Evangelizzazione

Sant'Andrea Kim, primo sacerdote coreano, e i suoi compagni di martirio

Quasi duecento anni fa, la Corea fu teatro di gravi persecuzioni contro la fede cristiana e migliaia di coreani furono martirizzati. Sant'Andrea Kim Taegon, un sacerdote, è stato uno dei 103 coreani canonizzati da San Giovanni Paolo II nel 1984. Nel 2014, Papa Francesco ne ha canonizzati 124, sempre a Seoul.

Francisco Otamendi-20 settembre 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

"In questa udienza vorrei presentarvi un'altra testimonianza di zelo apostolico. Questa volta ci giunge da terre lontane", ha detto Papa Francesco. "Infatti, santo Andrew Kim Taegon è stato il primo sacerdote martire della Corea. Duecento anni fa, in quel Paese c'erano gravi persecuzioni e non si poteva confessare apertamente la propria fede. Prima di allora, erano i laici a evangelizzare la Corea", ha aggiunto.

La sua vita è stata e continua ad essere una testimonianza eloquente dello zelo per la proclamazione del Vangelo". "Sottolineo due scene che ci danno prova di questo zelo", ha proseguito. "Nella prima, vediamo Sant'Andrea alle prese con la difficoltà di non avere altra scelta che incontrare i fedeli in pubblico. E riesce a riconoscersi senza che nessuno se ne accorga". Riassume la sua identità in due parole: 'discepoli di Gesù'".

Il sangue dei martiri

Il 16 maggio 1984, al ritorno dal suo viaggio apostolico in vari Paesi asiatici, San Giovanni Paolo II stimò che circa diecimila persone erano state uccise durante la sua visita in Asia. Martiri coreani. E ha detto: "Leggendo gli "Acta martyrum" del XIX secolo in terra coreana, viene in mente una stretta analogia con il "Martyrologium romanum". Le "grandi opere di Dio" per i martiri si ripetono in momenti diversi della storia e in diverse parti del mondo".

In due secoli di esistenza, la Chiesa in Corea, ha aggiunto Papa Giovanni Paolo II, "crescendo sul terreno reso così profondamente fertile dal sangue dei martiri, ha avuto un grande sviluppo. Oggi conta circa 1.600.000 fedeli", ha detto, e "questo sviluppo continua. Lo testimoniano le numerose conversioni e battesimi (...), il gran numero di vocazioni sacerdotali e religiose, la profonda coscienza cattolica dei laici e il loro vivo impegno apostolico".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Cervantes, secondo Amenábar  

Sebbene Amenábar si prenda delle licenze storiche, il film mostra un Cervantes che sopravvive alla prigionia grazie al suo talento narrativo, trasformando le avversità in narrazione e anticipando la sua opera immortale.

20 settembre 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Alejandro Amenábar ha il dono di suscitare polemiche a ogni uscita. L'ultimo, "El cautivo", arriva con quel timbro di scandalo servito su un piatto d'argento, ma prima di innalzare vessilli di entusiasmo o di crociata, vale la pena di fermarsi a considerare l'essenziale: il film funziona come storia di finzione - e ripeto, di finzione - ispirata a eventi reali? Sì, e comodamente. 

Il film ricrea con notevole maestria l'atmosfera della prigionia ad Algeri, quel microcosmo di commerci, baratti, rinnegati e catene. Vale la pena ricordare che le tensioni religiose la facevano da padrone in tutto il Mediterraneo, con due imperi contrapposti che facevano del "Mare nostrum" la loro frontiera e vigilavano su tutte le coste; ad Algeri, però, a dettare il ritmo non erano tanto la fede o la politica, quanto il puro e semplice profitto: tutto era riscatto, attività corsara, commercio di merci rubate e ricchezza accumulata. Ecco perché il suo porto non si fermava nemmeno in tempo di tregua: mentre le cancellerie firmavano armistizi, le galee barbaresche continuavano a solcare il mare in cerca di cristiani da convertire in valuta forte. Lo spettatore respira la durezza della prigione e, allo stesso tempo, l'intensità delle dispute tra fede e apostasia. In questo scenario, Amenábar disegna un Cervantes plausibile e magnetico: il prigioniero con un braccio solo è presentato come un narratore nato, capace di trasformare la miseria in narrazione e di affascinare nemici e compagni con la forza delle sue parole. Non è un pregio da poco che, una volta uscito dal cinema, lo spettatore capisca meglio perché, anche nella sua prigionia, Cervantes era conosciuto e rispettato. 

