Vaticano

Papa Francesco è più vicino alle dimissioni mediche

Le ultime informazioni sulla salute del pontefice evidenziano il suo soddisfacente recupero e lo sviluppo di un periodo post-operatorio senza complicazioni.

Maria José Atienza-14 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

È passata una settimana da quando Papa Francesco è stato ricoverato al Policlinico universitario Gemelli per essere sottoposto a una laparotomia e a un intervento di plastica della parete addominale con protesi. L'operazione, che è andata molto bene, secondo l'équipe medica che ha curato il Papa, è stata seguita da alcuni giorni di degenza post-operatoria in cui non si sono verificate complicazioni.

L'assenza di febbre, un buon riposo notturno e il graduale recupero del Papa sono stati la costante di questa settimana.

Il intervento del pontefice è stata causata da un "laparocele incarcerato", cioè un tipo di ernia che si forma in una cicatrice e che provoca, tra l'altro, ostruzioni intestinali, come quelle di cui il Papa ha sofferto per diversi mesi, come riconosce la nota diffusa dalla sala stampa vaticana, a seguito dell'operazione eseguita in laparotomia.

In aggiunta a questo "durante il intervento chirurgico Sono state trovate aderenze tenaci tra alcune anse intestinali medie parzialmente congestionate e il peritoneo parietale". Ciò ha indotto i medici a liberare queste aderenze e a ripararle "mediante chirurgia plastica della parete addominale con l'aiuto di una rete protesica".

Anche se l'operazione in sé non è troppo grave e la dimissione è prossima, il Papa dovrà probabilmente indossare qualche tipo di tutore di sostegno per favorire la guarigione.

Lavoro, lettura e preghiera

In questi giorni di ricovero, una delle principali notizie positive è stata l'assenza di febbre, che indica che non ci sono state infezioni o problemi successivi. In questi giorni, il Papa è stato sottoposto a "controlli ematochimici" che sono stati "regolari" e "continua con la fisioterapia respiratoria".

Inoltre, Francesco ha continuato a lavorare, nei limiti delle sue possibilità, durante la degenza in ospedale. Infatti, i continui resoconti vaticani sulla salute del Papa hanno messo in evidenza il fatto che il pontefice si è dedicato al lavoro e alla lettura di libri in questi giorni.

In questi giorni, il Papa ha potuto ricevere la Santa Comunione sia nella sua stanza per i primi due giorni, sia nella cappella nella sua zona dell'ospedale. Da quando i medici gli hanno permesso di lasciare la sua stanza, il Papa ha potuto pregare in questa cappella, soprattutto prima di mezzogiorno. È in questa stessa cappella che ha recitato l'Angelus in privato domenica scorsa.

Le informazioni rilasciate dal Vaticano, dopo una settimana di ricovero, evidenziano che "il decorso clinico (del Papa) si sta sviluppando senza complicazioni, per cui è prevista la sua dimissione nei prossimi giorni".

Per saperne di più
Spagna

La Spagna è il paese con più missionari al mondo

Le Pontificie Opere Missionarie (POM) di Spagna hanno presentato questa mattina il rapporto delle attività per l'anno 2022.

Loreto Rios-14 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Le Pontificie Opere Missionarie (OMP) sono costituite da quattro opere fondamentali: il Domund, finalizzato alla diffusione della fede e all'aiuto di tutti i territori di missione, fondato dalla Beata Paolina Jaricot; l'Infanzia missionaria, per favorire la coscienza missionaria nei bambini di tutto il mondo; le Vocazioni native, finalizzate all'aiuto dei seminari e dei religiosi nei territori di missione; e la Pontificia Unione Missionaria, dedicata alla formazione dei missionari.

Questa mattina l'OMP Spagna ha presentato il suo rapporto di attività per l'anno 2022. All'evento hanno partecipato José María Calderón, direttore di OMP Spagna, e il sacerdote di Burgos, Alfonso Tapia, missionario in Perù.

Nuova struttura

Il rapporto di attività per l'anno 2022 definisce le Pontificie Opere Missionarie come "una rete mondiale al servizio del Papa per sostenere la missione universale della Chiesa e delle giovani Chiese con la preghiera e la carità missionaria". Sono presenti in Spagna dal 1839.

I suoi obiettivi sono "sostenere i territori di missione" (attualmente 1118) e "promuovere lo spirito missionario".

Nel 2022 Papa Francesco ha creato il Dicastero per l'Evangelizzazione, da cui ora dipendono le Pontificie Opere Missionarie. Esse sono quindi passate sotto la diretta giurisdizione del Papa.

Il 3 dicembre 2022 è stato nominato anche un nuovo presidente generale dell'OPM, monsignor Emilio Nappa, in sostituzione di monsignor Giovanni Pietro Dal Toso.

Logo

Inoltre, a ottobre, l'OMP ha lanciato una nuova immagine con un nuovo logo. "Include, come richiesto da Roma dopo la celebrazione del Mese Missionario Straordinario 2019, il simbolo utilizzato per questa occasione. Si tratta di una croce con i colori del rosario missionario, che forma un cerchio che abbraccia la prima lettera del nome della missione. OMPcome se fosse il mondo. Tutte le PMO del mondo hanno ora lo stesso simbolo", si legge nella nota. Inoltre, il nuovo logo riflette le quattro opere attraverso diversi colori: rosso per Domund, blu per l'Infanzia missionaria, verde per le Vocazioni native e giallo per la Pontificia Unione Missionaria.

Un anno di riconoscimenti e commemorazioni

Il 2022 ha visto anche numerose commemorazioni: 400 anni dalla fondazione di Propaganda Fide; 200 anni dalla fondazione dell'Opera per la Propagazione della Fede; 100 anni da quando il Papa ha reso pontificie le tre opere missionarie esistenti; e 400 anni dalla canonizzazione di San Francesco Saverio, patrono delle missioni.

Inoltre, sono stati istituiti premi per la Beata Paolina Jaricot, fondatrice di Domund e Beata dal maggio 2022, e per il Beato Paolo Manna, missionario in Birmania e fondatore della Pontificia Unione Missionaria. Il primo è dedicato ai missionari e l'anno scorso è stato assegnato a suor Gloria Cecilia Narváez e al missionario Pierluigi Maccalli, rapiti rispettivamente per 6 e 3 anni da gruppi jihadisti. Il premio Paolo Manna è dedicato a una persona o istituzione che contribuisce a far conoscere meglio l'opera dei missionari in Spagna. Nel 2022, questo premio è stato assegnato ad Ana Álvarez de Lara, ex presidente di Manos Unidas e Misión América.

Nel 2022, inoltre, si sono svolti per la prima volta i Campi dell'Infanzia Missionaria nel Castello di Javier, e la seconda edizione è prevista per quest'anno.

Aumento delle entrate

Un altro dato rilevante è che nel 2022 l'OMP ha aumentato la sua raccolta fondi di 400.000 euro e la Spagna, con circa 7.000 missionari, è il Paese che contribuisce con il maggior numero di missionari al mondo. "La Spagna è un Paese molto generoso", ha dichiarato José María Calderón.

In particolare, nel 2022, Infancia Misionera ha raccolto 2.917.803,04 euro, Vocaciones Nativas 2.362.061,64 euro e Domund 13.076.309,65 euro. Come sottolinea il rapporto, "la cooperazione economica totale della Spagna con la missione nel 2022 è stata di 18.356.174,33 euro".

Missionario in Perù

È seguito l'intervento del missionario Alfonso Tapia che, pur essendo di Burgos, è stato ordinato in Perù nel 2001. È missionario nel Vicariato di San Ramón e ha spiegato che un vicariato apostolico è una giovane diocesi che "manca di tutto" e dipende direttamente dal Papa. Sono territori molto vasti, con comunicazioni molto complesse, pochi fedeli e molto poveri. Ha anche sottolineato che sono insolventi e non possono andare avanti senza aiuti esterni.

"In Perù le distanze non si misurano in chilometri, ma in ore", ha commentato, a causa dello stato delle strade o della loro mancanza, poiché ci sono zone di giungla o fiumi che rendono il trasporto molto difficile. Ha spiegato che dalla sede del vicariato alla sua parrocchia ci sono 277 km, ma impiega quattro ore per i primi duecento e tre ore e mezza per il resto.

Aumento dei missionari laici

Infine, José María Calderón e Alfonso Tapia hanno commentato che, sebbene sia vero che il numero dei missionari diminuisce ogni anno e la loro età media è molto alta (circa 75 anni), in generale c'è un aumento del numero di giovani missionari laici e di famiglie missionarie.

Alfonso Tapia ha sottolineato diversi esempi di prima mano di laici che decidono di rimanere in Perù per aiutare nella missione, o anche il caso di un missionario polacco che ha sposato una missionaria peruviana e si è stabilito nella zona come famiglia missionaria.

Presentazione del rapporto di attività 2022 dell'OMP Spagna.
Vaticano

I poveri ci evangelizzano

Papa Francesco ha pubblicato il suo messaggio per la 7ª Giornata mondiale dei poveri di novembre.

Antonino Piccione-14 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

I poveri non sono un numero, ma un volto da avvicinare, accogliere, sostenere economicamente e politicamente.

L'esortazione a non distogliere lo sguardo da chi soffre: i bambini nelle zone di guerra, coloro che faticano ad arrivare a fine mese, i lavoratori costretti a subire trattamenti disumani con paghe inadeguate o il peso della precarietà.

Lo sguardo di un povero cambia il corso della vita di chi lo incontra, ma bisogna avere il coraggio di stare in quegli occhi e poi agire aiutando per ciò di cui l'altro ha bisogno.

Questo è il cuore del Messaggio di Papa Francesco per la 7ª Giornata mondiale dei poveriL'evento è previsto per il 19 novembre.

Nel testo sul tema "Non distogliete lo sguardo dai poveri" si fa riferimento al Libro di Tobit e a una lettura della realtà che parte dal riconoscere nei più fragili "il volto del Signore Gesù", al di là del colore della pelle, dello status sociale e della provenienza. In lui c'è un fratello da raggiungere, "scuotendo da noi l'indifferenza e l'ovvietà con cui ci facciamo scudo di un benessere illusorio".

La realtà in cui viviamo, sottolinea il Papa, è segnata dal volume eccessivo del richiamo all'opulenza e, quindi, dal silenziamento della voce dei poveri. "Si tende a trascurare tutto ciò che non rientra nei modelli di vita destinati soprattutto alle giovani generazioni, che sono le più fragili di fronte al cambiamento culturale in atto". Si mette tra parentesi ciò che provoca sofferenza, si esalta il fisico come obiettivo da raggiungere, si confonde la realtà virtuale con la vita reale.

"I poveri", scrive il Vescovo di Roma, "diventano immagini che possono commuoverci per qualche istante, ma quando li incontriamo in carne e ossa per strada, allora il fastidio e l'emarginazione si impadroniscono di noi". Tuttavia, "il coinvolgimento personale è la vocazione di ogni cristiano".

 C'è ancora molto lavoro da fare per garantire una vita dignitosa a molti, per assicurare che la Pacem in terris di Giovanni XXIIIscritto 60 anni fa, si realizzi, "anche attraverso un serio ed efficace impegno politico e legislativo"!

Sfruttando "la solidarietà e la sussidiarietà di tanti cittadini che credono nel valore dell'impegno volontario per i poveri" di fronte ai fallimenti della politica al servizio del bene comune.

Il Santo Padre guarda ai nuovi poveri. Ai bambini che vivono un presente difficile e vedono il loro futuro compromesso dalla guerra. Nessuno", scrive, "potrà mai abituarsi a questa situazione; teniamo vivo ogni tentativo perché la pace si affermi come dono del Signore risorto e frutto dell'impegno per la giustizia e il dialogo".

La vicinanza del Papa si estende anche a chi, di fronte a "costi drammaticamente crescenti", è costretto a scegliere tra cibo e medicine: da qui l'invito ad alzare la voce per garantire il diritto a entrambi i beni, "in nome della dignità della persona umana".

Esprimendo la sua preoccupazione per i giovani - "quante vite frustrate e persino suicidi di giovani, ingannati da una cultura che li porta a sentirsi 'incompiuti' e 'falliti'" - Francesco chiede aiuto "perché ciascuno possa trovare la strada da seguire per acquisire un'identità forte e generosa".

Per questo "la gratitudine verso tanti volontari - persone capaci di ascoltare, dialogare e consigliare - invita a pregare perché la loro testimonianza sia fruttuosa".

In conclusione, citando Santa Teresa di Gesù Bambino a 150 anni dalla sua nascita, Francesco ha ricordato che "tutti hanno il diritto di essere illuminati dalla carità che dà senso a tutta la vita cristiana".

Intervistato da vaticanews.va Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, ha detto: "Non dimentichiamo che il Papa ci dà questo messaggio mentre è in un letto d'ospedale e quindi condivide la sofferenza con tanti altri poveri. Il messaggio che ci dà è molto attuale perché, prima di tutto, ci dice che è il testamento che un padre lascia al figlio e, quindi, c'è questa trasmissione di contenuti importanti che non possiamo dimenticare. E, tra questi, ci dice che c'è l'attenzione ai poveri, che non è un'attenzione retorica. È un'attenzione che tocca ogni persona, sull'esempio di Gesù che rispondeva a ogni malato che lo avvicinava, e quindi alle folle, guardando al bisogno profondo che avevano". Qui, davanti ai poveri, ci dice il Papa, non c'è retorica (...) ha osservato il pro-prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione.

Il Papa, ha proseguito Fisichella, "ancora una volta ci provoca a toccare il senso profondo della vita. Non a caso dice più volte che i poveri ci evangelizzano. Questa espressione non significa altro che i poveri ci fanno vedere e toccare l'essenziale della vita".

L'autoreAntonino Piccione

Spirito Santo, il "rivelatore" di Dio

Lo Spirito Santo, che è l'Amore di Dio, ci rivela Cristo, che è la manifestazione dell'Amore di Dio, ma non rivela se stesso.

14 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Leggendo in questi giorni il Catechismo della Chiesa CattolicaNei punti che si riferiscono allo Spirito Santo, in preparazione alla solennità di Pentecoste, ho trovato, al punto 687, una considerazione che mi ha colpito molto. Il Catechismo dice, citando dal Vangelo di Giovanni, che "lo Spirito di verità che ci "rivela" Cristo "non parla di sé" (Gv 16,13).".

In effetti, lo Spirito Santo si nasconde, "non parla di sé". È un nascondimento così discreto che ci rivela com'è Dio, nella sua intimità. Ci rivela - potremmo dire - l'insondabile umiltà di Dio.

Lo Spirito ci fa conoscere l'intimo di Dio (cfr. 1 Cor 2,11): Dio Amore; ci rivela Cristo, che è la manifestazione dell'Amore di Dio, ma non rivela se stesso. "Non parla di sé". È l'umiltà di Dio (Gv 16,13).

Che "umiltà".che "occultamento"Lo rovescia sul popolo che si lascia invadere dalla sua presenza. Lo rovescia, soprattutto, in Gesù stesso, che è ".... umile di cuore!" (Mt 11,29). Lo inverte in Maria, che confessa in tutta verità che Dio "..." (Mt 11,29).ha posato lo sguardo sull'umiltà della sua serva" (Lc 1, 48).

La vera umiltà, che ci fa sperimentare che i nostri meriti sono doni di Dio, ci porta ad amare i nostri fratelli e sorelle; è la condizione per amare veramente come Dio ci ama. Senza questa umiltà di base non possiamo amare.

Senza questa umiltà diventiamo sempre più pieni di noi stessi. Ci gonfiamo nel nostro orgoglio e non siamo in grado di amare e servire.

Ma cosa devo fare perché lo Spirito Santo abiti in me; come posso essere sicuro che abiti con me se la sua presenza è così dolce e nascosta? L'evangelista Giovanni ci dice che la pietra di paragone, il diaspro utile per individuare le monete false, come facevano gli antichi mercanti e gioiellieri, è la fede in Cristo (cfr. Gv 14,17): credere in Cristo; amare Cristo; osservare il suo comandamento.

Lo Spirito Santo ama nascondersi e infatti si nasconde al mondo che "...".non può riceverlo, perché non lo vede e non lo conosce."(Gv 14,17), mentre chi crede veramente in Cristo e lo segue, lo conosce, conosce lo Spirito perché abita in lui.

La venuta dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, in cui la Santissima Trinità si rivela pienamente, in cui il Regno annunciato da Cristo si apre all'umanità, raggiunge effettivamente tutti coloro che credono in Lui nell'umiltà della nostra carne e nella fede. Con la sua venuta, lo Spirito Santo porta il suo Regno, già posseduto ma non ancora pienamente manifestato.

La porta d'accesso è la fede in Cristo e l'umiltà. Lo Spirito Santo, attraverso il quale troviamo la vera fede, ci fa gridare: "...".Abba, Padre!" (Romani 8:15) e "Gesù è il Signore!" (1 Cor 12, 3).

L'autoreCelso Morga

Arcivescovo emerito della diocesi di Mérida Badajoz

Evangelizzazione

Oriol JaraSe Dio esiste, tutto cambia radicalmente".

La scoperta dell'esistenza di Dio ha portato questo sceneggiatore radiofonico e televisivo a condividere la sua esperienza in un libro che raccoglie, come lui stesso lo definisce, "il frutto di un cambiamento di prospettiva nella vita. Di una conversione progressiva e rinnovatrice".

Maria José Atienza-14 giugno 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Ha trascorso tutta la vita nel mondo della televisione e della radio. Ha lavorato come sceneggiatore per programmi, tra cui Buenafuente, i Premi Goya e Pólonia di TV3, ma da ancora più tempo cercava un Dio senza sfumature. E l'ha trovato. Prima "razionalmente" e poi completamente attraverso il dono della fede. 

Oggi Oriol Jara vive una vita "radicalmente diversa". Perché quella radix, quella radice, si basa sulla certezza che la sua vita è una vita "creata da Dio per l'eternità, per essere la sua famiglia".

La conversazione con Omnes è impetuosa, franca, priva di abbellimenti formali, la parola che non dimentica la Parola e la semina con fuoco nel mondo. La sua scoperta dell'esistenza di Dio lo ha portato a condividere la sua esperienza in Dieci ragioni per credere in Dio, pubblicato da Albada, e che, come lui stesso lo definisce, è "il frutto di un cambiamento di prospettiva vitale. Di una conversione progressiva e rinnovatrice". 

Come si arriva ad affermare che Dio esiste attraverso la ragione?

- Fin dal liceo, o forse un po' prima, ho avuto un interesse genuino e autentico per l'esistenza di Dio. È un interesse che credo chiunque dovrebbe avere perché, se Dio esiste, cambia radicalmente tutto ciò che pensiamo sia il mondo. La nostra vita passa dall'essere un caso temporaneo a ciò che è realmente, una vita creata da Dio per l'eternità, per essere la sua famiglia.

Questo interesse mi ha spinto a iniziare a fare ricerche e a leggere. Ho iniziato a leggere testi filosofici, testi che parlano di Dio e di Cristo, che parlano della Bibbia, della Bibbia stessa. 

Alla fine, questo interesse mi porta dal cercare di scoprire chi è Dio e se esiste, a scoprire in modo chiaro che Dio esiste e che si è rivelato nella Bibbia e si è fatto uomo nella storia. 

Dio non è un mito, Dio è un'operazione nella storia di qualcosa di soprannaturale.

Si può arrivare alla verità in modo ragionato perché c'è la prova evidente che Dio esiste. C'è la prova che c'è un problema umano che è il male, il peccato, c'è la necessità di risolvere questo male e, poiché gli esseri umani sono incapaci, Dio lo fa per noi.

Quando si vede che è Dio che opera nella storia e che è un Dio che ha lasciato nella storia prove della sua esistenza, l'ultimo passo è assumere che ci sono cose che non si sono viste ma che si credono tali perché Dio le ha fatte per noi, come la morte e la risurrezione di Gesù.

A questo si potrebbe rispondere che, se è così ovvio, perché non ci credono tutti?

- La Bibbia dice: "Nessuno viene a me se il Padre non lo attira". È al di là del nostro controllo. È lo stesso motivo per cui i farisei non riuscivano a vedere che l'Antico Testamento si stava adempiendo in Gesù. Non è qualcosa che dipende da noi; alla fine è qualcosa che biblicamente sfugge al nostro controllo. Gli esseri umani, fin dall'inizio, hanno voluto la loro autonomia e libertà dall'obbedienza a Dio. C'è poco da fare oltre a spiegare alle persone che ci circondano che Dio è vero e che cosa significa vivere una vita cristiana.

Cosa l'ha spinta a scrivere "10 ragioni per credere in Dio"?

- Due sono le cose che mi hanno spinto a farlo. Primo, che ci sono molti credenti umili, disponibili e fedeli che si vergognano di comunicare apertamente che credono in Dio perché la società li ha spinti a pensare che credere in Dio sia un atteggiamento idiota. In realtà, non è la fede in Dio a essere irragionevole. I 90 % atei che incontriamo nella vita non hanno letto la Bibbia. La maggior parte degli atei non conosce l'accuratezza, la coerenza e la finezza degli scritti biblici. 

Questo mi porta alla seconda ragione. Lo comunico perché è in corso una battaglia. È una guerra tra Dio e i nemici di Dio, che dobbiamo combattere e vincere. Questa guerra si vince convincendo le persone che Dio ci vuole come sua famiglia.

C'è una forza malvagia che ci sta trascinando in una società che nessuno vuole. Il male è riuscito a sporcare anche uno dei doni più belli di Dio, il sesso. È riuscito a trasformarlo in qualcosa di così brutto che sembra che tutto ciò che riguarda il sesso sia un peccato, mentre non è vero.

Il male opera in questo modo. Inebria le persone con idee, prodotti, idolatrie, egoismi, avidità e ambizioni. Il male ci trascina ad essere contro Dio e ad essere più tristi.

Lei parla del male... Oggi è difficile per noi parlare chiaramente del diavolo?

- Quando si parla del diavolo, l'immagine che ci è rimasta è quella del dio greco Pan, un uomo con i piedi e le corna di capra, ma non è così. Satana è ciò che vogliamo, nel modo più bello possibile. Satana è ciò che vogliamo, nel modo più bello possibile. Satana è un seduttore, non un mostro. Il suo grande piacere è la disobbedienza a Dio.

L'altro giorno stavo parlando con una sessuologa non credente che mi stava dicendo esattamente cosa dice la Bibbia sulla pornografia. Parlava degli studi che dicono che la pornografia influisce sulle relazioni e mi è venuto in mente il Salmo 101 che dice: "Sii retto nella tua casa, nel tuo cuore, e non porre cose malvagie davanti ai tuoi occhi".

Abbiamo bisogno che lo Spirito ci guidi e ci insegni a vivere rettamente, in accordo con ciò che Dio ci chiede e ad essere fecondi in modo che il nostro ambiente sia felice. Dio esige la felicità e Satana esige altre cose da noi.

Ci sono due amori, "eros" e "caritas". L'"eros" vuole qualcosa, la "caritas" dà. Questa è la sintesi. Quindi, che sia l'uno o l'altro, sapete chi ve lo sta mettendo nel cuore.

La Chiesa di oggi ha ancora la forza dei dodici apostoli che andavano per il mondo, o è diventata comoda?

- Io non sono nessuno, ma in Romani 12 San Paolo dice: "Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché possiate discernere qual è la volontà di Dio, ciò che è buono, ciò che gli piace, ciò che è perfetto". Credo che la Chiesa debba essere radicale ed estremista, perché questo è il messaggio di Gesù.

Il messaggio di Gesù non è "vivete come avete fatto finora e riunitevi la domenica". Il suo messaggio è una nuova vita, una nuova nascita e una nuova mente. La Bibbia ci dice di non adattarci. Vedo molti "adattamenti" e ciò che la gente vuole è il radicalismo.

Abbiamo annacquato il messaggio, così che alle persone non importa se credono o meno perché non cambia nulla nella loro vita, ma la Chiesa è il contrario. La Chiesa è gente che sapeva che avrebbe passato un brutto momento, ma è urgente che le persone cambino.

La Bibbia è radicale, perché va alle fondamenta del cuore umano e chiede un cambiamento estremo. Nell'Antico e nel Nuovo Testamento Dio minaccia grandi catastrofi se la ribellione continua. Oggi stiamo vivendo cose che, in qualche misura, sono contenute nella lettera ai Romani o in Isaia.

Abbiamo una verità preziosa, importantissima, radicale e urgente che dobbiamo trattare come tale. È una verità che cambia la vita e non possiamo avere paura di spaventare nessuno. Al contrario, la gente vuole risposte. Nelle omelie ci deve essere il fuoco per commuovere le persone.

Questa radicalità si perde se ci adattiamo al mondo. Il cristianesimo non è una via di mezzo. È successo a me: credevo intellettualmente nella verità, ma non portava frutto nella mia vita. Quando lo Spirito ha cambiato la mia vita, ha portato frutto.

Fin dall'inizio lei ha detto che tutto cambia quando si dice che Dio esiste, come cambia la sua vita da quando ha capito che Dio esiste e ha ricevuto il dono della fede?

- Ho capito anni fa che Dio esiste, che si è rivelato nella Bibbia e che si è fatto uomo per salvarci, ma lo Spirito soffia dove vuole e, finché lo Spirito non mi ha permesso di capire questa verità, non potevo credere.

Il grande cambiamento è scritto nel Salmo 1, che dice che Dio promette una cosa ai credenti: che se mediterete la Parola giorno e notte, se seguirete la volontà di Dio, sarete come un albero che cresce lungo un fiume, che porta frutti in abbondanza. La grazia di questa immagine è che l'albero non fa mai frutti per mangiarne i frutti, perché sarebbe assurdo, ma fa frutti perché altri ne mangino. Questo è ciò che ho sperimentato nella mia vita di conversazione. Si porta frutto perché gli altri possano vivere meglio. Biblicamente questo dovrebbe essere un test personale della vostra conversione, se state portando frutto per gli altri, se nel vostro cuore state vivendo per gli altri. E non sto parlando di essere irreprensibili, ma di amare dal cuore, e questo si trasforma in una vita migliore per le persone che ci circondano. Che le persone possano dire, anche se non sono credenti, "Gloria a Dio", perché sei un cristiano e questo è meglio per loro.

La reazione di coloro che vi circondano è stata quel "Gloria a Dio" di cui parlate?

- Io penso di sì, ma è difficile per me parlare a nome degli altri. È vero che Aitana, mia moglie, lo dice. Crede sinceramente che le abbia cambiato la vita. Credo che anche i miei figli possano dirlo, e i miei colleghi di lavoro sono migliori e più fortunati per il fatto che sono cristiano. È così che dovrebbe essere.

C'è una cosa oggettiva. Le conferenze, i libri e così via mi fanno sentire che la mia conversione tocca molte persone. Ci sono anche persone che hanno letto il libro e si sono battezzate. Sono cose molto belle e alla fine è Dio che opera attraverso i suoi strumenti, quindi non è un mio merito. Il merito è quello di lasciare fluire lo Spirito e di essere un tramite della grazia e delle benedizioni.

Nella sua famiglia, con sua moglie e i suoi figli, vive la fede? Sua moglie era già credente?

- Sì, mi ha insegnato cose bellissime sulla gentilezza ed è stata la compagna perfetta per questo processo. Mi ha accompagnato con comprensione, entusiasmo e pazienza.

10 motivi per credere in Dio

AutoreOriol Jara
Editoriale: Albada
Pagine: 156
Città: Barcellona
Anno: 2022

Oltre alla Bibbia, quali letture vi hanno aiutato?

- Ci manca una grande conoscenza della Bibbia. Se non conosciamo bene la Bibbia, noi cristiani saremo danneggiati. La Bibbia non è un libro canalizzato, non è che l'autore sia andato in trance e al suo risveglio abbia scritto il testo. Dio si è servito di autori, con la loro cultura, le loro letture e le loro conoscenze per comunicare il suo messaggio. La Bibbia non è solo un resoconto storico, ma una lettura teologica dei fatti.

Per questo vi consiglio un libro in sei volumi, con il quale ho fatto un salto di qualità estremo nel mio cammino di conversione, che è "Un ebreo marginale" di John P. Meier. Meier, oggi scomparso, è un teologo e sacerdote americano. Il libro parla del Gesù storico ed è molto ben documentato.

Un altro libro, forse più complesso dal punto di vista intellettuale, è "Dio esiste" di Antony Flew. Era un filosofo ateo molto famoso che si è convertito perché la scienza e la filosofia gli stavano dimostrando che Dio esiste. Poi, per le persone molto interessate alla scienza, c'è un libro intitolato "Sparare a Dio".

Inoltre, avere una Bibbia di studio è fantastico. Oppure, a un livello superiore, le "Confessioni" di Sant'Agostino o "La città di Dio". 

Stati Uniti

Suore della Carità: "Dove c'è carità e amore, lì c'è Dio".

In una recente dichiarazione, le Suore della Carità di New York hanno annunciato di essere "sulla strada del completamento". La più antica congregazione degli Stati Uniti affronterà il suo ultimo capitolo e si affiderà al piano di Dio.

Jennifer Elizabeth Terranova-14 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Con molta preghiera e contemplazione, il Sorelle della Carità di New York hanno deciso di chiudere i battenti. Passeremo la torcia ai nostri colleghi laici", ha dichiarato suor Donna Dodge, presidente delle Suore della Carità di New York.

Il voto unanime della recente riunione ha evocato un senso di tristezza, nostalgia e speranza. Quando sono stati letti i nomi dei loro predecessori, non sono mancate le lacrime e i ringraziamenti per l'eredità che avrebbero lasciato. "Il facilitatore della sala riunioni ci ha fatto cantare: 'Dove c'è carità e amore, c'è Dio'", ricorda suor Dodge.

Passato e presente

Santa Elisabetta Ann Seton, fondatrice delle Suore della Carità (foto file CNS)

Le Suore della Carità sono state una presenza importante a New York fin dalle loro umili origini. Elizabeth Ann Seton, fondatrice dell'ordine, era una vedova cattolica convertita e la prima cittadina americana a essere canonizzata.

Nel 1817, Madre Seton inviò tre sorelle a New York per aiutare i più vulnerabili e fondare un orfanotrofio. Il suo ordine crebbe esponenzialmente negli anni successivi. Arrivò a contare più di 1.300 suore. La sua chiamata a "rispondere ai segni dei tempi" rimane nel suo DNA.

Tuttavia, stanno lentamente chiudendo le porte e continueranno a cercare nuovi ministeri, ha detto suor Dodge, che ha parlato della loro missione di 200 anni. Penso che siamo noti per rispondere ai segni dei tempi quando sorgono nuovi bisogni, e così quando ci sono state esigenze uniche di servizi sociali, abbiamo risposto in modi diversi per portare avanti la missione di Gesù Cristo". "

Oltre a curare le vittime della guerra civile, le suore parteciparono alle manifestazioni per i diritti civili, insegnarono a innumerevoli bambini e si occuparono degli orfani.

Continuare l'eredità

La loro missione continuerà e sperano di "mantenere lo spirito di carità e continuare la loro eredità "oltre noi"", ha detto suor Dodge.

Ha anche espresso la sua fiducia nei laici "che fanno un lavoro fantastico e hanno un grande senso del carisma e dello spirito delle Suore della Carità".

Nel corso degli anni hanno aperto scuole, collegi e ospedali e hanno avviato missioni all'estero, alle Bahamas e in Guatemala. E nulla è cambiato: questo gruppo di donne formidabile e d'impatto continua a servire le persone ai margini della società, come gli immigrati, i senzatetto e gli anziani.

La sorella Dodge ha condiviso che la decisione, pur non essendo facile, è stata "liberatoria" perché sappiamo che tutto è nelle "mani di Dio".

Vaticano

SpeiSat: le parole del Papa dallo spazio

SpeiSat, che ha le dimensioni di una scatola di scarpe e pesa due chili, trasmetterà alcuni dei messaggi di speranza del Papa, che potranno essere captati dai radioamatori di tutto il mondo.

Antonino Piccione-13 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Alle 23.19 della notte tra lunedì 12 e martedì 13 giugno - riferisce vaticanews.va - è partito dalla base californiana di Vandenberg il satellite che trasporta il nano-libro con le parole di speranza che Francesco ha pronunciato in Piazza San Pietro il 27 marzo 2020, nel pieno della pandemia.

Una volta in orbita, il Cubesat costruito dal Politecnico di Torino trasmetterà alcuni messaggi di speranza del Papa, che potranno essere captati dai radioamatori di tutto il mondo. L'iniziativa è promossa dal Dicastero per la Comunicazione.

160 pagine compresse in un nano-libro grande come una punta di spillo. Il primo satellite del Vaticano, Spei SatellesLa speranza, la speranza, va in orbita: titoli sui giornali nazionali e internazionali.

Un messaggio di speranza, in linea con il documento contro le armi e per la pace firmato sabato da 30 premi Nobel (tra cui Giorgio Parisi) durante un incontro con i premi Nobel per la pace. incontro organizzato dalla Santa Sede in Piazza San Pietro. Obiettivo di questo documento di condanna di tutti i conflitti, un miliardo di firme.

Mentre il Cardinale Zuppi cerca di mediare una tregua nella guerra russa in Ucraina, il Vaticano mette in gioco tutta la sua autorità morale.

SpeiSat, grande come una scatola di scarpe e pesante due chili, è stato costruito in tre mesi da un team di giovani ricercatori del Politecnico di Torino guidati da Sabrina Corpino, docente del Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale.

Due i compiti principali: far volare il libro di Papa Francesco "Perché avete paura, non avete ancora fede?" (Piemme Edizioni, 14 euro) e trasmettere ogni due minuti i messaggi pontifici che tutti i radioamatori del mondo possono captare sulla frequenza 437.5 MH.

Sebbene sia distribuito su un piano, le sue 160 pagine occupano nove metri quadrati, il nano-libro è appena visibile a occhio nudo e pesa meno di un grammo, tanto che, nel maneggiarlo sotto il sistema di vuoto della camera bianca in un seminterrato del Politecnico, i ricercatori hanno avuto "paura di inalarlo". Il chip, grande circa un terzo di un'unghia, contiene 222.655 caratteri di testo.

L'orbita - che SpeiSat si completerà ogni 90 minuti - è un'orbita polare geosincrona inclinata di 97,6 gradi sopra l'equatore a 550 chilometri dalla superficie terrestre.

Dei 90 minuti, 60 saranno esposti al Sole (per alimentare celle fotovoltaiche a triplo strato con un'efficienza di 27%, fornite da Cesi) e 30 all'ombra della Terra.

Successo della missione

Oltre alla missione religiosa, il satellite porta a bordo due esperimenti, uno per misurare il campo magnetico terrestre con magnetometri su tre assi, e l'altro sul controllo termico del satellite per mezzo di sensori di temperatura che invieranno dati alla sala di controllo installata al Politecnico.

Una volta raggiunta l'orbita a 550 chilometri, il Falcon rilascerà il satellite madre ION, un contenitore multisatellitare gestito dall'italiana D-Orbit.

ION si schiuderà un paio di settimane dopo. Solo allora si potrà dire che SpeiSat, che è stato benedetto a Roma da Papa Francesco alla vigilia del suo primo recente ricovero in ospedale, ha raggiunto il suo obiettivo.

L'operazione SpeiSat, sostenuta dall'Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e dal Cnr, sotto la direzione del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, è stata mediata da don Luca Peyron, laureato in Giurisprudenza e Teologia Pastorale, fondatore del Servizio per l'Apostolato Digitale, astrofilo con un telescopio sul tetto della sua parrocchia a Torino.

L'autoreAntonino Piccione

Per saperne di più
Spagna

Il Servizio dei Gesuiti per i Migranti preoccupato per la salute mentale delle persone detenute nei CIE

Il Rapporto annuale 2022 sui Centri di detenzione per stranieri (CIE), presentato all'Università di Comillas a Madrid dal Servizio dei Gesuiti per i Migranti (SJM), ha rilevato "cattive pratiche" ed esprime "preoccupazione per la salute mentale dei detenuti".

Francisco Otamendi-13 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

I dati ufficiali relativi alla salute mentale dei detenuti "sono preoccupanti", secondo il Rapporto Annuale 2022 sui Centri di Detenzione per Stranieri (CIE), presentato nel Università di Comillas de Madrid dal Servizio dei gesuiti per i migranti (SJM).

L'anno scorso "il protocollo di prevenzione del suicidio è stato attivato in 51 occasioni (27 delle quali a Madrid). Inoltre, 185 persone sono state rinchiuse in stanze di segregazione temporanea, con una permanenza media di quasi 4 giorni, la maggior parte delle quali (74% del totale) o per "comportamenti violenti" o per casi di covid-19. Ancora più allarmante è la percentuale di questi isolamenti per motivi di minaccia o tentativo di autolesionismo: 15 % del numero totale di casi", aggiunge il rapporto. 

