Nel maggio 2025, suor María Inés Castellaro, delle Suore della Vergine Bambina (HVN), è stata eletta segretaria generale della Confederazione Latinoamericana dei Religiosi (CLAR) durante la XXII Assemblea Generale tenutasi a Quito, in Ecuador. La sua missione: rafforzare la vita consacrata in America Latina e nei Caraibi in un contesto caratterizzato da molteplici sfide sociali ed ecclesiali. Con lei abbiamo parlato delle priorità della CLAR in questo nuovo triennio e delle sfide che la vita religiosa deve affrontare nella regione.
Suor María Inés, quali sono le priorità di CLAR per questo triennio?
-Abbiamo affrontato questo triennio ispirandoci alla scena biblica dell'incontro di Nicodemo con Gesù, perché è una chiamata alla trasformazione. Si tratta di "nascere di nuovo": tornare al nostro primo amore con Cristo, ritrovare la nostra vocazione per riapprezzare i nostri fratelli e sorelle.
Da qui vogliamo rinnovare i legami, le comunità e le strutture che oggi a volte dicono poco. Si tratta anche di riconoscere e abbracciare le nostre fragilità e vulnerabilità come spazio in cui lo Spirito può aprire una nuova alba per la vita consacrata.
E quali sono le particolarità della vita religiosa in America Latina rispetto ad altre regioni?
-Direi che qui c'è una grande forza intorno alle famiglie carismatiche, cioè ai laici che, senza sostituirci, condividono la nostra spiritualità e il nostro carisma. La missione non è quella di supplire all'assenza dei religiosi, ma di accompagnare i laici nel cammino di scoperta della ricchezza della loro vocazione battesimale.
In America Latina abbiamo camminato insieme per molti anni e continuiamo a farlo oggi, segnati dall'Assemblea Ecclesiale, dalla Conferenza Ecclesiale dell'Amazzonia (CEAMA) e dalle relazioni con il CELAM (Consiglio Episcopale Latinoamericano e dei Caraibi) e altre istituzioni.
Concretamente, che ruolo hanno le donne nella vita religiosa latinoamericana?
-In molte comunità sono le donne a sostenere il ministero della parola, il servizio, l'ascolto, a volte percorrendo lunghe distanze, navigando fiumi, raggiungendo luoghi dove nessun altro arriva. La sfida è continuare a dare uno spazio reale a quella voce e a quella presenza femminile, che è già protagonista in molte realtà ecclesiali.
La regione deve affrontare disuguaglianze, violenze e, in alcuni luoghi, l'assedio della Chiesa. Qual è l'impatto sulla vita religiosa?
-La vita consacrata è chiamata a stare nelle periferie, ai margini, dove si subiscono situazioni difficili, persino persecuzioni. I martiri di alcune regioni ci ricordano che siamo chiamati a dare una testimonianza radicale, ad annunciare, denunciare e rinunciare a ciò che non è evangelico in contesti ostili. Il nostro posto è sempre al fianco dei più poveri e vulnerabili, accompagnando e cercando percorsi di riconciliazione e giustizia.
Che ruolo ha la vita religiosa nell'immigrazione?
-Siamo al fianco dei migranti, accompagnandoli nel loro dolore e aiutandoli a rinascere in nuove terre. Vogliamo che siano riconosciuti nella loro dignità, soprattutto sul lavoro, dove spesso sono sfruttati. In questo campo lavoriamo in reti intercongregazionali: la missione si fa unendo le forze.
Sono particolarmente colpito dal lavoro in rete che la CLAR sta facendo: con la Rete ecclesiale pan-amazzonica, con la Conferenza ecclesiale dell'Amazzonia, con le reti contro il traffico di esseri umani, con le iniziative intercongregazionali. Non siamo una confederazione chiusa in se stessa, ma parte di un tessuto vivo della Chiesa che cerca di trasformarsi e di camminare nella sinodalità. Questa collaborazione è un segno di speranza per il futuro.
Le vocazioni sono in calo, come vede CLAR questo quadro?
-Non lo vediamo solo in termini numerici. Ciò che conta è la testimonianza e la qualità della vita fraterna, dei legami intessuti nelle comunità. Certo, siamo meno numerosi e stiamo invecchiando come comunità, ma il Signore continua a chiamarci. Dobbiamo andare incontro ai giovani dove sono, aprire le nostre case e accompagnarli nella loro ricerca. È anche qui che entra in gioco la ricchezza delle famiglie carismatiche: laici che condividono la nostra spiritualità e la nostra missione.
I giovani sono assetati di significato, ma spesso non trovano uno spazio accogliente nella Chiesa. Dobbiamo rinnovare le nostre strutture comunitarie per renderle più fraterne, aperte e ospitali.
Una vita consacrata che offra casa e comunità può essere molto significativa per loro e renderla realtà è la nostra sfida. Siamo tutti chiamati a "nascere di nuovo", a intraprendere percorsi di rinnovamento, trasformazione e cambiamento. A superare le paure, a disimparare modi vecchi e antievangelici e ad aprirci alla novità di ciò che genera vita, autenticità, speranza, gioia, con la certezza che la "Ruah" divina ci spinge su questi sentieri.