Non mancano le trovate in filigrana: l'ammiccamento alla bottega del barbiere o le ombre che preludono a Don Chisciotte e Sancio sono sottili risorse che collegano la biografia con l'immaginario letterario, ma anche la costruzione in tempo reale del romanzo del capitano prigioniero - che sarà poi inserito nel Don Chisciotte - come racconto attraverso episodi che Cervantes stesso raccontava ai suoi compagni di prigionia e in cui avrebbe raffinato letterariamente tutto ciò di cui era stato testimone. Questa trasposizione tra vita e opera è, forse, l'aspetto più riuscito della sceneggiatura: il fatto che Cervantes stesse già inventando, senza saperlo, scampoli del suo romanzo immortale mentre era alle prese con la catena e la tortura. 

La questione della relazione omosessuale tra Cervantes e il suo rapitore merita un discorso a parte. Non è una novità - è stata ipotizzata fin dall'antichità - ma Amenábar la rispolvera con l'astuzia di chi sa che poche cose vendono di più che mettere il mito in situazioni carnali. Il film cerca perfino di puntellare questa presunta inclinazione in una preistoria che dovrebbe essere smentita: il duello di Cervantes con Antonio de Sigura non fu causato da calunnie contro López de Hoyos, né, tanto meno, da incomprensioni tra i due. Il motivo non è mai stato conosciuto con certezza, anche se l'ipotesi più accreditata è che si trattasse di una lotta d'onore in difesa della sorella. Lo spettatore deve saperlo, per non confondere ciò che vede sullo schermo con una fonte attendibile: sia il duello che la presunta relazione omosessuale sono variazioni sulla realtà, non note storiche. Tuttavia, nel film la questione è tangenziale, poco più di un pettegolezzo di cellula, e non deve mettere in ombra la vera chiave di lettura: mostrare come la narrazione diventi un appiglio di fronte all'oppressione. Che Cervantes e il suo maestro condividessero qualcosa di più delle parole è, nel film, più una provocazione che una tesi fondata. E anche concedendo la licenza - per quanto licenziosa - che spetta a tutti i creatori, non bisogna dimenticare che nessun incontro del genere, in quel contesto, poteva essere libero o simmetrico: il prigioniero è sempre sotto minaccia di morte, privato della sua volontà e soggetto, in ogni caso, alla legge del dominio. 

Forse il punto in cui il film stona di più non è la sua suggerita inclinazione omosessuale, ma il pregiudizio ideologico che orienta lo sguardo dello spettatore nella direzione desiderata. Dalla rappresentazione di Algeri, non come il "purgatorio nella vita, l'inferno nel mondo" di cui cantava lo stesso autore, ma come una città di piaceri e libertà, in netto contrasto con una Castiglia cupa, inquisitoria e cinerea; al modo in cui viene ritratta la spiritualità di Cervantes. È qui che manca il bersaglio. Il fatto che il prigioniero mormori un "i piccoli piaceri" quando sta per essere impiccato, o che parli con il Bajá dell'assenza 