Uno studio condotto dall'Università di Siviglia per valutare il livello di salute mentale dei detenuti, in collaborazione con il SJM, ha osservato "sintomi ansiosi e depressivi, nonché tentativi di autolesionismo, in 7 su 10 dei 10 intervistati. In 70% di questi casi, i sintomi sono iniziati come conseguenza dell'internamento". 

Questo studio rivela come la sintomatologia si riduca in funzione della qualità delle condizioni di detenzione, oltre a sottolineare la necessità di strumenti di ascolto e psicosociali per il personale della polizia e dei servizi CIE, spiega lo studio.

Le équipe della rete SJM che visitano i CIE continuano a rilevare "malcostume in materia di rinvii per problemi di salute aggravati o in relazione alla volontà di richiedere la protezione internazionale".

Dati

Nei sei CIE operativi in Spagna nel 2022 sono state detenute in totale 2.276 persone, di cui 44 donne, con un leggero aumento rispetto all'anno precedente. Le cifre ufficiali evidenziano l'identificazione di 11 minori nei centri.

Inoltre, lo studio del SJM aggiunge, come già detto, che "i dati ufficiali forniti dal Ministero dell'Interno, sempre al di fuori delle scadenze previste dalla Legge sulla trasparenza in un'ottica di opacità, rivelano preoccupazioni sulla situazione dei detenuti, soprattutto per quanto riguarda il deterioramento della loro salute mentale e situazioni di detenzione che non dovrebbero verificarsi, come nel caso di minori o cittadini dell'UE".

Il Servizio dei Gesuiti per i Migranti ha chiesto alla direzione dei centri e ai tribunali di controllo di armonizzare le regole interne per eliminare le differenze che portano alla disparità di diritti nei CIE.

Lo Stato spagnolo, osserva il SJM, ha rimpatriato forzatamente 3.642 persone nel 2022, il 53,12 % dai CIE. Una percentuale simile a quella degli ultimi due anni, ma notevolmente inferiore a quella del 2018 e del 2019. "45 % delle persone uscite dai CIE lo scorso anno erano dovute al loro rilascio", si legge.

Per quanto riguarda le donne, "il 70 % dei detenuti non è stato espulso ed è stato rilasciato". Spiccano gli "alti tassi di rimpatrio forzato a Las Palmas (82,5 %) e Algeciras (61 %), in contrasto con il CIE di Barcellona, con 64 % di rilasci".

Nelle sue conclusioni, il CSM "invita le autorità di polizia e tutti gli operatori legali coinvolti nei CIE a stabilire e armonizzare le regole di funzionamento dei CIE e a esercitare un estremo discernimento nella decisione di trattenere, considerando questa alternativa come eccezionale".

L'autoreFrancisco Otamendi

Ecologia integrale

Traffico di esseri umani, la schiavitù del XXI secolo

La tratta di esseri umani è un business da 150 miliardi di dollari. La schiavitù del XXI secolo viola la dignità dei suoi quasi 40,3 milioni di vittime, che subiscono di tutto, dallo sfruttamento sessuale all'inganno nella ricerca di migliori condizioni di vita.

Paloma López Campos-13 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il traffico di esseri umani è un'attività molto redditizia. I rischi sono minimi rispetto ai profitti: il traffico di esseri umani vale circa 150 miliardi di dollari. L'industria si basa sullo sfruttamento sessuale o sulla manodopera a basso costo in condizioni terribili.

La migrazione illegale è uno dei modi in cui questo business diventa sostenibile, poiché molti ingannano coloro che cercano di migliorare le proprie condizioni di vita lasciando il proprio Paese e cadendo nelle mani dei trafficanti.

Schiavitù moderna

Le Nazioni Unite definiscono la tratta di persone come "il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'accoglienza o l'ospitalità di persone, mediante la forza, la frode o l'inganno, con l'intenzione di sfruttarle a scopo di lucro".

Sempre più spesso la tratta di esseri umani è considerata una moderna schiavitù e comprende una moltitudine di attività: sfruttamento sessuale, lavoro forzato, servitù domestica, servitù per debiti, prelievo di organi, accattonaggio forzato, reclutamento di bambini soldato o matrimoni forzati.

I miti della tratta di esseri umani

Negli Stati Uniti, la tratta di esseri umani è un problema che ha una porta aperta: l'immigrazione. Molte persone approfittano della situazione di vulnerabilità degli immigrati, ma, come spiega l'USCCB, "chiunque può diventare una vittima, indipendentemente da sesso, età, razza, nazionalità, status socioeconomico o livello di istruzione".

Il sito web dell'USCCB spiega dieci miti relativi alla tratta di esseri umani:

Mito n. 1: La tratta di esseri umani avviene solo sotto forma di sfruttamento sessuale a fini commerciali. Se è vero che le vittime dello sfruttamento sessuale sono circa 24,9 milioni, è anche vero che quasi l'81% delle vittime è vittima del lavoro forzato.

Mito n. 2: La maggior parte delle vittime della tratta di esseri umani viene rapita e non conosce i suoi rapitori. Il rapimento delle vittime comporta alcuni rischi. La maggior parte dei trafficanti stabilisce un legame emotivo o di dipendenza con le vittime.

Mito n. 3: Per essere trafficati bisogna essere portati in un altro Paese.. Lo spostamento non è necessario per parlare di tratta; alcuni tipi di sfruttamento avvengono all'interno delle stesse comunità di origine.

Mito n. 4: Le imprese legali non traggono vantaggio dal lavoro forzato e dallo sfruttamento. Anche se molti casi di sfruttamento e tratta avvengono in aziende illegali, esistono anche aziende legittime che traggono profitto dalla tratta di esseri umani.

Mito n. 5: Se una vittima della tratta di esseri umani non ha documenti negli Stati Uniti, le autorità legali non la proteggono e non può ricevere servizi. La tratta di persone, indipendentemente dall'origine della vittima, è illegale negli Stati Uniti. La legge statunitense consente ai cittadini stranieri vittime di tratta di accedere a una serie di benefici.

Mito n. 6: Il cittadino medio non ha mai beneficiato dei servizi o dei beni prodotti da una vittima della tratta di esseri umani. E data l'espansione di questa industria, tutti i cittadini hanno acquistato, a un certo punto della loro vita, un prodotto o un servizio in cui lo sfruttamento era coinvolto, almeno in parte.

Mito n. 7: Le vittime vengono sempre tenute in catene e maltrattate fisicamente.. L'imprigionamento fisico non è l'unico modo per sottomettere le vittime. Molti sfruttatori ricorrono all'abuso psicologico, alla frode o alla coercizione.

Mito n. 8: Il problema è così grande e schiacciante che non posso fare nulla per cambiare le cose.. Tutti noi possiamo fare la nostra parte per porre fine alla tratta di esseri umani.

Pastore

L'USCCB ha un progetto chiamato Pastore (Stop alla tratta e allo sfruttamento di esseri umani. Protect, Help, Empower and Restore Dignity). Con questo documento i vescovi vogliono educare le persone attraverso varie risorse per porre fine alla tratta di esseri umani.

Sul sito gli utenti possono accedere a omelie, film e testi attraverso i quali sensibilizzare e aiutare le persone a porre fine alla cosiddetta schiavitù moderna.

Amicizia

Un altro dei progetti dell'USCCB è "Amicizia". Questo movimento mira a responsabilizzare i migranti delle comunità a rischio di tratta. Pertanto, il progetto definisce quattro obiettivi: responsabilizzare, educare, creare un rapporto di fiducia con la legge e portare i servizi del Paese ad affrontare la tratta.

Lo spirito cattolico di "Amistad" nasce dalla convinzione che la soluzione migliore ai problemi locali debba venire dai membri delle comunità interessate. Pertanto, il movimento "utilizza i talenti e i doni degli stessi immigrati per realizzare un cambiamento duraturo nelle loro comunità".

Per saperne di più
Evangelizzazione

Sant'Antonio di Padova

Il 13 giugno la Chiesa celebra Sant'Antonio da Padova. Di origine portoghese, questo santo si distinse in vita per la sua pietà e la sua predicazione contro le sette del tempo.

Maria José Atienza-13 giugno 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Sant'Antonio da Padova nacque a Lisbona alla fine del XII secolo. La data esatta della sua nascita non è nota. I suoi genitori, secondo la Cronaca di fra Marcos de Lisboa, erano Martim de Bulhôes e Teresa Taveira, anche se in alcune biografie di questo santo il nome della madre appare come Maria de Távora.

Ingresso nella vita monastica

In ogni caso, la sua famiglia era benestante e Fernando Martins de Bulhôes, questo il suo nome, poté studiare alla scuola della cattedrale e, all'età di circa 18 anni, intorno al 1209, entrò nel monastero di Vicente de Fora, appartenente ai canonici regolari di Sant'Agostino. Qui si dedicò allo studio delle discipline teologiche e filosofiche dell'epoca e, in breve tempo, si fece conoscere per la sua vastissima capacità intellettuale.

Si trasferì presto nel monastero di Santa Cruz, dove rimase fino al 1220. La pietà del giovane frate era accompagnata dalla sua intelligenza e, eccezionalmente giovane, fu ordinato sacerdote nel 1221.

Prendere l'abito francescano

In quegli anni, Antonio entrò in contatto con l'ordine francescano. L'esempio di cinque frati francescani, Berardo, Pedro, Acursio, Adyuto e Otto, martirizzati in Marocco e rimpatriati in Portogallo dal principe Pedro, spinse il giovane Fernando a seguire questa strada e, poco dopo, vestì l'abito francescano e cambiò il suo nome in Antonio. Fin dall'inizio il suo sogno fu quello di continuare l'annuncio del Vangelo in Marocco, seguendo l'esempio dei suoi fratelli martiri.

Nel dicembre 1220 si imbarcò con un altro frate diretto in Marocco. Antonio si ammalò gravemente e dovette cambiare i suoi piani: salpò di nuovo per Lisbona, ma una tempesta fece attraccare la nave al largo della Sicilia, vicino a Messina, dove si trovava un "luogo" dei Frati Minori.

Vi rimase fino alla primavera del 1221, quando partecipò al Capitolo generale detto "delle Stuoie", che si tenne nella solennità di Pentecoste. In quell'occasione Antonio incontrò San Francesco e, da lì, partì per Montepaolo per esercitare il sacerdozio, celebrare l'Eucaristia e il sacramento della penitenza e aiutare nelle faccende domestiche.

Lavoro di predicazione

A Montepaolo, la fama della sua predicazione e della sua vita santa fu confermata nel Capitolo provinciale tenutosi a Forlì in prossimità della festa di San Michele, dove "ci sorprese per l'umiltà con cui aveva tenuto nascosta la sua istruzione, le lettere e la profondità della dottrina".

Il provinciale francescano dell'Emilia Romagna, fra Graziano, gli conferì l'ufficio di predicatore e fra Antonio iniziò la sua opera di predicazione nell'Italia settentrionale, in un periodo in cui fiorivano varie correnti e sette, tra cui catari, albigesi, beghini e valdesi. Durante questo primo periodo di predicazione, iniziò le sue lezioni a Bologna.

Il Benignitas lo riconosce come il primo "lettore" dell'Ordine, che esercitò il suo ufficio nella facoltà di teologia di Bologna, e in modo analogo, il Raimundina. Questa tappa fu di breve durata; nel 1224 si recò in Francia, nella regione della Linguadoca, per predicare agli Albigesi.

Trascorse circa tre anni in Francia, dove visse e predicò in zone come Montpellier e Tolosa.

Alla fine del 1226 partecipò al Capitolo della Provincia di Provenza, convocato ad Arles, dove fu nominato "custode" dell'ordine francescano e in Francia apprese la notizia della morte del fondatore dell'ordine, San Francesco.

Nel capitolo generale del 1227, sant'Antonio fu eletto ministro della provincia dell'Italia settentrionale, dell'Emilia Romagna e della Lombardia.

Roma e Padova

Intorno al 1228, sant'Antonio predicò per la prima volta a Padova e visitò Roma. I motivi della visita alla città eterna variano a seconda delle fonti, che addirittura collocano il soggiorno del santo a Roma un po' più tardi, nel 1230. Il Assidua suggerisce che sia stato durante questo primo soggiorno a Padova che il santo avrebbe composto i Sermoni domenicali, la grande opera letteraria e teologica di sant'Antonio. In questi sermoni, Antonio offre ai predicatori strumenti per la predicazione e consigli per insegnare ai fedeli la dottrina del Vangelo e la catechesi sui sacramenti, in particolare la penitenza e l'Eucaristia.

L'attività di predicazione è aumentata in questi anni, come registrato nel AssiduaRidusse alla concordia fraterna coloro che erano inimici; restituì la libertà a coloro che erano imprigionati; riportò ciò che era stato rubato con l'usura o con la violenza... Salvò le prostitute dal loro infame trattamento; e trattenne i ladri, noti per i loro crimini, dal mettere le mani sui beni altrui. E così, quando i quaranta giorni furono felicemente trascorsi, fu grande la messe, gradita agli occhi di Dio, che egli raccolse con il suo zelo".

Poco dopo, dopo un estenuante lavoro di predicazione, si ritirò a Camposampiero, a circa venti chilometri da Padova, nell'eremo costruito per i frati dal conte Tiso.

Nei primi giorni di giugno del 1231 si ammalò e fu trasferito all'Arcella, un sobborgo della città di Padova dove si trovavano i frati che assistevano il convento delle Povere Dame. Lì morì e il 17 giugno 1231 fu sepolto nella chiesa del convento padovano di Santa Maria Mater Domini.

La sua fama di santità era tale che 352 giorni dopo la sua morte, il 30 maggio 1232, Sant'Antonio fu canonizzato sotto il pontificato di Gregorio IX.

Gesù Bambino, il giglio e il libro

Sant'Antonio da Padova è spesso raffigurato con il Bambino Gesù in braccio. Questa immagine ha origine nella Liber miracolorum. Questo testo racconta che, durante il periodo in cui visse a Camposampiero, Sant'Antonio fece costruire una piccola capanna, dove trascorreva la maggior parte del giorno e della notte in meditazione e preghiera, e che fu teatro della visione del bambino Gesù. Fu il conte Tisso a vedere una volta come, miracolosamente, il santo tenesse in braccio il bambino Gesù. Fu il Bambino stesso ad avvertire Antonio che il conte ne era stato testimone. Il santo proibì al conte di divulgarlo fino alla sua morte.

Accanto a questa immagine, troviamo nell'iconografia di sant'Antonio due elementi più comuni nelle rappresentazioni dei santi: il giglio e il libro. Il giglio o i gigli che accompagnano spesso l'immagine di sant'Antonio si riferiscono alla sua vita pulita e casta, mentre il libro si riferisce alla sua vita erudita e al suo lavoro di predicazione e di esposizione delle verità della fede.

Il libro perduto

Una delle "devozioni popolari" di Sant'Antonio si riferisce al suo potere di intercessione per ritrovare oggetti smarriti. La fama deriva da un evento registrato anche nel Liber miraculorum. Questo testo si riferisce al furto del Salterio utilizzato da Sant'Antonio per le sue lezioni da parte di un novizio.

Questo novizio incontrò il diavolo mentre fuggiva con il manoscritto, mentre attraversava il ponte del fiume; il diavolo lo minacciò dicendo: "Torna al tuo Ordine e restituisci il Salterio al servo di Dio, frate Antonio, altrimenti ti getterò nel fiume, dove annegherai nel tuo peccato".

Il novizio, pentito, restituì il Salterio e confessò umilmente la sua colpa a Sant'Antonio, che aveva pregato per trovarlo.

Per saperne di più
Evangelizzazione

Gesù", un libro originale per la catechesi familiare 

"Un inno alla vita di Gesù raccontata nei Vangeli". Così il cardinale Carlos Osoro descrive il nuovo libro "Jesús", delle Ediciones DYA, presentato a Madrid, scritto alla luce dei misteri del Rosario, pensato per essere condiviso in famiglia e che "piacerà ai bambini di 10 anni e ai loro genitori di 40", dicono i suoi autori.

Francisco Otamendi-13 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

"Un giorno ho cominciato a pensare a come i primi cristiani trasmettevano la fede ai loro figli. E sono giunto alla conclusione che quei primi cristiani, essendo ebrei battezzati, hanno fatto come i loro padri avevano fatto con loro. I loro padri avevano raccontato loro che il mondo era stato creato da Dio, di Abramo, di Mosè, dei Profeti e del Regno di Davide, ecc.

"Essi (ebrei convertiti) che avevano creduto che Gesù Cristo fosse il Messia, che avevano imparato ad amarlo e a seguire i suoi insegnamenti, raccontavano ai loro figli di Gesù, della Santa Famiglia di Nazareth, delle sue parabole, del suo comandamento dell'Amore, della sua Passione, Morte, Resurrezione e Ascensione al Cielo, e della venuta dello Spirito Santo sugli Apostoli (...). Ma chi è Gesù? Questo è rivelato nel libro"..

È così che uno dei suoi autori, Pedro de la Herrán, sacerdote e specialista in pedagogia religiosa, ha esordito parlando del libro "Jesús" durante la cerimonia di presentazione che si è svolta nell'auditorium di "Alfa y Omega", nel cuore del centro storico di Madrid. 

Aiuto per incontrare Gesù

Poco dopo, De la Herrán ha ricordato un'espressione di Papa Francesco nell'esortazione "....".Evangelii gaudiumNon mi stancherò mai di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci portano al cuore del Vangelo: 'Non si comincia ad essere cristiani con una decisione etica o una grande idea, ma con l'incontro con un evento, con una Persona, che dà un nuovo orizzonte alla vita e, con esso, un orientamento decisivo'" (Deus caritas est).

"Ebbene, questo piccolo libro che viene presentato oggi vuole essere un aiuto per rendere possibile questo incontro con Gesù nel cuore della famiglia", ha sottolineato Pedro de la Herrán. "Lo scopo di questo libro è aiutare i genitori e i loro figli dai 9 anni in su a conoscere e amare di più Gesù e a scoprire in lui il volto di Dio", ha sottolineato.

Jesus" offre ai bambini e ai loro genitori un approccio semplice e attraente alla figura di Gesù Cristo, è illustrato con disegni originali dell'architetto Mariola Borrell e segue lo schema dei venti misteri del Rosario. 

presentazione di Gesù
Gli autori durante la presentazione del libro a Madrid

Gloria Galán: genitori che leggono con i loro figli

La coautrice del libro, Gloria Galán, madre di famiglia, laureata in pedagogia e insegnante di Religione, ha aggiunto sulla stessa linea della catechesi familiare: "Sono catechista da più di trent'anni e vedo, settimana dopo settimana, come il compito di trasmettere la fede ai più piccoli stia diventando sempre più complicato". In questo libro su Gesù, "l'ideale è che i genitori accompagnino i loro figli nella lettura, sono sicuro che piacerà loro quanto o più di loro, perché penso che sia un libro piacevole e facile da leggere".

"Il fatto è che, oltre al problema che tutti conosciamo della secolarizzazione della società, negli ultimi anni ci siamo trovati di fronte alla difficoltà di far comprendere ai minori idee o concetti un po' astratti, conoscenze che non sono puramente pratiche e immediate", ha detto la catechista Gloria Galán.

Difficoltà di comprensione della lettura

"Come probabilmente avrete sentito in questi giorni sui media, la comprensione della lettura da parte dei bambini è diminuita in modo significativo negli ultimi anni", ha continuato il coautore. "Ma a me, come cristiano e catechista, non interessa tanto l'origine del problema quanto la sua soluzione, perché dobbiamo adattarci ai tempi, e questi sono i nostri tempi.

Galán ha poi descritto alcune delle difficoltà che deve affrontare in classe: "Una delle difficoltà è che i bambini non capiscono molte delle parole che per noi sono comuni, e ancor meno quelle che hanno a che fare con idee o concetti; per esempio, se parlo loro di un miracolo di Gesù, lo identificano con la magia. Allora spiego che no, un miracolo è un "evento soprannaturale", ma questa risposta non chiarisce nulla per loro, perché non conoscono il termine "soprannaturale".

Di fronte a questo problema, gli autori hanno deciso di "realizzare le storie in un linguaggio semplice, facile da capire, spigliato, ma allo stesso tempo dignitoso, in modo che il libro piaccia sia ai bambini che ai loro genitori. Non è una storiella per bambini", ha aggiunto l'insegnante e catechista.

Per quanto riguarda la cronologia, "l'idea di seguire lo schema dei 20 misteri del rosario ci è sembrata la più appropriata, perché è davvero la più simile a una biografia 'ordinata', che va dall'annunciazione all'incoronazione di Maria".

Bambini canonizzati o in fase di processo

Alla fine di ogni capitolo, ha ricordato Gloria Galán a Omnes, "consigliamo di leggere la vita di un bambino canonizzato o in via di canonizzazione. Anche in questo caso, abbiamo cercato di rendere il linguaggio il più possibile accessibile e comprensibile (martirio, mortificazione, offerta, sono parole poco familiari per i bambini)". 

Sono storie molto brevi che "mostrano come seguire Gesù non sia una cosa impossibile da fare", aggiunge la catechista, "ma che anche i bambini sono capaci di Dio". Tra questi ci sono Carlos Acutis, Francisco e Giacinta Marto, Maria Goretti, Laura Vicuña e Domingo Savio, per esempio.

"Spero sinceramente che il libro vi piaccia quanto piace a noi, e soprattutto che sia un aiuto molto prezioso per aiutare i più piccoli a conoscere e a innamorarsi di Gesù", ha detto Gloria Galán, che scrive anche teatro per bambini e attualmente pubblica libri di catechesi per l'istruzione infantile e primaria. 

Manuel Bru: un "servizio di evangelizzazione".

Quasi a mo' di conclusione, il Delegato episcopale di Catechesi dell'arcidiocesi di Madrid, Manuel Bru, si è congratulato con tutti per l'iniziativa, e in particolare con "don Pedro per la sua passione e il suo rigore in tanti anni al servizio della catechesi: un servizio al popolo". evangelizzazione". Manuel Bru ha sottolineato l'originalità "dell'itinerario del Rosario, che trovo molto interessante, una catechesi narrativa con risorse bibliche. Gli do il mio pieno appoggio", ha detto.

Il libro "Jesus" include anche video e canzoni (con i rispettivi QR)Pedro De la Herrán, che attualmente dirige e pubblica in Edizioni DYA Catechesi, anch'essa un'iniziativa dell'imprenditore Manuel Capa. Ediciones DYA ha come obiettivo la pubblicazione di catechesi familiari di ispirazione catecumenale, ed è integrata nella Fondazione Telefamiliapresieduto da Andrés Garrigó.

L'autoreFrancisco Otamendi

Vaticano

"Notalone", incontro in San Pietro a favore della fraternità umana

Rapporti di Roma-12 giugno 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

 Sabato 10 giugno, Piazza San Pietro ha ospitato l'evento #Notalone, un incontro globale sulla Fraternità Umana con la partecipazione di 30 premi Nobel, artisti circensi e premiati come Andrea Bocelli.

Il culmine dell'evento è stata la firma di una dichiarazione sulla fraternità umanaI premi Nobel erano tra coloro che hanno scritto il libro. In esso si poneva l'accento sul dialogo per vivere come fratelli e sorelle nonostante le differenze.


AhOra potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.
Vaticano

Francesco chiede ai Gemelli "una grande alleanza spirituale e sociale".

Il recupero post-operatorio di Papa Francesco al Policlinico Gemelli è soddisfacente. "Tutto procede molto bene", affermano i medici, che hanno consigliato al Santo Padre di recitare l'Angelus questa domenica in privato e di sospendere la sua attività pubblica fino al 18. Sabato il Pontefice ha definito l'Incontro mondiale sulla fraternità umana "una grande alleanza spirituale e sociale".

Francisco Otamendi-12 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

"Il Papa sta bene, tutto procede molto bene", ha confermato il professor Sergio Alfieri, il chirurgo che ha operato il Papa mercoledì scorso. Direttore del Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche Addominali ed Endocrino-Metaboliche del Policlinico Gemelli, Alfieri ha spiegato che "il Santo Padre ha accettato il parere medico e domani (domenica, ndr) reciterà la preghiera dell'Eucarestia". Angelus in privatoSi è unito spiritualmente, con affetto e gratitudine, ai fedeli che desiderano accompagnarlo, ovunque si trovino. Gli abbiamo dato un suggerimento medico e lui ha deciso.

Il Santo Padre ha trascorso il fine settimana "tra riposo e lavoro" e "ha ricevuto l'Eucaristia", ha riferito la Sala Stampa della Santa Sede. Era la vigilia della celebrazione della Solennità di San Paolo. Corpus Christi in alcune città e paesi, anche se in altri, come il Vaticano, è stata celebrata il giovedì. Il Papa si stava riprendendo dall'intervento chirurgico a cui è stato sottoposto giovedì.

In un discorso rivolto ai trenta premi Nobel, ad artisti di fama mondiale come Andrea Bocelli, Al Bano, Amara e Roberto Bolle, e ai fedeli che hanno partecipato all'evento. Incontro mondiale sulla Fraternità Umana, tenutasi in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha lanciato un appello: "Sentiamoci chiamati ad applicare il balsamo della tenerezza nelle relazioni che si sono logorate, sia tra le persone che tra i popoli. Non stanchiamoci di gridare "no alla guerra", in nome di Dio e di ogni uomo e donna che aspira alla pace.

"Inviolabilità della dignità umana".

In un messaggio all'evento vaticano, intitolato #NonSolo (non solo), letta dal Cardinale Mauro Gambetti, Vicario del Papa per la Città del Vaticano e Presidente della Fondazione Fratelli tutti, il Pontefice ha esordito dicendo che "pur non potendo ricevervi personalmente, desidero darvi il benvenuto e ringraziarvi di cuore per la vostra presenza. Sono felice di poter riaffermare con voi il desiderio di fraternità e di pace per la vita del mondo".

Il Papa ha poi affermato: "Nell'Enciclica Fratelli tutti Ho scritto che "la fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all'uguaglianza" (n. 103), perché chi vede un fratello vede nell'altro un volto, non un numero: è sempre "qualcuno" che ha una dignità e merita rispetto, non "qualcosa" da usare, sfruttare o scartare". 

"Nel nostro mondo, lacerato dalla violenza e dalla guerra, non bastano gli armeggi e gli aggiustamenti", ha aggiunto Francesco, facendo appello, come riportato sopra, al fatto che "solo una grande alleanza spirituale e sociale che nasca dai cuori e ruoti intorno alla fraternità può rimettere al centro delle relazioni la sacralità e l'inviolabilità della dignità umana". 

"Per questo la fraternità non ha bisogno di teorie, ma di gesti concreti e scelte condivise che la rendano una cultura di pace. La domanda che dobbiamo porci non è tanto cosa mi può dare la società o il mondo, ma cosa posso dare io ai miei fratelli e sorelle", ha aggiunto.

"Tornando a casa", ha precisato il Pontefice, "pensiamo a quale gesto concreto di fraternità possiamo compiere: riconciliarci con la famiglia, gli amici o i vicini di casa, pregare per chi ci ha fatto del male, riconoscere e aiutare chi è nel bisogno, portare una parola di pace a scuola, all'università o nella vita sociale, ungere con la nostra vicinanza qualcuno che si sente solo".

Scegliendo la fraternità, le cose cambiano

Il Papa ha anche citato la parabola del Buon Samaritano, molto ricorrente nei messaggi del Pontefice. "Penso alla parabola del Samaritano (cfr. Lc 10,29-37), che si ferma con compassione davanti all'ebreo bisognoso di aiuto. Le loro culture erano nemiche, le loro storie diverse, le loro religioni ostili l'una all'altra, ma per quell'uomo la persona incontrata sulla strada e il suo bisogno erano al di sopra di tutto". 

Francesco ha sottolineato: "Quando le persone e le società scelgono la fraternità, cambiano anche le politiche: la persona prevale sul profitto; la casa comune che tutti abitiamo sull'ambiente che viene sfruttato per i propri interessi; il lavoro viene retribuito in modo giusto; l'accoglienza diventa ricchezza; la vita diventa speranza; la giustizia si apre alla riparazione e la memoria del male compiuto guarisce nell'incontro tra vittime e colpevoli". 

Alla fine, Papa Francesco ha voluto abbracciare tutti, anche se ieri non ha potuto farlo fisicamente: "Da questa serata che abbiamo trascorso insieme vi chiedo di conservare nel vostro cuore e nella vostra memoria il desiderio di abbracciare le donne e gli uomini di tutto il mondo per costruire insieme una cultura di pace. La pace ha bisogno di fraternità e la fraternità ha bisogno di incontro. Che l'abbraccio dato e ricevuto oggi, simboleggiato nella piazza dove siete riuniti, diventi un impegno di vita. E una profezia di speranza.

Il cardinale Parolin: messaggio di dialogo e di pace

Il Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, nel suo messaggio finale ha fatto riferimento alla dialogo e un negoziato trasparente: "Uniti a Papa Francesco, vogliamo ribadire che 'la vera riconciliazione non sfugge al conflitto, ma si realizza nel conflitto, superandolo attraverso il dialogo e il negoziato trasparente, sincero e paziente' (Fratelli tutti, n. 244). Tutto questo nel quadro dell'architettura dei diritti umani". 

"Vogliamo gridare al mondo in nome della fraternità", ha continuato: "Mai e poi mai la guerra! È la pace, la giustizia, l'uguaglianza che guida il destino di tutta l'umanità. No alla paura, no alla violenza sessuale e domestica! Mai più conflitti armati. Mai più armi nucleari e mine antiuomo. Basta migrazioni forzate, pulizie etniche, dittature, corruzione e schiavitù. Fermiamo l'uso manipolatorio della tecnologia e dell'intelligenza artificiale, mettiamo al primo posto lo sviluppo tecnologico e fecondiamolo con la fraternità. Incoraggiamo i Paesi a promuovere sforzi congiunti per creare società di pace, come la creazione di un Ministero per la Pace".

L'autoreFrancisco Otamendi

Mondo

Fernando de HaroGiussani trasforma la secolarizzazione in una grande opportunità".

Nella sua recente biografia di Luigi Giussani, Fernando de Haro delinea anche il presente e il futuro di uno dei movimenti chiave della Chiesa cattolica di oggi. 

Maria José Atienza-12 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

A proposta di educazione alla fede cristianaEcco come viene presentato Comunione e liberazioneil movimento fondato dal sacerdote Luigi Giussani alla fine degli anni '60. 

Il giornalista spagnolo Fernando de Haro ha appena pubblicato Padre Giussani. Lo slancio di una vitaun ritratto vivace, agile e, allo stesso tempo, completo della figura di "Don Gius". 

Come è nata l'idea di scrivere questa biografia di Luigi Giussani?

-Appartengo a Comunione e Liberazione e ho conosciuto personalmente Giussani nel 1985. Ho iniziato a fare biografie dopo che Alberto Savorana ha fatto un grande lavoro di ricerca che ha portato a una biografia di più di mille pagine. Alcune persone mi hanno chiesto qualcosa di più informativo. 

Non volevo che il lettore leggesse una descrizione della vita di Giussani, ma che potesse vivere con lui, conoscere le sue reazioni alle sfide che ha affrontato. 

Quando ho iniziato a documentarmi ho capito che era oceanico, ne ho parlato con un amico che mi ha consigliato di attenermi a ciò che mi faceva vibrare. È così che ho lavorato. Il lavoro di documentazione ha avuto tre assi: bibliografico, leggendo molte cose; andando nei luoghi dove Giussani ha vissuto e parlando con le persone che hanno avuto a che fare con lui.

Ciò che più mi sorprende è come Giussani impari da ciò che gli accade, dall'esperienza. Infatti, non ha intenzione di fondare nulla, ma piuttosto di rispondere alle circostanze che vive come una vocazione: "... è un uomo di cuore".Tutto nella mia vita è stato storia".dirà. 

Mi ha colpito il modo in cui ha affrontato le circostanze, che si trattasse della nostalgia che sentiva nel seminario, del modo in cui trattava i suoi studenti, già secolarizzati, della sua malattia o della rivolta del 1968. 

Come sviluppa Giussani questo incontro con il mondo?

-Già negli anni Cinquanta del secolo scorso, Giussani ha avuto la capacità di capire che, anche se le chiese sono più o meno piene, anche se l'Azione Cattolica organizza manifestazioni più o meno numerose sotto quella crosta, molte persone hanno abbandonato la fede perché non le interessa davvero nella loro vita. Credo che questo renda la posizione di Giussani molto attuale. Egli non dà per scontato che le persone conoscano la fede, che abbiano fatto l'esperienza di fede che porta all'adesione personale. 

Giussani presenta la fede come una risposta alle esigenze di ogni persona, come una proposta che colui al quale viene presentata deve verificare se gli fa vivere la vita in pienezza. Di fronte a un mondo che, possiamo dire, rifiuta Dio, Giussani non si pone in una posizione dialettica. Al contrario, sottolinea ogni aspetto prezioso di questa realtà. Il cristianesimo in Giussani non si confronta con il mondo secolarizzato in modo negativo, ma accoglie tutto ciò che c'è in quel mondo di desiderio, di aspirazione, e lo riscatta dall'interno. Questo appare già nei suoi primi scritti e viene mantenuto. Egli trasforma la secolarizzazione in una grande opportunità.

Si tratta di un'opzione molto contemporanea. È sempre più difficile che il cristianesimo si mantenga nella pura tradizione, come vediamo, e Giusanni risponde a questo presentando la fede come qualcosa che soddisfa il desiderio umano.

Se c'è una parola che definisce la vita di fede di Giussani è evento. 

-In effetti, Giussani ha una comprensione del cristianesimo non come una dottrina, non come un insieme di nozioni o un'etica come punto di partenza. Giussani intende il cristianesimo come un incontro con una persona, come un evento. Questo è molto originale in Giussani. Egli arriva a dire che chiunque può fare l'esperienza che hanno fatto i discepoli. Questa idea è stata ripresa successivamente, di fatto, dal magistero papale, Benedetto XVI, infatti, inizia la sua prima enciclica dicendo proprio questo. E poi anche Francesco. 

Padre Giussani. Lo slancio di una vita

AutoreFernando de Haro
Pagine: 304
Editoriale: Sekotia
Città: Madrid
Anno: 2023

Comunione e Liberazione è caratterizzata da questo incontro con persone di cultura o di altre realtà del mondo che spesso sembrano antagoniste nei loro principi.

-A Giussani piaceva incontrare persone "vive", umanamente vive, vibranti. In primo luogo, quel colloquio lo interessava umanamente perché gli interessavano quelle persone in cui l'umano vibrava con intensità. La seconda questione, per lui, è che una persona verifica che il cristianesimo è vero nella relazione con l'altro, non in uno scontro dialettico e difensivo con l'altro o in un'autoreferenzialità protettiva. 

Come si coniuga questa libertà con l'obbedienza nella Chiesa?

-Giussani mantiene sempre vivi due poli: l'obbedienza e la libertà. E questo è di grande fecondità. 

Vive una chiara obbedienza alla Chiesa, non un'obbedienza pigra, ma basata sulla convinzione che, senza il legame con la Chiesa, la contemporaneità di Cristo non è garantita. Accanto a questo, una grande libertà. Giussani, senza pensarci, genera una riflessione che verrà poi sviluppata soprattutto da Ratzinger, ovvero la coessenzialità del carisma all'interno della Chiesa. 

Grazie a esperienze come Comunione e Liberazione e altri movimenti, non esiste più questa dialettica tra istituzione e carisma o tra parrocchia e movimento. L'emergere dei movimenti provoca la Chiesa a riflettere. Giovanni Paolo II è arrivato a dire che i carismi sono coessenziali all'istituzione, che vivificano le istituzioni e che l'istituzione stessa è un carisma. È una cosa molto interessante che non è ancora stata digerita appieno. Il contrario sarebbe ritornare all'idea che è sempre la gerarchia a dover prendere l'iniziativa in tutto ciò che riguarda la Chiesa, come nel caso dell'Azione Cattolica, che va benissimo ma non è l'unica cosa. 

Come si colloca la figura di Giussani nel futuro? 

-Corriamo il rischio di trasformare Giussani in una sorta di intellettuale, quando ciò che interessa di Giussani è il metodo. Un metodo educativo per la fede. Il mondo cambierà e le sfide della fede cambieranno - sono cambiate dal 1968 - ma Giussani ha lasciato un metodo che permette diverse cose. Primo, partire dall'esperienza, non in senso soggettivo, ma basandosi sul fatto che o la fede viene vissuta come fonte di intensità nella vita, di maggiore umanità, oppure non sta in piedi.

La presenza di Comunione e Liberazione nell'ambiente culturale, lavorativo, socio-politico non nasce come progetto culturale di conservazione, ma ha come obiettivo l'educazione della fede... Se un ragazzo in parrocchia impara il catechismo ma arriva alle superiori e vive in modo diverso, finirà per perdere la fede, perché la fede non sta in piedi se non è qualcosa che ti permette di vivere in tutte le circostanze. Questo metodo si basa su avere l'esperienza come discepoli che Cristo risponde al mio cuore e alle circostanze e diventare testimoni. Questo metodo rimane essenziale. Questo è il Giussani del presente e del futuro.

