Attualmente c'è un forte movimento di repulsione e indignazione contro la ferrea censura stabilita dai governi della comunità europea, come risultato dell'intensità della lotta della nostra civiltà occidentale contro il "discorso d'odio" nella stampa e nei media in generale, che è addirittura già criminalizzato nel diritto dell'UE, insieme agli intensi strumenti di regolamentazione e condanna che sono stati stabiliti (p. 12).
La professoressa Anna Pintiore, docente di filosofia del diritto all'Università di Cagliari, ha scritto un intenso lavoro sulla censura nella società liberale, sui suoi limiti e sulla sua metodologia, per fermare la nascita nei Paesi europei di un nuovo tribunale inquisitorio che torni a giudicare intenzioni, credenze e opinioni (p. 15).
Vale la pena ricordare il principio giuridico derivato dal diritto romano: "De internis neque Praetor iducat", che sarebbe passato, come è successo, nel diritto canonico: "De internis neque Ecclesia iudicat". Questo principio di non giudicare le intenzioni e i pensieri è stato spesso invocato per ottenere l'abolizione del diritto inquisitorio.
Inquisizione
Infatti, l'obiettivo del tribunale moderno approvato da Sisto IV nel 1478 di porre fine all'eresia giudaizzante in Spagna, che si era diffusa in Castiglia e Aragona, sembrava loro rendere "necessaria" l'attuazione di un metodo efficace per raggiungere l'auspicata unità della fede.
Senza dubbio 75% dei processi si svolsero tra il 1478 e il 1511. Pertanto, il tribunale avrebbe dovuto essere abolito e la difesa della fede lasciata agli ordinari diocesani, come fu deciso dopo una violenta discussione alle Cortes di Cadice nel 1812.
Il Inquisizione Avrebbe potuto essere abolito, ma il clima di intensa mancanza di istruzione del popolo e del clero e la perfetta sovrastruttura che era stata creata permisero di mantenere questo tribunale indegno, perché nessuno deve essere giudicato interiormente se non da Dio, perché "dai loro frutti li riconoscerete".
Questo è il grande male del tribunale dell'Inquisizione, aver ceduto alla mentalità inquisitoria che consisteva, allora come oggi, nel giudicare le idee e le intenzioni altrui, senza alcun dato contrastante e causando diffidenza e distruzione dell'onore e della fama delle persone per diverse generazioni. Infatti, la Catechismo della Chiesa CattolicaIl Catechismo di Trento arrivava ad affermare che l'onore e la fama erano importanti quanto la vita stessa.
Diritto di difesa
Allo stesso tempo, la professoressa Anna Pintore sottolinea che lo Stato liberale ha il diritto di difendersi dalle falsità scritte da un autore in un libro, in un articolo di stampa o nei media, in quanto possono minare le fondamenta sociali o morali su cui sono costruiti lo Stato e la convivenza civile (p. 21). In altre parole, sarebbe opportuno "ridefinire la censura in termini di convenienza" (p. 23 e 32).
Non c'è dubbio che Michel Foucault si sia rivelato il nemico giurato di Hobbes quando quest'ultimo, nel Leviatano, ha chiesto la rinuncia alla libertà dei cittadini affinché lo Stato assolutista potesse costruire una pace duratura e stabile. Logicamente, una pace senza libertà è impossibile da mantenere in una cultura che ha sperimentato la libertà (p. 33).
È divertente vedere come la nostra autrice si impelaghi in un "volgare gioco di parole" quando pretende di opporre una censura "esterna, coercitiva e repressiva" a una "censura moderna" che sarebbe "produttiva, strutturale e necessaria" (p. 34).
Infatti, in tutte le pagine di questo libro, emergerà la convinzione che l'unica censura possibile è l'"autocensura", derivante dal buon senso, dalla prudenza, dalle profonde convinzioni, dall'amore per la propria e l'altrui libertà, dal rispetto per le opinioni altrui e dal profondo desiderio di contribuire con la nostra critica al bene comune e alla dignità della persona umana e di salvaguardare il principio della presunzione di innocenza e la buona fede degli individui (p. 38).
Censure concordate
È interessante vedere come ci siano campi di "censura concordata" che sono marcatamente ideologizzati, anche nei nostri tempi democratici, come i seguenti, delineati dal nostro autore: "la regolamentazione istituzionale della libera espressione, la censura di mercato, i tagli ai finanziamenti governativi per l'arte controversa, i boicottaggi, i procedimenti giudiziari e l'emarginazione e l'esclusione degli artisti sulla base del loro genere o della loro razza, fino alla 'correttezza politica' nel mondo accademico e nei media, tanto che il termine è sopraffatto, persino banalizzato" (p. 41-42).
Indubbiamente, la nostra autrice esprime la sua perplessità di fronte all'abbondanza di letteratura e opinioni che vogliono limitare ulteriormente la libertà di espressione, soprattutto dopo l'invasione abusiva di Internet, che ha riempito la rete di opinioni della più varia origine e forza. Vengono invocati due principi apparentemente contrastanti: la libertà di espressione e l'uguaglianza (p. 51).
È molto importante il modo in cui giunge a questa importante conclusione: "i discorsi d'odio (e la pornografia) dovrebbero essere vietati non nella misura in cui escludono la voce delle loro vittime dall'arena pubblica, ma perché sono moralmente riprovevoli, cioè perché sono inaccettabili alla luce dell'etica dei diritti umani che si è affermata nel mondo occidentale (e noi aggiungiamo la dignità della persona umana)" (p. 67).
Infine, l'autrice conclude con le ultime parole del suo libro: "La metamorfosi della censura avvenuta negli ultimi decenni non è certo l'unico fattore che ha determinato questa situazione, ma ha certamente creato un ambiente intellettuale estremamente accogliente per essa. Visto il successo di cui godono oggi le idee che sono state qui criticate, non si può essere molto ottimisti sul futuro della libertà di espressione" (p. 85).