Il fatto che fosse figlio del suo tempo, segnato dalla religiosità della Spagna di Filippo II, e la cui fede era, in misura maggiore o minore, il sostegno della sua stessa fede. In tutta onestà: queste righe non sarebbero mai venute da un Miguel de Cervantes che si riconosceva figlio del suo tempo, segnato dalla religiosità della Spagna di Filippo II e la cui fede era, in misura maggiore o minore, il sostegno ultimo della sua resistenza. L'accettazione di una relazione omosessuale in piena prigione può essere compresa come un espediente drammatico; attribuirle un'incredulità così moderna è, invece, un anacronismo che distorce l'essenziale. Ma non fate tremare troppo i puritani. "Il prigioniero" non ha mai voluto essere un trattato di storia o un altro volume della "Topographia", ma una fiction, un'altra delle tante che rivisitano il mito di Cervantes da un luogo o dall'altro. In questo campo, ciò che Amenábar in definitiva vuole ottenere - e ottiene - è convincerci che Cervantes è sopravvissuto in gran parte grazie al suo dono della narrazione, che la sua parola ha vinto dove il suo corpo è stato sottomesso. Chi se ne frega, quindi, del rigore storico e della scrupolosa attenzione ai dettagli di fronte a una tesi così potente. Alla fine il film, con tutti i suoi eccessi e pregiudizi, finisce per rafforzare un aspetto fondamentale, e a noi rimane: che l'uomo con un braccio solo di Lepanto, il "tal de Saavedra" era, soprattutto e sopra ogni cosa, il più libero e brillante dei narratori.

L'autoreJuan Cerezo

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Evangelizzazione

"La Plena": un modo di evangelizzare ascoltando i giovani

Nella chiesa della Canonica di San Josemaría, un podcast e un "After" sono diventati il ponte per avvicinare i giovani a Dio.

Redazione Omnes-20 settembre 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Le forme tradizionali di evangelizzazione possono essere poco attraenti per molti giovani. Nella chiesa di San Josemaría a Samborondón se ne sono resi conto e, invece di creare un gruppo giovanile "dall'alto", hanno deciso di chiedere ai giovani cosa vorrebbero fare.

Dopo un paio di incontri con i giovani, è emersa un'idea: creare un podcast in diretta: "non sarebbe stato un programma direttamente religioso, ma un dialogo tra due conduttori - una giovane donna e io, come sacerdote - e un ospite, alla ricerca di quella visione 'soprannaturale' che avrebbe sfidato gli ascoltatori", spiega Juan Carlos Vascónez, rettore della chiesa.

Inoltre, dopo ogni capitolo, organizzavano un "Dopo". Uno spazio per parlare, incontrarsi e condividere, creando una vera e propria comunità. L'obiettivo? Far sì che giovani inquieti con interessi diversi trovino un punto d'incontro.

©Milton Torres

Questa settimana hanno raggiunto l'ottava puntata e il numero di giovani che partecipano continua a crescere. Il podcast viene registrato ogni quindici giorni e, nelle settimane in cui non c'è il programma, si organizzano attività di formazione e di aiuto sociale. "Il lavoro è stato intenso, ma vedere l'impegno di questi giovani e come il podcast sia diventato un mezzo per avvicinarsi a Dio è una gioia immensa", dice Juan Carlos.

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Vaticano

Leone XIV rivendica il voto di obbedienza nonostante il rischio di abusi

Durante un'udienza con diversi ordini religiosi, ha avvertito che, sebbene oggi sia vista come una rinuncia alla libertà, se vissuta bene rafforza la fede, la fedeltà e la maturità comunitaria.

Javier García Herrería-20 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

In un contesto in cui la Chiesa si trova ad affrontare la sfida di mantenere l'equilibrio tra l'obbedienza cristiana al superiore e la prevenzione degli abusi di potere e di coscienza, Papa Leone XIV ha coraggiosamente evidenziato il valore profondo del voto di obbedienza durante un'udienza con i membri di vari ordini religiosi.

"L'obbedienza, nel suo significato più profondo di ascolto attivo e generoso degli altri, è un grande atto d'amore con il quale accettiamo di morire a noi stessi per far crescere e vivere i nostri fratelli", ha detto il Pontefice il 18 settembre, rivolgendosi ai responsabili delle Suore Orsoline di Maria Immacolata, dei Missionari del Preziosissimo Sangue, dei Maristi e dei Frati Francescani dell'Immacolata.