Stati Uniti

Conto alla rovescia per l'incontro dei vescovi statunitensi

L'Assemblea plenaria di primavera della Conferenza episcopale degli Stati Uniti si terrà in Florida dal 14 al 16 giugno.

Gonzalo Meza-12 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Dal 14 al 16 giugno, l'Assemblea plenaria di primavera della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCBL'incontro sarà aperto a tutti i vescovi). Come nelle precedenti occasioni, prima dell'inizio delle sessioni, i vescovi avranno tempo per la preghiera e il dialogo fraterno in privato. Christophe Pierre, Nunzio Apostolico negli USA, seguito da Mons. Timothy P. Broglio, Arcivescovo dell'Arcidiocesi dei Servizi Militari e Presidente dell'USCCB.

Durante questo incontro di primavera verranno presentate e discusse questioni rilevanti per la vita della Chiesa nel Paese. Congresso Eucaristico Nazionale 2024; le cause di beatificazione e canonizzazione di cinque sacerdoti diocesani della diocesi di Shreveport, Louisiana, noti come "Martiri di Shreveport"; un piano per la formazione permanente dei sacerdoti, il cui schema fornirebbe una guida per il proseguimento della loro formazione personale e sacerdotale; le priorità del piano strategico dell'USCCB per il periodo 2025-2028; una nuova dichiarazione pastorale per la cura delle persone con disabilità nella Chiesa; un piano pastorale nazionale per il Ministero ispanico e il progresso delle nuove traduzioni in inglese di varie sezioni della Liturgia delle Ore.

Partecipanti

All'incontro parteciperanno, tra gli altri, i vescovi delle 33 arcidiocesi, delle 149 diocesi degli Stati Uniti, dell'arcidiocesi per i servizi militari e di altre giurisdizioni ecclesiastiche del Paese.

Durante le sessioni pubbliche saranno presenti anche dirigenti di vari uffici dell'USCCB, esperti dei temi da trattare e giornalisti accreditati. OMNES seguirà da vicino la plenaria.

Due riunioni annuali

I vescovi americani si riuniscono due volte l'anno per affrontare le questioni più importanti della vita della Chiesa negli Stati Uniti: a novembre a Baltimora e a giugno in varie città americane.

Questi incontri costituiscono uno spazio propizio non solo per la discussione di questioni amministrative e pastorali, ma anche per la preghiera personale e comunitaria e per il dialogo fraterno, momenti che hanno accresciuto l'unità e l'amicizia in questo collegio episcopale.

Per saperne di più
Stati Uniti

Corpus Christi incoraggia gli affamati

Domenica 11 giugno, l'arcidiocesi di New York, come molte diocesi, celebrerà la solennità del Corpus Domini.

Jennifer Elizabeth Terranova-11 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Sono iniziati i preparativi per la solennità della Corpus Christi. Domenica 11 giugno, l'arcidiocesi di New York, come molte diocesi, celebrerà la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, che di solito si svolge il giovedì successivo alla domenica della Trinità.

La scorsa settimana, in tutto il Paese, molti fedeli cattolici hanno partecipato a eventi organizzati dalle loro parrocchie, scuole e gruppi locali per continuare l'obiettivo del Rinascimento eucaristico nazionale, iniziato ufficialmente nella festa del Corpus Domini del 2022.

L'Eucaristia

L'Eucaristia è "fonte e culmine della vita cristiana" (Concilio Vaticano II, Lumen gentium11), quindi l'obiettivo e l'"invito" sono tempestivi. "La rinascita è nell'aria", si vantano in molti, e l'iniziativa vuole ispirarci, incoraggiarci e ricordarci di deliziarci di Lui nell'Eucaristia, la presenza reale di Gesù Cristo.

In tempi di angoscia e confusione, ricordiamo le parole di Cristo: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Giovanni 6:51). (Giovanni 6:51).

Processione eucaristica a New York (Copyright Jeferry Bruno)

Preparazione

Il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, in preparazione al "grande giorno", incoraggia i cattolici a "mantenere le usanze cattoliche", come la genuflessione davanti al tabernacolo, perché è "un modo per dimostrare che credo di essere in compagnia del divino".

Egli sottolinea anche l'importanza di digiunare un'ora prima di ricevere il Santissimo Sacramento. "È un atto di adorazione", ha detto il cardinale Dolan. Come molti in questo movimento nazionale, Dolan spera di riaccendere la nostra fede nella presenza di Gesù nell'Eucaristia.

Da parte sua, la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti suggerisce di chiamarli se si vuole partecipare o organizzare eventi.

Per saperne di più
Risorse

L'adorazione eucaristica ci invita ad "acconsentire a Dio", non a "sentire Dio".

L'adorazione eucaristica viene talvolta utilizzata come mezzo per promuovere la pastorale giovanile, per rispondere a bisogni intimi o per cercare effetti miracolosi, ecc. Questo articolo propone alcune coordinate per valutare le pratiche pastorali che, sotto l'apparenza di un bene spirituale, possono essere inadatte a una feconda esperienza di fede nelle nostre comunità.

Marcos Torres Fernández-11 giugno 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Nella Messa mattutina di lunedì 5 febbraio 2018, Papa Francesco ha esortato un piccolo gruppo di sacerdoti di nuova nomina, e quali consigli ha dato loro il Romano Pontefice all'inizio del loro ufficio pastorale? Il Papa si è espresso così: "Insegnate al popolo ad adorare in silenzio", in modo che "imparino d'ora in poi quello che faremo tutti lì, quando per grazia di Dio arriveremo in cielo".. Un cammino, quello dell'adorazione, duro e faticoso come quello del popolo d'Israele nel deserto. "Spesso penso che non insegniamo al nostro popolo ad adorare. Sì, insegniamo loro a pregare, a cantare, a lodare Dio, ma come adorare...". La preghiera di adorazione, ha detto il Papa, "ci annienta senza annientarci: nell'annientamento dell'adorazione ci dà nobiltà e grandezza".

Senza dubbio, noi che siamo pastori del popolo di Dio portiamo nel profondo del cuore il desiderio che i nostri fedeli amino sempre di più Gesù Cristo nell'Eucaristia, facendone il centro della vita parrocchiale e delle nostre comunità di fede. L'adorazione è anche una condizione per una corretta comunione, come insegnava Sant'Agostino, ed è una naturale continuazione del mistero e della presenza reale di Cristo nel sacramento.

In questo senso, noi pastori del gregge di Cristo dobbiamo impegnarci per una celebrazione non solo bella e significativa, ma anche rispettosa e in linea con la verità della fede e con la disciplina della Chiesa, che cerca di curarla adeguatamente.

Negli ultimi decenni, grazie al magistero degli ultimi Papi e all'instancabile lavoro di innumerevoli sacerdoti anonimi, l'adorazione eucaristica ha conosciuto non solo una giusta ripresa, ma anche una popolarità benefica per la vita spirituale dei cristiani.

Allo stesso modo, questo desiderio e fervore eucaristico non è sempre stato accompagnato dal necessario discernimento, e in molte occasioni si sono osservati errori, omissioni o addirittura abusi liturgici, che spesso non sono dovuti a cattive intenzioni ma a una carente formazione teologico-liturgica di alcuni operatori pastorali.

Questo articolo vuole proporre alcune coordinate per valutare eventuali pratiche pastorali che, sotto l'apparenza di un bene spirituale, possono essere inadatte a una vera e fruttuosa esperienza di fede nelle nostre comunità.

Esposizione del Santissimo Sacramento

Innanzitutto, è bene ricordare che grazie alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II, l'adorazione eucaristica ha smesso di essere una semplice pratica di devozione eucaristica ed è diventata una celebrazione liturgica a tutti gli effetti.

In quanto celebrazione liturgica, implica un rito, un'assemblea liturgicamente costituita, norme liturgiche e orientamenti pastorali propri. Per questo motivo, il quadro di riferimento essenziale è il "Rituale della Santa Comunione e del Culto fuori dalla Messa".

I ministri devono celebrare l'esposizione del Santissimo Sacramento secondo il rituale stabilito, proprio come quando celebrano qualsiasi altro sacramento o sacramentale. È vero che il rituale attuale è abbastanza flessibile nella celebrazione dell'esposizione, purché si rispetti il minimo stabilito. Ci soffermeremo ora su alcune pratiche che si sono diffuse, ma che nella loro ritualità e nel loro significato non sono in accordo con quanto la Chiesa insegna nella sua liturgia e nella storia del dogma eucaristico.

Da un lato, è importante non spezzare lo stretto legame liturgico-teologico tra l'esposizione dell'Eucaristia e la sua celebrazione. La prima nasce e viene compresa dalla seconda. Infatti, la Chiesa intende l'adorazione eucaristica come un'estensione della Comunione sacramentale, o come un mezzo per prepararsi adeguatamente ad essa.

Il Rituale recita: "Rimanendo davanti a Cristo [...] essi favoriscono le giuste disposizioni che permettono loro di celebrare con adeguata devozione il memoriale del Signore e di ricevere frequentemente il pane datoci dal Padre". È quindi importante educare i fedeli affinché l'adorazione eucaristica non venga intesa come un sostituto della Comunione sacramentale, o come una forma di "comunione" più facile o più sensibile della Comunione sacramentale.

Anche a causa di questo legame tra esposizione e sacrificio, la Chiesa non permette l'esposizione del Santissimo Sacramento al di fuori dell'altare e tanto meno in un luogo diverso dalla chiesa. Solo in caso di esposizione prolungata, l'ostensorio può essere collocato in un espositore sopraelevato, purché vicino all'altare.

Né la montagna, né la spiaggia, né una casa privata, né un giardino, né una carrozza, né una barca sul mare di Galilea sono luoghi in cui possiamo rendere degna adorazione a Dio nel Sacramento, come la Chiesa ci ricorda costantemente nei suoi documenti magisteriali, liturgici e canonici dopo la riforma del Concilio Vaticano II. In questo senso, non è permesso nemmeno che il Santissimo Sacramento sia esposto da solo, senza che un'assemblea liturgica sia presente e preghi in adorazione.

D'altra parte, la Chiesa insegna da secoli che l'esposizione del Santissimo Sacramento ha come unico e primario scopo l'adorazione pubblica di Cristo nell'Eucaristia, la giusta confessione di fede nella Presenza Reale e la riparazione delle offese che Dio può ricevere, soprattutto nei confronti delle stesse specie eucaristiche.

In questo senso, è sempre più necessario un profondo discernimento dell'autorità ecclesiastica per vigilare su questa finalità cultuale (latreutica) della celebrazione dell'esposizione. È sempre più frequente l'uso di questa celebrazione (esposizione e adorazione) come metodo di evangelizzazione, come mezzo per riunire e promuovere la pastorale giovanile, come mezzo per rispondere ai bisogni intimi ed emotivi di alcuni profili spirituali, o addirittura come strumentalizzazione quasi superstiziosa, rivendicando poteri o effetti miracolosi dal sacramento. Nell'adorazione la Chiesa ci insegna a confessare la verità della fede eucaristica, l'abbandono alla volontà di Dio, il silenzio e la semplice lode. Nell'adorazione, la tradizione liturgica ci invita ad "acconsentire a Dio", non a "sentire Dio".

La considerazione e il riconoscimento dell'esposizione del Santissimo Sacramento come una vera e propria celebrazione liturgica, il cui centro è Cristo che presiede l'assemblea ecclesiale, deve anche aiutarci a evitare manifestazioni rituali o spirituali che riducono questo carattere di "corpo ecclesiale".

Oggi le nostre comunità non vivono al di fuori della cultura individualista ed emotiva dell'Occidente, né al di fuori dell'influenza sempre più forte della spiritualità e della ritualità dei gruppi e delle comunità evangeliche e pentecostali che non comprendono le realtà sacramentali.

Come ci insegna la Chiesa, la presenza di Cristo nell'Eucaristia è sacramentale e sostanziale. Ciò implica, da un lato, che la sua presenza reale non si dà senza il segno sensibile, che in questo caso sono le specie del pane e del vino. Qualsiasi indebolimento del segno del pane e del vino implica un occultamento della verità del sacramento, che è Cristo stesso.

Alcune celebrazioni che assomigliano a "spettacoli liturgico-festivi" perché illuminano, incorniciano, decorano o trasformano le specie del pane e del vino per generare un impatto sensibile, distorcono il modo in cui Cristo è presente nel sacramento. Allo stesso modo, presentare la presenza di Cristo come se fosse qualcosa di più che sostanziale rende difficile che la nostra relazione eucaristica con Lui sia vera e fruttuosa. La sua presenza non è corporea, perché Cristo è in cielo, ma sacramentale. Facciamo alcuni esempi.

La presenza sacramentale e sostanziale del Signore implica che non possiamo comprenderla in termini fisici, come sembra accadere in alcuni ambienti ecclesiali.

In questo senso, un fedele non riceve più comunione da Dio perché consuma più pane consacrato (incidente di quantità), né perché lo consuma alla maniera del sacerdote (incidente di qualità). Allo stesso modo, Dio non è più vicino a me perché la pisside o l'ostensorio mi vengono avvicinati, né Dio mi benedice di più perché il sacerdote mi benedice solo con l'ostensorio (incidente di luogo).

La fede della Chiesa ci insegna che l'unico effetto che questa pratica (riprovevole) può avere è quello di eccitare la sensibilità soggettiva.

Sono usanze che non riflettono la vera fede della Chiesa. Infatti, Cristo nelle specie eucaristiche non si muove, né cammina fisicamente, né è fisicamente davanti a me o vicino a me. La sua presenza è solo sostanziale e non è soggetta a tali cambiamenti.

La fede ci insegna che gli accidenti (locativi, quantitativi, qualitativi) di Cristo sono in cielo. Perciò, come diciamo, Cristo non "mi benedice" di più e meglio, o più vicino o più lontano, spostando l'ostensorio, benedicendo individualmente o esponendo il Signore da qualche parte, quasi a pretendere che sia fisicamente presente come nelle scene evangeliche. La benedizione è sul ministro sacro, e la benedizione è sull'assemblea liturgica nel suo insieme, come corpo di Cristo che è. Qualsiasi altra pratica alluderebbe a una comunione con Cristo più piena di quella sacramentale della comunione nella grazia di Dio. La preoccupazione della Chiesa per una corretta comprensione della Presenza Reale fa sì che queste pratiche siano espressamente proibite in quanto in contraddizione con le rubriche stabilite nel rituale.

Celebrazioni attraverso la televisione

Allo stesso modo, Cristo non è presente davanti a me, né io sono benedetto da Lui, se guardo una trasmissione televisiva o su Internet. Quello che i fedeli vedono davanti a loro non è il Signore, ma solo uno schermo, davanti al quale non è opportuno inginocchiarsi o pensare che Egli ci benedica.

Non c'è alcun sacramento o celebrazione sacramentale nello spettatore, e c'è solo un'unione spirituale con la celebrazione che viene visualizzata se è in diretta. D'altra parte, l'unica benedizione remota che esiste, e che non ha bisogno di YouTube, è la benedizione "Urbi et Orbi", che è un sacramentale della Chiesa che si riferisce solo all'ufficio del Romano Pontefice. Qualsiasi altro tipo di benedizione trasmessa, a maggior ragione se pretende di essere eucaristica, non è in realtà una benedizione. In questo senso, è encomiabile lo sforzo di tutti i pastori della Chiesa di spiegare bene ai fedeli che una trasmissione liturgica in diretta non è partecipazione ad essa, ma solo un mezzo di carattere devozionale per palliare l'impossibilità di assistervi e per unirsi mentalmente ad essa. Qualsiasi altro approccio indebolirebbe le fondamenta della realtà sacramentale stessa, e indebolirebbe l'importanza e la necessità della Comunione per i malati e gli anziani.

Processioni con il Santissimo Sacramento

Infine, dobbiamo ricordare che il culto eucaristico nella storia della Chiesa è stato reso solenne e pubblico per confessare pubblicamente e solennemente la presenza reale di Cristo: o perché è stata messa in discussione, o perché le stesse sacre specie sono state attaccate sacrilegamente.

Come insegna il rituale, le processioni con il Santissimo Sacramento, in particolare quelle del Corpus Domini, e le benedizioni ivi previste, hanno lo scopo di rispettare questo carattere di confessione e culto pubblico.

Pertanto, il Santissimo Sacramento esposto non deve essere usato per nessun altro scopo se non quello di manifestare la fede della Chiesa nella Presenza Reale.

Il Santissimo Sacramento nell'ostensorio, ad esempio, non può essere usato per fare cordoni sanitari pandemici, per far pensare ai fedeli dai campanili o addirittura dagli elicotteri che Dio non si dimentica di loro, per benedire i campi o chiedere la pioggia, per eseguire preghiere drammatizzate come se Dio parlasse dall'ostensorio, per compiere guarigioni fisiche o per espellere i demoni e disinfettare una casa dalla presenza del male.

Un abuso in questo senso, oltre a non confessare correttamente la fede della dottrina eucaristica, sarebbe una strumentalizzazione del Santissimo Sacramento come talismano e rimedio superstizioso, e una mancanza di fede e fiducia nei sacramentali che la Chiesa ha istituito per questi scopi specifici.

L'autoreMarcos Torres Fernández

Cultura

Il Cimitero Teutonico del Vaticano: un circo romano, Carlo Magno e la "linea di fuga" che salvò migliaia di ebrei

Il Cimitero Teutonico è un insolito cimitero all'interno delle mura dello Stato della Città del Vaticano che, pur essendo territorio italiano, gode dell'extraterritorialità concessa dai Patti Lateranensi del 1929.

Hernan Sergio Mora-10 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Nonostante le sue dimensioni ridotte (meno di 300 metri quadrati, compresa la chiesa), ha una lunga storia ed è diventata un'istituzione che risale agli albori della cristianità, in particolare sotto Carlo Magno.

Ma si intreccia anche con la storia recente: "L'istituto divenne la sede di un'organizzazione clandestina che proteggeva e nascondeva ebrei e altri perseguitati durante l'occupazione nazista, come ricorda il film del 1983 'The Scarlet and The Black' con Gregory Peck", spiega all'Omnes il sacerdote e storico Johannes Grohe, vicedirettore dell'Istituto Goerres e membro di "Arciconfraternita a Campo Santo Teutonico".

"Il sacerdote irlandese Hugh O'Flaherty (1889-1963), del Servizio diplomatico della Santa Sede, che aveva la sua residenza nelle strutture del Cimitero, permise di salvare circa 6.500 perseguitati ed ebrei, facendoli rifugiare in Vaticano e nelle sue residenze, come i 12.000 che Pio XII nascose a Castel Gandolfo", spiega.

Grazie alla cosiddetta 'Linea di fuga', che aveva il sostegno dell'ambasciatore britannico Francis D'Arcy", continua Johannes Grohe. OsborneLa principessa italiana Elvina Pallavicini, che si era rifugiata nell'ex Residenza Santa Marta, e la principessa italiana Elvina Pallavicini, che si era rifugiata nelle strutture del Cimitero, riuscirono a ottenere documenti falsi che permettevano alle persone in pericolo di vita di lasciare il Paese, eludendo così i controlli della Gestapo. Nel frattempo, il gerarca nazista e criminale di guerra Herbert Kappler non riuscì mai a catturare O'Flaherty, anche se 5 dei suoi collaboratori furono fucilati nelle Tombe Ardeatine.

Il signor Johannes Grohe, che è anche professore al Pontificia Università de la Santa Croce ricorda che Hugh O'Flaherty era chiamato "The Scarlet Pimpernel of the Vatican" (da cui il titolo del libro di J. P. Gallagher del 1967, che ha ispirato il film sopracitato), e che per dimostrare alla Resistenza che era sempre presente, pregava girando per l'area antistante la Basilica di San Pietro, conducendo i rifugiati nei sentieri accanto all'ormai demolito Museo di Petriano, accanto alla Sant'Uffizio.

Il "Camposanto dei Teutonici e dei Fiamminghi", in tedesco "Friedhof der Deutschen und der Flamen", e le sue strutture si trovano sul sito del circo romano dove fu martirizzato l'apostolo Pietro, oggi tra l'Aula Paolo VI - dove si tengono le udienze - e la Basilica di San Pietro.

Una volta che il Circum Neronianum caduta in disuso, molti cristiani vollero essere sepolti in questa necropoli, vicino alla tomba del santo apostolo.

Il cimitero teutonico è citato per la prima volta nei documenti nel 799, e sembra essere stato fondato dallo stesso Carlo Magno o legato alla sua figura grazie alla fondazione della "Schola Francorum", sicuramente la più antica istituzione germanica a Roma, che si affiancò ad altre istituzioni nordiche: i Longobardi, i Frisoni e i Sassoni, questi ultimi con l'attuale chiesa di "Santo Spirito in Sassia".

Infatti, durante il periodo dell'incoronazione di Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, i pellegrini giungevano a Roma da ogni angolo dell'impero ed era necessario dare loro ospitalità e avere un cimitero per dare degna sepoltura a chi moriva nella Città Eterna.

Così, già nel XIII secolo, la Schola Francorum altomedievale, gestita dal clero, comprendeva due chiese, l'ospizio per i pellegrini e i poveri e il cimitero. Una di queste chiese, l'adiacente "Santa Maria della Pietà", gestisce il cimitero, e ancora oggi le regole per la sepoltura richiedono che la lingua madre sia il tedesco e la residenza a Roma.

Restaurata nel 1454, i membri tedeschi della Curia romana finanziarono la ricostruzione totale della chiesa. Nel 1597 fu creata l'Arciconfraternita di Nostra Signora, con sede accanto al Cimitero Teutonico.

Su iniziativa del rettore Anton de Waal, dal 1876 fu costruita una residenza per i sacerdoti che studiavano storia e archeologia sacra, alcuni dei quali parteciparono agli scavi di Roma. Nel 1888 si aggiunse l'Istituto romano della Società Goerres.

L'Istituto e la residenza, ora "Pontificio Collegio", hanno una biblioteca con più di 50.000 libri, che contiene anche una "Biblioteca Ratzinger/Benedetto XVI, con le sue opere, in edizioni in molte lingue, e sulla sua teologia"", spiega Johannes Grohe.

Inoltre, "il cardinale Ratzinger, che era membro dell'Arciconfraternita e della Società di Goerres, aveva vissuto al Collegio per un periodo prima di trasferirsi a Piazza Leonina ed essere eletto Papa, e aveva l'abitudine di celebrare la Santa Messa ogni giovedì nella Chiesa del Campo Santo. Nel 2015 ha celebrato per l'ultima volta la Santa Messa in questa chiesa con i suoi ex studenti di teologia, il famoso "Schülerkreis", l'ex studente di teologia Johannes Grohe.

Konrad Bestle, mentre il direttore dell'Istituto Storico dell'Istituto Goerres al Campo Santo Teutonico è lo storico e rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Sacra, mons. Stefan Heid.

L'autoreHernan Sergio Mora

Stati Uniti

Difendere la vita di fronte all'aborto, cambiare i cuori

Il 24 giugno 2023 ricorre un anno dall'annullamento della sentenza Roe contro Wade negli Stati Uniti, che segna la fine dell'aborto come diritto costituzionale. In ricordo di questa svolta pro-vita, il vescovo di Arlington, Michael F. Burbidge, del Comitato per le attività pro-vita, ha pubblicato un messaggio.

Paloma López Campos-10 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Alla fine di giugno, il 24, ricorre il primo anniversario del rovesciamento della Roe v. Wade, segnando il primo anniversario della fine dell'aborto come diritto costituzionale negli Stati Uniti. Questa decisione della Corte Suprema ha rappresentato un'importante svolta nella difesa della vita e, in occasione di questa data, il vescovo Michael F. Burbidge, della Comitato per le attività a favore della vitaha inviato un comunicato.

Perseverare nel lavoro

Questa data, si legge nel messaggio, "è un giorno di continua gioia e gratitudine; un giorno per ricordare gli innumerevoli lavoratori fedeli che si sono dedicati alla preghiera, all'azione, alla testimonianza e al servizio a sostegno della causa della vita; e un giorno per rendere grazie a Dio per la sua infinita fedeltà".

Tuttavia, questo passo compiuto nel 2022 è solo l'inizio. Ci sono ancora Stati in cui la difesa del aborto è ancora in vigore o è stata addirittura protetta giuridicamente con altri strumenti. Per questo motivo, la Conferenza episcopale afferma di persistere "con fiducia nei nostri sforzi per difendere la vita".

Leggi e cuori

Lo sforzo che resta da fare non si limita al campo politico e legislativo. "Il lavoro che ci attende non è solo quello di cambiare le leggi, ma anche quello di contribuire a cambiare i cuori, con la ferma fiducia nel potere di Dio di farlo".

Questo compito è radicato nella "conoscenza della verità e nel coraggio di dirla e di viverla con compassione". Questa compassione è essenziale, come sottolinea mons. Burbidge, perché "ognuno di noi è chiamato a una solidarietà radicale con le donne che affrontano una gravidanza inattesa o difficile".

Solidarietà, si legge nella dichiarazione, significa "fare tutto il possibile per fornire loro il sostegno e l'assistenza di cui hanno bisogno per accogliere i loro figli". Per questo motivo, i vescovi sono grati per gli sforzi e le iniziative di "milioni di cattolici che vivono la chiamata della Chiesa". Vangelo attraverso le parrocchie e le comunità".

Rispetto della vita e responsabilità

Il comunicato incoraggia "tutte le persone di fede e di buona volontà" a lavorare insieme "per proclamare che la vita umana è un dono prezioso di Dio; che ogni persona che riceve questo dono ha delle responsabilità verso Dio, verso se stessa e verso gli altri".

D'altra parte, ricorda che "la società, attraverso le sue leggi e le sue istituzioni sociali, deve proteggere e prendersi cura degli esseri umani in tutte le fasi della loro vita".

Per saperne di più
Ecologia integrale

Monica Santamarina, presidente della WUCWO: "Una donna è...".

L'Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche (WUCWO) ha una nuova presidente: Monica Santamarina. In questa intervista, parla con Omnes del ruolo delle donne nella Chiesa e risponde a una delle domande più difficili del momento: che cos'è una donna?

Paloma López Campos-9 giugno 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Mónica Santamarina è la nuova presidente dell'associazione Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche (WUCWO), che definisce "una grande rete di donne cattoliche". Non solo, è "l'unica associazione pubblica internazionale di fedeli della Chiesa cattolica che rappresenta le donne".

Come spiega la stessa WUCWO sul suo sito web, la missione di questa organizzazione è quella di "promuovere la presenza, la partecipazione e la corresponsabilità delle donne cattoliche nella società e nella Chiesa, affinché possano svolgere la loro missione evangelizzatrice e lavorare per lo sviluppo umano".

In questa intervista con Omnes, Santamarina parla di come difendere il ruolo delle donne senza cadere nell'estremismo, dell'incontro che ha avuto con la Il Papa e risponde a una delle domande più difficili del momento: che cos'è una donna?

Qual è l'importanza di un'istituzione come la WUCWO?

- Per capire l'importanza dell'istituzione, credo che la prima cosa da considerare sia che essa conta quasi 100 organizzazioni ed è presente in circa 60 Paesi. Rappresentiamo più di otto milioni di donne, il che dà la misura delle possibilità che questa istituzione ha.

Nell'organo esecutivo della WUCWO, ciò che facciamo è esaminare i bisogni delle donne alla base, le esigenze delle loro comunità, le necessità di formazione. Cerchiamo di generare gli strumenti per rispondere a queste esigenze.

D'altra parte, l'importanza della WUCWO è il modo in cui la voce delle donne può raggiungere le istituzioni e gli organismi internazionali. Siamo presenti nell'ECOSOC, nel Consiglio dei diritti umani, nella FAO, nel Consiglio d'Europa, nell'UNESCO...

E possiamo anche rivolgerci ai Dicasteri e dire ciò che le donne del mondo stanno vivendo, ciò che chiedono e, allo stesso tempo, chiedere ciò di cui la Chiesa ha bisogno alle donne. Vogliamo stabilire un dialogo nella sinodalità, ascoltandoci e lavorando insieme.

Le donne devono essere più coinvolte, ma anche più istruite. Infine, con tutto questo dialogo e questa rappresentanza abbiamo l'opportunità di dare voce a chi non ne ha.

Lavoriamo a stretto contatto con i dicasteri, specialmente con il dicastero per i laici, la famiglia e la vita, e il più possibile con le nostre donne. Cerchiamo di arrivare alla base. Credo che questa sia la cosa più ricca e interessante della WUCWO, soprattutto in questo momento.

All'interno di questa dinamica di dialogo, quali sono secondo lei i grandi contributi che le donne, a partire dalla loro femminilità, possono dare alla Chiesa?

- Molte di loro. La visione femminile delle cose è diversa da quella maschile, quindi dobbiamo lavorare insieme, mano nella mano. In modo reciproco e corresponsabile. All'interno della Chiesa, la maggioranza dei membri attivi sono donne, ma la nostra voce spesso non viene ascoltata. 

Chi è più vicino ai matrimoni e ai bambini? Chi sperimenta maggiormente la povertà e la violenza? Sono le donne. Ecco perché abbiamo una missione molto importante sotto questo aspetto all'interno della Chiesa. Una missione che abbiamo svolto, ma che dobbiamo svolgere meglio insieme agli uomini.

È il momento di lavorare insieme, ciascuno nel proprio ruolo, perché tutti i ruoli sono importanti. Siamo tutti corresponsabili.

Come possiamo difendere la figura e il ruolo della donna senza cadere in posizioni radicali?

- È una sfida che stiamo affrontando. Penso che la prima cosa da fare sia guardare al Magistero e al Papa per avere una guida. Se abbiamo una guida chiara, se la ascoltiamo, la comprendiamo e la studiamo, non ci perderemo. La Chiesa ci insegna e ci dà gli strumenti perché tutti possiamo partecipare alle decisioni che vengono prese. Pertanto, una prima cosa essenziale è orientarsi.

Se vogliamo un cambiamento nella Chiesa, dobbiamo cambiarla dall'interno, non dall'esterno. Non si tratta di una lite, di una polarizzazione. Dobbiamo imparare ad ascoltarci a vicenda, ad avvicinarci.

L'importante è non perdere la guida, essere all'interno della Chiesa e del Magistero. E anche partecipare di più alla creazione di quel magistero, per il quale dobbiamo essere più preparati.

Come possiamo, quotidianamente, promuovere la presenza e la partecipazione delle donne nella Chiesa?

- Prima di tutto, le donne devono credere in ciò che valgono. Il primo problema è che a volte non ci valorizziamo, non riconosciamo il nostro valore. Dobbiamo essere consapevoli di tutto ciò che Dio ci ha dato, che abbiamo una grande dignità, pari a quella degli uomini. Dobbiamo anche capire che abbiamo una visione diversa dalla loro ed è per questo che siamo complementari. L'idea non è quella di far uscire gli uomini e far entrare noi, non funziona. Dobbiamo lavorare insieme, altrimenti non possiamo andare avanti.

Le donne devono prepararsi, devono essere sempre più preparate in teologia, nell'educazione e in tutti i settori, compreso il lavoro pastorale. È importante che acquisiscano una formazione, che abbiano gli strumenti per parlare in pubblico. In questi aspetti c'è un divario molto grande che la pandemia ha aggravato.

Ma le donne devono anche essere abbastanza coraggiose da parlare e prendere il loro posto. Non solo, deve chiederlo. Deve chiederlo con rispetto, ma a volte deve chiederlo a voce alta. Non si tratta di gridare, ma di chiedere con fermezza. Abbiamo un posto che non occupiamo e non è una questione di colpa.

È un intero processo che dobbiamo seguire, ma evitando gli estremismi. L'estremismo non risolve nulla, ti porta a uscire dai margini stabiliti dal Magistero. Ti spingono a cercare di cambiare la Chiesa dall'esterno, invece di farlo dall'interno. Tutti i grandi cambiamenti sono venuti dall'interno.

C'è una domanda molto popolare in questo momento a cui vorremmo chiedervi di rispondere come volete: che cos'è una donna?

- La donna è una meravigliosa creatura di Dio, che ha una grande capacità di dare amore. Noi donne abbiamo una grande capacità di donare noi stesse, ad esempio quando parliamo di maternità, che non deve essere necessariamente fisica ma anche spirituale.

Ringrazio sempre Dio di essere una donna. Non voglio combattere con gli uomini. Ho figli e figlie, nipoti e nipotine. Apprezzo molto il valore di ognuno di loro.

Ora, essere donna implica una vocazione specifica che vi chiama ad essere vicini agli altri. Per come siete fatte, avete una sensibilità speciale per ascoltare, per capire chi soffre, per avvicinarvi agli altri, per dialogare. Possiamo prenderci cura degli altri, dell'umanità.

Uomini e donne vedono le cose in modo diverso e questo arricchisce molto la Chiesa. Abbiamo tutti la stessa dignità, ma modi molto diversi di fare le cose che dobbiamo fare che sono complementari.

Per me la donna è una creatura di Dio che ha enormi possibilità, con enormi valori. Dio ci ha creato molto bene, ma dobbiamo crederci. Dobbiamo essere sicure di valere molto e di poter sempre migliorare.

Papa Francesco ha lavorato molto per coinvolgere maggiormente le donne nella Chiesa. La WUCWO lo ha incontrato di recente, può raccontarci qualcosa di questo incontro?

- È stato un incontro bellissimo. Sono venute circa 1600 donne e le loro famiglie. Nella WUCWO siamo sempre stati molto affezionati al Padre, proviamo un grande affetto per Papa Francesco e la gente era molto emozionata.

Abbiamo ringraziato il Papa per tutto quello che ha fatto per le donne e per la Chiesa. Gli abbiamo presentato i risultati degli ultimi progetti dell'Osservatorio, che sappiamo piacergli perché ci dedichiamo a rendere visibile l'invisibile. Gli abbiamo consegnato i risultati dei progetti in America Latina e in Africa e del progetto sulla sinodalità e le donne. Le sono piaciuti molto e ci ha esortate a continuare a lavorare, a vivere pienamente la nostra femminilità.

Papa Francesco durante l'incontro con le donne della WUCWO (OSV News / Vatican Media)

Penso che dobbiamo rendere le nostre figlie, le nostre nipoti e i giovani orgogliosi di essere donne. È qualcosa che abbiamo un po' perso, ma perché non dovremmo essere orgogliose di essere donne? Il Papa ci ha chiesto di donarci al Vangelo con la testa, con le mani, con i piedi e con tutto ciò che abbiamo.

Francesco ci ha detto di andare all'assemblea, di discutere, anche di litigare un po', ma dobbiamo dialogare. Ci ha incoraggiato ad andare avanti con l'Osservatorio, che è un meccanismo attraverso il quale la Chiesa sta imparando. Il primo a cui mostriamo i risultati è il Dicastero.

Penso che sia stato un incontro molto affettuoso. Il Papa sembrava molto felice. Tutto questo ci ha aiutato molto e abbiamo potuto davvero vedere Francesco come nostro padre, come una guida.

In qualità di presidente di WUCWOF, qual è il progetto attuale che attende con maggiore impazienza?

- Sono entusiasta che l'Osservatorio continui e si consolidi, perché sta dando molti frutti. Le donne vengono ascoltate e ascoltate, stiamo facendo rumore. È un lavoro per tutte le donne, non solo per quelle della WUCWO.

Non vedo l'ora di lavorare sodo per formarci alla sinodalità e alla formazione delle donne in generale. In particolare, vogliamo rendere la WUCWO attraente per le giovani donne. Abbiamo bisogno di raggiungerle, di avere la flessibilità e i meccanismi per raggiungerle.

Vogliamo salvare il percorso della famiglia, della maternità e della paternità. Nei media, in questo mondo polarizzato, tutto sembra negativo e la gente non vuole più sposarsi. C'è paura dell'impegno perché non è più visto come qualcosa di bello. Noi vogliamo salvare la bellezza del viaggio di nozze. Ovviamente, vogliamo anche mantenere le donne single e la loro bellezza, ci sono donne che per vari motivi sono state lasciate sole e vogliamo dare loro un'attenzione speciale.

Un'altra questione fondamentale per me sono i migranti, vogliamo costruire un nuovo futuro con i migranti e i rifugiati. È un giorno in cui dobbiamo lavorare sodo.

D'altra parte, siamo nell'anno della sinodalità e dobbiamo essere coinvolti fino in fondo. È un'opportunità per tutti noi di formarci.

Quale messaggio vuole dare alle giovani donne nella Chiesa?

- Non perdete la speranza, la Chiesa e il Signore vi aspettano. Il Signore è con voi, la Chiesa è con voi. Venite a Dio per la via più vicina a voi. Cercateci e anche noi vi cercheremo. Cercate di parlare con noi, raccontateci i vostri bisogni e le vostre paure. Parlate con noi.

