Vangelo

Misericordia e giustificazione. Trentesima domenica del Tempo Ordinario (C)

Joseph Evans commenta le letture della 30ª domenica del Tempo Ordinario (C) del 26 ottobre 2025.

Giuseppe Evans-23 ottobre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Gesù “Raccontò questa parabola anche ad alcuni che confidavano in se stessi perché pensavano di essere giusti e disprezzavano gli altri”.”. Il Signore parla dell'orgoglio, un peccato che ci porta a esagerare il nostro valore e a guardare gli altri dall'alto in basso. Il fariseo era pieno di successi, come li vedeva lui. Infatti, Cristo ci fornisce il dettaglio che la preghiera del fariseo era in realtà “a se stesso” e non a Dio. Il suo orgoglio si manifesta in tre modi: nell'esaltazione delle proprie opere (mentre è completamente cieco ai suoi difetti, soprattutto all'orgoglio, che è il peccato peggiore di tutti); nel disprezzo degli altri in generale (“gli altri uomini”.”); e nel disprezzo per l'uomo reale in sua presenza, in questo caso l'esattore delle tasse.

L'esattore delle tasse fu più saggio e tornò a casa da Dio“, ha detto.“giustificato”perché ha accettato la propria debolezza e indegnità“. Ma cosa significa "giustificato”? La giustificazione è un tema chiave per San Paolo, soprattutto nelle lettere ai Romani e ai Galati. È diventato anche un argomento di controversia tra cattolici e protestanti. Essere giustificati significa recuperare un giusto rapporto con Dio, e questo richiede fondamentalmente la grazia e la fede. Come scrive San Paolo: “Riteniamo infatti che l'uomo sia giustificato per fede senza opere della Legge”.” (Rm 3,28). Paolo sottolinea qui proprio l'errore del fariseo: pensava di poter essere giustificato, uno con Dio, con le proprie opere. L'esattore delle tasse, invece, sapendo quanto fossero cattive le sue opere, si affida esclusivamente alla misericordia divina.

Non possiamo mai offrire a Dio un'opera degna di Lui. Tanto meno possiamo guadagnarci la salvezza da soli. Possiamo imparare questa lezione in due modi: come il pubblicano pentito, attraverso una profonda consapevolezza dei nostri peccati; oppure come i bambini che, pur essendo totalmente innocenti, si rendono conto che devono dipendere dai genitori per tutto e che non possono fare nulla per “meritare” la loro attenzione. Ecco perché Nostro Signore insiste tanto sul fatto che dobbiamo essere come bambini.

Ecco perché la vera preghiera deve essere sempre un appello alla misericordia di Dio e mai un tentativo di convincerlo della nostra virtù. Anche le nostre buone opere sono doni di grazia che Dio ci ispira a compiere. Come disse una volta Santa Teresa di Calcutta: “Siamo sempre troppo poveri per aiutare i poveri! Pensateci: io sono solo una povera donna che prega. Quando prego, Dio mette il suo amore nel mio cuore e solo allora posso amare i poveri, perché prego!”.”.

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