Il Papa ha espresso il desiderio di riflettere "sull'importanza vitale dell'obbedienza come atto d'amore nella consacrazione religiosa. Gesù ce ne ha dato un esempio nel suo rapporto con il Padre: "Non cerco la mia volontà, ma quella di colui che mi ha mandato".

Andare controcorrente

Ricordando Sant'Agostino, il Papa ha sottolineato che questo grande Padre della Chiesa ha definito l'obbedienza come "figlia della carità". Ha anche sottolineato che, sebbene oggi possa essere impopolare parlare di obbedienza perché viene interpretata come una rinuncia alla libertà, questa percezione è sbagliata.

Parlare di obbedienza non è molto di moda al giorno d'oggi, perché è visto come una rinuncia alla libertà", ha detto il Papa. Ma non è così. Se professata e vissuta nella fede, l'obbedienza rivela un luminoso cammino di donazione che può aiutare il mondo a riscoprire il valore del sacrificio, la capacità di relazioni durature e la maturità della comunità che va oltre i sentimenti del momento, affermandosi nella fedeltà".

Ha concluso affermando che "l'obbedienza è una scuola di libertà nell'amore", incoraggiando gli ordini presenti a riscoprire la ricchezza spirituale di questo impegno nella vita comunitaria ed ecclesiale.

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Mondo

Un gruppo armato uccide 22 persone durante un battesimo in Niger

Uomini armati legati a gruppi jihadisti hanno massacrato decine di abitanti di un villaggio riuniti per un battesimo in Niger.

Redazione Omnes-19 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Almeno 22 persone sono state uccise lunedì (15 settembre) in un attacco da parte di uomini armati in motocicletta durante una cerimonia di battesimo nel Niger occidentale, hanno riferito i residenti e i media internazionali. L'assalto è avvenuto nel villaggio di Takoubat nella regione di Tillabéri, un'area al confine con il Burkina Faso e il Mali dove operano gruppi jihadisti legati ad al-Qaeda e allo Stato Islamico.

Secondo testimoni citati da AFP ed EFE, gli aggressori hanno aperto il fuoco sui partecipanti al battesimo, uccidendo 15 persone, e poi ne hanno uccise altre sette nelle vicinanze del villaggio. "Mentre la gente celebrava una cerimonia di battesimo, uomini armati hanno aperto il fuoco, seminando morte e terrore", ha denunciato sui social media Maikoul Zodi, un attivista locale per i diritti civili.

Le Forze di Difesa e Sicurezza nigeriane (FDS) dispiegate nell'area hanno lanciato un'operazione di caccia all'uomo per cercare di catturare i responsabili. Le autorità hanno confermato l'attacco, ma non hanno ancora pubblicato un bilancio ufficiale delle vittime.

L'assalto arriva solo sei giorni dopo un'imboscata che ha ucciso quattordici soldati nigeriani nella stessa regione mentre inseguivano un gruppo di uomini armati che rubavano bestiame. Organizzazioni per i diritti umani come Human Rights Watch hanno riferito che da marzo i gruppi armati hanno intensificato gli attacchi, uccidendo almeno 127 abitanti del villaggio e fedeli musulmani, mentre le case sono state saccheggiate e bruciate.

Il Niger, governato dal luglio 2023 da una giunta militare dopo il rovesciamento del presidente Mohamed Bazoum, sta vivendo una spirale di violenza nel Sahel. Nonostante la giunta si sia impegnata a ripristinare la sicurezza, gli attacchi contro i civili e le forze di sicurezza continuano ad aumentare.

Una coalizione pro-democrazia lanciata questo mese a Niamey ha criticato il "fallimento" delle autorità militari nel contenere l'insicurezza e ha chiesto elezioni libere e la fine delle restrizioni ai partiti politici e ai sindacati.

La regione di Tillabéri è diventata uno degli epicentri di questa violenza, con attacchi indiscriminati che hanno lasciato le comunità rurali nella paura, nello sfollamento e nella perdita dei mezzi di sussistenza.