Dovete sapere che è possibile essere felici, è possibile essere felici seguendo la Chiesa. Si può essere felici, anche con tutto quello che stiamo vivendo. È una sfida, ma dovete cambiare il mondo. Questo è il vostro mondo e dovete decidere che tipo di mondo volete.

Cercare il dialogo, avvicinarsi. Il dialogo intergenerazionale è molto ricco. Voi ci insegnate molto e anche noi possiamo insegnarvi. Abbiamo molto da contribuire e insieme possiamo crescere molto.

Insisto, non perdete la speranza. Riacquistatela.

Per saperne di più
Vaticano

Armand Puig i Tàrrech, nuovo presidente di AVEPRO

Armand Puig i Tàrrech è stato nominato da Papa Francesco presidente dell'Agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità delle università e delle facoltà ecclesiastiche (AVEPRO).

Antonino Piccione-9 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Armand Puig i Tàrrech, Rettore dell'Ateneu Universitari Sant Pacià di Barcellona, in qualità di Presidente dell'Agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità delle università e delle facoltà ecclesiastiche (AVEPRO), fa luce sul profilo e sulla missione di questa Agenzia eretta da Benedetto XVI con un chirografo del 19 settembre 2007.

AVEPRO

È un'Istituzione legata alla Santa Sede, ai sensi degli articoli 186 e 190-191 della Costituzione Apostolica. Bonus pastoreil cui compito è quello di promuovere e sviluppare una cultura della qualità nelle istituzioni accademiche direttamente dipendenti dalla Santa Sede e di assicurare che esse soddisfino criteri di qualità validi a livello internazionale.

Secondo vatican.vaL'adesione della Santa Sede al Processo di Bologna (avvenuta il 19 settembre 2003 durante la riunione dei Ministri dell'Istruzione dell'Unione Europea a Berlino) è stata determinata anche dall'intenzione di perseguire e realizzare alcuni degli obiettivi previsti dal Processo di Bologna, tra cui i seguenti:
- Rispetto delle specificità e delle diversità dei diversi sistemi universitari;
- Creazione di uno Spazio Comune dell'Istruzione Superiore per promuovere il coinvolgimento delle istituzioni universitarie in una dimensione internazionale;
- Attenzione alla qualità come valore intrinseco e necessario per la ricerca e l'innovazione universitaria.

Qualità dell'istruzione superiore

Le attività dell'AVEPRO sono regolate dalla Costituzione apostolica. Sapientia christiana (15 aprile 1979) e sono in linea con gli standard e le linee guida europee e con altri accordi internazionali riguardanti gli standard e le procedure per la garanzia della qualità nell'istruzione superiore.

L'Agenzia collabora con le istituzioni accademiche nella definizione delle procedure di valutazione interna della qualità dell'insegnamento, della ricerca e dei servizi, sviluppando e utilizzando strumenti operativi adeguati (linee guida, questionari, database, reti informative, ecc.). Pianifica inoltre le procedure di valutazione esterna delle varie istituzioni accademiche, organizzando visite di esperti in loco.

Pur rispettando l'autonomia con cui svolge le proprie attività, l'Agenzia lavora in partenariato con tutti gli attori coinvolti nella vita e nel progresso del Paese. università e facoltà ecclesiastiche: le istituzioni stesse, la Congregazione per l'Educazione Cattolica, le Conferenze Episcopali, tutte le autorità internazionali, nazionali e regionali, e tutti coloro che lavorano nelle varie diocesi dei Paesi in cui si trovano le istituzioni accademiche ecclesiastiche.

Armand Puig i Tàrrech

Armand Puig i Tàrrech è nato a La Selva del Camp (Spagna) il 9 marzo 1953 ed è stato ordinato sacerdote il 25 aprile 1981 per l'arcidiocesi di Tarragona.

Ha conseguito la laurea in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma e il dottorato di ricerca nella stessa disciplina presso la Pontificia Commissione Biblica.

Ha insegnato in diverse Facoltà e Istituti di Teologia. È stato decano della Facoltà di Teologia della Catalogna e attualmente è rettore dell'Ateneu Universitari Sant Pacià di Barcellona.

L'autoreAntonino Piccione

Per saperne di più
Vaticano

Il Papa si riprende da un "intervento chirurgico non complicato".

Papa Francesco si sta riprendendo dall'operazione subita la sera del 7 giugno, è cosciente e ringrazia per i messaggi di vicinanza e di preghiera.

Maria José Atienza-8 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

"L'intervento e l'anestesia generale si sono svolti senza complicazioni. Il Santo Padre ha reagito bene all'intervento", queste le parole rassicuranti della Santa Sede dopo l'operazione eseguita sul Papa la sera di mercoledì 7 giugno.

Il Papa Francesco era entrato quella stessa mattina, a conclusione dell'Udienza Generale, di sottoporsi a un'operazione a causa di un "laparocele incarcerato nella cicatrice da precedenti interventi laparotomici eseguiti negli anni passati".

La comunicazione della Santa Sede dopo l'intervento rileva che "questo laparocele causava al Santo Padre una dolorosa sindrome subocclusiva intestinale da diversi mesi".

Sviluppo dell'operazione

Inoltre, "durante l'intervento chirurgico sono state riscontrate aderenze tenaci tra alcune anse intestinali medie parzialmente congestionate e il peritoneo parietale, che hanno causato i sintomi sopra menzionati.

Pertanto, le aderenze sono state rilasciate (guarigione interna) con sbrigliamento completo dell'intera matassa tenace. Il difetto dell'ernia è stato quindi riparato mediante chirurgia plastica della parete addominale con l'ausilio di una rete protesica".

Numerose équipe mediche

L'intervento medico è stato effettuato da una nutrita équipe medica, che la nota vaticana ha riportato integralmente. L'operazione è stata diretta" dal dottor Sergio Alfieri, direttore del Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche Addominali ed Endocrino-Metaboliche del Policlinico Gemelli. A lui si sono aggiunti il dottor Valerio Papa, la dottoressa Roberta Menghi, il dottor Antonio Tortorelli e il dottor Giuseppe Quero. Papa, la dott.ssa Roberta Menghi, il dott. Antonio Tortorelli e il dott. Giuseppe Quero.

L'intervento è stato eseguito in anestesia generale dal Prof. Massimo Antonelli, Direttore del Dipartimento di Scienze dell'Emergenza, Anestesiologia e Rianimazione, assistito dalla Dott.ssa Teresa Sacco, dalla Dott.ssa Paola Aceto e dal Dott. Maurizio Soave e dalla Dott.ssa Giuseppina Annetta per il posizionamento dell'accesso vascolare centrale.

In sala operatoria erano presenti anche il Prof. Giovanni Battista Doglietto, Direttore della Cassa di Assistenza Sanitaria, e il Dott. Luigi Carbone, Medico della Direzione Igiene e Sanità dello Stato della Città del Vaticano".

Buona reazione e grazie per le preghiere

La Santa Sede ha dichiarato alla fine della nota che "l'intervento e l'anestesia generale si sono svolti senza complicazioni. Il Santo Padre ha reagito bene all'intervento".

Il buon andamento dell'operazione e il fatto che il Papa sia cosciente sono una buona notizia per il recupero del Santo Padre, che trascorrerà ancora diversi giorni in ospedale. L'agenda papale è stata cancellata per i prossimi 10 giorni.

Nella nota si sottolinea anche la gratitudine di Papa Francesco per "i tanti messaggi di vicinanza e di preghiera che gli sono giunti fin dall'inizio".

Per saperne di più
Mondo

Monsignor Fisichella: "La speranza ci fa compagnia".

In preparazione al Giubileo del 2025, Omnes ha parlato con Mons. Rino Fisichella, organizzatore e coordinatore dell'evento.

Giovanni Tridente-8 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

"Uno dei compiti che dobbiamo assumerci come Chiesa in questo momento storico è sicuramente quello di raggiungere tutti attraverso il messaggio che il Giubileo porta con sé. E questo messaggio è il messaggio della speranza. Non è un caso che Papa Francesco abbia scelto come motto 'Pellegrini della speranza'. Questo significa che siamo in cammino, ma non siamo soli: è proprio la speranza a farci compagnia". Sono le parole di monsignor Rino Fisichella, proprefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, a cui Papa Francesco ha affidato l'organizzazione e il coordinamento della prossima Giornata della Speranza. giubileo 2025L'evento è stato organizzato nell'ambito di un'iniziativa di presentazione dei lavori preparatori dell'evento a cui Omnes ha partecipato.

Come rappresentare la speranza?

- È difficile rappresentare la speranza, ma credo che con il logo scelto per il Giubileo ci siamo riusciti in qualche modo. La speranza è innanzitutto la croce di Cristo, che è il segno dell'amore del Padre. Ma quella croce ha la forma di una vela ed è rivolta a quattro persone che si aggrappano l'una all'altra, mentre la prima si aggrappa alla croce; rappresentano il mondo intero dai quattro angoli del mondo. La croce termina con un'ancora: nel mare spesso tempestoso della nostra vita, abbiamo la certezza e la fiducia di sapere a chi possiamo rivolgerci.

Una chiara preoccupazione nel magistero di Papa Francesco...

- Il Papa si fa interprete delle esigenze del popolo cristiano. Il Papa appartiene al popolo dei credenti e quindi vive con noi le gioie, le speranze e le aspettative. Francesco, come ogni pontefice, ha una visione universale, grazie a tutti gli uomini e le donne di ogni strato sociale che incontra ogni giorno, e proprio per questo dà voce anche a chi non ha voce, soprattutto ai più poveri ed emarginati.

Come possiamo, come Chiesa, vivere questa dinamica di apostolato?

- Quando parliamo di Chiesa, dobbiamo innanzitutto vedere la Chiesa che il Signore ha voluto. E il Signore ha voluto che lo Spirito Santo fosse in mezzo a noi, per guidarci a raggiungere la pienezza dell'insegnamento che Gesù ci ha dato. Il nostro "essere Chiesa" è prima di tutto partecipare alla vita che Dio ci ha dato. Per questo ogni battezzato è Chiesa, ma tutti i battezzati insieme, se non vivono alla presenza dello Spirito e non si riempiono della presenza dello Spirito, sono solo un gruppo sociale. Il desiderio di far parte della Chiesa non è quello di costringerci a riempire la giornata di cose, ma di avere una relazione con Dio, che a sua volta ci insegna a relazionarci tra di noi.

Inaugurazione del Centro dei Pellegrini

Mercoledì 7 giugno, alla presenza del Cardinale Segretario di Stato, è stato inaugurato il Centro Pellegrini - Info Point in via della Conciliazione, a pochi passi dalla Basilica di San Pietro, che accoglierà i milioni di fedeli che arriveranno a Roma per la Giornata Mondiale della Pace. giubileo 2025.

Presso il Centro sarà possibile ottenere informazioni preliminari sull'Anno Santo e sull'organizzazione del pellegrinaggio a Roma, oltre ad essere un punto di incontro per i volontari che aiuteranno i pellegrini e i turisti. Sarà inoltre possibile iscriversi al pellegrinaggio alla Porta Santa e ai vari eventi che si stanno preparando. "Vogliamo che l'esperienza del pellegrinaggio a Roma sia un'esperienza di famiglia", ha detto il cardinale Parolin dopo la benedizione dei locali. "Qui c'è il centro visibile della fede cattolica e il mio desiderio è che tutti si sentano figli di questa madre che vuole abbracciare tutti".

L'autoreGiovanni Tridente

Per saperne di più
Cultura

Corpus Domini: storia e tradizione

Questo giovedì, 8 giugno 2023, ricorre la festa del Corpus Domini, il Corpo e il Sangue di Cristo, una celebrazione che sottolinea l'importanza dell'Eucaristia nella Chiesa.

Loreto Rios-8 giugno 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Oggi è la festa del Corpus Domini, una tradizione secolare della Chiesa nata in un momento di rinnovamento eucaristico con il desiderio di riscoprire l'importanza dell'Eucaristia e la fede nella transustanziazione, la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo al momento della consacrazione.

È un evento essenziale nella vita della Chiesa, un sacramento istituito da Gesù Cristo nell'Ultima Cena con il mandato che la Chiesa continui a celebrarlo. Per dirla con le parole di San Giovanni Paolo II, "la Chiesa vive dell'Eucaristia" (dall'enciclica Ecclesia de Eucharistia, n. 1).

Il Corpus Domini viene tradizionalmente celebrato il giovedì successivo alla domenica della Santissima Trinità, anche se di solito la celebrazione si estende alla domenica successiva.

Origine del Corpus Domini

La festa del Corpus Domini ha origine nel Medioevo e fu celebrata per la prima volta nel XIII secolo nella diocesi di Liegi, in Belgio, nel 1246.

Tra gli altri miracoli eucaristici, c'è quello di Bolsena (Italia), in cui un'ostia consacrata iniziò a sanguinare mentre un sacerdote che dubitava della reale presenza di Cristo nell'Eucaristia stava celebrando la Messa. La particolarità di questo miracolo è che, oltre ad essere ispezionate dal Papa, le specie sacramentali furono ispezionate anche da San Tommaso d'Aquino, come indicato nella sito web dei miracoli eucaristici del Beato Carlo Acutis.

Il sacerdote era Pietro da Praga, che si recò in Italia per chiedere udienza al Papa. Si trovava a Orvieto con alcuni cardinali e teologi, tra cui San Tommaso. Al suo ritorno in Boemia, Pietro da Praga celebrò la messa in una chiesa di Bolsena, dove avvenne il miracolo. Dopo averne approvato l'autenticità, il Papa decise di istituire la festa del Corpus Domini per tutta la Chiesa, non solo per la diocesi di Liegi, con la bolla Transiturus de hoc mundo ad Patremnel 1264. Egli incaricò anche San Tommaso di creare la liturgia e gli inni a Gesù nel Santissimo Sacramento.

A partire dal XIV secolo, la tradizione del Corpus Domini si rafforzò e si aggiunse un altro elemento: le processioni, istituite da Papa Giovanni XXII nel 1317. Queste processioni avevano regole specifiche, anche se non comprendevano ancora la processione con l'ostia consacrata. Fu nel 1447 che Papa Niccolò V introdusse la processione per le strade di Roma con l'Eucaristia.

In Spagna, la festa del Corpus Domini è iniziata all'inizio del XIV secolo. Si conservano alcuni documenti che parlano delle prime celebrazioni e di come si svolgeva la processione. Per esempio, c'è un testo dell'abate Alonso Sánchez Gordillo (1561-1644), del 1612, che racconta come si svolgeva la processione con l'ostensorio a Siviglia: "l'ostensorio veniva portato, a causa del suo grande peso, da dodici uomini [...] che erano vestiti con abiti di lino rosso, e venivano posti sotto la copertura delle piattaforme" (Università di Almeria).

La processione e gli ostensori

Man mano che diventava una festa tradizionale e popolare, la celebrazione religiosa del Corpus Domini si è progressivamente cosparsa anche di elementi profani: "danze, rappresentazioni teatrali, musica profana, giganti, testoni e mojarrillas - che divertivano il popolo con il rumore di vesciche riempite di sassolini" (spiega la Università di Almeria). Di particolare importanza era la tarasca, una rappresentazione di un serpente gigante che guidava la sfilata.

Tarasca di Granada del 1760, conservata ad Antequera. ©CC

Di fronte alle proteste di alcuni vescovi, Carlo III vietò le danze, i gigantoni e altre manifestazioni profane che accompagnavano la processione nel 1777 e nel 1780.

Oggi, alcune processioni mantengono il loro antico percorso, come nel caso di Siviglia: l'itinerario che la processione seguiva per le strade fu stabilito nel 1532 ed è lo stesso utilizzato oggi.

Un altro elemento importante di questa celebrazione sono gli ostensori, che di solito sono oggetti preziosi e altamente ornati. Quando iniziò la tradizione del corteo processionale, l'Eucaristia veniva portata in un'arca, e solo nel 1587 si iniziò a usare l'ostensorio per uscire in strada.

Alcuni degli ostensori utilizzati nel nostro tempo sono molto antichi. L'ostensorio conservato nella cattedrale di Toledo e utilizzato per la processione della Corpo risale al XVI secolo ed è stato realizzato dall'argentiere Enrique de Arda; quello della cattedrale di Siviglia è opera di Juan de Arfe Villafañe, sempre del XVI secolo. Dal canto suo, la cattedrale di Valencia possiede l'ostensorio più grande del mondo, con seicento chili d'argento e cinque d'oro, oltre a pietre preziose e perle.

Tradizioni popolari

La festa del Corpus Domini è anche scandita da tradizioni popolari locali in quasi tutte le regioni del mondo. In Perù la processione è accompagnata da danze tradizionali come la Danza de los Negritos, i Voladores de Papantla o i Quetzales.

In Messico c'è la tradizione di regalare muli, grazie a un'antica storia che racconta che il mulo di un uomo che stava pensando alla vocazione sacerdotale si inginocchiò al passaggio dell'ostensorio con l'Eucaristia.

Nel frattempo, in alcune regioni di Panama, soprattutto a La Villa de los Santos e Parita, c'è l'usanza di travestirsi da demoni, che danzano durante la processione e finiscono per arrendersi a Cristo Eucaristia e togliere le loro maschere. Queste danze sono state dichiarate Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità dall'UNESCO.

L'Eucaristia nella vita della Chiesa

Tutte queste manifestazioni evidenziano l'importanza dell'Eucaristia in questo giorno. Nell'enciclica di San Giovanni Paolo II citata sopra, Ecclesia de EucharistiaRicordando l'istituzione di questo sacramento da parte di Gesù Cristo, il Papa si chiede: "Gli Apostoli che parteciparono all'Ultima Cena compresero il significato delle parole che uscirono dalle labbra di Cristo? Forse no. Quelle parole sarebbero state chiarite pienamente solo alla fine della Triduo sacro(...) Dal mistero pasquale nasce la Chiesa.

Proprio per questo l'Eucaristia è il sacramento per eccellenza del mistero pasquale, è al centro della vita della chiesa. Lo si vede dalle prime immagini della Chiesa negli Atti degli Apostoli: "Si dedicavano all'insegnamento degli apostoli e alla comunione, alla frazione del pane e alle preghiere" (2, 42). (...) Dopo duemila anni stiamo ancora riproducendo quell'immagine primordiale della Chiesa".

L'Eucaristia, insomma, realizza una delle ultime promesse di Cristo prima dell'Ascensione: "E sappiate che io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Per saperne di più
Evangelizzazione

Verso la piena inclusione delle persone con disabilità

La National Catholic Partnership on Disability è stata fondata nel 1982 come istituzione no-profit per promuovere la piena partecipazione delle persone con disabilità e delle loro famiglie nella Chiesa e nella società.

Gonzalo Meza-8 giugno 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

Le persone con disabilità devono affrontare molte sfide nella vita quotidiana. Una di queste è la mobilità e l'accesso ai luoghi pubblici. Altre sono il lavoro o i trasporti, che spesso non accolgono le persone con disabilità.

Ne consegue un'esclusione passiva che in alcuni casi si trasforma in discriminazione. Per prevenire questa situazione e incoraggiare la piena inclusione delle persone con disabilità, nel 1990 è stato approvato negli Stati Uniti l'Americans with Disabilities Act (ADA), che proibisce la discriminazione delle persone con disabilità in tutti i settori della vita pubblica, compresi l'occupazione, gli alloggi pubblici, i trasporti e le comunicazioni. La legge richiede, tra l'altro, che i luoghi pubblici dispongano di parcheggi dedicati alle persone con disabilità, di accessi con rampe e di strutture di movimento all'interno degli edifici, come ascensori o servizi igienici appositamente progettati. 

Sebbene questo regolamento abbia rappresentato un momento di svolta nella società americana, la Chiesa stava già pensando a un comitato per le persone con disabilità dal 1975. Il risultato fu la pubblicazione da parte della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti di una dichiarazione pastorale in cui i vescovi sollecitavano l'inclusione delle persone con disabilità nella Chiesa e nella società, rendendo più facile la loro partecipazione.

Così è nata la Alleanza cattolica nazionale sulla disabilità (NCPD). È stata fondata nel 1982 come istituzione no-profit per promuovere la piena partecipazione delle persone con disabilità e delle loro famiglie nella Chiesa e nella società. Dalla sua fondazione ad oggi, il NCPD ha pubblicato diversi documenti a tal fine, tra cui un manuale per promuovere la partecipazione delle persone con disabilità in parrocchia, la creazione di parrocchie accessibili, linee guida per la celebrazione dei sacramenti, in particolare le "Messe amiche dei sensi".

Ha inoltre partecipato a diversi seminari e conferenze internazionali. Il lavoro del NCPD continua. Attualmente offre corsi e workshop online sulle pratiche catechistiche, messe a misura di sensoriale e workshop per operatori pastorali, seminaristi e clero. 

Per saperne di più su questa istituzione, Omnes ha parlato con la direttrice Charleen Katra, direttore esecutivo, e con Esther Garcia, responsabile degli affari spagnoli. Prima di assumere l'incarico di direttrice, Charleen Katra ha lavorato per quasi vent'anni come responsabile del ministero delle disabilità dell'arcidiocesi di Galveston, Houston. 

Quali disabilità sono coperte dalla formazione che offrite?

- Charleen Katra]: Sono coperte le disabilità fisiche, intellettuali, comportamentali ed emotive. Un'eccezione è il ministero dei sordi, in quanto esiste un ufficio nazionale cattolico dedicato. Tuttavia, collaboriamo con loro. 

Quali sono le sfide che la Chiesa deve affrontare nella formazione delle persone con disabilità?

-Charleen Katra]: La sfida principale è come insegnare la fede alle persone con disabilità intellettive e di sviluppo; per esempio alle persone con disabilità intellettive e di sviluppo. Sindrome di Downo autismo. La diagnosi di quest'ultimo è aumentata sia nel mondo che nella Chiesa. La maggior parte del nostro pubblico di riferimento è costituita da persone ipovedenti, visuo-cinestesiche e tattili.

Un'altra area di cui ci occupiamo è quella delle persone affette da malattie mentali. Vivere con una malattia mentale non è solo depressione e ansia. Ci sono persone a cui è stata diagnosticata la schizofrenia o il disturbo bipolare. Offriamo corsi e workshop per adattare le lezioni di catechismo o le messe a questo pubblico. Per esempio, come fare una lezione con un approccio multisensoriale o cinestesico-tattile con segni e simboli. In questo senso, la chiesa è un luogo ideale, perché li abbiamo già. Più varietà di modi si ha per insegnare, al di là delle parole, più sarà utile. 

Quali sono i principali programmi che offrite?

-Charleen Katra]: Abbiamo corsi di formazione online. Li chiamiamo "Corsi Premier". Chiunque può partecipare ai corsi. Abbiamo anche corsi faccia a faccia. Esther Garcia offre corsi in spagnolo. Diversi membri del nostro Comitato per le disabilità mentali e il benessere offrono corsi di formazione e conferenze su questi argomenti. Collaboriamo anche con gli editori che ce lo chiedono. Recentemente abbiamo apportato alcuni adattamenti e modifiche al loro programma di corsi di catechismo.

In termini di formazione, ci sono alcuni corsi che si concentrano sulla celebrazione dei sacramenti o sulla catechesi per persone con esigenze speciali. Si tratta di corsi rivolti a tutti i destinatari, ma sono utili soprattutto per i diaconi e i sacerdoti perché parlano della preparazione e della celebrazione dei sacramenti, in particolare dell'Eucaristia, della Cresima e della Riconciliazione. A questo proposito ci sono differenze importanti che devono essere considerate per le persone con autismo. In questi casi, potrebbero aver bisogno di un traduttore o di un dispositivo elettronico per comunicare. Per cose apparentemente semplici come attraversarsi, molti di loro dovranno imparare il processo per mesi prima di poterlo fare. 

Quali adattamenti dovrebbero essere apportati a una Messa "normale" per renderla amichevole o accessibile alle persone con disabilità?

-Charleen Katra]: Siamo tutti esseri sensoriali. Ne siamo circondati: la sedia su cui siamo seduti, le luci sopra di noi, il ventilatore, la nostra auto. Sperimentiamo molte informazioni sensoriali diverse, ma alcune persone hanno un'elaborazione molto intensa. Quando il cervello di una persona non elabora i sensi in modo "normale", il problema diventa molto complicato e a volte non riesce a gestirlo. Tuttavia, tutti noi possiamo aiutarli e ridurre al minimo i loro ostacoli.

L'implementazione delle cosiddette "masse amiche dei sensi" è in aumento nel Paese. Si rivolge alle persone e alle loro famiglie con disabilità. Andare a Messa per molte persone con esigenze speciali è proibitivo perché per alcuni può diventare opprimente. Pensate ai bambini autistici che sono sensibili alla musica ad alto volume, alle troppe luci, alla folla di persone. Questi sono aspetti molto problematici per le persone affette da autismo. 

Una Messa a basso impatto sensoriale prevede, ad esempio, di accendere solo la metà delle luci, di ridurre il numero di canti per rispondere solo verbalmente, di mettere dei rosari all'ingresso della chiesa (per favorire la concentrazione dei bambini autistici o ansiosi), di scegliere letture brevi, di predicare brevemente e di cercare di mantenere le cerimonie a non più di un'ora. Questi sono esempi di piccole modifiche e adattamenti. Per attuarle, la comunità deve essere preparata in anticipo, altrimenti possono creare confusione. A volte diventiamo molto possessivi e pensiamo che sia "la nostra Messa" e persino "il nostro posto, la nostra sede". Le persone devono essere educate al fatto che una Messa speciale sarà frequentata da persone diverse. Se le persone vengono educate, capiscono e diventano molto più ricettive. 

Quante diocesi negli Stati Uniti sono affiliate all'NCPD?

-Charleen Katra]: Direi che circa il 50 per cento delle diocesi ha almeno una persona con questa responsabilità. Serviamo circa 15 milioni di cattolici. Ci sono diocesi che probabilmente hanno un ministero dedicato, ma non hanno un collegamento con noi. Mi piacerebbe vederle tutte. Qui la porta è aperta. Sebbene il nostro punto di contatto principale siano le cancellerie delle diocesi, facciamo anche da tutor al clero, ai responsabili dei consigli parrocchiali, ecc. Siamo qui per servire chiunque nella Chiesa. Ma, come ho detto, la leadership diocesana è il nostro pubblico principale.

Quali risorse offrite ai cattolici ispanici?

-Esther García]: Ho iniziato a lavorare con l'NCPD nel 2016. Ho iniziato come membro del consiglio di amministrazione nel 2014 e poi ho dovuto lavorare con le diocesi per costruire relazioni e collegare il ministero della disabilità con quello ispanico. Ci assicuriamo di avere risorse in inglese e in spagnolo. Traduco e rivedo i materiali in modo che abbiano la stessa qualità e lo stesso formato di quelli in inglese. Ci sono varie risorse, come corsi e seminari. Aiutiamo gli Stati Uniti, ma abbiamo ricevuto richieste anche dall'Ecuador, dal Cile e dall'Europa. 

Potete condividere una storia speciale che vi ha toccato il cuore?

-Charleen Katra]: Ce ne sono molti, ma me ne viene in mente uno. Era un'e-mail di un signore che parla della necessità della presenza della comunità dei disabili alla Messa. La sua e-mail descrive ciò che ha vissuto durante una Messa.

All'inizio dell'omelia, questa persona è stata sincera e mi ha detto che era distratta. Guardandosi intorno ha visto un bambino su una sedia a rotelle. Accanto a lui c'era un padre che si prendeva cura di lui. Con un panno gli asciugava la saliva che gli colava via, ma lo faceva con una tale tenerezza, compassione e gioia, che mostrava cosa un padre è disposto a fare per una persona cara. Questa è stata la migliore omelia per l'uomo che mi ha mandato la posta, perché era il Vangelo "incarnato", il messaggio che Dio gli ha dato. In questo esempio possiamo vedere come una persona disabile evangelizzi gli altri quando sono insieme. Lì il corpo di Cristo è completo. Tutti insieme in piena inclusione. 

-Esther García]: Si trattava di una ragazza adolescente su una sedia a rotelle. Non poteva parlare a causa di una condizione particolare. Era seduta a un tavolo fuori dalla chiesa. Ho scoperto che non aveva fatto la prima comunione e che alla sua età doveva fare la cresima. Pensavo di poterla aiutare preparandola con lezioni personali. Uno dei suoi familiari mi disse di no, perché qualcuno in chiesa le aveva negato i sacramenti a causa della sua condizione. In quel momento ho capito che come comunità ecclesiale c'era qualcosa che non andava. Non era giusto. Decisi di intervenire e di aiutarla.

Abbiamo iniziato i corsi di preparazione ai sacramenti. Dopo qualche tempo, la bambina ha ricevuto la riconciliazione, la prima comunione e la cresima. La madre e i suoi parenti erano felici. Penso che molte volte come operatori pastorali dobbiamo essere consapevoli dei bisogni delle persone con disabilità. Sembrano invisibili. Non vengono visti perché molte volte non abbiamo aperto loro le porte. Dobbiamo farli entrare non solo nella comunità ecclesiale, ma anche nelle Messe.

Per saperne di più
Vangelo

Eucaristia: il desiderio del cielo. Corpus Domini (A)

Joseph Evans commenta le letture del Corpus Domini (A) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-8 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Quel pane miracoloso, la manna, che ha tenuto in vita Israele durante il cammino nel deserto, era destinato a rivelare la propria inadeguatezza. Svolse il suo compito e mantenne gli israeliti in vita nel deserto, ma, come Mosè disse al popolo - e noi sentiamo nella prima lettura di oggi - questo pane indicava una realtà più grande. "Vi ha afflitti e vi ha affamati, poi vi ha nutriti con la manna, che voi non conoscevate, né conoscevano i vostri padri, per farvi capire che l'uomo non vive di solo pane, ma che vive di tutto ciò che esce dalla bocca di Dio"..

Lo scopo del pane era quindi quello di insegnare agli israeliti a non limitare la loro fame al pane fisico. Dovevano imparare a confidare in Dio, a trovare in Lui il loro nutrimento definitivo. Purtroppo, sembra che al tempo di Gesù non avessero ancora imparato questa lezione. Quando Gesù moltiplicò i pani nel deserto, i Giudei vennero da lui a chiederne altri. E Gesù deve dire loro: "Non affaticatevi per il cibo che perisce, ma per quello che dura fino alla vita eterna, che il Figlio dell'uomo vi darà".. Deve ricordare loro il carattere limitato del pane ordinario, anche quando viene prodotto miracolosamente: "I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono"..

Ma Gesù annuncia loro un pane molto più grande dell'insegnamento di Dio inteso metaforicamente, per "nutrirsi" di esso. L'Eucaristia non è la parola di Dio, ma è la Parola di Dio. È Dio stesso, il logos, la Parola stessa di Dio, consustanziale al Padre, data a noi sotto forma di pane - e di vino. È questo che celebriamo nella festa di oggi, il Corpus Domini. Le letture della Messa di oggi sottolineano la letteralità dell'Eucaristia. Mosè disse al popolo: non cercate il pane, cercate la parola di Dio, il suo insegnamento. Gesù va oltre e ci dà un pane che è esso stesso Parola di Dio, non solo il suo insegnamento, ma il Maestro stesso.

E questo pane non ci terrà in vita solo per qualche anno, ma per l'eternità. Se mangiamo il pane eucaristico "Abbiamo la vita eterna". (cioè lo possediamo già ora, in parte, come prima partecipazione) e Cristo "Egli ci risusciterà nell'ultimo giorno".. Mangiare Cristo ci fa vivere in lui, e conclude "Chi mangia di questo pane vivrà per sempre".. Così, mentre celebriamo questa festa e ogni volta che riceviamo l'Eucaristia, il nostro pensiero deve andare all'eternità. Non si tratta semplicemente di un nutrimento per un deserto geografico di alcuni anni, che porta alla vita in una Terra Promessa che si è rivelata una benedizione molto disuguale. È un nutrimento che ci conduce attraverso il deserto del nostro stato imperfetto sulla terra alla gioia incontaminata della vita eterna con Dio. Ricevere l'Eucaristia dovrebbe risvegliare in noi un desiderio sempre maggiore di paradiso.

Omelia sulle letture del Corpus Domini (A)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Stati Uniti

La nuova generazione di sacerdoti americani

La Conferenza episcopale statunitense ha recentemente pubblicato uno studio sulle vocazioni sacerdotali negli Stati Uniti. In questo articolo evidenziamo alcuni dei dati più significativi.

Paloma López Campos-8 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

C'è chi dice che ci sono sempre meno sacerdoti, e non ha torto. Tuttavia, ci sono ancora uomini che danno tutta la loro vita a Dio. Uno studio condotto dal Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti mostra che Dio continua a chiamare le persone a lasciare tutto e a seguirlo.

In occasione della Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, la Conferenza episcopale statunitense ha diffuso questi dati. I dati provengono da un'indagine condotta dal CARA (Center for Applied Research in the Apostolate), che fa parte della Georgetown University.

Il sondaggio è stato inviato ai seminaristi che saranno ordinati sacerdoti quest'anno e dei 458 a cui è stato inviato, 334 hanno risposto. Pertanto, tutti i dati riportati corrispondono alle risposte di questi seminaristi. In questo articolo presentiamo alcune delle informazioni più significative contenute nello studio.

Informazioni e struttura

Le domande del sondaggio erano molto varie. Agli intervistati è stato chiesto di seminaristi di dare risposte sulla loro formazione, sul discernimento, sulle precedenti esperienze lavorative o sull'età in cui hanno considerato per la prima volta il sacerdozio.

Con le informazioni ottenute, il documento finale è stato suddiviso in otto sezioni, comprensive di grafici che illustrano le risposte degli intervistati.

Sacerdoti e religiosi diocesani

I seminaristi che hanno risposto al sondaggio rappresentano 116 diocesi statunitensi e 24 diversi istituti religiosi. In totale, 81 % di loro saranno ordinati sacerdoti diocesani, mentre 19 % saranno ordinati in un ordine religioso.

Le diocesi o arcidiocesi con il maggior numero di seminaristi sono Arlington, Miami, Dallas e Cincinnati. In termini di congregazioni, la maggior parte degli uomini che saranno ordinati quest'anno proviene dall'Ordine di San Benedetto e dall'Ordine dei Frati Minori Cappuccini.

Il rapporto dei seminaristi con la loro diocesi o congregazione sembra essere stretto, considerando i dati. In media, i prossimi sacerdoti diocesani vivono nella loro diocesi da 16 anni. I religiosi, invece, conoscono i loro confratelli della congregazione in media da cinque anni.

Per quanto riguarda il luogo di studio, la grande maggioranza dei due gruppi stabiliti proveniva da seminari del sud degli Stati Uniti o del Midwest. Il minor numero di studenti proviene dall'Ovest, con solo 13 % degli intervistati. Non sono compresi coloro che si sono preparati fuori dal Paese, che rappresentano 7 %.

Giovani sacerdoti

L'età in cui i seminaristi hanno considerato per la prima volta la vocazione al sacerdozio è, in generale, piuttosto precoce. Le risposte indicano un'età media di 16 anni (15 per i diocesani, 17 per le congregazioni). Inoltre, in generale, i religiosi hanno iniziato a considerare la possibilità di diventare sacerdoti due anni dopo rispetto ai sacerdoti diocesani.

D'altra parte, l'età media di ordinazione è di 33 anni, quindi si può concludere che si tratta di vocazioni giovani.

Sipario culturale

64 % dei seminaristi da ordinare sono caucasici, gli ispanici o i latini sono 10 % e 6 % sono neri o afroamericani. La stragrande maggioranza è nata negli Stati Uniti (75 %), il che dimostra che si tratta della culla delle vocazioni native. I Paesi di origine più frequenti nelle risposte sono Messico, Vietnam, Nigeria e Colombia. In totale, gli intervistati provengono da 28 nazioni diverse.

Per quanto riguarda il modello educativo, solo 11 % degli uomini hanno studiato a casa. Inoltre, la grande maggioranza dei seminaristi ha una qualche forma di istruzione universitaria o di laurea. Tuttavia, solo 16 % hanno conseguito una laurea.

In termini di scuola, quasi la metà degli intervistati (43 %) ha studiato in una scuola primaria cattolica, una cifra che diminuisce a livello di scuola secondaria (34 %) e universitaria (35 %).

Radici della famiglia

Il 93 % dei seminaristi è stato battezzato da bambino e il 7 % si è convertito successivamente, in media all'età di 22 anni. È inoltre importante notare che l'84 % degli intervistati dichiara che sia il padre che la madre sono cattolici. Ma solo 33 % hanno un familiare sacerdote o religioso.

L'unità parentale è un dato significativo. 92 % hanno dichiarato che i loro genitori erano sposati e vivevano insieme, mentre i figli di genitori separati rappresentano solo 4 %.

