La Spagna sta vivendo un processo di frammentazione sociale in cui la classe media si sta riducendo e milioni di famiglie stanno cadendo negli strati più bassi, lasciando la Spagna con uno dei più alti tassi di disuguaglianza in Europa. Questo si riflette nel IX Rapporto FOESSA sull'esclusione sociale e lo sviluppo in Spagna, presentato dalla Caritas e preparato da un team di 140 ricercatori di 51 università e centri di studio.
Secondo la relazione, la grave esclusione colpisce oggi 4,3 milioni di persone, 52 % in più rispetto al 2007. I fattori principali di questa frattura sono l'alloggio e il lavoro precario: 45 % di coloro che vivono in affitto sono a rischio di povertà - la cifra più alta nell'UE - e quasi la metà della popolazione attiva soffre di qualche forma di insicurezza lavorativa.
Altri fattori aggravano l'esclusione, come l'istruzione insufficiente, le cattive condizioni di salute, l'isolamento sociale o il contesto familiare, che moltiplicano le possibilità di cadere in povertà. Inoltre, l'esclusione colpisce in modo particolare i nuclei familiari composti da donne e i bambini, che rappresentano un terzo dei casi più gravi.
Nonostante le difficoltà che le famiglie gravemente escluse affrontano quotidianamente, tre su quattro attivano strategie di inclusione, ovvero cercano lavoro, seguono corsi di formazione, attivano reti e adeguano le spese, ma si scontrano con barriere strutturali, incontrano meccanismi frammentati, risorse scarse e pochissima personalizzazione. L'attivazione in queste famiglie è passata da 68 % nel 2021 a 77 % nel 2024. Con questi dati, Raúl Flores ha insistito per sfatare il mito della passività delle persone che vivono in condizioni di povertà ed esclusione: «l'idea che vivano di sussidi sociali senza cercare soluzioni o agire per la loro inclusione è falsa. Questa realtà dimostra che non sono le persone a fallire, ma il sistema a fallire”.
Una rete comunitaria frammentata
La presentazione del rapporto parla di una società sempre più individualizzata: «L'ascesa dell'individualismo si riflette anche in un graduale cambiamento dei valori: mentre decenni fa si dava priorità all'uguaglianza, ora la libertà personale è spesso anteposta all'uguaglianza sociale. E su questo individualismo imperante incombe il mito persistente della meritocrazia, l'idea del ‘self-made man’, nonostante l'evidenza dimostri che il background familiare, l'ereditarietà e il capitale sociale sono determinanti.
Raúl Flores ha sottolineato che questo individualismo rompe la rete comunitaria e ci isola: «quando la consapevolezza del rischio non genera un'azione collettiva, ma un ritiro, la speranza si infrange, lasciando una profonda cicatrice emotiva”.
Di fronte a questa disperazione, Natalia Peiro si impegna a educare ai rapporti intergenerazionali, alle relazioni interculturali, alla famiglia «e a quella rete di protezione che credo sia stata spesso attaccata, ma in realtà non abbiamo trovato niente di meglio». Il rapporto mostra che il cambiamento della struttura delle famiglie favorisce un maggior rischio di esclusione sociale. Noi siamo impegnati nei valori cristiani".
Cattolici contro l'individualismo
“Crediamo che il futuro della società dipenda anche da ciò che facciamo ogni giorno. C'è una strategia di distruzione morale che ci impedisce di metterci al posto degli altri. È molto facile schierarsi con la propria gente, ma non con chi la pensa diversamente o con chi ha meno”, commenta.
Il segretario generale ha messo in guardia dalla creazione di “nemici fittizi” tra generazioni o gruppi e ha avvertito del rischio di una società “sempre più elitaria e segregata”: “c'è una parte della società cattolica molto elitaria che contribuisce a questo". ognuno per sé, perché possono essere salvati. Ma chi non ce la fa non può essere lasciato solo. Se continuiamo su questa strada, finiremo per svuotare i sistemi pubblici e per avviarci verso modelli come quelli dell'America Latina, con salute e istruzione diseguali.”
Peiro ha insistito sul fatto che la Chiesa e la società devono assumersi la loro parte di responsabilità, impegnandosi in una convivenza basata sulla mescolanza, sull'incontro e sulla solidarietà reale: “È difficile per noi relazionarci con le persone bisognose in modo reale, non solo per aiutarle ma per renderle parte della nostra vita. Il futuro sta nel mescolarsi con persone diverse, con traiettorie di vita che ci disorientano, ma che ci arricchiscono. L'incontro con chi sta vivendo un momento difficile ti dà sempre una prospettiva migliore sulla vita”.”
Nonostante la diagnosi preoccupante, Peiro rimane fiducioso: “Ci sono molte persone che continuano a promuovere iniziative di convivenza e di aiuto. Finché ci sono persone impegnate, c'è speranza. Possiamo cambiare il nostro ambiente e da lì trasformare il sistema”.”




