La recente catechesi di Papa Leone XIV di mercoledì 24 settembre ci pone al centro del cristianesimo: la misericordia di Dio come fonte inesauribile di vita nuova. Non si tratta di un'idea devozionale secondaria, ma del cuore stesso della Rivelazione.
San Giovanni Paolo II lo ha affermato con forza: "la misericordia è il più grande attributo di Dio" (Dives in misericordia, 13). E Benedetto XVI ha ricordato che "la fede cristiana non è innanzitutto un'idea, ma un incontro con un avvenimento, con una Persona" (Deus caritas est, 1): quell'incontro è con Cristo che, sulla croce, fa del suo perdono il volto visibile dell'amore divino.
La proposta di Leone XIV
La novità della catechesi di Papa Leone XIV sta nel sottolineare che il perdono divino non è una semplice "dimenticanza" del peccato, ma un atto creativo. Dove l'uomo distrugge, Dio ricrea. Il perdono non solo assolve: ricrea. Per questo la misericordia di Dio è sempre fonte di speranza. Il credente non è definito dalle sue cadute, ma dall'amore che lo rialza.
Tuttavia, questa esperienza richiede un cammino spirituale: umiltà e pentimento. L'orgoglio chiude l'accesso alla grazia, mentre la confessione sincera spalanca la porta del perdono. Il Figliol Prodigo ha potuto sperimentare l'abbraccio del Padre solo quando ha riconosciuto la sua miseria e ha detto: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te" (Lc 15,21). La misericordia non umilia, anzi, dà dignità. Ma richiede il coraggio di riconoscere che si è nel bisogno.
Perdonare se stessi
Questo apre un altro aspetto decisivo: il perdono di Dio richiede anche che noi
impariamo a perdonare noi stessi. Molte volte il cristiano vive come un
se l'assoluzione sacramentale fosse inefficace, gravandoci di colpe che sono già state
redenti. Ma la fede ci insegna che il giudizio finale sulle nostre vite non è dato dalla
pronunciare le nostre colpe, ma il sangue di Cristo versato per noi. Perdonare noi stessi significa, in definitiva, accettare lo sguardo di Dio sulla nostra storia.
Da questa certezza nasce la gioia del Vangelo. Il perdono non è solo riposo psicologico, è pace ontologica: ci restituisce lo stato di figli riconciliati, riportati alla comunione. Come insegna il Catechismo, "non c'è limite o misura a questo perdono essenzialmente divino" (CCC 2845). Pertanto, l'esperienza della misericordia non porta alla rassegnazione, ma alla missione: il perdonato diventa testimone e ministro del perdono in un mondo ferito dalla durezza e dal risentimento.
La catechesi di Papa Leone XIV ci invita, insomma, a contemplare il perdono come un dono che richiede umiltà e dona speranza, umiltà: perché riconoscere la propria colpa è condizione per aprirsi alla grazia, speranza: perché ogni caduta può diventare luogo di incontro con il Dio che "fa nuove tutte le cose" (Ap 21,5). E soprattutto la gratitudine: perché tutto nella vita cristiana nasce dallo stupore grato di fronte a un Dio che non si stanca di rifarci con la sua misericordia.