Pratiche religiose

73 % degli uomini hanno dichiarato di aver frequentato regolarmente la Messa prima di entrare in seminario e 66 % hanno detto di aver recitato il Rosario. D'altra parte, 72 % hanno aiutato a celebrare la Messa come chierichetti e 52 % hanno fatto parte del gruppo giovanile della parrocchia.

Tuttavia, colpisce il fatto che il numero massimo di partecipanti a eventi come la Conferenza FOCUS Seek o la Giornata Mondiale della Gioventù sia di soli 11 % nell'evento più popolare, organizzato dall'Università Francescana.

Influenza principale: altri sacerdoti

Un'altra domanda del sondaggio chiede ai futuri sacerdoti quali persone li hanno influenzati a prendere in considerazione il sacerdozio. La maggioranza dei maschi (63 %) afferma che un parroco li ha incoraggiati a prendere in considerazione l'ingresso in seminario. È interessante notare che gli amici sono più numerosi nella percentuale di risposte (40 %) rispetto alle madri (37 %) o ai padri (29 %).

Per quanto riguarda coloro che li hanno incoraggiati a non partecipare al seminario, la maggioranza ha affermato che nessuno ha cercato di dissuaderli (52 %), anche se un'alta percentuale ha incontrato questo tipo di opposizione (48 %).

I più contrari sono stati alcuni membri della famiglia (21 %) oltre ai genitori. La risposta successiva più frequente è stata un amico o un partner (21 %), mentre i padri e le madri sono arrivati a 10 %.

Conclusione

In generale, si può notare che le vocazioni sacerdotali giovanili sono fiorenti negli Stati Uniti e che ci sono alcuni modelli che rendono più facile per i ragazzi prendere in considerazione la possibilità di donarsi completamente a Dio, come l'unità dei matrimoni o la familiarità con la religione fin dalla giovane età.

Per saperne di più
Vaticano

Il Papa ci incoraggia a chiedere l'amore e la passione di Santa Teresa di Lisieux

Accanto alle reliquie di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni, il Santo Padre Francesco ha dato questa mattina come esempio di forza evangelizzatrice l'amore di questa giovane carmelitana per tutti. Ha inoltre ricordato il mese del Cuore di Gesù, il Corpus Domini e la preghiera per l'Ucraina.

Francisco Otamendi-7 giugno 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

All'udienza generale di oggi, proseguendo il ciclo di catechesi sulla "Passione per l'evangelizzazione", Papa Francesco ha sottolineato che "la Chiesa, più che di tanti mezzi, metodi e strutture, che a volte distraggono dall'essenziale, ha bisogno di cuori come quello di Teresa, cuori che attirano l'amore e avvicinano le persone a Dio".

Il Santo Padre si riferiva a Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona universale delle missioni, le cui reliquie erano al suo fianco in Piazza San Pietro. "È bello che questo avvenga mentre stiamo riflettendo sulla passione per l'evangelizzazione, sullo zelo apostolico. Oggi, quindi, lasciamoci aiutare dalla testimonianza di Santa Teresa. È nata 150 anni fa e in questo anniversario intendo dedicarle una Lettera Apostolica", ha annunciato il Pontefice, poco prima di essere ammesso al Gemelli per una visita di controllo. intervento chirurgico addominale.

Riflettere sulla Santa Carmelitana di LisieuxIl Santo Padre ha detto nella PubblicoÈ la patrona delle missioni, ma non è mai stata in missione. Era una monaca carmelitana scalza e la sua vita fu segnata dalla piccolezza e dalla debolezza: si definiva "un piccolo granello di sabbia". 

Di salute fragile, morì all'età di 24 anni. Ma nonostante il suo corpo fosse malato, il suo cuore era vibrante, missionario. Nel suo "diario" dice che essere missionaria era il suo desiderio e che voleva esserlo non solo per qualche anno, ma per il resto della sua vita, anzi, fino alla fine del mondo. 

"Come un motore nascosto

Teresa è stata una "sorella spirituale" di diversi missionari, ha detto il Papa. "Dal monastero li accompagnava nella preghiera e con le lettere che inviava loro. Senza apparire, intercedeva per le missioni, come un motore che, nascosto, dà al veicolo la forza di andare avanti". 

"Tuttavia", ha sottolineato, "spesso non era compresa dalle suore: riceveva da loro "più spine che rose", ma accettava tutto con amore, con pazienza, offrendo, insieme alla malattia, anche giudizi e incomprensioni". E "lo faceva con gioia, per le necessità della Chiesa, perché, come diceva, "le rose si spargessero su tutti", soprattutto sui più lontani da Dio".

Il Papa si è poi chiesto: "Da dove viene tutto questo zelo, questa forza missionaria e questa gioia dell'intercessione? Due episodi accaduti prima che Teresa entrasse in monastero ci aiutano a capirlo", ha proseguito.

Natale 1886: dimenticare se stessi

Ecco come l'ha riassunta il Papa. "Il primo si riferisce al giorno che cambiò la sua vita, il Natale del 1886, quando Dio fece un miracolo nel suo cuore. A Teresa mancava poco al suo quattordicesimo compleanno. Essendo la figlia più piccola, era viziata da tutti in casa". 

"Al ritorno dalla Messa di mezzanotte, il padreLa figlia, stanca, molto stanca, non se la sentì di partecipare all'apertura dei regali della figlia e disse: "Meno male che è l'ultimo anno! Teresa, che era molto sensibile e incline alle lacrime, si sentì male, salì in camera sua e pianse. Ma si riprese subito dalle lacrime, scese e, piena di gioia, fu lei a incoraggiare il padre". 

"Cosa era successo? In quella notte, in cui Gesù si era fatto debole per amore, lei era diventata forte nello spirito: in pochi istanti era uscita dalla prigione del suo egoismo e del suo lamento; aveva cominciato a sentire che "la carità entrava nel suo cuore, con il bisogno di dimenticare se stessa". 

Da quel momento in poi rivolge il suo zelo agli altri, affinché trovino Dio e, invece di cercare consolazione per se stessa, si propone di "consolare Gesù, di fargli amare le anime", perché - nota Teresa, Dottore della Chiesa - "Gesù è malato d'amore e [...] la malattia dell'amore può essere curata solo dall'amore" (Lettera Marie Guérin, luglio 1890)" (Lettera Marie Guérin, luglio 1890)". E "il suo zelo, sull'esempio di Gesù Buon Pastore, era rivolto soprattutto ai peccatori, ai "lontani"".

Chi è un missionario

Questa predilezione per i peccatori e i "lontani" si rivela nel secondo episodio, ha sottolineato il Papa. "Teresa venne a conoscenza di un criminale condannato a morte per crimini orribili, Enrico Pranzini: ritenuto colpevole del brutale omicidio di tre persone, era destinato alla ghigliottina, ma non voleva ricevere la consolazione della fede. Teresa lo prese molto sul serio e fece tutto il possibile: pregò in ogni modo per la sua conversione, affinché colui che, con fraterna compassione, chiamava "povero disgraziato Pranzini", avesse un piccolo segno di pentimento e facesse spazio alla misericordia di Dio, in cui Teresa confidava ciecamente. L'esecuzione ebbe luogo. 

"Il giorno dopo Teresa lesse sul giornale che Pranzini, poco prima di posare il capo sul patibolo, 'si voltò, prese il crocifisso che il sacerdote gli presentò e baciò tre volte le sue sacre ferite'", ha detto il Santo Padre. 

"Questa è la forza dell'intercessione mossa dalla carità, dall'amore, questa è la forza motrice della missione", ha riflettuto il Papa. "Infatti, i missionari, di cui Teresa è patrona, non sono solo quelli che fanno molta strada, imparano nuove lingue, fanno opere buone e sono molto bravi nell'annuncio; no, un missionario è chiunque viva, dove si trova, come strumento dell'amore di Dio; sono quelli che fanno di tutto perché, attraverso la loro testimonianza, la loro preghiera e la loro intercessione, Gesù possa passare".

"Questo è lo zelo apostolico che, ricordiamolo sempre, non opera mai per proselitismo, mai, o per costrizione, mai, ma per attrazione: non si diventa cristiani perché si è costretti da qualcuno, ma perché si è toccati dall'amore", ha aggiunto. In conclusione, Francesco 

Ha incoraggiato: "Chiediamo al Santo la grazia di superare il nostro egoismo e la passione di intercedere perché Gesù sia conosciuto e amato". 

Francese e spagnolo: Cuore di Gesù

Durante l'udienza, il Papa ha dato "un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua francese, in particolare alle delegazioni delle diocesi di Séez e Bayeux-Lisieux, guidate dai rispettivi vescovi, che accompagnano le reliquie di Santa Teresa del Bambin Gesù nel 150° anniversario della sua nascita e nel centenario della sua beatificazione". E ha aggiunto: "Chiediamo alla nostra Santa la grazia di amare Gesù come lo ha amato lei, di offrirgli le nostre prove e i nostri dolori, come ha fatto lei, affinché Egli sia conosciuto e amato da tutti".

Ai pellegrini di lingua spagnola, ha fatto notare che "in questo mese del Cuore di GesùChiediamo al Signore di rendere il nostro cuore simile al suo e di essere suoi strumenti per "andare in giro a fare del bene". Come Santa Teresa, che ha vissuto una vita donata a Dio e dimentica di sé, amando e consolando Gesù e intercedendo per la salvezza di tutti. Che Dio vi benedica e che la Beata Vergine vegli su di voi.

Il Papa ha anche salutato calorosamente i polacchi: "Testimoniate Gesù con l'esempio della vostra vita, perseverate nella carità cristiana e nel sostegno agli ucraini", e "tutti i pellegrini di lingua inglese, specialmente i gruppi provenienti dalla Scozia, dall'Indonesia e dagli Stati Uniti d'America. Su tutti voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo. Che Dio vi benedica".

Corpus Christi

Per quanto riguarda i Paesi di lingua italiana, Francesco ha salutato la Pia Unione delle Madri Cristiane della Diocesi di Iasi (Romania), le religiose dell'Istituto Missionario della Consolata e le Suore Missionarie della Consolata che stanno celebrando i rispettivi Capitoli Generali, che ha incoraggiato a "camminare sempre con gioia nelle vie del Signore".

Il Papa ha fatto riferimento all'imminente Solennità del Corpus ChristiRivolgo ora il mio pensiero ai giovani, agli ammalati, agli anziani e agli sposi novelli, ispirato dalla prossima festa del Corpus Domini, che celebra l'Eucaristia, centro e fonte della vita della Chiesa. Avvicinatevi spesso e con devozione a Gesù, Pane di vita che dà forza, luce e gioia, e diventerà la fonte delle vostre scelte e azioni", ha detto.

Giovedì, in preghiera per la pace con l'Azione Cattolica

Infine, il Santo Padre ha informato che "domani, alle 13.00, Azione Cattolica  International propone ai credenti di diverse confessioni e religioni di riunirsi in preghiera, dedicando "Un minuto per la pace". Accogliamo questo invito, pregando per la fine delle guerre nel mondo, e in particolare per le persone amate e martirizzate. Ucraina. A tutti la mia benedizione.

L'autoreFrancisco Otamendi

Per saperne di più
Vaticano

Papa ricoverato al Gemelli per un intervento chirurgico

Al termine dell'udienza generale di mercoledì 7 giugno, Papa Francesco è stato trasferito al Policlinico A. Gemelli per un'operazione di "laparocele incarcerato". Ospedale Gemelli per un'operazione di "laparocele incarcerato".

Maria José Atienza-7 giugno 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto

Nella mattinata di mercoledì 7 giugno, la Sala Stampa vaticana ha diffuso una breve nota in cui si informava che Papa Francesco era stato ricoverato, al termine dell'udienza generale di mercoledì 7 giugno, al Policlinico Universitario A. Gemelli per essere operato nel primo pomeriggio.

Secondo la comunicazione inviata ai giornalisti, Papa Francesco sarà sottoposto a "laparotomia e chirurgia plastica della parete addominale con protesi in anestesia generale".

La nota sottolinea che l'operazione è stata "disposta nei giorni scorsi dall'équipe medica che assiste il Santo Padre" e si è resa necessaria a causa di un "laparocele incarcerato che sta causando sindromi subocclusive ricorrenti, dolorose e in peggioramento".

La degenza in ospedale dovrebbe durare diversi giorni "per consentire un normale decorso post-operatorio e il pieno recupero funzionale".

Secondo ricovero ospedaliero in 3 mesi

È la seconda volta che il Papa viene ricoverato in ospedale negli ultimi mesi. Il 29 marzo, alla vigilia delle celebrazioni della Settimana Santa, Francesco era stato ricoverato al Policlinico Gemelli per "difficoltà respiratorie".

In relazione a questo ricovero, la Sala Stampa ha inizialmente parlato di "controlli programmati". Questa informazione è stata poi rettificata quando sono state rese note le condizioni del Santo Padre.

Per saperne di più
Vaticano

La prima tappa della "missione di pace" vaticana in Ucraina si conclude con "risultati utili"

Il cardinale Matteo Zuppi è rientrato nella tarda serata di martedì 6 giugno in Vaticano dopo un breve viaggio a Kiev come inviato del Santo Padre.

Maria José Atienza-7 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

L'arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, ha concluso la sua visita a Kiev. La sua permanenza è stata di appena 30 ore, in quello che sembra essere il primo passo della missione vaticana di spingere per un accordo di pace tra Russia e Ucraina, a più di un anno dall'invasione del Paese confinante da parte della Russia.

Secondo la nota che la Santa Sede ha pubblicato sul ritorno del Il cardinale Matteo Zuppi, i risultati di questo "breve ma intenso" viaggio sembrano essere utili per "valutare i passi da compiere sia sul piano umanitario sia nella ricerca di percorsi per una pace giusta e duratura".

Nelle ore che il cardinale, membro della comunità di Sant'Egidio, ha trascorso nella capitale ucraina, ha potuto intrattenere una serie di dialoghi chiave.

Particolarmente interessante sembra essere stato l'incontro del Cardinale con il Presidente Volodymyr Zelenskyi che, lo scorso maggio, ha visitato personalmente il Santo Padre.

La nota rilevava inoltre come "l'esperienza diretta delle atroci sofferenze del popolo ucraino a causa della guerra in corso sarà portata all'attenzione del Santo Padre".

Sebbene sia ancora prematuro valutare l'esito di questa missione, voluta personalmente da Papa Francesco, resta il fatto che si tratta della prima mossa diplomatica pubblica della Santa Sede. Il passo successivo, che corrisponderebbe a una visita in Russia, non è ancora stato confermato né dalla Santa Sede né dal governo di Putin. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha infatti smentito che per il momento sia in programma un incontro tra Zuppi e il governo russo.

Sebbene il Papa si sia recato all'ambasciata della Federazione Russa presso la Santa Sede all'inizio dell'invasione e abbia avuto colloqui con Zelenskij, il Passi diplomatici del Vaticano in questo conflitto sono stati caratterizzati da grande cautela.

Sebbene aleggi costantemente nell'aria dal marzo 2022, il Santo Padre non ha dato alcuna indicazione di un'imminente visita in Ucraina e Russia. Una possibilità che ha dichiarato in più occasioni di voler perseguire per servire la causa della pace.

Assistenza umanitaria e preghiera

Zuppi non è il primo inviato papale in Ucraina, ma è il primo cardinale con una missione specificamente diplomatica piuttosto che umanitaria. Poche settimane dopo l'inizio del conflitto, Francesco ha inviato nella regione I cardinali Czerny e Krajewski dal 7 all'11 marzo 2022. Di queste, l'ammonitore pontificio ha visitato il Paese altre tre volte, l'ultima nel dicembre 2022 per consegnare ai rifugiati generatori e indumenti termici per aiutarli ad affrontare l'inverno.

Inoltre, in questi oltre 28 mesi di conflitto, il Papa non ha smesso di chiedere preghiere per la pace tra Ucraina e Russia. Oltre a rinnovare il consacrazione dell'Ucraina e della Russia al Cuore Immacolato della Vergine Maria, nel marzo 2022, il Papa ha avuto un affettuoso incontro con Sviatoslav Shevchuk,  l'Arcivescovo Maggiore di Kiev-Hali, che si è recato a Roma nel novembre 2022 per portare i sentimenti di Ucraina direttamente a Papa Francesco.

Iniziative

Testimonianza d'amore. In cammino verso il sacramento del matrimonio

Daniela Mazzone è vicepresidente dei contenuti e del supporto in lingua spagnola di Testimone d'amore. Nato più di 12 anni fa, questo progetto sostiene un metodo di preparazione al matrimonio basato sulla fiducia e sull'accompagnamento, in cui le comunità ispaniche sono una delle aree di lavoro più forti.

Maria José Atienza-7 giugno 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Il 2018 è stato un anno fondamentale nella vita di Daniela Mazzone. La giovane newyorkese, di origini dominicane, ha incontrato la coppia di coniugi Mary-Rose e Ryan Verret, che anni prima avevano dato vita al progetto "The New Yorker". Testimone d'amoreun metodo di pastorale prematrimoniale e familiare in cui le coppie di fidanzati sono accompagnate da solidi coniugi - mentori - con i quali si instaura un rapporto di fiducia e amicizia, che porta a un reale impegno nella Chiesa e a una maggiore partecipazione alle comunità parrocchiali. Un modo nuovo di trasformare i programmi di preparazione al matrimonio in fonti di discepolato matrimoniale dinamico. 

Oltre al programma di preparazione prematrimoniale di base, Testimone d'amore sviluppa altri progetti di pastorale matrimoniale. Questi includono quello che chiamano il percorso di ConvalidaL'obiettivo di questo accompagnamento è quello di formare le coppie sposate con matrimonio civile o che sono in unione da molti anni, per la ricezione del sacramento del matrimonio. 

Mazzone sottolinea alcune caratteristiche che, secondo lui, sono proprie della popolazione ispanica che, in larga misura, frequenta questo progetto. Testimonianza d'amorela linea spagnola di Testimone d'amore: "Gli ispanici che vengono a sposarsi in Chiesa hanno davvero il desiderio di ricevere il Sacramento. Molte volte è perché vogliono poter partecipare all'Eucaristia ed è per questo che vogliono regolarizzare il loro matrimonio. Ma, nonostante ciò, vedo che molte volte le parrocchie e le diocesi non danno una formazione adeguata alle coppie che vengono a convalidare il loro matrimonio. Molte volte dicono: "State insieme da quindici anni, non avete bisogno di molta preparazione", e magari fanno un matrimonio di gruppo e non danno molto sostegno, perché pensano che abbiano già l'esperienza. Ma spesso queste coppie, pur volendo l'Eucaristia, non hanno risolto le difficoltà che le hanno portate a sposarsi con rito civile.

In alcuni Paesi dell'America Latina è richiesto un matrimonio civile prima del matrimonio religioso. Molte volte si sposano con una cerimonia civile e poi emigrano negli Stati Uniti senza aver mai celebrato il matrimonio in chiesa. Spesso hanno i parenti lontani e questo si traduce in una mancanza di sostegno, perché vogliono regolarizzare il loro matrimonio, ma non hanno i parenti, non hanno nessuno a cui rivolgersi quando arrivano le difficoltà. A questo proposito, l'aspetto della consulenza e dell'accompagnamento di Testimonio de Amor è molto prezioso, perché sembra più naturale per noi ispanici stare in comunità. Penso che sia una dinamica molto bella per la nostra popolazione e che funzioni molto bene a livello parrocchiale.

Guarire le ferite e costruire un matrimonio cristiano

Uno degli aspetti più importanti del programma è che è Testimonio de Amor / Testimone d'amore, è il coinvolgimento delle coppie nella vita parrocchiale, in modo naturale. Da Testimonio de Amor, come ricorda Daniela, "Chiediamo alle coppie di scegliere i propri mentori che sono sposati da almeno cinque anni nella Chiesa, che sono qualcuno che entrambi ammirano e che praticano la fede. Non di rado, le coppie non trovano tra i loro connazionali matrimoni che rispondano a queste caratteristiche. "In questi casi".dice Daniela, "Molte parrocchie hanno quello che noi chiamiamo mentori modello, persone che la parrocchia sa che praticano la fede, sono sposate in Chiesa e sono impegnate nell'evangelizzazione. Le coppie scelgono poi una di queste coppie come mentori e, in questa dinamica, sono spesso più aperte alla possibilità di interagire con persone di culture diverse perché vedono in loro qualcosa di diverso.

Questa apertura evita la ghettizzazione nelle stesse comunità parrocchiali e crea comunità interculturali. Le coppie che si preparano al sacramento del matrimonio, sottolinea Daniela, "Vedono qualcosa di diverso in loro e ammirano il loro matrimonio. Questo dà loro l'opportunità di creare quella comunità che forse non hanno e di creare quel sostegno di cui ogni matrimonio ha bisogno".

In questo senso, come sottolinea Mazzone, l'esperienza comune è fondamentale anche per le coppie che realizzano la Percorso di convalida: "Anche con la migliore formazione, se si tratta di un corso di una settimana, se non si è legati a una relazione, se non si è sperimentata la sana vita matrimoniale di un'altra coppia, queste parole cadono nel vuoto, perché abbiamo bisogno di quell'esperienza vissuta. Spesso dimentichiamo che il sacramento del matrimonio non è solo qualcosa che una coppia riceve il giorno delle nozze. Il sacramento del matrimonio è un veicolo in cui sperimentiamo l'amore di Dio attraverso l'amore della coppia. Anche i mentori vivono più pienamente il loro sacramento, essendo quell'immagine dell'amore di Dio, condividendo il loro amore con gli altri rinnovano quel sacramento e quella grazia. Non è solo Io ti amo e tu mi ami. È qualcosa che va condiviso con gli altri".

In questa condivisione, Mazzone sottolinea come molti degli ispanici che partecipano a questo progetto "...hanno molto da dire su come sono coinvolti nel progetto.sono caratterizzati da ferite e situazioni diverse. Ecco perché la scelta dei propri mentori è così importante. Se una persona ha una storia di migrazione, può scegliere qualcuno che ha un'esperienza simile e si sente più a suo agio nel parlare di questa esperienza di migrante, o di come si sente a venire in una parrocchia dove magari c'è solo una messa in spagnolo, con un sacerdote anglosassone che ha imparato la lingua, ma magari non si sente a suo agio a conversare con lui, nemmeno in confessione, magari non riesce a darle i consigli e il sostegno di cui ha bisogno.... Questi sono temi di cui si parla nelle sessioni, soprattutto nel capitolo sulla costruzione della comunità e su come creare una famiglia, una comunità, come utilizzare il proprio tempo libero, come servire la propria parrocchia...".

Un capitolo molto importante per le famiglie ispaniche che vengono alla Percorso di convalida a Testimonianza d'amore è l'approccio al passato, alle famiglie d'origine e persino alle relazioni passate. Come nota MazzoneÈ molto comune che arrivino con figli avuti da un'altra relazione. Ci possono essere ferite che devono essere elaborate e se scelgono dei mentori che hanno un'esperienza simile, è molto più facile riuscire ad aprirsi senza sentirsi giudicati per il loro passato. Penso che questi temi siano importanti per qualsiasi coppia, ma in particolare per la popolazione ispanica sono questioni che emergono con il mentoring.

Aiuto alle coppie sposate... e ai sacerdoti

Il progetto di Testimonianza d'amore non solo sta rivitalizzando le parrocchie in cui si svolge, ma è un aiuto prezioso per i sacerdoti di queste comunità. Daniela dice che "Poiché ci sono solo pochi sacerdoti per ogni parrocchia, sono molto isolati, spesso vivono da soli. 

Mazzone ricorda un aneddoto correlato: "Avevamo un sacerdote che stava attraversando una crisi vocazionale, voleva lasciare il sacerdozio perché si sentiva molto solo. Aveva provato varie iniziative, ma non avevano funzionato; poco dopo è stato trasferito in una parrocchia dove si utilizzava la Testimonianza d'amore. 

Parte del nostro programma prevede che al quinto incontro, per il programma tradizionale, o al terzo incontro, nel programma di convalida, il sacerdote o il diacono siano invitati a casa dei mentori per discutere della teologia del matrimonio e della grazia sacramentale. Per il sacerdote è stato molto forte andare a casa dei mentori e avere queste conversazioni con loro sulla teologia del matrimonio. Ha condiviso la propria testimonianza di come è arrivato a discernere il sacerdozio, confrontando il sacerdozio con il matrimonio, ecc. Ha vissuto un'esperienza di comunità con le famiglie, vedendo la loro vita quotidiana, mangiando cibo fatto in casa e non in scatola... Per lui, questa esperienza è stata la risposta alla sua preghiera, alla sua crisi. Poter avere rapporti umani con le famiglie, che non è solo ringraziarle per la funzione, per il loro lavoro, ma poter avere quel rapporto da persona a persona che li porta a riscoprire la loro vocazione"..

FirmeRodrigo Moreno

Il Papa e i cani

Il Papa non ha nulla contro i cani in particolare, né contro le donne che non hanno figli. Tuttavia, ci sono momenti in cui scherza.

7 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Nonostante non si sia fatto coinvolgere dalla politica italiana e abbia reindirizzato tutte le domande sul Parlamento alla Il Cardinale ZuppiIl Papa, presidente della Conferenza episcopale, partecipa occasionalmente a eventi con politici di alto livello. Come nella terza edizione degli Stati Generali della Nascita tenutasi a Roma. Questi incontri sono nati nel 2021 per cercare una soluzione a un dramma che affligge l'Italia in particolare, ma anche la Spagna e quasi tutta l'Europa: non ci sono bambini.

Secondo Eurostat, il tasso di fertilità in Spagna è scesa negli ultimi vent'anni da 1,23 a 1,19 nascite per donna. L'Italia è ferma a 1,25 da due decenni. Francesco si è ribellato e ha rifiutato di "accettare che la nostra società smetta di generare e degeneri nella tristezza".. Ha chiesto di impegnarsi e che le coppie si attivino per formare una famiglia. Ciò sarebbe favorito da buoni stipendi e da politiche di conciliazione vita-lavoro, che anche lui chiede.

In un momento molto umano, Francesco ha confessato che due settimane prima aveva gridato contro una signora durante un'udienza generale. Lei gli si era avvicinata con una borsa che aveva aperto davanti a lui, dicendogli: "... non ti lascio andare", aveva detto.Puoi benedire il mio bambino?". Dentro c'era un cane e Francesco gli rispose: "Signora, tanti bambini hanno fame... e lei viene da me con il cagnolino?"..

Questo non è il suo primo commento fortunato o sfortunato sugli animali domestici. Nel gennaio dello scorso anno, in una catechesi su San Giuseppe, aveva già denunciato che "Molte coppie vogliono avere figli, ma poi hanno due gatti.". "Questa negazione della maternità e della paternità ci sminuisce".ha aggiunto.

Va da sé che Francesco non ha nulla contro i cuccioli in particolare, né contro le donne che non hanno figli (come se fosse una loro unica ed esclusiva responsabilità!). Tuttavia, è in questi momenti in cui questo Papa sempre scherzoso perde un po' le staffe che si sorride, lo si guarda con tenerezza e ci si dice: "...".Ma quanto è libero"..

L'autoreRodrigo Moreno

Giornalista specializzato in informazione religiosa.

Per saperne di più
Teologia del XX secolo

Lo studio dello Spirito Santo

Negli ultimi decenni il trattato sullo Spirito Santo è stato formalizzato. È stato arricchito da molti contributi, oltre che dalle preoccupazioni ecumeniche e dal risveglio carismatico.

Juan Luis Lorda-7 giugno 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

La teologia cattolica ha fatto molto affidamento sulla diffusione dei trattati. Un trattato mantiene vivo e organico un argomento nell'insegnamento e nella riflessione comune della Chiesa. In larga misura, la distribuzione dei trattati teologici attuali deriva dalla divisione in sezioni della Summa Theologica. In mancanza di una lunga e compatta sezione sullo Spirito Santo nella Summa, tale trattato non è stato creato, così come non è stato creato un trattato sulla Chiesa. Questo ha portato a una certa carenza di pensiero organico sullo Spirito Santo.

Molti temi convergono nello studio dello Spirito Santo. Il suo posto nella Trinità, la sua missione nella storia della salvezza ("che parlò per mezzo dei profeti": l'ispirazione biblica), il suo rapporto con la missione di Cristo (Incarnazione, Battesimo, Risurrezione, Regno) e la sua duplice missione santificatrice nella Chiesa (Magistero, Liturgia, carismi) e in ogni cristiano (inabitazione, grazia e doni). 

A ciò si aggiungono la consapevolezza che il movimento ecumenico può progredire solo sotto la guida dello Spirito Santo, l'approfondimento della teologia orientale nelle sue radici patristiche e la fioritura, prima nel mondo protestante e poi in quello cattolico, dei movimenti pentecostali e carismatici. In un contesto in cui il cristianesimo sociologico dei vecchi Paesi cristiani sembra esaurirsi, sta emergendo una moltitudine di piccoli gruppi molto vivaci, animati da carismi cristiani. Dobbiamo prestare loro attenzione.

Dal XIX secolo

La teologia protestante ha sempre guardato allo spirito profetico come giustificazione della propria posizione storica. Al contrario, la tradizione cattolica ha enfatizzato maggiormente il ruolo dello Spirito Santo nell'assistere il Magistero.

Esiste anche una devozione cattolica allo Spirito Santo che è molto diffusa e dà origine a una letteratura spirituale, con implicazioni teologiche, soprattutto sulla presenza dello Spirito Santo nelle anime e sui doni dello Spirito Santo. Entrambi i temi sono ben trattati nelle opere di Scheeben, I misteri del cristianesimo e Natura e grazia¸ con attenzione alla patristica. 

È in questa prospettiva che si colloca la notevole (e breve) enciclica di Leone XIII. Divinum illud munus (1897): "Quando sentiamo che siamo vicini alla fine della nostra carriera mortale, e che siamo lieti di consacrare tutta la nostra opera, qualunque essa sia stata, allo Spirito Santo, vogliamo parlarvi dell'ammirevole presenza e potenza dello stesso Spirito; cioè dell'azione che Egli esercita nella Chiesa e nelle anime" (1 Corinzi 3:1).. Nella stessa enciclica, il Papa ha chiesto l'introduzione di una novena prima della festa di Pentecoste. 

Va notato che nel 1886 il frate domenicano M. J. Friaque pubblicò un lungo saggio su Le Saint-Esprit, sa grâce, ses figures, ses dons, ses fruits et ses beatitudes. E il signor Gaume a Trattato sullo Spirito Santo (1884), in due grossi volumi, piuttosto curiosi. E il cardinale Manning (un personaggio di spicco in Inghilterra) due piccole opere notevoli sulla presenza delle anime e sull'assistenza dello Spirito alla Chiesa. 

Negli anni Trenta del XX secolo, c'era molto da citare e soprattutto da notare alcune opere molto erudite, sia di teologia spirituale che di teologia patristica, sul ruolo santificante dello Spirito Santo (Galtier, Gardeil). Anche la letteratura protestante (Barth, Brunner) vi ha prestato attenzione in quegli anni. 

In seguito, il tema si è arricchito di varie ispirazioni. In primo luogo la considerazione teologica della Chiesa come mistero, insieme al rinnovamento di una Teologia della Liturgia, poi il movimento ecumenico e infine l'impatto dei movimenti carismatici. Inoltre, c'è stato un riorientamento del trattato classico sulla grazia. Vediamo di analizzarlo. Cominciamo con l'ultimo punto. 

La dottrina della grazia

Sembrerebbe che la dottrina sulla grazia (così come quella sulla Chiesa) avrebbe dovuto essere un luogo privilegiato per parlare dello Spirito Santo, ma purtroppo non è stato così. Anzi, ha prodotto un certo occultamento o sostituzione dello Spirito. Si è detto spesso che la grazia ci santifica. Ma non è la grazia a santificarci, bensì lo Spirito Santo. La grazia non è un soggetto attivo (una cosa), ma l'effetto in noi dell'azione dello Spirito. Ci sono stati interi trattati sulla grazia in cui lo Spirito Santo non viene menzionato. Oppure lo si fa solo alla fine, per chiedere se lo Spirito Santo abita con la grazia. 

In realtà, è il contrario. Il trattato dovrebbe iniziare con l'unzione dello Spirito santificante e mostrare l'effetto che ha su di noi, che la tradizione cattolica chiama grazia santificante (stato di grazia) e grazie effettive. È merito di Gerard Philips, anche se non solo suo, averla studiata nei suoi bellissimi libri Abitazione trinitaria e grazia, y L'unione personale con il Cristo vivente. Saggio sull'origine e il significato della grazia creata.. Senza dimenticare che il tributo accademico a Philips si chiama: Ecclesia a Spiritu Sancto edoctacon molti articoli interessanti. 

Ma se la Summa fosse stata meglio suddivisa, sarebbe stata sufficiente. Prima delle domande da 109 a 114 della Prima SecundaeQuando San Tommaso tratta direttamente della necessità e della natura della grazia, parla dello Spirito Santo come della "nuova legge" posta da Dio nei cuori. Sarebbe stato un bell'inizio del trattato, oltre a radicarlo nel grande tema biblico della storia dell'Alleanza. 

Liturgia ed ecclesiologia

Il movimento liturgico ha contribuito con una "Teologia della Liturgia". L'essenza simbolica e mistica della liturgia è stata recuperata come azione divina a cui è interessato l'intero cosmo (Gueranguer, Guardini). È stato così superato un insegnamento della liturgia incentrato sulla storia e sul significato delle rubriche e della sacramentologia che si occupava solo dell'ontologia dei sacramenti (materia e forma). Si rafforzò anche la consapevolezza che la liturgia, nel suo mistero, è opera dello Spirito Santo. Da qui la rinnovata importanza dell'epiclesi. 

Ma il luogo in cui il contributo maggiore doveva essere apportato era ovviamente l'ecclesiologia. Il rinnovamento di questo trattato, insieme al rinnovamento liturgico, ha recuperato l'approccio simbolico della teologia dei Padri e il ruolo dello Spirito Santo. Lo dimostrano innanzitutto i libri di De Lubac, Cattolicesimo e Meditazione sulla Chiesa. Il recupero dell'immagine della Chiesa come "Corpo di Cristo" (Mersch, Mystici Corporis), promosse anche quella dello Spirito come "anima della Chiesa". E successivamente, con il Concilio Vaticano II, la triplice immagine di Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito Santo.

Grandi libri

Ma è stato soprattutto Yves Congar a ispirare il trattato. Ciò è dovuto alla ricchezza delle sue fonti e alla sua preoccupazione di raccogliere e rivedere tutto ciò che di rilevante veniva pubblicato. I suoi studi storici, i suoi numerosi articoli e la sua partecipazione attiva al Concilio Vaticano II lo hanno reso un punto di riferimento molto importante. La sua Ecclesiologia diede origine a molti temi pneumatologici che egli raccolse nei tre libri che avrebbero formato Lo Spirito Santo (Io credo nell'Esprit Saint) (1979-1980), oltre ad altri saggi.  

Il volume raccoglie articoli, schizzi e note. È un po' incompiuto, come spesso accade nel lavoro di questo autore, sempre con tanto lavoro in corso, ma è diventato una fonte indispensabile. Il libro ha una certa inclinazione. Nel corso della sua vita, Congar, mosso molto presto da uno spirito ecumenico, si è sentito incline a bilanciare una trattazione della Chiesa e dello Spirito Santo troppo centrata sul ruolo del Magistero. In questo è un po' ricorrente. 

Il saggio di Heribert Mühlen, e successivamente l'intero libro, su Una persona mistica (1967), riferito alla Chiesa. Questo è il titolo in tedesco, ed è ispirato a un'espressione di San Tommaso d'Aquino. In spagnolo (e in francese) è stato pubblicato come Lo Spirito Santo nella Chiesa. Mühlen, con una certa ispirazione personalista, si concentra sull'azione unificante dello Spirito nella Chiesa, un riflesso del suo ruolo nella Trinità come comunione di Persone. Si interessa anche al movimento carismatico in cui è stato coinvolto. 

Louis Bouyer contribuirà con Il Consolatore (1980), parte di una trilogia dedicata alle Persone divine. Il saggio inizia con un approccio all'insieme delle religioni, un tema molto presente nella teologia di Bouyer, soprattutto nei suoi saggi liturgici. Von Balthasar dedica anche il terzo volume del suo Teologica. E vorrei citare Jean Galot, Spirito Santo, persona di comunionetra i tanti. 

Il Magistero

Vale la pena di ricordare l'enciclica di Giovanni Paolo II Dominum et vivificantem (1986), che tratta ampiamente tutti i temi rilevanti della pneumatologia. È stata rafforzata dalle catechesi del Papa stesso sullo Spirito Santo nella spiegazione del Credo (1989-1991) e dalla preparazione del Giubileo del 2000, con un anno dedicato allo Spirito Santo (1998). 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica merita una menzione speciale. Oltre a trattare dello Spirito Santo nella terza parte del Credo (693-746), gli dedica ampia attenzione nell'introduzione alla celebrazione del mistero cristiano (1091-1112) e nella parte IV sulla preghiera cristiana. Anche l'esame degli indici aiuta a vedere la molteplice azione santificatrice dello Spirito.

