Vaticano

Missione, comunione e santità: la visione della Chiesa nel diritto canonico

Durante il suo primo discorso alla Curia Romana, il 22 dicembre 2025, Papa Leone XIV ha presentato due realtà inseparabili che guidano la vita ecclesiale: la missione e la comunione.

Gonzalo Meza-23 dicembre 2025-Tempo di lettura: 4 minuti
Chiesa diritto canonico

Leone XIV nel suo discorso ai cardinali e ai superiori della Curia Romana nell'Aula delle Benedizioni. ©CNS photo/Vatican Media

Missione e comunione sembrano concetti astratti, ma sono profondamente radicati nella teologia e nel diritto canonico. Comprendere questa connessione è fondamentale per vivere come discepoli missionari di Cristo nel mondo di oggi.

Missione e comunione, due realtà inseparabili

Nel suo discorso alla Curia, Papa Leone XIV ha sottolineato che la Chiesa esiste per la missione: andare incontro al mondo, annunciare la buona novella e convocare tutti al banchetto del Regno di Dio. Questa «nuova uscita evangelizzatrice» non è casuale, ma nasce dal cuore stesso di Dio, che in un atto di amore radicale manda suo Figlio a riconciliare l'umanità con sé. Il Papa lo ha espresso così: Dio compie un vero e proprio «esodo» verso di noi, esce per venirci a cercare.

La missione è legata alla comunione. Come ha sottolineato il Santo Padre, la comunione è una realtà che sgorga dal seno della Trinità e si dispiega in tutta la Chiesa in modo concreto. La comunione non è un sentimento, è il legame che ci costituisce come corpo di Cristo, rendendo ciascuno di noi membro dello stesso Corpo e chiamandoci ad essere costruttori di comunione. Papa Leone XIV precisa che questa comunione costituisce oggi «un compito più urgente che mai», tanto ad intra (all'interno della comunità ecclesiale) come annuncio extra (nella testimonianza davanti al mondo). 

La comunione: dovere primario e bussola di tutti i diritti e doveri del fedele cristiano

Il secondo libro di diritto canonico «del popolo di Dio» inizia nella sua prima parte con la sezione dedicata agli obblighi e ai diritti di tutti i fedeli cristiani (Christifideles). Tutti i battezzati, incorporati nella Chiesa mediante il battesimo, possiedono un'uguaglianza fondamentale radicale, sfumata da una differenziazione funzionale (principio gerarchico), che determina sia il modo di partecipare alla missione di Cristo sia il cammino particolare di santificazione di ciascun fedele.

Ecco un aspetto degno di nota del Codice di Diritto Canonico del 1983: la comunione è un dovere primario e un diritto di tutti i battezzati e, cosa ancora più decisiva, essa diventa il criterio e il limite per l'esercizio di tutti gli altri diritti. Ciò segna una differenza radicale rispetto ai diritti individuali nelle costituzioni civili. Nel mondo secolare, i diritti sono spesso esercitati in modo individualistico: ogni cittadino esercita i propri diritti a titolo personale nell'ambito del quadro normativo civile.

Nella Chiesa, invece, nessun diritto individuale può essere esercitato contro la comunione ecclesiale. Se lo fa, perde il suo significato e la sua legittimità. Quali sono i legami concreti di questa comunione? Il Canone 205 li elenca:

(1) la professione di fede — adesione al deposito rivelato nella Scrittura e nella Tradizione, interpretato dal Magistero;

(2) l'unità nei sacramenti;

e (3) la comunione gerarchica. La Chiesa è una società organizzata gerarchicamente (C. 207). Solo quando tutti noi manteniamo questi legami, i nostri diritti e doveri assumono un significato reale e contribuiscono al bene comune della Chiesa.

La vocazione universale alla santità: una chiamata «rivoluzionaria»

Il Canone 210, sul dovere e il diritto dei fedeli alla santità, precede – e questo è significativo – i canoni relativi ai doveri e ai diritti di tutti i fedeli cristiani (canoni 208-223) e costituisce quindi un criterio di interpretazione: «Tutti i fedeli devono sforzarsi, secondo la propria condizione, di condurre una vita santa, nonché di accrescere la Chiesa e promuovere la sua continua santificazione». I diritti e i doveri dei fedeli al culto (C. 214), all'associazione (C. 215), alla formazione e all'educazione cristiana (C. 217), alla vita privata (C. 220), ecc. acquistano senso solo se letti nel paradigma della comunione e del bene comune. 

Qui risiede uno dei contributi più profondi del Concilio Vaticano II, espresso in Lumen Gentium: la chiamata universale alla santità. Questa nozione supera una concezione ecclesiale antica che vedeva diversi livelli di santità a seconda dello stato di vita di ciascun fedele e secondo la quale esisteva uno «stato di perfezione», ad esempio i religiosi che attraverso la professione evangelica con i voti erano chiamati alla pienezza della vita cristiana. Come se alcuni fedeli avessero il dovere della santità e altri no.

Questa esortazione alla santità del Concilio Vaticano II, espressa nel Codice di Diritto Canonico, fu il risultato, tra le altre cose, della rilettura di molti autori spirituali (da Sant'Agostino a Santa Teresa di Lisieux), ma in modo decisivo di San Josemaría Escrivá de Balaguer, che concretizzò questa concezione nella prelatura dell'Opus Dei e nella sua missione: diffondere la chiamata universale alla santità nel mondo, specialmente attraverso la santificazione del lavoro ordinario e delle circostanze comuni della vita.

Come sottolinea il Magistero e come ha ribadito ora Papa Leone XIV, la santità e la comunione non si vivono in astratto. La ricerca della perfezione cristiana non consiste nel fuggire dal mondo o nel negare le responsabilità terrene. Al contrario, ogni fedele realizza la santità secondo le esigenze del proprio stato di vita e della propria vocazione personale. La ricerca della santità personale e la crescita della santificazione della Chiesa sono legate, poiché la Chiesa fruttifica e cresce quando i fedeli si sforzano nella loro vita quotidiana di raggiungere la pienezza della vita cristiana. 

Papa Leone XIV ha ricordato alla Chiesa che missione, comunione e santità non sono aspirazioni astratte, ma realtà che devono incarnarsi nell'attività quotidiana e che queste realtà sono protette dal diritto canonico. «Non siamo piccoli giardinieri dediti alla cura del proprio orto, ma siamo discepoli e testimoni del Regno di Dio, chiamati ad essere in Cristo fermento di fraternità universale, tra popoli diversi, religioni diverse, tra donne e uomini di ogni lingua e cultura. E questo avviene se siamo noi i primi a vivere come fratelli e facciamo risplendere nel mondo la luce della comunione» (Leone XIV, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2025).

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