell'Agnello - ha generato critiche sia da parte di Vox (promotore della mozione) e del PP (che si è astenuto per farla passare), sia da parte della Conferenza episcopale spagnola (CEE), che si è allineata alla Commissione islamica per difendere la libertà di culto.

Secondo gli esperti giuridici consultati, la proposta iniziale di Vox implica una confusione tra le "manifestazioni religiose pubbliche" e l'uso occasionale di uno spazio pubblico gestito dall'amministrazione. Mentre le prime sono protette dall'articolo 16.1 della Costituzione e dall'articolo 21 (assembramento e manifestazione), purché siano comunicate in anticipo e non disturbino l'ordine pubblico, l'uso di un centro sportivo è regolato dal diritto amministrativo e dalle competenze comunali (Legge 7/1985 sulle Basi del Regime Locale), che consentono al consiglio di stabilire i criteri di utilizzo.

Il Comune può limitare l'uso delle strutture alle attività sportive, ma deve farlo in modo neutrale e generale, non vietando solo le attività religiose, perché questo apre la porta a possibili discriminazioni. Gli esperti di diritto costituzionale consultati da Omnes spiegano che un Comune può limitare l'uso di un centro sportivo esclusivamente alle attività sportive o vietare alcuni eventi per ragioni oggettive come la salute pubblica o il rischio per le strutture. Ciò che non può fare è porre un veto a un'attività per motivi religiosi o discriminare tra le confessioni: se è autorizzata una messa cattolica, deve essere consentita anche una preghiera islamica, e viceversa. Questo principio di neutralità e non discriminazione è tutelato dall'articolo 14 della Costituzione e dalla Legge organica sulla libertà religiosa.

Le obiezioni della CEE sottolineano il fatto che la sua dichiarazione si basa su un presupposto errato: non ha vietato una processione o un evento sulle strade pubbliche, ma un'attività religiosa all'interno di un edificio comunale, dove l'autorità locale ha la discrezionalità di decidere sul suo utilizzo. Allo stesso modo, il Consiglio potrebbe negare una messa in questi locali per gli stessi motivi. In questo senso, la libertà religiosa (art. 16 CE) non implica un diritto automatico di utilizzare qualsiasi spazio pubblico per atti di culto, ma piuttosto il divieto di discriminazione e l'obbligo di giustificare le limitazioni con criteri oggettivi e non ideologici.

La controversia mette quindi in luce la sottile linea di confine tra la garanzia dei diritti fondamentali e l'esercizio dei poteri di gestione dei beni pubblici, sottolineando la necessità di una precisione giuridica in un dibattito dalle evidenti implicazioni sociali e politiche.

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