Spiritualità

L'interesse per l'azione dello Spirito Santo è sempre stato presente nella tradizione spirituale. Lo si vede in alcune opere di rilievo, come il celebre Decenario allo Spirito Santo (1932) di Francisca Javiera del Valle. Inoltre, sono sorti alcuni movimenti religiosi orientati dalla devozione allo Spirito Santo, come gli espiritanos che ispirarono la Fraternità del Santo Spirito. Alexis Riaud, autore di diverse opere spirituali sullo Spirito Santo, era il direttore di queste fraternità. Gli Spiritani promossero anche i noti "incontri di Chambery".

In seguito, la Chiesa cattolica è stata influenzata dai movimenti protestanti pentecostali americani e, in una seconda ondata, dai movimenti carismatici. Essi hanno dato origine a una vasta letteratura. Spiccano le opere di Rainiero Cantalamessa, come ad esempio Lo Spirito Santo nella vita di Gesù: il mistero del Battesimo di Cristo (1994), y Vieni, Spirito Creatore: meditazioni sul "Veni Creator".' (2003).

Scrupoli esegetici

Come in tutti i campi della teologia, anche in questo uno studio migliore delle Scritture ha portato molte cose. Innanzitutto, sull'uso della parola "Spirito". 

Ma è molto diverso se l'approccio è puramente filologico o teologico. Si può ancora leggere in alcuni dizionari, e persino nei manuali di pneumatologia, che l'Antico Testamento non contiene quasi nessuna dottrina sullo Spirito Santo. Tuttavia, se la Sacra Scrittura viene letta teologicamente, cioè sulla base della storia della salvezza o della storia dell'alleanza, l'unzione con lo Spirito Santo si inserisce nell'argomento centrale della Bibbia: il Regno di Dio è atteso attraverso il Messia, unto con lo Spirito Santo, e con una Nuova Alleanza e un nuovo popolo, unto con lo Spirito di Dio. Cioè, non è solo "un" tema dell'Antico Testamento, ma è "il" tema dell'Antico Testamento, e ciò che lo rende "Testamento" o Alleanza.

Uno scrupolo esegetico ha anche fatto scomparire da molti dizionari teologici, morali e spirituali il tema dei sette "Doni dello Spirito Santo". È noto che c'è un errore nel conteggio dei sette. Il testo di Is 11,3 (l'unzione messianica), da cui proviene, ne menziona solo sei (sapienza, intelligenza, consiglio, conoscenza, fortezza, pietà o venerazione) e che l'ultimo (venerazione), che viene ripetuto, è stato tradotto nel greco dei LXX e suddiviso in pietà e timore di Dio.

Ma è un'esegesi spirituale legittima e venerabile, che risale a Origene nel II secolo. Attraversa tutta la teologia (San Tommaso, San Bonaventura, Giovanni di San Tommaso, tra gli altri) e arriva fino a Papa Francesco. E ha un fondamento teologico molto solido. Ogni cristiano è chiamato a partecipare alla pienezza dell'unzione messianica di Cristo, espressa, ad esempio, nel battesimo. Pertanto, riceve i doni carismatici dello Spirito. 

Il numero 7 esprime la pienezza dello Spirito che Cristo possiede ed è un'eco dei sette candelabri e dei sette angeli dell'Apocalisse. Inoltre, il contenuto che la tradizione spirituale vede in ogni dono non è tratto dallo studio del termine nella Bibbia, ma dalla ricca esperienza della vita dei santi. Questo è il suo valore e la sua giustificazione.

Vaticano

Il Papa si recherà in Mongolia in agosto

Rapporti di Roma-6 giugno 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Papa Francesco si recherà dal 31 agosto al 4 settembre in Mongolia, un Paese con meno di 2.000 cattolici. Pochi mesi fa, il Papa ha nominato cardinale un vescovo missionario, Giorgio Marengo.

La Mongolia conta circa 1.500 cattolici, 1% in un Paese di poco più di tre milioni di persone, otto parrocchie e una chiesa pubblica non ancora riconosciuta come parrocchia.


AhOra potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.
Mondo

"Tu c'entri molto": campagna di beneficenza della Caritas

Da oggi a domenica prossima, 11 giugno, festa del Corpus Domini, la Caritas di tutta la Spagna celebra, come ogni anno, la Settimana della Carità.

Loreto Rios-6 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Questa settimana ricorre la campagna di beneficenza della Caritas in Spagna, che quest'anno avrà come slogan "Hai molto da vedere. Noi siamo opportunità. Noi siamo speranza".

Secondo un comunicato della Caritas, il messaggio che vuole trasmettere è "lasciarsi 'guardare e toccare dalla tenerezza di Dio' per realizzare 'il miracolo di diffondere vita e opportunità'. Con questo appello, la Caritas propone di partecipare alla vita sociale per aprire la mente, ricentrare lo sguardo e vedere insieme quell'altra realtà del mondo di cui facciamo parte: quella di tante persone che non possono accedere agli stessi diritti, di coloro che sono socialmente svantaggiati e che vivono nella tristezza, nella solitudine e nella povertà".

Dati della campagna

Quest'anno, Caritas ha voluto evidenziare alcuni dati concreti sui bisogni di tante persone in Spagna:

-1 persona su 4 in Spagna si trova in una situazione di esclusione: circa 11 milioni di persone.

-17% della popolazione spende troppo per l'alloggio.

-1 persona su 3 soffre degli effetti del divario digitale.

-1 persona su 3 in Spagna non ha un reddito sufficiente per vivere dignitosamente. Di questi, 46% tagliano sul cibo, 63% sulle forniture e 56% su Internet e telefono. Il 7% della popolazione spagnola non ha alcun reddito.

Giornata della carità

La Caritas sottolinea nella sua guida alla campagna che "celebrare il Giornata della carità è partecipare al banchetto del Regno, fare comunione con i valori di Gesù e il suo stile di vita, diventare pane e vino con Lui per dare la vita in abbondanza, donarla per amore, e diventare vicini, fratelli e sorelle, soprattutto con coloro che soffrono di più".

Manifesto della campagna ©Cáritas Española

Eva San Martín, coordinatrice della campagna Caritas, ha sottolineato che "vogliamo incoraggiare e risvegliare la solidarietà e la compassione che vive in ogni persona, in modo da coinvolgerci e impegnarci in uno stile di vita che trasformi il nostro modello di convivenza, rendendolo più giusto, solidale e fraterno".

Messaggio dei vescovi

I vescovi della Sottocommissione episcopale per la carità e l'azione sociale hanno sottolineato nel loro messaggio per la Giornata della carità che questa campagna è un "invito a tutti i cristiani, e in modo particolare a coloro che lavorano nell'azione caritativa e sociale, ad aprire gli occhi sulla sofferenza dei nostri fratelli e sorelle più poveri, ad ascoltare le loro grida e a lasciarsi toccare il cuore per essere un'opportunità e una speranza per tutti loro".

Hanno anche commentato che "stiamo vivendo in tempi di crisi accumulate. Dopo la pandemia causata dalla Covid-19, sono arrivati la guerra in Ucraina, l'aumento della mobilità umana, l'evoluzione dei costi energetici e l'inflazione... Questa situazione, sia a livello locale che globale, ha aumentato la povertà e la disuguaglianza e ha alimentato la disperazione". La situazione è anche influenzata da "una società fortemente ideologizzata, che porta alla polarizzazione e alle tensioni nei campi dell'economia, della politica, della cultura e persino della religione".

I vescovi hanno sottolineato l'importanza dell'Eucaristia come risposta a tutti questi mali: "L'Eucaristia, sacramento dell'incontro, ci abilita a nuovi tipi di relazioni sociali e ci apre al dialogo inclusivo".

Facendo riferimento allo slogan della campagna, nel loro messaggio hanno anche sottolineato che "fare beneficenza significa avere il coraggio di guardare le persone negli occhi. Da questo punto di vista, siamo convinti che voi abbiate molto a che fare con le opportunità che gli altri possono avere. Quello che fate, come vi ponete nel mondo e di fronte agli altri, può aprire porte, dare vita, alleviare la solitudine, curare l'anima".

In questo modo si possono "aprire strade di speranza".

La Settimana della carità si concluderà con la celebrazione del Corpus Domini, domenica 11 giugno.

Per saperne di più
Vocazioni

David H. Chipeta: "Mio padre diceva sempre che per essere un sacerdote bisognava essere un lavoratore".

David Chipeta, originario del Malawi, studia teologia in Spagna. È il secondo di sette fratelli in una famiglia cristiana. Fin da bambino ha capito che sarebbe diventato sacerdote e ora si sta formando grazie all'aiuto della Fondazione CARF.

Spazio sponsorizzato-6 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

David Harvey Chipeta proviene dalla Diocesi di KarongaLa più recente delle otto diocesi in cui è divisa la Chiesa cattolica del Malawi, in Africa. Attualmente sta completando la sua formazione sacerdotale presso l'Università di Navarra.

Come è nata la sua vocazione al sacerdozio? 

-Quando eravamo piccoli, mio padre mi incoraggiava a frequentare la scuola domenicale in chiesa. Vengo da una zona rurale dove il sacerdote veniva una volta al mese e, per curiosità, ho sempre preferito andare a messa con gli anziani. Un giorno mi ha commosso il modo in cui il sacerdote riusciva a recitare la dossologia, senza guardare il messale. Pensavo che l'avesse imparata tutta a memoria. Mio padre mi diceva sempre che i sacerdoti sono molto intelligenti e hanno la capacità di memorizzare tutto il messale. Ho sempre voluto essere un intellettuale, così ho pensato: "Allora voglio essere uno di loro". 

Nella mia famiglia avevamo una tradizione: dopo cena ci incontravamo con mio padre e lui chiedeva a ciascuno di noi cosa volessimo fare una volta finita la scuola. Ogni fratello diceva cosa voleva fare da grande e io rispondevo sempre "prete". Tutti i miei fratelli ridevano, ma mio padre mi disse che se volevo essere un sacerdote dovevo essere un gran lavoratore in classe e avere una grande memoria. Qualche anno dopo ebbi l'opportunità di studiare al seminario minore e me la cavai molto bene. Quello fu l'inizio del mio cammino.

Dopo la formazione propedeutica, mi è stato chiesto di studiare filosofia in Tanzania, presso il Seminario Maggiore di Sant'Agostino a Peramiho Songea. Appena terminati i tre anni di filosofia, mi è stato chiesto se mi sarebbe piaciuto studiare teologia in Spagna. È stato tutto un disegno di Dio, perché non avevo mai sognato di essere in Europa in nessun momento della mia vita.

Quali sono le caratteristiche della Chiesa cattolica in Malawi e le sue principali sfide?

-Il Malawi è un Paese dell'Africa sudorientale senza sbocco sul mare. La Chiesa cattolica in Malawi ha più di 120 anni, da quando i primi missionari, i Missionari d'Africa, arrivarono nel 1889. La diocesi più recente del Malawi, la diocesi di Karonga, da cui provengo, si trova nella regione settentrionale. Attualmente, il Paese ha circa il 77,3 % della popolazione è cristiana e il 13,8 % è musulmana. 

La Chiesa locale in Malawi ha una serie di sfide, alcuni dei suoi problemi principali derivano dalla commistione tra cultura e fede, soprattutto perché la stregoneria e la religione sono talvolta confuse. Sappiamo tutti che esiste un solo Dio, ma il problema sorge quando si vuole adorarlo e allo stesso tempo credere nei poteri degli antenati morti. Un altro problema che deriva da questa pratica è che gli anziani vengono molestati e accusati di aver ucciso altri usando un potere soprannaturale. 

Inoltre, la Chiesa sta affrontando anche problemi finanziari, poiché non ha ancora raggiunto l'autosufficienza.

Come si relaziona la Chiesa con le altre dominazioni cristiane?

-Esiste una relazione cordiale tra la Chiesa cattolica in Malawi e le altre confessioni cristiane. La Chiesa cattolica collabora con le altre chiese cristiane in molti settori. Ad esempio, nel campo dell'istruzione, della sanità o attraverso il Comitato per gli affari pubblici, che riunisce le principali comunità religiose del Malawi. Questa organizzazione continua a svolgere un ruolo chiave nei settori dei diritti umani, della mediazione, dell'advocacy, dell'HIV/AIDS, della violenza di genere, della coesistenza religiosa, dei processi elettorali e della pace e sicurezza.

Che cosa evidenzia della formazione che sta ricevendo?

-Quando mi è stato chiesto di venire a studiare, non sapevamo bene da dove sarebbero arrivati i fondi. Il vescovo mi disse: "Non abbiamo nulla per pagare i tuoi studi, quindi vediamo cosa posso fare.". 

Il vescovo ha incontrato il Fondazione CARF e mi è stata data l'opportunità di avere una borsa di studio all'Università di Navarra. Qui ci sono corsi di altissima qualità, un curriculum ben strutturato: tutto ciò che serve per essere un buon teologo e un buon sacerdote. Non posso concludere senza parlare del Seminario di Bidasoa. Sono grato ogni giorno per i bravi formatori e per l'ambiente propizio e adatto alla corretta formazione di un seminarista che Bidasoa offre.

Cultura

Timothy Schmalz: Libertà per gli oppressi

Quando Timothy Schmalz ha iniziato il suo viaggio con le sculture religiose, sapeva che il suo discepolato non consisteva semplicemente nello scolpire arte, ma nell'evangelizzare.

Jennifer Elizabeth Terranova-6 giugno 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Il dramma della tratta di esseri umani non è nuovo; purtroppo, è fin troppo familiare e pervasivo negli Stati Uniti. Anche alcuni dei nostri santi cattolici sono stati vittime di questo male: Santa Bakhita e San Patrizio, per esempio. Ma entrambi hanno trionfato e sono stati strategicamente utilizzati come strumenti per mostrare la gloria miracolosa di Dio. La statua di Santa Bakhita, patrona del traffico di esseri umani, è esposta in Piazza San Pietro in Vaticano ed è stata recentemente inaugurata in occasione del Cattedrale di San Patrizio di New York durante una messa. La statua "Let the Oppressed Go Free" è stata creata da Timothy Paul Schmalz, uno scultore di origine canadese la cui vocazione è portare il corpo mistico di Cristo nel mondo attraverso le sue sculture.

Le opere d'arte epiche possono ispirare e invitare l'umanità in un modo che i libri non possono fare? Il Papa Benedetto XVI riteneva che "l'unica apologia veramente efficace del cristianesimo si riduce a due argomenti: i santi che la Chiesa ha prodotto e l'arte che è cresciuta nel suo seno". Inoltre, riteneva che "l'incontro con il bello può diventare la ferita della freccia che colpisce il cuore".

Forse c'è una correlazione tra i sentimenti di Papa Benedetto e la missione apostolica di Timothy Schmalz. Lo scultore descrive le sue opere come "traduzioni visive della Bibbia" e il suo interesse per la teologia dei santi continua a ispirarlo.

Timothy Schmalz

Timothy Paul Schmalz è stato battezzato cattolico, ma è nato in una casa relativamente "laica". All'inizio dell'adolescenza si considerava agnostico; tuttavia, all'età di diciassette anni, ha avuto una "esperienza di conversione", che lo ha trasformato e lo ha portato a identificarsi come cattolico.

Suo padre era a capo di un dipartimento di inglese e lui ricorda di essere stato "nutrito" di grande letteratura e di essere stato molto "attratto" dalla filosofia, ma a sedici anni sapeva di voler fare lo scultore e aveva capito che era la sua vocazione. "A diciannove anni è stato ammesso all'Ontario College of Art. Ma in seguito ha abbandonato gli studi perché ha avuto "una crisi artistica". Pensava che "fosse una stronzata" e non apprezzava "il gioco che si stava giocando, dove l'innovazione e l'impatto sono tutto".

Conversione artistica

In quel momento, Tim si rese conto che se voleva dedicare il resto della sua vita a fare beneficenza, doveva farlo. arte e scultura, "è meglio che non siano cose superflue e solo ornamenti".

Lo scultore Timothy Schmalz

Timothy Schmalz ha inventato la sua scuola, ispirato e diretto dai suoi predecessori, Michelangelo, Bernini e Davinci. Racconta di aver provato "gioia ed eccitazione assolute" quando "ha preso in mano dell'argilla" e ha creato una semplice rappresentazione di Cristo. Rendendosi conto che si trattava di una "conversione artistica", Timothy si concentrò interamente sulle opere d'arte cristiane.

Quando Tim ha iniziato il suo viaggio nella scultura religiosa, sapeva che il suo discepolato non consisteva semplicemente nello scolpire arte, ma nell'evangelizzare. Questo mondo gli era estraneo perché era cresciuto in una casa laica. "Non ho mai vissuto l'esperienza di Maria con l'agnellino", dice Timothy.

Inoltre, iniziò a studiare i santi che rappresentava e la teologia. Ricorda che "era uno zelo assoluto... e l'ho abbracciato! Si rese conto che la sua nuova passione era molto più "impressionante" della filosofia greca.

Arte cristiana

Il rapporto di Timothy con padre Larrabee, un sacerdote gesuita che sarebbe diventato il suo direttore spirituale e mentore, fu una fonte di grande sostegno e guida. Amava anche le opere d'arte cristiane, che lo ispiravano. All'età di 20 anni imparò a conoscere non solo la scultura, ma anche la sua fede cattolica "in modo profondo e con l'aiuto di grandi libri".

Si è reso conto che le opere d'arte cristiana potevano avere infinite possibilità e "la quantità di espressione che si poteva mettere in esse". Era interessato a qualcosa di più che al semplice valore d'urto dell'arte o al fatto che fosse innovativa. Si stava "ribellando alla cultura pop secolare" dell'epoca. Timothy ricorda: "Stavo facendo la cosa più radicale del momento: opere d'arte cristiane.

Era entusiasta e curioso del cristianesimo.

Rivelazione del messaggio

All'inizio ha realizzato pezzi a grandezza naturale e, col tempo, altre sculture, soprattutto per le chiese. Racconta di come le sue sculture siano diventate "complesse" man mano che aumentavano di dimensioni. "Non ero interessato a fare solo qualcosa; se dovevo fare una scultura di San Francesco, volevo studiare San Francesco", ricorda Timothy.

Si impegna a conoscere le anime e la missione apostolica delle persone che scolpisce. Considera il suo lavoro una "opportunità visiva". Per Timothy, le opere d'arte visive sono un modo efficace per raggiungere le persone perché richiedono solo un rapido sguardo all'opera. Egli ritiene che se una scultura è fatta in modo autentico, il messaggio del santo o del Vangelo si rivelerà da solo.

Timothy non solo lavora con consumata abilità, ma crede anche che sia sua responsabilità con "il suo duro lavoro, i suoi muscoli e il suo cuore... muovere e convertire le persone". E continua: "E se non lo fanno, è colpa mia; è un problema mio, non del cattolicesimo, non della nostra fede, non dell'opera d'arte.

Arte teocentrica

Schmalz nel suo studio

Quando disegna una scultura, non è interessato allo stile; crede che "l'opera d'arte debba essere secondaria". L'essenziale è rivelare Gesù o il santo nell'opera d'arte. E se questo accade, allora "sto facendo un ottimo lavoro", dice Timothy. "L'arte, per l'arte, è un serpente che si mangia la coda". La sua ricerca come artista ha poco a che fare con lo stile o il materiale, ma piuttosto con il tentativo di scoprire "la Scrittura o l'essenza del santo".

La scultura non è altro che uno strumento per aiutare a convertire le persone. Inoltre, l'importante è il soggetto e ciò che viene rappresentato. Tim ascolta la Bibbia per otto ore al giorno per creare uno spazio nel suo studio che sia "più simile a una cappella... o dove lavoro e preghiera si fondono".

Interpretazione di Ebrei 13:2

Tim parla di un "momento eureka" quando alcuni anni fa ha sentito il passo di Ebrei 13,2. "Non dimenticate di mostrare ospitalità agli stranieri, perché così facendo, alcuni hanno mostrato ospitalità agli angeli senza saperlo". Ha detto che si tratta del "passo più poetico delle Scritture" e che lo ha ispirato così profondamente da portarlo a iniziare la creazione su Ebrei 13,2.

Un anno dopo, durante il suo soggiorno a Roma, il cardinale Czerny chiese a Timothy di realizzare una scultura sugli immigrati e i rifugiati. L'idea di come rappresentare i versi gli sarebbe venuta poco dopo il suo arrivo a casa.

Nelle parole di Timothy, "mi è venuta l'idea: un'enorme zattera o una barca con una folla di persone provenienti da tutto il mondo, tutti immigrati e rifugiati, tutti su una piccola zattera, spalla a spalla, da tutto il mondo, da tutte le epoche della storia, e al centro di questa zattera c'è un angelo; ma a causa della folla, si possono vedere solo le ali, e così le ali diventano le ali di tutte le persone su questa barca. E questa è la mia interpretazione, la mia incisione di Ebrei 13,2. Se non fossi stato immerso nelle Scritture quel giorno... forse non avrei fatto nulla".

Per saperne di più
Famiglia

Jackie e Bobby Angel: "Le cose non cambiano perché si mette un anello al dito".

Bobby e Jackie Angel sono una coppia cattolica americana che parla di amore, sessualità, famiglia e preghiera sui social media. Hanno cinque figli e molta esperienza nel parlare di questioni che interessano i cattolici di tutte le età.

Paloma López Campos-6 giugno 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

La coppia di sposi formata da Bobby e Jackie Angel lavora ed educa i quattro figli (il quinto è in arrivo) da casa. Da anni pubblicano video, audio e testi su famiglia, sessualità, matrimonio, ecc. che raggiungono migliaia di persone in tutto il mondo.

Jackie durante una conferenza

Jackie e Bobby fanno parte del gruppo "Ascensione presenta"uno dei più famosi canali YouTube a tema cattolico degli Stati Uniti. Hanno anche un podcast e un blog che aggiornano frequentemente.

Non hanno paura di parlare delle questioni complesse legate alla Teologia del Corpo o all'educazione dei bambini, e parlano apertamente del loro rapporto con Dio o della sessualità, perché "la cosa più logica da fare è preparare le persone a ciò che accade durante il matrimonio e il sesso, ma nella nostra società individualista non lo facciamo".

In questa intervista con Omnes discutono di questi e altri temi, come la riconciliazione, il perdono, l'amore di Dio e la Teologia del Corpo.

Come riesce a trovare un equilibrio tra matrimonio, lavoro e vita familiare?

-[Jackie]Ora è più facile, perché siamo lavoratori autonomi. Prima Bobby lavorava come insegnante, quindi aveva gli orari della scuola mentre io ero in viaggio per lavoro. Inoltre, entrambi abbiamo lavorato per Parola al fuocoIo lavoro part-time e Bobby lavora a tempo pieno. Ma ora è più facile perché siamo entrambi a casa tutto il tempo. I nostri figli fanno homeschooling, stanno a casa tutto il giorno, non vanno a scuola per otto ore. E il fatto che entrambi lavoriamo da casa significa che i bambini sono con noi tutto il giorno. È una situazione molto particolare.

Se Bobby deve scrivere o lavorare, io mi occupo dei bambini. E se siamo in viaggio, qualcuno viene sempre ad accompagnarli, che siano i nostri genitori, un cugino... Abbiamo persone che ci aiutano e ce la facciamo bastare.

-[Bobby]: È necessario comunicare per far funzionare le cose. Allo stesso modo, non volete sacrificare il tempo con vostra moglie o i vostri figli per il lavoro. Se lo si fa, si verifica il "fenomeno del pastore": se hai una famiglia molto cristiana, sembra che tu stia facendo un lavoro che viene da Dio ma con altre persone quando, in realtà, è la tua famiglia che merita di avere la parte migliore, non solo gli avanzi.

Ci sono momenti in cui dobbiamo parlare e dire che abbiamo bisogno di passare più tempo in famiglia o in preghiera. Possiamo parlare di preghiera nel podcast, ma preghiamo come famiglia?

-[Jackie]: La cosa interessante è che Dio chiede a ogni famiglia di fare il proprio discernimento. Ogni famiglia è unica, ogni matrimonio è unico. Possiamo dare un consiglio generale, ad esempio che la famiglia viene sempre al primo posto. Il coniuge viene sempre prima di tutto, e poi i figli. Questi sono principi generali, ma poiché ogni situazione è unica, ognuno deve discernere ciò che Dio vuole da lui. Inoltre, è qualcosa che cambia ogni mese, ogni anno. È sempre in evoluzione.

-[Bobby]: Esattamente, a volte ciò che ha funzionato al quinto anno di matrimonio non funziona più all'ottavo anno. Si cerca sempre di capire.

L'homeschooling è più comune negli Stati Uniti che in altri paesi, perché secondo lei?

-[Jackie]: Il sistema educativo pubblico non è molto buono negli Stati Uniti e le scuole cattoliche, anche quando sono buone, sono molto costose. I nostri bambini vanno a scuola a casa per due ore al giorno e poi imparano a suonare strumenti o a giocare. Siamo anche in un gruppo della parrocchia con altri bambini che studiano a casa, circa settanta, e si riuniscono ogni settimana per giochi e attività.

-[Bobby]: Abbiamo un'amica con cinque figli, incinta del sesto, e i suoi figli sono fantastici. Non sono strani, sono sportivi, normali, divini... Inoltre, poiché sono a casa, potete passare molto più tempo con i vostri figli, cosa che non accadrebbe se andassero a scuola. Abbiamo constatato personalmente che questo metodo funziona. Tuttavia, a un certo punto i bambini devono uscire nel mondo, non possiamo nasconderci in una grotta per tutta la vita, siamo chiamati a essere sale e luce del mondo. Ma i primi anni sono molto importanti per formare all'amore e al perdono, anche nella sessualità. È bello poter avere i propri figli a casa ancora per un po' e gettare le basi prima che vadano nel mondo.

Una delle materie di maggior successo è la Teologia del Corpo, qual è la cosa più importante che ha imparato studiandola? 

-[Jackie]: Tante cose importanti! Papa Giovanni Paolo II sosteneva la tesi che il contrario dell'amore è l'uso: usare una persona come oggetto di piacere, invece di amarla come persona. Per me questo è il quadro di riferimento da cui guardo gli altri e pone le basi per la Teologia del corpo.

Ho capito che dovevo cambiare il modo in cui guardavo le persone. Per esempio, se guardo il mio ragazzo come una persona da usare, invece che da amare, tutto cambia. Anche quando si è sposati. Le cose non cambiano improvvisamente perché si mette un anello al dito. Se si è abituati a usare le persone, anche quando si è sposati si guardano persone del genere e ci si chiede come usarle per il proprio piacere fisico o emotivo.

Papa Giovanni Paolo II ha analizzato la filosofia precedente secondo cui il corpo è male e l'anima è bene. Molte di queste idee provengono dalla Riforma protestante e dal XVI secolo. Ma no. Il nostro corpo è buono. Gesù non sarebbe diventato uomo se il corpo non fosse stato buono.

Quindi, Dio ci ha creato con un buon corpo, ma oggi persiste l'idea opposta. La gente pensa che siamo anime racchiuse in corpi, e invece no: voi siete il vostro corpo. Ciò che si fa al corpo, si fa all'anima. Ciò che si fa al corpo di qualcuno lo si fa alla sua anima.

Molte di queste idee puritane della Riforma protestante si basano sulla vergogna e sulla paura. Ci sono cattolici che crescono con questa visione vergognosa del corpo e della sessualità. Ma non c'è nulla di cui vergognarsi. È buono, è bello e ha uno scopo. La nostra cultura dice che il sesso e il matrimonio non hanno significato, ma la Teologia del Corpo ci aiuta a riscoprire questo significato.

-[Bobby]: Nel mio caso, mi fa anche vedere la fede come una storia d'amore. L'immagine della Trinità si riflette nei nostri corpi, come maschio, femmina e bambino. Non si tratta di regole, ma del riflesso di una storia d'amore.

Ho sentito parlare per la prima volta della Teologia del Corpo all'università, ma non la capivo, non ero pronto. A venticinque anni mi sono riavvicinato ad essa, l'ho sentita in modo diverso e ho capito che era il grido del mio cuore, mi dava la risposta a tutto ciò che posso fare con i desideri e le voglie che ho.

Giovanni Paolo II ha visto la strada che la cultura stava prendendo, ma i suoi testi sono difficili da leggere. È stato molto bello vedere come il suo pensiero stia iniziando a permeare le generazioni attraverso diversi programmi e ministeri. A poco a poco ci si sta arrivando, ma c'è ancora molto lavoro da fare.

Nei suoi video parla di tutto, pensa che ci siano argomenti legati al matrimonio che sono difficili da affrontare?

-[Jackie]: Ovviamente ci sono sempre questioni complicate di cui la gente non vuole parlare. La contraccezione è una di queste. Mi sorprende sempre. Se la Chiesa cattolica dice che la contraccezione è un peccato grave, tutte le coppie che si preparano al matrimonio dovrebbero imparare la bellezza e il significato del sesso, e perché la contraccezione non è amore, è un atto di lussuria piuttosto che di amore.

Allo stesso modo, è interessante vedere che nel corso della storia sono stati affrontati i temi del matrimonio e del sesso. Le donne hanno preparato le ragazze. La cosa più logica da fare è preparare le persone a ciò che accade durante il matrimonio e il sesso, ma non lo facciamo più.

Siamo in una società così individualista che non condividiamo più idee e pensieri. Sui social media, a meno che non si facciano dei video lunghi, è difficile entrare in questo genere di cose. È difficile parlare di questi argomenti complicati su Instagram se tutto ciò che si ha a disposizione è un video di novanta secondi.

Un'altra cosa che vedo è che ci sono cattolici che sono impregnati di queste idee protestanti sulla sessualità, una prospettiva basata sulla vergogna e sulla paura. Stiamo tornando a una visione ultra-tradizionalista del matrimonio e del sesso.

Lei parla di Dio come famiglia, nel suo caso quali sono le "caratteristiche di Dio come famiglia" che comprende meglio ora che è sposato e genitore?

-[Jackie]: Per me, come madre, ha aiutato a crescere molto in pazienza. Quando si hanno bambini piccoli, che si ribellano e fanno i capricci, bisogna acquisire molta pazienza. C'è una corrente della psicologia che parla della teoria dell'attaccamento. Una delle cose che dice è che tutti i bambini hanno bisogno di sapere che i loro genitori possono gestire le loro grandi emozioni. Perché non ragionano. Attraverso questo, nel mio rapporto con Dio, è stato riaffermato che Egli non ci ama per quello che facciamo. Ci ama perché siamo suoi figli.

Ricordo che una volta spiegai a mia figlia, dopo un capriccio, "ti voglio bene anche quando fai cose brutte". Era sollevata e mi ha ricordato che Dio non mi ama per quello che faccio, il suo amore non dipende da quanti rosari prego o da quante volte vado a Messa. Sono modi in cui dimostriamo a Dio che lo amiamo.

Jackie e Bobby Angel

Così come non smetterò mai di amare i miei figli, qualunque cosa facciano, mi rendo conto che anche Dio ama così, e in un modo infinitamente più perfetto.

-[Bobby]: Se non possiamo guadagnare l'amore di Dio, non possiamo nemmeno perderlo. Ma è difficile anche per me, ho bisogno di mostrare a Dio i miei meriti. E abbiamo bisogno di essere visti, è una buona cosa. C'è un bisogno sano di sentirsi apprezzati, affermati e visti. Ma il problema nasce quando pensiamo di dover essere perfetti per ottenere questa attenzione e trasferiamo questa idea al nostro rapporto con Dio.

Quando il matrimonio è armonioso, può dare un assaggio dell'amore di Dio, del suo amore incondizionato.

Risorse

Il dono del celibato

Essere celibi non significa semplicemente "non avere un amore umano", ma avere il cuore disponibile a vivere solo per Dio e, attraverso di lui, per gli altri.

Alejandro Vázquez-Dodero-6 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Essere celibi non significa essere single o non condividere la propria vita con un'altra persona. Il celibato è un dono di Dio, un dono con cui si dona il proprio cuore a Dio completamente, senza mediazioni umane. E questo vale sia per i laici che per i consacrati e i sacerdoti.

Che cos'è il celibato?

Si tratta innanzitutto di un dono - un dono - di Dio, attraverso il quale egli chiede l'amore di un cuore indiviso, senza la mediazione di alcun amore terreno. È una chiamata a collaborare in modo speciale alla trasmissione della vita soprannaturale agli altri.

Chi riceve questa chiamata esercita il sacerdozio comune - nel caso dei laici - o il sacerdozio comune e ministeriale - nel caso dei ministri consacrati. Pertanto, questo dono genera una profonda paternità o maternità spirituale nel celibe, che, in un certo senso, si dona o si consacra al mondo intero.

Questo dono, come si vede, è concesso da Dio sia ai laici che ai religiosi o ai sacerdoti, anche se con un significato specifico in ciascun caso.

Esistono quindi diversi modi di vivere il celibato nella Chiesa cattolica?

I laici che ricevono il celibato sono uniti a Cristo "in esclusiva" e, dal luogo in cui vivono, senza allontanarsi dal mondo, corrispondono a questo dono.

Uguali ai loro pari, come loro pari, con o senza distinzione esterna, ma senza che questa distinzione dagli altri sia parte intrinseca della loro condizione di celibato.

Nel caso dei religiosi, il celibato è al servizio della loro specifica missione, che è quella di testimoniare che il fine del cristiano è il Regno dei Cieli. Lo fanno vivendo uno stato di vita consacrata attraverso i voti di povertà, castità e obbedienza, con una vita di dedizione a Dio e di aiuto agli altri. Questo comporta un certo distacco dalla realtà professionale, familiare e sociale.

I religiosi, pur potendo sviluppare alcune di queste realtà - ad esempio, nel campo dell'educazione o dell'assistenza - la loro missione non è quella di santificare il mondo dal loro interno - è il caso dei laici - ma dalla loro consacrazione religiosa.

Così il celibato non si separa dagli altri uomini, ma si consacra ad essi. E si separa o meno dal mondo terreno, come abbiamo visto, a seconda che il celibe sia un religioso - a parte - o un laico - non a parte -. Anche i sacerdoti non religiosi, ai nostri fini, vivrebbero il loro celibato in mezzo al mondo.

Va notato che non si tratta di celibato, perché c'è chi, pur appartenendo a una fede, non si sposa, ma non lo fa per i motivi sopra citati, bensì per altre ragioni, anch'esse nobili, come la cura dei genitori, la dedizione a compiti sociali, ecc.

Cosa significa abbracciare il celibato o "essere celibi"?

Essere celibi non significa essere disponibili nel senso che, non essendoci un impegno umano o un amore collegato, si ha quantitativamente più tempo e possibilità di portare avanti le opere apostoliche o la stessa Chiesa universale.

È piuttosto un atteggiamento: avere il cuore disponibile per vivere solo per Dio e, attraverso di lui, per gli altri.

E si scopre che chi vive la celibato raggiunge una vita piena e feconda, senza perdere nulla di ciò che è umano. Gode di una ricca affettività, perché la dedizione celibataria a Dio non solo non priva, ma aumenta la capacità di amore umano.

Il celibe, per il fatto di essere celibe, non deve sacrificare o cedere il suo potenziale affettivo. L'unica cosa che fa è orientare l'affettività in base al dono ricevuto, e se questo comporta la rinuncia a manifestazioni di essa - come la sessualità esercitata nella sfera coniugale - lo farà volentieri e per amore della corrispondenza. Sarebbe un riduzionismo ritenere che la persona debba completare la sua affettività con l'altro sesso per raggiungere la pienezza dell'amore.

Si è completi in quanto tali. È vero che abbiamo bisogno di Dio e degli altri - siamo contingenti, abbiamo bisogno gli uni degli altri - per raggiungere la felicità. E perché la relazione affettiva sia completa, non è necessario che sia sessuale.

Chi riceve il dono del celibato si lascia amare interamente da Dio, e con questo dono può dare agli altri l'amore che riceve. Cerca di riempire il mondo con l'amore divino, ma nella misura in cui questo corrisponde, donandosi esclusivamente al Signore. E lo stesso fa chi riceve il dono - anch'esso un dono - del matrimonio, ma in questo caso attraverso le relazioni coniugali e familiari, perché l'affettività dipenderà dall'amore tra un uomo e una donna aperti alla famiglia.

Dobbiamo sempre parlare di celibato "apostolico", anche quando ci riferiamo al celibato "sacerdotale" o "consacrato"?

Il dono del celibato è sempre apostolico, in ogni caso. Ciò che accade è che questa apostolicità si traduce in modi diversi, a seconda della missione di ciascuno, sia esso laico, religioso o sacerdote.

Senza questa nota "apostolica", il celibato perderebbe il suo significato.

I laici eserciteranno il loro apostolato santificando il mondo dall'interno della loro vita di professionisti, nelle loro famiglie e negli ambienti sociali in cui operano.

I religiosi, assegnati al celibato "consacrato", incorporano anche la dimensione apostolica nel loro dono. E i sacerdoti, dal celibato "sacerdotale".

Infine, anche se può sembrare ovvio, va sottolineato che ogni cattolico, che riceva o meno il dono del celibato, è chiamato a questo apostolato, che non è altro che trasmettere l'amore di Dio - che raggiunge tutti i suoi figli - attraverso l'esempio della sua vita e della sua parola. Così come tutti siamo chiamati alla santità, e non solo coloro che per grazia divina ricevono il dono del celibato.  

Per saperne di più
Vaticano

La Fondazione Centesimus Annus celebra il suo 30° anniversario

La Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, dedicata alla promozione della Dottrina sociale della Chiesa, ha compiuto 30 anni e il Papa ha ricevuto i suoi membri in udienza per l'anniversario.

Loreto Rios-5 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

La Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice è stata creata da San Giovanni Paolo II nel 1993 per promuovere l'attuazione della Dottrina sociale della Chiesa. Oggi la Fondazione è presente in quattro continenti e conta circa 350 membri.

Il suo nome è tratto dalla Lettera Enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II del 1991. Per celebrare il suo anniversario, la fondazione ha organizzato un incontro internazionale il 5 e 6 giugno 2023 a Roma, dal titolo: "Memoria per costruire il futuro: pensare e agire in termini di comunità".

Dottrina sociale della Chiesa

Il Papa ha ricevuto oggi in udienza i membri della Centesimus Annus e, nel suo discorso discorsoL'enciclica di Giovanni Paolo II, scritta in occasione del 100° anniversario della fondazione, è stata la prima del suo genere. Rerum novarum Il vostro impegno si è collocato proprio su questa strada, in questa "tradizione": (...) studiare e diffondere la Dottrina sociale della Chiesa, cercando di mostrare che non è solo teoria, ma che può diventare uno stile di vita virtuoso con cui far crescere società degne dell'uomo", ha detto il Papa.

Francesco ha ringraziato in particolare la Fondazione per il lavoro svolto negli ultimi dieci anni "nell'accogliere e rilanciare i contributi che ho cercato di dare allo sviluppo della Dottrina sociale".

Economia al servizio delle persone

Ha poi delineato i punti più importanti che ha voluto evidenziare nelle sue ultime encicliche. "Nell'esortazione apostolica Evangelii gaudium Volevo mettere in guardia dal pericolo di vivere l'economia in modo malsano. Questa economia uccide" (n. 53), dicevo nel 2013, denunciando un modello economico che produce sprechi e favorisce quella che si può definire la "globalizzazione dell'indifferenza". Molti di voi lavorano in campo economico: sapete quanto possa essere benefico per tutti un modo di immaginare la realtà che metta al centro la persona, che non sminuisca il lavoratore e che cerchi di creare un bene per tutti".

In termini di Laudato si'Il Papa ha indicato di aver sfidato "il paradigma tecnocratico dominante e ha proposto la logica dell'ecologia integrale, in cui 'tutto è collegato', 'tutto è in relazione' e la questione ambientale è inseparabile dalla questione sociale, vanno insieme. La cura dell'ambiente e la cura dei poveri vanno insieme. In fondo, nessuno si salva da solo e la riscoperta della fraternità e dell'amicizia sociale è decisiva per non cadere in un individualismo che ci fa perdere la gioia di vivere. E porta anche alla perdita della vita.

L'importanza della solidarietà

Il Papa ha anche espresso la sua gioia per la scelta del motto di questo congresso internazionale, che fa riferimento al numero 116 della sua enciclica Fratelli tuttiFrancesco ha sottolineato l'importanza della solidarietà, indicando che essa è "molto di più di qualche sporadico atto di generosità" ed evidenziando altri aspetti come "combattere le cause strutturali della povertà, della disuguaglianza, della mancanza di lavoro, di terra e di alloggio, della negazione dei diritti sociali e del lavoro. È affrontare gli effetti distruttivi dell'impero del denaro: spostamenti forzati, migrazioni dolorose, traffico di esseri umani, droga, guerra, violenza".

La comunità

D'altra parte, ha ricordato il passo del Vangelo in cui Gesù dice che non si può servire Dio e il denaro allo stesso tempo (Lc 16,13), e ha sottolineato l'importanza della comunità.

"Pensare e agire in termini di comunità significa quindi fare spazio agli altri, immaginare e lavorare per un futuro in cui ognuno possa trovare il proprio posto e avere il proprio spazio nel mondo. Una comunità che sappia dare voce a chi non ha voce è ciò di cui tutti abbiamo bisogno".

Il prezioso lavoro della Fondazione Centesimus Annus può essere anche questo: contribuire al pensiero e all'azione che favoriscono la crescita di una comunità in cui possiamo camminare insieme sulla via della pace", ha concluso il Santo Padre.

L'udienza del Papa con i membri della Fondazione Centesimus Annus
Evangelizzazione

San Bonifacio, apostolo dei tedeschi

Il santo di origine anglosassone fu responsabile dell'organizzazione della Chiesa in quella che allora era la Germania, sottolineando la fedeltà a Roma.

José M. García Pelegrín-5 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

San Bonifacio è considerato, almeno dal XVI secolo, "l'apostolo dei tedeschi"... anche se all'epoca in cui visse (673/675 - 754/755) non esisteva ancora il termine "tedesco" e tanto meno "Germania": il termine usato alla fine dell'VIII secolo "teodiscus", da cui derivano l'italiano "tedesco" e l'antico spagnolo "tudesco" o "teutone", si riferiva principalmente a una persona che parlava una lingua germanica, in contrapposizione al latino o alle lingue romanze, e, per estensione, a uno dei popoli germanici, soprattutto dove la romanizzazione e, con essa, il cristianesimo non erano ancora arrivati.

È a queste tribù germaniche pagane o solo superficialmente cristianizzate che si rivolge l'opera missionaria di questo monaco anglosassone, nato nel regno del Wessex, nel sud-ovest dell'Inghilterra, intorno al 673-675 con il nome di Wynfreth, da cui deriva l'attuale nome tedesco Winfrid o Winfried. Da ragazzo entrò nel monastero benedettino di Nursling, vicino a Southampton, dove fu ordinato sacerdote all'età di circa 30 anni.

La sua attività missionaria si inserisce nel movimento di cristianizzazione anglosassone promosso da Papa San Gregorio Magno alla fine del VI secolo. Una volta affermatisi gli anglosassoni, l'ondata missionaria iniziò a muoversi in direzione opposta: dalle isole al continente.

Uno dei missionari anglosassoni più importanti fu Willibrord (658-739), che fu inviato presso i Frisoni nel 690. Bonifacio si sarebbe poi recato in Frisia, anche se il suo primo viaggio in questa tribù germanica, nel 716, fallì a causa dell'opposizione del duca Radbod. Prima della fine dell'anno, Bonifacio tornò al suo convento di Nursling, dove fu eletto abate un anno dopo.

Il vescovo Daniele di Winchester inviò Wynfreth nell'autunno del 718 a Roma, dove papa Gregorio II lo nominò apostolo delle genti per portare la fede ai popoli germanici e lo ordinò vescovo il 15 maggio 719, dandogli contemporaneamente il nome di Bonifacio. Dopo aver attraversato la Baviera e la Turingia, incontrò Willibrod in Frisia, dal quale imparò a tenere conto della situazione politica nella sua pianificazione, ma anche a subordinare il suo lavoro a Roma.

Tornò più volte a Roma; nel 722, dopo essersi separato da Willibrord e aver iniziato la sua missione in Assia e Turingia, il Papa lo richiamò a Roma: Gregorio lo ordinò vescovo della missione e gli affidò un compito molto importante: La riorganizzazione della Chiesa in Germania, che comportava in particolare l'integrazione delle comunità ariane e iro-scozzesi nella Chiesa romana; Bonifacio incontrò resistenza non solo tra loro, ma anche tra i vescovi del regno franco, interessati più al loro potere temporale che alla diffusione del cristianesimo.

In quel periodo, nell'anno 723, quando tornò in Assia da Roma, ebbe luogo uno degli aneddoti più famosi della vita di San Bonifacio, ovvero la distruzione dei santuari pagani. Così, come racconta il sacerdote Willibald di Magonza nella sua Vita sancti BonifatiiA Geismar (oggi parte della città di Fritzlar) abbatté una quercia dedicata al dio della guerra Thor (o Donar).

Secondo il cronista, le molte persone - tra cui molti frisoni - furono impressionate dal fatto che il dio non reagì in alcun modo. Bonifacio dimostrò così la superiorità del Dio dei cristiani rispetto agli dei pagani. L'abbattimento della quercia di Geismar è considerato un "mito fondante" del nuovo ordine religioso e della riorganizzazione ecclesiastica realizzata da Bonifacio.

La riorganizzazione della Chiesa nelle terre germaniche da parte di San Bonifacio prende particolare slancio dopo un nuovo viaggio a Roma nel 737/738, quando il nuovo papa Gregorio III lo investe della funzione di legato pontificio. Inizia con la riorganizzazione delle diocesi in Baviera e Sassonia (Salisburgo, Passau, Ratisbona e Frisinga); fonda anche le diocesi di Würzburg, Büraburg ed Erfurt; nel 744 fonda il suo monastero preferito, Fulda. Nel 747 viene nominato vescovo di Magonza.

Anche l'istituzione di monasteri femminili come centri di cristianizzazione era una delle priorità di San Bonifacio, che fu assistito, tra gli altri, da due monache anglosassoni, oggi considerate tra le principali sante "tedesche": Walburga, figlia di una delle sue sorelle, e Lioba, che sarebbe diventata badessa di Tauberbischofsheim, da dove furono fondati altri monasteri a Würzburg e in varie parti della Turingia.

Anche la riorganizzazione della Chiesa nelle terre germaniche rientra nella sua lotta per la difesa del celibato: nel Concilio tedesco del 742 riuscì a far imporre pene severe sia ai sacerdoti che ai monaci e alle monache che non vivevano il celibato.

Alla fine della sua vita, nel 753, volle fare un ultimo viaggio, con alcuni compagni, per tornare nella terra di missione dove aveva iniziato la sua opera: la Frisia. Che fosse consapevole che la fine era vicina è dimostrato non solo dal fatto che passò la sede di Magonza al suo successore Lullo, ma anche dal fatto che portò un sudario nel suo bagaglio. Nella festa di Pentecoste del 754 (o 755), mentre stava per celebrare un battesimo a Dokkum, fu assalito da briganti e trovò la morte con i suoi 51 compagni. Le sue spoglie riposano nella Cattedrale di Fulda.

La venerazione di San Bonifacio conobbe un impulso particolare verso la fine del XIX secolo: con la creazione del Reich tedesco, molti cattolici temevano la formazione di una Chiesa nazionale tedesca, che avrebbe voluto rendersi indipendente da Roma. Iniziò così il pellegrinaggio annuale al santo, "apostolo dei tedeschi". Inoltre, dal 1867 i vescovi tedeschi si riuniscono a Fulda per la loro conferenza autunnale, dove nella Messa conclusiva vengono benedetti con le reliquie del santo. La sua fedeltà a Roma, di fronte alle varie forze che ai suoi tempi cercavano di formare una Chiesa parallela, è particolarmente attuale oggi, quando queste tendenze stanno nuovamente prendendo forza.

Vaticano

Il cardinale Zuppi visita Kiev

Mateo Maria Zuppi visita Kiev il 5 e 6 giugno come inviato di Papa Francesco con l'obiettivo di incontrare le autorità ucraine e aprire strade di dialogo.

Maria José Atienza-5 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Un breve comunicato stampa della Sala Stampa ha annunciato una visita fugace del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, il 5 e 6 giugno 2023, in qualità di inviato del Santo Padre Francesco. Questa visita rientra nella missione che Papa Francesco ha affidato a Zuppi per stemperare le tensioni tra Ucraina e Russia e raggiungere un accordo di pace.

Il comunicato sottolinea che "l'obiettivo principale di questa iniziativa è quello di ascoltare in modo approfondito le autorità ucraine sui possibili modi per raggiungere una pace giusta e di sostenere i gesti di umanità che contribuirebbero ad allentare le tensioni".

Questa mossa si aggiunge ai riavvicinamenti tra le due fazioni che sono stati fatti dalla Santa Sede. Non a caso, il 13 maggio il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è recato in visita a Papa Francesco in Vaticano, anche se in precedenza si erano svolte diverse conversazioni telefoniche tra i due capi di Stato.

D'altra parte, dall'inizio dell'aggressione su larga scala da parte della Russia a UcrainaPapa Francesco ha cercato un filo diretto con la Russia. Il 25 febbraio 2022, in modo del tutto anticonvenzionale, si è addirittura recato all'ambasciata della Federazione Russa presso la Santa Sede.

La scelta del cardinale Zuppi come "uomo del Papa" su questo tema non è banale. Zuppi è un membro della Comunità di Sant'Egidio ed è stato tra i negoziatori dell'accordo di pace in Mozambico. Papa Francesco sembra sperare che il cardinale Zuppi, "anche grazie ai contatti sul campo delle organizzazioni caritative di Sant'Egidio, possa almeno portare qualche risultato concreto", come sottolinea. Andrea Gagliarducci in un articolo pubblicato su Omnes.

Il cardinale Matteo Zuppi

Il cardinale Zuppi, di origine romana, proviene dalla comunità di Sant'Egidio: nel 1973, da studente del liceo classico Virgilio, ha conosciuto il fondatore Andrea Riccardi. Da quel momento si è impegnato nelle varie attività della comunità, dalle scuole popolari per i bambini emarginati delle baraccopoli di Roma, alle iniziative per gli anziani soli e non autosufficienti, per gli immigrati e i senzatetto, i malati terminali e i nomadi, i disabili e i tossicodipendenti, i carcerati e le vittime dei conflitti.

Si è laureato in Lettere e Filosofia all'Università La Sapienza e in Teologia alla Pontificia Università Lateranense. Per dieci anni è stato parroco della basilica romana di Santa Maria in Trastevere e assistente ecclesiastico generale della comunità di Sant'Egidio: è stato mediatore in Mozambico nel processo che ha portato alla pace dopo oltre diciassette anni di sanguinosa guerra civile.

Nel 2012, dopo due anni come parroco a Torre Angela, Benedetto XVI lo ha nominato vescovo ausiliare di Roma. Francesco lo ha eletto arcivescovo di Bologna nell'ottobre 2015 e quattro anni dopo, il 5 ottobre 2019, lo ha creato cardinale.

Vocazioni

Vescovo CepedaLa vocazione è una sfida per le famiglie": "La vocazione è una sfida per le famiglie".

Il vescovo Arturo Cepeda dell'arcidiocesi di Detroit parla in questa intervista a Omnes dei frutti dell'anno di preghiera per le vocazioni sacerdotali, della collaborazione dei laici con il clero e dell'importanza del discernimento.

Paloma López Campos-5 giugno 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Il vescovo ausiliare Arturo Cepeda conosce molto bene il lavoro con i seminaristi e i giovani che stanno valutando la vocazione al sacerdozio. Lavora nel Arcidiocesi di Detroit ed è stato il vescovo più giovane degli Stati Uniti, il che non gli ha impedito di portare molti frutti nei suoi vari incarichi pastorali. Prima del suo episcopato a Detroit, ha servito come sacerdote nell'arcidiocesi di San Antonio (Texas). Lì è stato direttore vocazionale per sette anni e poi rettore del seminario.

In questa intervista con Omnes, parla delle iniziative della sua arcidiocesi in questo ambito, della collaborazione tra il clero e il pubblico, e della laicie aiutare nel discernimento.

L'arcidiocesi di Detroit ha dedicato un intero anno di preghiera per le vocazioni sacerdotali: perché questa iniziativa e quali frutti si aspetta?

- Il mandato del nostro arcivescovo Allen Vigneron termina nell'autunno del 2023. Nel 2016 ha convocato un sinodo con la partecipazione di sacerdoti, religiosi, suore e laici. Durante il sinodo è stata posta una forte enfasi sull'area delle vocazioni sacerdotali. In quell'occasione si è iniziato a lavorare su un documento che abbiamo chiamato "Far arrivare il Vangelo", in cui la priorità è segnare un anno di preghiera.

Ora che l'anno sta finendo, quello che vogliamo fare è continuare il lavoro di ricerca e richiesta di vocazioni. In breve, essere intenzionati a farlo. Ad esempio, tutte le parrocchie dell'arcidiocesi sono invitate ad aggiungere la petizione per l'aumento delle vocazioni sacerdotali durante le Messe domenicali.

È stata un'intera campagna e ora stiamo aspettando, perché è il Signore che chiama. Allo stesso tempo, vogliamo aiutare i nostri giovani a tenere a mente questa idea.

L'arcidiocesi ha posto molta enfasi sulla preghiera, ma alla fine sono coloro che stanno valutando una vocazione a dover dare una risposta. Come si aiutano i giovani a sentire la chiamata di Dio?

-Abbiamo diversi programmi all'interno dell'arcidiocesi. Per esempio, abbiamo sempre una cena e una colazione, con la presenza dell'arcivescovo, a cui invitiamo tutti i giovani che stanno pensando a una vocazione sacerdotale. Molti di loro, più di 75 %, sono già servitori dell'altare e sono in quel circolo di servizio all'altare.

D'altra parte, abbiamo un programma all'interno della pastorale giovanile, in ogni parrocchia, in cui almeno un giorno all'anno si parla esclusivamente della vocazione sacerdotale. Questo è il primo passo che dobbiamo fare. Papa Francesco ci ha invitato a fare questo passo in modo creativo.

I gruppi giovanili dell'arcidiocesi, soprattutto durante l'estate, organizzano dei campi. All'interno di questi, un tema di discussione è quello delle vocazioni sacerdotali.

C'è stata quindi una grande enfasi, che credo abbia avuto un ottimo impatto sia all'interno dell'arcidiocesi che a livello nazionale.

Credo che abbiamo un modo attivo, creativo e intenzionale per portare questo messaggio ai nostri giovani.

In uno studio pubblicato qualche mese fa sui seminaristi che verranno ordinati quest'anno, è stato chiesto ai ragazzi la loro partecipazione alle funzioni religiose prima di entrare in seminario. È emerso che, ad esempio, la partecipazione alla Messa in un giorno diverso dalla domenica non era molto alta. Cosa ne pensa di una simile statistica?

-Sappiamo che i nostri giovani sono molto impegnati nelle varie attività scolastiche. Negli Stati Uniti, sport, bande musicali e altre attività extrascolastiche occupano molto tempo dei giovani.

Anche noi come Chiesa stiamo guardando a questa realtà. È una sfida che dobbiamo affrontare. Guardo queste statistiche e penso che dobbiamo continuare a cercare modi creativi per essere coinvolti in queste attività. È proprio nei campi che siamo riusciti a fare di più in questo senso.

Inoltre, nello Stato del Michigan si sta valutando la possibilità che i nostri giovani inizino la giornata più tardi, che inizino la scuola più tardi, perché attualmente iniziano la scuola tra le 7:30 e le 8:00 del mattino. Si chiede di iniziare alle 10, il che ha vantaggi e svantaggi, ma credo che potrebbe avere un senso.

Da un lato, i giovani possono dormire di più. Inoltre, al mattino potrebbero avere il tempo di svolgere il lavoro e i compiti, in modo da arrivare a scuola più preparati.

Può succedere che un uomo che si sente chiamato al sacerdozio si consideri indegno o sia appesantito dal proprio passato. Come aiutate chi ha questi dubbi?

- Il primo passo da compiere quando una persona adulta prende in considerazione la vocazione al sacerdozio è avere a disposizione un sacerdote che la aiuti nel processo di discernimento. Ogni arcidiocesi è strutturalmente divisa in regioni. Io sono responsabile della regione nord-occidentale e qui abbiamo un sacerdote incaricato di avere questi colloqui con gli uomini che hanno queste domande.

Sono responsabile di 57 parrocchie e non appena so di qualcuno che sta considerando il sacerdozio, lo metto in contatto con questo sacerdote. Questo è stato molto efficace, perché la cosa più importante è che la persona possa avere accesso al processo di discernimento.

Una sfida che i seminaristi possono affrontare è l'opposizione delle loro famiglie. L'arcivescovo Allen Vigneron, quando ha indetto l'anno di preghiera, si è rivolto alle famiglie per chiedere generosità e coraggio in queste situazioni. Da un lato, come spiegare ai genitori che Dio può chiamare i loro figli a una dedizione completa al servizio sacerdotale?

- È un argomento interessante perché le famiglie ispaniche o latine hanno un'alta considerazione dei legami familiari. La mentalità anglosassone americana ha un concetto più ristretto di famiglia.

La questione della vocazione è una sfida per le famiglie. Non tanto per permettere al figlio di andare in seminario, quanto per le domande sulla sua felicità. Stiamo parlando di un discernimento sul celibato e per i latini è molto importante avere una prole. Questa è una delle domande più importanti da porre nel processo di discernimento.

Penso, ad esempio, a mio nonno. Non è che non fosse d'accordo con la mia decisione, ma mi ricordava che non avrei potuto avere figli o una moglie. Non è che non mi abbia appoggiato, ma si è posto questi problemi. Ed è bene che anche un adolescente si ponga queste domande, perché stiamo parlando di una vocazione unica.

Dio chiama chi vuole e può chiamare anche un uomo non più giovanissimo. Cosa direbbe a un adulto che sta considerando la vocazione sacerdotale?

- Innanzitutto, penso che dobbiamo sempre ricordare che siamo limitati nel tempo e nello spazio, ma per Dio non c'è né tempo né spazio. Per le persone più mature, la vocazione rimane una domanda esistenziale per ogni uomo. Per entrare in seminario è la stessa cosa che per sposarsi, perché richiede un impegno molto grande.

Tutti noi dobbiamo chiederci: cosa sto facendo della mia vita? Dove sono? Cosa mi chiede Dio di fare? Sono anche convinto che le persone più mature abbiano combattuto per anni con questa domanda.

Spostando ora l'attenzione, cosa possono fare i laici per aiutare sia i seminaristi che i sacerdoti nella loro vocazione?

- Il lavoro dei laici è essenziale nel processo di discernimento dei nostri giovani e meno giovani. È essenziale perché la cosa più importante in questo processo è il sostegno emotivo e i laici possono invitare le persone a considerare la vocazione. L'invito deve essere personale e diretto.

Quando vado nelle parrocchie, dico ai laici che dobbiamo continuare a pregare per le vocazioni, ma dobbiamo anche invitarle personalmente. Questa è una sfida. Dobbiamo essere intenzionali, è un lavoro molto importante.

I laici hanno un ruolo essenziale nell'invito alla vita sacerdotale. Dobbiamo anche ascoltare i nostri laici, perché la nostra famiglia è la nostra parrocchia.

Cultura

La necessità di un'architettura sacra

Qual è il rapporto tra architettura e liturgia e come si è sviluppato nel tempo?

Lucas Viar-5 giugno 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Questa prima idea può sembrare strana, visto l'argomento dell'articolo, e in particolare alla luce della autore perché vive grazie ad essa. Ma credo che dobbiamo cominciare a riconoscere che la liturgia non ha bisogno del architettura sacra. Le uniche cose materiali assolutamente necessarie sono il pane e il vino. Ed è anche bene ricordare che Dio non ha bisogno della liturgia, ma noi ne abbiamo bisogno.

Il cattolicesimo è una religione incarnata. Non può rimanere nel mondo delle idee e delle teorie, deve essere messo in pratica. Dobbiamo tenere presente che siamo esseri corporei e quindi è inutile separare ciò che pensiamo da ciò che facciamo.

Che cos'è l'architettura?

Per rispondere alla domanda su cosa sia l'architettura sacra, dobbiamo prima chiarire cosa sia l'architettura. Poiché la questione è troppo complessa, semplifichiamo e concordiamo sul fatto che l'architettura riguarda gli edifici.

Cosa rende una stanza vuota una camera da letto, una sala da pranzo, un bagno o una cucina? Anche con l'attuale tendenza minimalista, come civiltà tendiamo a caratterizzare lo spazio attraverso gli oggetti che ne definiscono la missione: un letto, una vasca da bagno, un tavolo, il fuoco...

Pertanto, non possiamo considerare l'architettura come un involucro costruttivo indipendente, ma dovremo includere tutti quegli oggetti che caratterizzano lo scopo dello spazio.

Cosa rende sacra l'architettura?

Architettura sacra

Dire che qualcosa è sacro significa che è stato dedicato a Dio, che è consacrato. Per dimostrare questa consacrazione, usiamo l'olio per ungere sia le persone quando vengono battezzate, cresimate o ordinate, sia gli oggetti.

Nel caso dell'architettura, quando una chiesa viene consacrata, le pareti o i pilastri vengono unti con l'olio e, insieme alla struttura, viene unto anche l'oggetto che dà all'edificio la sua principale distinzione: l'altare.

E cos'è un altare?

Il termine deriva dal latino "altus", che significa elevato, uno spazio separato dalla terra. Tuttavia, nelle Scritture si usa spesso il termine greco "Thysiasterion". Questo concetto viene tradotto come "luogo di sacrificio", il che ci dà un quadro più completo della missione dell'oggetto.

L'altare è il luogo in cui si rinnova il sacrificio di Cristo. Sull'altare, Cristo diventa nuovamente Corpo e Sangue, si incarna. Lì si rivela e si dona a noi, si trasfigura. Ciò che era inerte diventa vita. In effetti, l'altare è un simbolo di Cristo stesso.

È il luogo in cui il cielo incontra la terra. Dove siamo uniti a Dio e a tutta la Chiesa. La Chiesa trionfante, la Chiesa militante e la Chiesa purgante.

Le origini

Ora dobbiamo interrogarci sulle origini dell'altare. Per arrivarci, dobbiamo guardare ad alcuni episodi dell'Antico Testamento, come il sacrificio di Isacco. La storia è a prima vista piuttosto inquietante e, sebbene si possano esaminare molti dettagli, cominciamo a concentrarci sull'aspetto materiale.

Abramo e Isacco salgono sul Monte Moriah, come Dio indica loro, e lì costruiscono un altare. Abramo, quindi, costruisce un monte su un monte, cercando di avvicinarsi al cielo, dove si trova Dio. Il brano è rilevante anche perché Isacco prefigura Cristo. La frase "Dio provvederà al sacrificio", Isacco che porta la legna, l'agnello che trova intrappolato....

Il tabernacolo

Ritroviamo l'altare dei sacrifici quando Mosè costruì il Tabernacolo, un luogo dove Dio viveva con gli uomini. Aveva un recinto esterno, nel quale si trovava l'altare degli olocausti, fatto di legno rivestito di bronzo. Il tabernacolo stesso aveva due stanze, la più interna delle quali era il luogo più santo, dove era collocata l'Arca dell'Alleanza. L'Arca non era importante per ciò che conteneva, ma perché sopra di essa, tra le ali dei serafini, si trovava il seggio della misericordia, dove dimorava la presenza di Dio.

Il tabernacolo andò in frantumi quando il popolo d'Israele si spostò. Una volta stabilitosi nella Terra Promessa, il re Salomone ne fece costruire una versione definitiva. Il primo tempio seguì i piani della tenda, con le due stanze separate da un velo.

I Babilonesi distruggono il tempio di Salomone. Settant'anni dopo, al ritorno dall'esilio, fu costruito il secondo tempio, ristrutturato e ampliato da Erode il Grande. Questo secondo edificio seguì i piani del precedente, ma il Santo dei Santi fu lasciato vuoto, poiché l'Arca era andata perduta. Anche questo tempio fu distrutto qualche tempo dopo.

Sinagoghe

Per tutto il primo secolo, i sacrifici venivano offerti esclusivamente nel tempio di Gerusalemme, quindi gli ebrei in Giudea, Galilea e altrove di solito adoravano Dio nelle loro sinagoghe locali.

Le sinagoghe, come il tempio, si ispiravano al tabernacolo. L'arca dell'alleanza era rappresentata dall'arca della Torah, anch'essa velata e dotata di un proprio spazio nella sala. La tipologia architettonica è piuttosto semplice: una sala di riunione con uno spazio centrale delimitato da colonne, come il bouleuterion greco.

Benedetto XVI, ne "Lo spirito della liturgia", riassume i tre principali cambiamenti che si verificano quando la sinagoga diventa chiesa:

-Orientamento: La preghiera nella sinagoga era sempre rivolta verso Gerusalemme, verso il tempio. Per i cristiani, il tempio era stato distrutto e ricostruito in tre giorni, quindi il culto sarebbe stato orientato verso est "ad orientem", verso la luce che rappresenta Cristo.

-Segregazione: Nella sinagoga solo gli uomini dovevano partecipare al culto, le donne erano separate nelle gallerie al piano superiore. La chiesa includeva donne e uomini in egual misura nel culto e occupavano lo stesso spazio, anche se separatamente.

La differenza più significativa è l'altare, che prende il posto dell'Arca.

L'altare

Sappiamo molto poco di come si svolgeva il culto della Chiesa primitiva, e ancora meno dei dettagli materiali. L'archeologia sacra è un campo minato di speculazioni e ideologie, ma con pochissime prove materiali. Nonostante ciò, i primi altari sembrano essere stati tavoli di legno, più o meno ordinari, dedicati al culto.

Ma possiamo esaminare i dispositivi architettonici dell'altare che si svilupparono nei primi secoli del Basso Impero. L'antica San Pietro, costruita da Costantino, è un esempio paradigmatico che servirà da modello per molte chiese.

L'area che circonda l'altare è delimitata da un colonnato, chiamato "pergula" o "templon", che forma un ciborio sopra l'altare. Questo pergolato fu poi riconfigurato da San Gregorio Magno, che costruì un ciborio separato sopra l'altare. L'intera piattaforma dell'altare si innalza sopra la navata centrale per ospitare la tomba di San Pietro.

Giustino utilizzò questi stessi accorgimenti architettonici, quasi invariati, per la grande chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli. La "pergula" è usata per appendere le lampade e il ciborio è chiuso da tende chiamate tetravela, che vengono aperte durante la liturgia. È un simbolo bellissimo, che ricorda come il velo del tempio si squarciò in due quando Gesù morì, segno che la presenza e la promessa di Dio non erano più confinate nel tempio, ma si rivelavano nella carne e nel sangue.

Immagini sacre

Le immagini sacre fanno parte della cultura ecclesiastica fin dalle origini. Non sorprende, quindi, che l'altare abbia sviluppato una propria applicazione di immagini per contribuire a quella che Eusebio chiama la "testimonianza dell'occhio".

Queste decorazioni d'altare potevano essere scolpite direttamente sull'altare, ma spesso assumevano la forma di pezzi ornamentali applicati, in legno, avorio, metallo, ecc. Lo spazio sulla parte anteriore dell'altare si esauriva presto e così nacque la dorsale o "retrotabula", con lo stesso formato della parte anteriore, sul bordo posteriore dell'altare. Questa "retrotabula", libera dalle limitazioni delle dimensioni dell'altare, divenne sempre più grande, fondendosi in alcuni punti con la decorazione murale delle pareti, dando così origine alla pala d'altare, in tutte le sue innumerevoli varietà.

Il tabernacolo

L'ultimo elemento a entrare in contatto con l'altare era il tabernacolo. A quel tempo, le specie riservate venivano conservate in un armadio della sacrestia, piuttosto che all'esterno della chiesa. Nel corso del tempo, alcune pratiche si sono evolute, ad esempio, venivano conservate in pissidi sospese dal ciborio o collocate sull'altare sotto forma di colombe o torri; durante il tardo Medioevo, le torri sacramentali divennero una caratteristica comune, in particolare in Germania, dove venivano costruite nel lato del santuario.

Con il passare del tempo, motivato principalmente dalla crescita delle devozioni eucaristiche e dalla difesa della presenza reale durante la Controriforma, il tabernacolo si è posizionato al centro del santuario insieme all'altare. Tuttavia, fino al XVII secolo questi tabernacoli non erano progettati per essere accessibili al celebrante dall'altare e richiedevano una certa abilità nell'arrampicarsi. Per un paio di secoli, il tabernacolo fu inestricabilmente legato all'altare.

Cosa rende buona l'architettura sacra?

Vitruvio, architetto romano, scrisse un trattato in cui definiva le qualità di un edificio come segue:

- "Firmitas", fortezza.

- "Venustas", bellezza.

-utilitas", utilità.

Non mi soffermerò troppo sul primo punto. Si spiega da sé. Tutti apprezzano che un edificio non ci crolli addosso, che non abbia perdite e che sia resistente e ben costruito.

La bellezza

Sul secondo punto, la Venustas o bellezza, sono già stati versati fiumi di inchiostro, ma lo affronterò comunque brevemente. San Tommaso d'Aquino, come Vitruvio, diceva che la bellezza ha tre qualità distinte:

-Integritas", integrità, completezza, pienezza, perfezione.

-Consonantia", proporzione, armonia.

- "Claritas", luminosità, brillantezza

Le prime due proprietà si riferiscono alla costituzione dell'oggetto, nulla deve mancare e nulla deve essere superfluo, tutto deve avere uno scopo. Allo stesso tempo, il rapporto tra tutte queste parti deve essere armonioso, proporzionato, ordinato. In fondo, la proporzione è solo un riflesso dell'ordine che esiste nella creazione.

Infine, la "claritas" è forse la caratteristica più tenue. Piuttosto che fare un'interpretazione molto letterale, mi piace quella di Jaques Maritain, che intende questa "claritas" come la capacità di rivelare il suo "segreto ontologico", ciò che è veramente, e nel rivelare la sua vera essenza, mostra il creatore. Questa realtà ontologica dell'altare e della chiesa è quella dell'incontro tra cielo e terra, le molteplici dimensioni dell'Eucaristia, la comunione di tutta la chiesa....

L'utilità

Per quanto riguarda l'usabilità, questa proprietà non poteva essere facilmente saltata, così come la "firmitas", considerando che si applica solo a questioni banali, che sono tutte buone e desiderabili, come la climatizzazione, l'accessibilità o altre cose che rendono il luogo utilizzabile in senso materiale e un incubo per ottenere la conformità alle norme edilizie.

Si potrebbe scavare un po' più a fondo e dire: ok, va bene, ma qual è il "vero" uso di questo edificio? La liturgia

Dobbiamo quindi considerare anche se questo spazio è adatto alla liturgia, se è organizzato in modo tale da considerare e accogliere gli elementi e i movimenti propri dei riti. È stato progettato tenendo conto di questo?

Belle arti

Concludo con questo estratto della "Sacrosanctum Concilium":

"Le belle arti sono giustamente considerate tra le attività più nobili del genio umano, e questo vale soprattutto per l'arte religiosa e per la sua più alta realizzazione, che è l'arte sacra. 

Queste arti, per loro natura, sono orientate verso l'infinita bellezza di Dio, che cercano di rappresentare in qualche modo attraverso l'opera delle mani umane; 

Esse raggiungono il loro scopo di contribuire alla lode e alla gloria di Dio nella misura in cui sono dirette più esclusivamente all'unico obiettivo di rivolgere le menti degli uomini devotamente verso Dio".

L'autoreLucas Viar

Responsabile del progetto presso Talleres de Arte GRANDA

Per saperne di più
Cultura

Il cristianesimo in Giappone (II)

Il cristianesimo in Giappone è iniziato con l'arrivo di San Francesco Saverio sulle sue coste nel XVI secolo. La storia dei cristiani giapponesi è stata tormentata da numerosi martiri.

Gerardo Ferrara-5 giugno 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Non si può parlare di cristianesimo in Giappone – come in qualunque altra parte del mondo – senza utilizzare la parola “martirio”, un termine che deriva dal greco μάρτυς, cioè “testimone”.

Le prime persecuzioni

Nel 1587, quindi, Hideyoshi emanò un editto che ordinava ai missionari stranieri di lasciare il Paese. I missionari, dal canto loro, continuarono a operare clandestinamente. Dieci anni dopo ebbero inizio le persecuzioni. Il 5 febbraio 1597, 26 cristiani (6 francescani e 3 gesuiti europei, insieme a 17 terziarie francescane giapponesi), tra cui San Paolo Miki,  furono crocifissi e bruciati vivi in ​​piazza Nagasaki.

La comunità cristiana in Giappone subì una seconda persecuzione nel 1613.

In questi anni, l’élite giapponese al potere si dilettò nello sperimentare forme di tortura e omicidio sempre più crudeli e originali: i cristiani erano crocifissi; bruciati a fuoco lento; bolliti vivi nelle roventi sorgenti termali; segati in due parti; appesi a testa in giù in una fossa piena di escrementi, con un taglio sulla tempia in modo che il sangue potesse defluire e non morissero rapidamente.

Era, quest’ultima, una tecnica chiamata tsurushi e veniva ampiamente utilizzata, poiché permetteva ai torturati di rimanere coscienti fino alla morte o fino al momento in cui non decidessero di rinnegare la fede calpestando le fumie (icone con l’immagine di Cristo e della Vergine).

Divieto di cristianesimo in Giappone

Nel 1614, lo shogun Tokugawa Yeyasu, signore del Giappone, bandì il cristianesimo con un nuovo editto e impedì ai cristiani giapponesi di praticare la loro religione. Il 14 maggio dello stesso anno si svolse l’ultima processione per le strade di Nagasaki, che toccò sette delle undici chiese della città, tutte successivamente demolite.

Da allora, i cristiani continuarono a professare la loro fede nella clandestinità: iniziava così l’era dei kakure kirishitan (cristiani occulti).

La politica del regime dello shogun divenne sempre più repressiva. Con lo scoppio una rivolta popolare a Shimabara, vicino a Nagasaki, tra il 1637 e il 1638, che vedeva coinvolti principalmente contadini ed era guidata dal samurai cristiano Amakusa Shiro, la rivolta stessa fu repressa nel sangue, e con le armi fornite dagli olandesi protestanti, i quali detestavano il papa per ragioni di fede e i cattolici in genere per ragioni soprattutto economiche (loro intento era strappare a portoghesi e spagnoli la possibilità di commerciare con il Giappone per instaurare un regime di monopolio).

Il sakoku, chiusura del paese

A Shimabara e dintorni si contarono 40 mila cristiani trucidati nella maniera più orribile. Il loro sacrificio e la loro abnegazione sono comunque ad oggi ricordati e rispettati da tutti i giapponesi, non solo dai cristiani.  

Nel 1641, lo shogun Tokugawa Yemitsu emanò un ulteriore decreto, in seguito noto come sakoku (termine che indica la chiusura ermetica del Paese), in cui si proibiva qualsiasi forma di contatto tra giapponesi e stranieri. Per due secoli e mezzo, l’unica porta d’ingresso in Giappone per i mercanti olandesi rimase la piccola isola di Deshima, vicino a Nagasaki, da cui non potevano allontanarsi.

Lo stesso porto di Nagasaki, tuttavia, così come i suoi dintorni e soprattutto le isole della baia offrirono un rifugio a ciò che rimaneva della cristianità.

Fine della persecuzione in Giappone

Fu solamente il Venerdì santo del 1865 che diecimila di questi kakure kirishitan, cristiani nascosti, uscirono dai villaggi dove professavano la loro fede in clandestinità, senza sacerdoti e senza messa, e si presentarono allo stupito Bernard Petitjean della Societé des Missions Etrangères de Paris, arrivato poco prima per essere cappellano degli stranieri della Chiesa dei 26 Martiri di Nagasaki (Oura).

Chiesero al sacerdote, che chiamavano “padre” (parola che si era conservata, in lingua portoghese, per secoli nel loro lessico religioso) di poter partecipare alla messa.

Grazie alla pressione dell’opinione pubblica e dei governi occidentali, la nuova dinastia imperiale al potere, i Meiji, pose fine all’era degli shogun e, pur mantenendo lo shintoismo come religione di stato, il 14 marzo 1873 decretò la fine della persecuzione e nel 1888 riconobbe il diritto alla libertà religiosa per tutti i cittadini. Il 15 giugno 1891 fu eretta canonicamente la diocesi di Nagasaki, che nel 1927 salutò monsignor Hayasaka come primo vescovo giapponese, personalmente consacrato da Pio XI.

L'olocausto nucleare in Giappone

Il 9 agosto 1945, alle 11:02 del mattino, un’orribile esplosione nucleare scosse il cielo di Nagasaki, appena 500 metri sopra la cattedrale della città, dedicata all’Assunzione della Vergine. Ottantamila persone morirono all’istante e più di centomila rimasero ferite.

La Cattedrale di Urakami, dal nome del quartiere in cui si trovava, era e continua ad essere oggi, dopo la sua ricostruzione, il simbolo di una città martirizzata due volte: per le persecuzioni religiose di cui furono vittime migliaia di persone, in odium fidei, nell’arco di quattro secoli; e per lo scoppio di un dispositivo infernale che incenerì all’istante molti dei suoi abitanti, tra cui migliaia di cristiani, definiti dal loro illustre contemporaneo e concittadino, il dottor Takashi Pablo Nagai, “Agnello del sacrificio ucciso, per essere offerta perfetta sull’altare, dopo tutti i peccati commessi dalle nazioni della Seconda guerra mondiale”.

Nagasaki non era l'obiettivo originale

Due curiosità su questo terribile evento.

Chiesa in rovina a Nagasaki, 1946

In primo luogo, gli Stati Uniti non avevano la necessità sganciare una seconda bomba nucleare, poiché la resa del Giappone era imminente, specie dopo che un altro ordigno era stato fatto esplodere a Hiroshima pochi giorni prima, un ordigno, però, di tipo diverso (uranio 235) e in un territorio dalla conformazione differente. Si voleva, dunque, condurre un ulteriore esperimento per misurare gli effetti di un’altra bomba, questa volta di plutonio 239, in un territorio topograficamente diverso.

In secondo luogo, il lancio del nuovo artefatto non doveva avvenire a Nagasaki, bensì in un’altra città, chiamata Kokura. Tuttavia, a Kokura il cielo era nuvoloso e ciò non permetteva di individuare il punto in cui sganciare la bomba. Al contrario, a Nagasaki, scelta come riserva, splendeva il sole, quindi il pilota optò per spostarsi nella nuova posizione e sganciare la bomba atomica sull’obiettivo designato in città, cioè una fabbrica di munizioni.

Ciononostante, una volta sganciata la bomba, si verificò un nuovo imprevisto: il vento deviò leggermente la traiettoria del dispositivo, facendolo esplodere a poche centinaia di metri sopra il quartiere di Urakami, proprio sopra la cattedrale cattolica più grande dell’Asia orientale, in quel momento piena di fedeli che pregavano per la pace.

Alcune domande

Oggi, in Oriente, in Africa e in molte altre parti del mondo, migliaia di cristiani continuano a essere perseguitati, spesso assassinati, e talvolta proprio nel momento in cui implorano Dio di salvarli dalla guerra, dalla mano dei loro nemici, pur continuando a intercedere per i propri persecutori e a perdonarli. Non è esattamente la stessa cosa che ha fatto colui cui essi si ispirano, Gesù Cristo?

Tutto questo può farci domandare, forse, qual sia la vera prospettiva, lo sguardo con cui dovremmo considerare la storia umana: il male per chi vuole e cerca il bene e la pace e il bene per chi perseguita il male? La morte per suo Figlio e i suoi discepoli e la vita tranquilla per i suoi persecutori? È davvero questo ciò che Dio ha sempre voluto?

A queste domande si può rispondere molto bene Takashi Pablo Nagaiche non solo non identificò come male quella che umanamente poteva apparire come una delle peggiori disgrazie della storia, ma arrivò addirittura a ringraziare Dio per il sacrificio di tanti martiri polverizzati dalla bomba, tra cui l'amata moglie Midori, di cui il medico giapponese, anch'egli gravemente ferito e malato di leucemia, il giorno dopo l'esplosione della bomba non trovò altro che ossa carbonizzate con la catena del rosario al suo fianco.

Takashi Pablo Nagai

Come per Cristo, anche per un martire, un seguace e un testimone di Cristo, il vero significato della vita è essere uno strumento nelle mani di Dio e, secondo Nagai, quelli che sono morti nell’olocausto nucleare di Nagasaki sono divenuti uno strumento di Dio per salvare un numero enormemente maggiore di vite, come egli stesso dichiarò nel corso di una cerimonia per ricordare le vittime nei pressi delle rovine della cattedrale:

Ci chiediamo: il convergere di simili eventi, fine della guerra e celebrazione della festa di Maria Assunta in Cielo, è stato un puro caso o un segno provvidenziale? Ho sentito dire che la bomba atomica era destinata a un’altra città. Le fitte nubi resero quel bersaglio troppo difficile e i piloti puntarono sul bersaglio alternativo, Nagasaki. Ci fu anche un problema tecnico, per cui la bomba fu lanciata molto più a nord di quanto era stato stabilito e scoppiò così proprio sulla cattedrale. Non fu certo l’equipaggio dell’aereo americano che scelse proprio il nostro quartiere.

Io credo che fu Dio, la sua provvidenza, a scegliere Urakami e a portare la bomba esattamente sulle nostre case. Non c’è forse un profondo rapporto tra l’annientamento di Nagasaki e la fine della guerra? Non fu forse Nagasaki la vittima scelta, l’Agnello del sacrificio ucciso, per essere offerta perfetta sull’altare, dopo tutti i peccati commessi dalle nazioni della Seconda guerra mondiale.

a nostra Chiesa di Nagasaki ha mantenuto la fede durante centinaia di anni di persecuzione, quando la nostra religione era stata messa al bando e il sangue dei martiri scorreva copioso. Durante la guerra, questa stessa chiesa non ha mai smesso di pregare, giorno e notte, per una pace che fosse duratura. Non era dunque proprio questo l’agnello senza macchia che doveva essere offerto sull’altare di Dio? Grazie al sacrificio di questo agnello diversi milioni di persone, che altrimenti sarebbero cadute vittime delle devastazioni della guerra, sono state salvate.

Conclusioni

Questa dovrebbe essere anche la nostra visione, l'unica visione possibile della storia e l'unica prospettiva di vita, per un cristiano e per un "....".martire", un testimone di Cristo:

Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna (Giovanni 12, 22-24).

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

Vaticano

"Il segno della Croce ci ricorda quanto Dio ci ha amato", il Papa invita a pregare 

Nella domenica della Solennità della Santissima Trinità, il Santo Padre ha ribadito la sua preghiera per le vittime dell'incidente ferroviario in India e la sua vicinanza ai feriti e alle loro famiglie, e ha pregato la "Virgo fidelis" per l'"amata e martirizzata Ucraina".

Francisco Otamendi-4 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Papa Francesco ha incoraggiato i fedeli presenti in Piazza San Pietro, in occasione del Angelus della solennità odierna, domenica della Santissima Trinità, di compiere "il gesto più semplice, che abbiamo imparato fin da bambini: il segno della croce", perché "tracciando la croce sul nostro corpo ricordiamo quanto Dio ci ha amato, fino a dare la vita per noi", e "ripetiamo a noi stessi che il suo amore è come un abbraccio che non ci abbandona mai".

Prima di recitare la preghiera mariana dell'Angelus dalla finestra del Palazzo Apostolico, il Santo Padre ha iniziato la sua meditazione ricordando che nella festa odierna, "solennità della Santissima Trinità, il Vangelo è tratto dal dialogo di Gesù con Nicodemo (cfr. Gv 3,16-18). Nicodemo era un membro del Sinedrio, appassionato del mistero di Dio; riconobbe in Gesù un maestro divino e, in segreto, andò a parlare con lui".

"Gesù lo ascolta e capisce che è un uomo in ricerca", e "lo sorprende" dicendo che "per entrare nel Regno di Dio è necessario rinascere; poi gli rivela il nocciolo del mistero dicendogli che Dio ha amato così tanto l'umanità da mandare suo Figlio nel mondo. Gesù, il Figlio, ci parla del Padre e del suo immenso amore". 

"Pensare Dio attraverso l'immagine di una famiglia".

La domenica del Santissima TrinitàIl Papa si è addentrato brevemente nel mistero. "Padre e Figlio. È un'immagine familiare che, se ci pensiamo bene, sconvolge il nostro immaginario su Dio. Infatti, la parola "Dio" ci suggerisce una realtà singolare, maestosa e lontana, mentre sentir parlare di un Padre e di un Figlio ci riporta a casa. Sì, possiamo pensare a Dio attraverso l'immagine di una famiglia riunita a tavola, dove si condivide la vita. Inoltre, la tavola, che è anche un altare, è un simbolo con cui alcune icone rappresentano la Trinità. È un'immagine che ci parla di un Dio di comunione.

"Ma non è solo un'immagine, è una realtà", ha aggiunto il Papa. "È realtà perché lo Spirito Santo, lo Spirito che il Padre per mezzo di Gesù ha riversato nei nostri cuori (cfr. Gal 4,6), ci fa gustare, ci fa sperimentare la presenza di Dio: una presenza vicina, compassionevole e tenera. Lo Spirito Santo fa con noi quello che Gesù ha fatto con Nicodemo: ci introduce nel mistero della nuova nascita, ci rivela il cuore del Padre e ci rende partecipi della vita stessa di Dio". 

"Seduti a tavola con Dio

"Il suo invito a noi, potremmo dire, è di sederci a tavola con Dio per condividere il suo amore. Questo è ciò che accade in ogni Messa, all'altare della mensa eucaristica, dove Gesù si offre al Padre e si offre per noi. Sì, fratelli e sorelle, il nostro Dio è una comunione d'amore: questo è ciò che Gesù ci ha rivelato", ha continuato il Santo Padre.  

Il Papa ha poi suggerito cosa possiamo fare per ricordare questa comunione d'amore: "Il gesto più semplice, che abbiamo imparato da bambini: il segno della croce. Tracciando la croce sul nostro corpo ricordiamo quanto Dio ci ha amato, fino a dare la vita per noi; e ci ripetiamo che il suo amore ci avvolge completamente, dall'alto in basso, da sinistra a destra, come un abbraccio che non ci lascia mai. Allo stesso tempo, ci impegniamo a testimoniare l'amore di Dio, creando un'atmosfera di gioia e di gioia. comunione nel suo nome". 

Infine, Francesco ha posto alcune domande, a mo' di esame di coscienza, come è solito fare: "Possiamo chiederci: siamo testimoni di Dio-amore, o Dio-amore è diventato per noi un concetto, qualcosa che abbiamo già sentito ma che non ci commuove più e non provoca più la vita? Se Dio è amore, le nostre comunità lo testimoniano? Sanno amare? Sono come famiglie? Teniamo sempre la porta aperta, sappiamo sempre amare, sappiamo sempre amare, sappiamo sempre amare? Benvenuti a tuttiOffriamo a tutti il cibo del perdono di Dio e il vino della gioia evangelica? Respiriamo l'aria di una casa o assomigliamo più a un ufficio o a un luogo riservato dove entrano solo gli eletti?

Nella conclusione, prima dell'Angelus, il Papa ha chiesto che "Maria ci aiuti a vivere la Chiesa come una casa in cui l'amore è una famiglia, a gloria di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo".

Preghiere per le vittime in India e per l'Ucraina

Dopo aver recitato l'Angelus, Papa Francesco ha assicurato le sue "preghiere per le tante vittime dell'attentato". incidente incidente ferroviario avvenuto in India due giorni fa. Sono vicino ai feriti e alle loro famiglie. Che il nostro Padre celeste accolga nel suo Regno le anime dei defunti". 

"Saluto voi, romani e pellegrini provenienti dall'Italia e da molti Paesi, in particolare i fedeli di Villa Alemana (Cile) e i cresimandi di Cork (Irlanda)". Il Papa ha salutato anche gruppi provenienti da molte città italiane, alcuni con bambini della Cresima e della Prima Comunione. 

Il Pontefice ha salutato in modo particolare "i rappresentanti dei Carabinieri, che ringrazio per la loro quotidiana vicinanza alla popolazione", ha detto. "La Virgo fidelis, vostra Patrona, protegga voi e le vostre famiglie", ha detto.

Ha anche affidato alla Vergine Maria, "Madre di misericordia, i popoli provati dal flagello della guerra, specialmente l'amata e martirizzata Ucraina". Infine, dopo aver salutato "i ragazzi dell'Immacolata, che sono bravi", ha pregato: "non dimenticate di pregare per me. Buona domenica, grazie, buon pranzo e arrivederci".

L'autoreFrancisco Otamendi

Iniziative

Sant'Egidio: unirsi nella preghiera e nell'amicizia

La Comunità di Sant'Egidio di New York ha ascoltato le grida di innumerevoli vite in molti modi. Ogni settimana, molti dei suoi quaranta volontari preparano il cibo, scendono per le strade di Manhattan e forniscono a chi non ha un riparo pasti, bevande calde, coperte e altri beni di prima necessità.

Jennifer Elizabeth Terranova-4 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Era il 1968 e in Italia, come in molti altri luoghi del mondo, le cause sociali incoraggiavano e ispiravano molti a scendere in piazza per aiutare i bisognosi e creare cambiamenti positivi nelle comunità. Giovani e meno giovani si sentivano chiamati a servire i propri connazionali. Alcuni hanno protestato, altri hanno contribuito alla promulgazione di nuove leggi, altri ancora hanno cercato nel Vangelo le linee guida per l'azione.

Andrea Riccardi, giovane liceale italiano, all'età di 18 anni, ebbe l'idea di "riunire le persone intorno al Vangelo". Credeva che "il Vangelo può cambiare la nostra vita e quella del mondo". Di conseguenza, lui e molti altri chiamati a formare la Comunità, oggi conosciuta come Comunità di Sant'Egidio, hanno raggiunto il loro obiettivo e continuano a dedicarvisi.

Alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70 c'erano molti movimenti a cui si poteva partecipare. C'era un desiderio di cambiamento e, naturalmente, anche una necessità. "Ma il nostro era diverso perché era cristiano", racconta Paola Piscitelli, che è entrata a far parte della Comunità di Sant'Egidio nel 1974, quando era una studentessa di liceo a Roma. Insieme al marito Andrea Bartoli e ai loro due figli, Anna e Pietro, serve i più vulnerabili a New York.

Intorno al Vangelo

Paola racconta le umili origini della Comunità e l'iniziativa di Andrea Riccardi. Andrea "aveva questa idea di riunire le persone intorno al Vangelo". Lui e i suoi amici si riunivano in un vecchio convento di Trastevere (un quartiere romano), leggevano il Vangelo e pregavano. "Andrea era incuriosito da quei primi incontri e dalle conversazioni che avevano sulla solitudine e sulle loro riflessioni sul Vangelo". Inoltre, si sentivano "chiamati a pregare insieme". Ma non nel senso tradizionale, come clero e religiosi. Era qualcosa che nasceva dal Concilio Vaticano II e, da allora, hanno sempre visto la Comunità "come un frutto del rinnovamento del Concilio".

Molti cattolici, come i primi membri della Comunità di Sant'Egidio, hanno accettato questo "invito" della Chiesa a partecipare attivamente e a svolgere un ruolo più significativo e vitale all'interno della Chiesa. Hanno capito cosa significa essere "chiamati alla missione". In definitiva, i laici sono la Chiesa e sono corresponsabili della diffusione del messaggio di Gesù Cristo nel mondo. Pertanto, le parole "Popolo di Dio" dovevano essere prese sul serio. Questa forma di responsabilizzazione ha ispirato i primi membri della Comunità di Sant'Egidio.

La comunità

Paola ricorda che "all'inizio erano ispirati a pregare, a leggere la Bibbia insieme e a vivere in comunione tra loro. C'era anche il desiderio di aiutare i poveri". Paola condivide l'idea che "non potevano definirsi cristiani senza essere in contatto con i poveri e senza servirli". Sottolinea inoltre che questo aspetto "comunitario" era ed è tuttora nel DNA della Comunità. Dopo tutto, nessuno può salvarsi da solo.

Icona della Comunità di Sant'Egidio

Forse questi giovani che si riunivano ogni giorno alle 8.30 per pregare e leggere il Vangelo non erano consapevoli della missione che avevano in quel momento. Dio aveva dato loro una vocazione prima che questa venisse loro rivelata. Ma, col tempo, Paola si è resa conto che "era molto più grande di quanto avessimo immaginato e, prima che ce ne accorgessimo, c'era un progetto di comunità nella Chiesa".

Anche se ci sono stati un paio di nomi prima che diventasse la Comunità di Sant'Egidio, Paola ricorda: "... ci chiamavamo 'Comunità degli amici' e 'Comunità del Vangelo'". Il desiderio di pregare insieme e di servire i poveri era chiaro fin dall'inizio. Paola continua: "Ma dovevamo prendere sul serio il Vangelo nella nostra vita, e non dovevamo separarci dal mondo".

San Egidio a New York

Nel suo acclamato libro "Come vive l'altra metà", Jacob Riis scrive: "Metà del mondo non sa come vive l'altra metà". E per molti dei membri originari di Sant'Egidio, questo era vero. Paola ricorda quanto fosse "scioccata" nello scoprire un mondo così diverso dal suo, eppure "dietro l'angolo". Ricorda di essere andata nella periferia di Roma per aiutare i bambini bisognosi e di essere stata testimone di un mondo molto diverso dal suo. Era il 1974 e Paola e suo marito sono rimasti saldi nella loro fede e nel loro impegno per il Vangelo.

La famiglia Bartoli continuò il suo lavoro a Roma e si impegnò ad aiutare altre comunità in altre parti del mondo. Alla fine si sono trasferiti negli Stati Uniti, hanno avuto due figli e hanno fondato un'associazione di volontariato. comunità di New York

Al loro arrivo, hanno fatto quello che hanno sempre fatto: riunirsi, leggere la Parola e attendere la guida di Gesù Cristo. Paola racconta: "Sentivamo la preghiera quotidiana perché avevamo sempre bisogno di ricevere i sentimenti e le parole del Vangelo.

La Comunità di Sant'Egidio di New York ha ascoltato le grida di innumerevoli vite in molti modi. Ogni settimana, molti dei suoi quaranta volontari preparano il cibo, scendono per le strade di Manhattan e forniscono a chi non ha un riparo pasti, bevande calde, coperte e altri beni di prima necessità. Ogni settimana vengono serviti 500 pasti. Inoltre, la Comunità di Sant'Egidio, N.Y., e Catholic Charities of New York offrono docce pubbliche di fronte alla Chiesa del Nostro Salvatore ogni martedì sera per i senzatetto. La comunità visita anche le case di riposo di Brooklyn e si impegna a costruire relazioni con le persone che incontra.

Amicizia

Alcuni degli altri programmi sono: "School of Peace", che cerca di educare i bambini a una convivenza pacifica; "English With Friends", che è online, e alcuni volontari scrivono lettere ai carcerati, tra le altre cose. Paola parla dell'informalità del rapporto tra i bisognosi e i volontari. "I nostri ruoli sono informali, il che ci permette di stringere amicizie... è relazionale.

Fanno amicizia con le persone che incontrano, creando un rapporto di fiducia e di autentica compagnia. Sono i buoni samaritani di New York.

Paola conclude: "Non puntiamo a risolvere tutti i problemi... perché sappiamo di essere piccoli, ma credo che si possa sempre fare qualcosa.

La preghiera era e rimane fondamentale tra i "discepoli" della Comunità di Sant'Egidio, che si è moltiplicata e serve i bisognosi in più di settanta Paesi del mondo. Sul loro sito web si legge: "La preghiera, basata sull'ascolto del Parola di Dioè la prima azione della Comunità: accompagna e guida la vita".

Per saperne di più
Stati Uniti

I popoli indigeni e la dottrina della Chiesa

Il Dicastero per la Cultura e l'Educazione e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale hanno pubblicato una nota congiunta che affronta la cosiddetta "Dottrina della Scoperta", legata ad "atti di violenza, oppressione, ingiustizia sociale e schiavitù" commessi contro i popoli indigeni.

Paloma López Campos-4 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il 30 marzo 2023, a mezzogiorno, è stata emessa una nota congiunta da parte dei Dicastero per la Cultura e l'Educazione e il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. Il documento tratta degli abusi subiti dalle popolazioni indigene in nome della scoperta. Questo documento arriva otto mesi dopo la visita di Papa Francesco in Canada, in cui ha pubblicamente condannato la mentalità dei coloni.

Francesco non è stato il primo a parlare contro gli abusi della colonizzazione. Come si legge nel comunicato, "nel corso della storia, i Papi hanno condannato gli atti di violenza, oppressione, ingiustizia sociale e schiavitù, compresi quelli commessi contro i popoli indigeni. Ci sono stati numerosi esempi di vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici che hanno dato la loro vita in difesa della dignità di questi popoli".

Tuttavia, ammettere questo implica anche il rispetto dei veri fatti storici e "richiede il riconoscimento della debolezza umana e dei fallimenti dei discepoli di Cristo in ogni generazione". Molti cristiani hanno commesso atti malvagi contro le popolazioni indigene.

Il risultato di un dialogo

Per affrontare questo problema, la Chiesa ha avviato un dialogo con i membri delle popolazioni indigene e, di conseguenza, "ha visto l'importanza di confrontarsi con il concetto chiamato 'dottrina della scoperta'". Il termine stesso di scoperta è fonte di dibattito sul suo significato, poiché in ambito giuridico "la scoperta della terra da parte dei coloni concedeva il diritto esclusivo di estinguere, mediante acquisto o conquista, il titolo o il possesso di tale terra da parte delle popolazioni indigene".

Nei secoli delle grandi esplorazioni nacque questa "dottrina", presumibilmente sostenuta da alcune bolle papali, come "Dum Diversas" (1452), "Romanus Pontifex" (1455) e "Inter Caetera" (1493). Tuttavia, la nota congiunta dei dicasteri afferma che "la "dottrina della scoperta" non fa parte dell'insegnamento della Chiesa cattolica". La ricerca storica dimostra chiaramente che i documenti papali in questione, scritti in un periodo storico specifico e legati a questioni politiche, non sono mai stati considerati espressioni della fede cattolica".

Ciononostante, è anche vero, come si legge nel dossier, che quelle bolle papali "non riflettevano adeguatamente la pari dignità e i diritti dei popoli indigeni" e, a volte, i poteri politici ne manipolavano il contenuto per giustificare gli abusi contro le popolazioni indigene. Di conseguenza, "è giusto riconoscere questi errori, riconoscere i terribili effetti delle politiche di assimilazione e il dolore provato dalle popolazioni indigene, e chiedere perdono". Inoltre, Papa Francesco ha esortato: "Che la comunità cristiana non si lasci mai più contaminare dall'idea che esista una cultura superiore alle altre e che sia legittimo usare mezzi di coercizione contro gli altri".

Rispetto per ogni essere umano

Ciò che fa parte dell'insegnamento della Chiesa cattolica è "il rispetto dovuto a ogni essere umano". Pertanto, la Chiesa cattolica ripudia i concetti che non riconoscono i diritti umani intrinseci dei popoli indigeni, compresa quella che è diventata giuridicamente e politicamente nota come "dottrina della scoperta".

Diversi documenti della Chiesa hanno cercato di proteggere i diritti degli indigeni nel corso della storia. Recentemente, questo obiettivo è stato rafforzato dal "forte sostegno della Santa Sede ai principi contenuti nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. L'attuazione di tali principi migliorerebbe le condizioni di vita e aiuterebbe a proteggere i diritti dei popoli indigeni, oltre a facilitare il loro sviluppo nel rispetto della loro identità, lingua e cultura".

L'arte della riconciliazione

Il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione, ha commentato la nota pubblicata. Fa parte di quella che potremmo definire l'architettura della riconciliazione, e anche il prodotto dell'arte della riconciliazione", ha detto. riconciliazioneIl processo attraverso il quale le persone si impegnano ad ascoltarsi, a parlarsi e a crescere nella comprensione reciproca.

Il dialogo che la Chiesa intrattiene con i popoli indigeni ci permette di comprendere le sofferenze e gli errori commessi. Queste conversazioni dimostrano l'interesse del popolo di Dio a impegnarsi nella ricerca della riconciliazione e nell'arte dell'incontro.

Le vie del dialogo

Da parte sua, il Conferenza canadese dei vescovi cattolici ha espresso il suo apprezzamento per la nota promulgata e ha riferito che sta lavorando per aprire nuove vie di dialogo. A tal punto che i vescovi stanno studiando la possibilità di organizzare un simposio insieme al Pontificio Comitato di Scienze Storiche con accademici indigeni e non indigeni.

Lo scopo dell'incontro accademico è quello di approfondire la comprensione storica della dottrina della scoperta. I due dicasteri responsabili della nota hanno espresso il loro sostegno a questa iniziativa. Il Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti ha mostrato interesse per il simposio, come ha dichiarato in un comunicato l'arcivescovo Paul S. Coakley, segretario della Conferenza.

Per saperne di più
Evangelizzazione

Il frate che rompe l'abito, un frate su internet

Padre Casey è sacerdote dal 2019. È noto per parlare della sua vita e delle questioni attuali della Chiesa attraverso i social media, in particolare su YouTube sul suo canale Abituarsi all'abitudine.

Paloma López Campos-4 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Casey Cole si è laureato nel 2011, lo stesso anno in cui è entrato nell'Ordine Francescano. Il giovane americano predica online da anni. Il suo lavoro raggiunge migliaia di persone solo su Internet. YouTube il tuo canale Abituarsi all'abitudine ha già 270.000 abbonati.

L'obiettivo, come lui stesso lo descrive, è quello di offrire riflessioni e spiegazioni personali da una prospettiva cattolica e francescana ai cristiani che desiderano diventare migliori discepoli di Cristo e discernere la propria vocazione. Padre Casey ha rilasciato un'intervista a Omnes in cui parla della sua predicazione online.

Come le è venuta l'idea di creare un canale YouTube? I suoi superiori le hanno posto qualche ostacolo?

-Ho iniziato a pubblicare video su YouTube nell'estate del 2015, quando io e un altro frate francescano abbiamo viaggiato dalla California a Washington D.C. Volevamo mostrare com'è la vita francescana e dare visibilità ai frati francescani che abbiamo incontrato sulla strada. Volevamo mostrare com'è la vita francescana e dare visibilità ai fratelli francescani che abbiamo incontrato lungo il cammino. In seguito, ho iniziato a registrare riflessioni, spiegazioni e brevi documentari sulla vita dei frati.

I miei superiori hanno sempre sostenuto il mio lavoro.

Lei parla di alcune questioni controverse. Hai fatto un video sull'industria del porno, poi hai parlato di ciò che i protestanti fanno bene e di ciò che sbagliano... E usi titoli molto provocatori: "Non fare il prete", "Gesù aveva un corpo fantastico", "I martiri hanno avuto vita facile", e così via. Perché lo fai? Hai mai pensato che può generare confusione?

-Viviamo in un'epoca in cui siamo tutti sovraccaricati dai media. Tra YouTube, TikTok, Instagram e tutte le altre piattaforme mediatiche, è una streaming, Ci sono più contenuti da consumare che tempo per guardarli. Pertanto, attirare gli utenti diventa molto competitivo. Se non si utilizzano titoli e copertine di video che facciano entrare immediatamente nel contenuto, i progetti cadono nel dimenticatoio.

È importante notare una cosa in termini di idea di clickbait. Ci sono quelli che usano titoli o copertine di video offensivi per provocare le persone, ma i loro contenuti poi non parlano mai di ciò che hanno volutamente messo in piedi; poi ci sono altri che usano tattiche creative e moderne che sono efficaci nell'attirare le persone su temi da approfondire. Non faccio mai la prima. Mi piace affrontare le polemiche e rispondere con risposte approfondite e logiche.

Cosa possiamo aspettarci dal vostro canale Abituarsi all'abitudine in futuro?

-È difficile da sapere. Abituarsi all'abitudine si è evoluto più volte negli ultimi sette anni e sospetto che continuerà a cambiare. La mia speranza è di fornire contenuti di buona qualità che facciano riflettere le persone e le avvicinino a Cristo e alla sua Chiesa. Con il cambiare del panorama dei media digitali, cambierà anche il mio modo di presentare le cose.

Quest'estate avete intrapreso un tour molto particolare, un tour legato al baseball. Com'è nato e qual è stato il risultato?

-Il tour è stato un grande successo. Un altro frate e io abbiamo girato il Paese evangelizzando negli stadi della Major League Baseball. L'idea era quella di incontrare le persone dove si trovano, di essere un testimone pubblico in mezzo alla strada.

I cattolici non sono una maggioranza religiosa negli Stati Uniti, com'è il rapporto tra la Chiesa e le altre religioni e tra i cattolici e le altre confessioni cristiane?

-Ovunque ci siano persone di religioni diverse, ci saranno tensioni. Gli Stati Uniti non fanno eccezione. La mia esperienza, tuttavia, è stata sia positiva che negativa e credo che i protestanti aiutino i cattolici a crescere più forti nella fede. Dove i cattolici sono una minoranza, c'è un maggiore bisogno di comprendere la propria fede e di riunirsi maggiormente come comunità.

Parteciperete alla GMG 2023? Se ci andate, come vi state preparando?

-Al momento non ho intenzione di partecipare. Prego che sia un'esperienza molto arricchente per coloro che vi partecipano.

Qual è, secondo lei, la cosa più importante che fa come sacerdote?

-Come meglio so fare, ascolto. Data la naturale essenza dei sacramenti della vita cristiana e la scarsità di sacerdoti, è molto facile per i cristiani sopravvalutare un sacerdote e i suoi meriti, supponendo che sappia tutto e possa fare tutto da solo. I migliori sacerdoti sono quelli che passano la maggior parte del loro tempo ad ascoltare e imparare dagli altri.

Qual è la cosa più bella dell'essere un frate francescano?

-La cosa migliore (e peggiore) della vita francescana è la fraternità. Vivere con uomini di età e culture diverse, con prospettive diverse sulla chiesa e sul tempo libero, è una benedizione, ma raramente è facile.

Qual è l'idea sbagliata che la gente ha dei frati?

-Non siamo monaci. I frati sono membri di un ordine mendicante, il che significa che viaggiamo e chiediamo l'elemosina, piuttosto che vivere entro i confini del monastero. La nostra vita è nel mondo.

Recentemente c'è stata l'Assemblea plenaria dei vescovi statunitensi e il Nunzio Apostolico ha chiesto informazioni sulla situazione attuale della Chiesa e sulla direzione che sta prendendo. Come risponderebbe a questa domanda dal suo punto di vista?

-In questo momento siamo una Chiesa molto divisa che ha perso di vista le sue fondamenta. Troppo spesso vediamo membri della Chiesa che aderiscono a partiti politici piuttosto che alla missione del Vangelo. Ci sono alcuni che sono testimoni di riconciliazione e di speranza, ma troppi sono coinvolti nei valori di questo mondo.

Vaticano

Il Papa ringrazia "il bene che molte persone dell'Opus Dei fanno nel mondo".

La mattina del 3 giugno, Papa Francesco ha ricevuto in udienza Mons. Fernando Ocáriz Braña, Prelato dell'Opus Dei. Il prelato ha informato il Santo Padre sui lavori del recente Congresso Generale Straordinario.

Maria José Atienza-3 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

L'incontro tra il pontefice e il prelato dell'Opus Dei è avvenuto la mattina del 3 giugno. Un'udienza che ha luogo a poco più di un mese dalla celebrazione del Congresso Generale Straordinario che la Prelatura personale ha portato avanti con l'obiettivo di adeguare i propri statuti alla motu proprio Ad Charisma Tuendum.

In un messaggio inviato ai fedeli dell'Opus Dei dopo l'incontro, Ocariz ha sottolineato che, oltre a trasmettere al Santo Padre le linee generali di lavoro sviluppate al Congresso, ha trasmesso al Papa "l'atmosfera di quei giorni e il desiderio di fedeltà al carisma dell'Opus Dei". San Josemaría e l'unità con il Papa, che era evidente in tutti loro. Allo stesso tempo, ho informato il Santo Padre che abbiamo iniziato a lavorare con il Dicastero del clero sul documento risultante dal Congresso, per la decisione che dovrà essere presa dalla Santa Sede".

Il Prelato dell'Opus Dei è stato accompagnato in questa visita dal vicario ausiliare della Prelatura, Mariano FazioHa raccontato al Papa "alcune delle iniziative apostoliche che le persone dell'Opera stanno promuovendo insieme a molte altre in vari Paesi, per cercare di trasmettere l'annuncio del Vangelo e servire molte persone".

Da parte sua, Francesco ha ringraziato il prelato dell'Opus Dei per "il bene che molti di loro fanno". persone dell'Opus Dei nel mondo" e ha incoraggiato i fedeli della Prelatura a "diffondere ovunque il nostro spirito al servizio della Chiesa".

Dopo il Congresso Generale Straordinario che ha riunito a Roma circa 300 fedeli dell'Opus Dei, le principali conclusioni di queste giornate di lavoro sono state presentate alla Santa Sede attraverso il Dicastero per il Clero, l'organismo al quale, dallo scorso agosto 2022, spetta la responsabilità del Prelatura dell'Opus Dei.

L'ultima udienza del Papa con il prelato dell'Opus Dei ha avuto luogo il 27 novembre 2022. Quel giorno è stato  40° anniversario dell'Opus Dei come prelatura personale. L'Opera ha acquisito questo status giuridico con la pubblicazione della Costituzione Apostolica "Ut sit", data a Roma il 28 novembre 1982, durante il pontificato di San Giovanni Paolo II. 

In quell'udienza, la prelatura personale era nel pieno dei preparativi per il congresso generale straordinario convocato in occasione della pubblicazione del libro "La vita di un uomo". motu proprio "Ad carisma tuendum". e mirava ad allineare gli statuti della Prelatura alle indicazioni del Papa. 

Per saperne di più