Evangelizzazione

San Gennaro, venerato a Napoli per il suo sangue e protettore davanti al Vesuvio.

Vescovo e martire del III secolo, il sangue di San Gennaro viene liquefatto tre volte l'anno a Napoli. Il primo sabato di maggio; il 19 settembre (memoria liturgica del santo e data del suo martirio) e il 16 dicembre, quando si commemora l'eruzione del Vesuvio, bloccata dopo l'invocazione a San Gennaro.

Francisco Otamendi-19 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Nato a Napoli, o forse a Benevento, nella seconda metà del III secolo, Gennaro fu vescovo della città all'età di trent'anni. Lì fu amato e rispettato da tutti, compresi i pagani, per le sue opere di carità. Ma nel 303 i cristiani divennero nemici ed egli fu martirizzato, insieme ad altri sei cristiani, a Pozzuoli. Era il tempo dell'imperatore Diocleziano.

Alla morte di Gennaro (con G o con J), come era consuetudine durante l'esecuzione dei martiri, una donna, Eusebia, raccolse il sangue versato dal vescovo, già in odore di santità, in due ampolle. Le consegnò al vescovo di Napoli, che fece costruire due cappelle in onore delle reliquie, secondo l'agenzia vaticana. La venerazione per il santo si diffuse e fu canonizzato da Sisto V nel 1586. Nel notizieLa sua festa si celebra a Napoli, in New York (Little Italy)e molti altri luoghi.

Il sangue si liquefa tre volte l'anno

Per quanto riguarda la reliquia del sangue, fu esposta per la prima volta nel 1305. Ma il miracolo di farlo diventare liquido e di farlo sembrare bollente si verificò per la prima volta il 17 agosto 1389, dopo una grave carestia. 

Oggi il miracolo si ripete tre volte l'anno. Il primo sabato di maggio, in ricordo del primo trasferimento. Il 19 settembre, in memoria liturgica del santo e della data del suo martirio. E il 16 dicembre, in commemorazione del terribile eruzione del Vesuvio nel 1631, bloccato dopo l'invocazione del santo.

Le due fiale sono conservate in una teca nella Cappella di San Gennaro del Duomo di Napoli. L'arcivescovo napoletano ha detto che "ogni goccia di questo sangue ci parla dell'amore di Dio".

La liturgia odierna celebra anche i santi Francisco María de Camporosso, Alonso de Orozco, Carlos Hyon Song-mun, María de Cervelló e Teodoro de Canterbury, tra gli altri.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Educazione

5 consigli per sopravvivere all'inizio dell'anno scolastico

All'inizio dell'anno scolastico è spesso difficile entrare nella routine, ma è il momento ideale per organizzarsi e rafforzare la vita familiare. Javier Segura fornisce 5 consigli a questo scopo.

Javier Segura-19 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Ora che siamo approdati al nuovo anno scolastico e stiamo ricominciando la routine, può essere un buon momento per considerare alcune linee educative che possiamo affrontare quest'anno. Si tratta di una buona pianificazione e di non lasciare che gli eventi decidano per noi.

1. Aiuta a pianificare bene le attività e lo studio dei figli. Un buon orario aiuta a organizzare la vita. Verificate con loro che sia un orario equilibrato, che comprenda anche il tempo per lo sport, l'espansione, la coltivazione delle abilità, la vita spirituale, le iniziative per dare agli altri...  

2. Non riempite tutto con attività extrascolastiche. Lasciate spazio ai vostri bambini per giocare liberamente. Questo è anche educativo. Crea legami con i coetanei, fa fare loro nuove esperienze, sviluppa la loro creatività. I bambini hanno bisogno di spazi liberi per crescere e maturare.

3. Prendete una decisione in famiglia su come usare meno il cellulare. Dobbiamo recuperare il nostro spazio! E questo, come sapete, non è un problema solo degli adolescenti. Anche noi adulti siamo presi e abbiamo bisogno di un po' di tempo offline. Pianificatelo e non lasciatelo nel cassetto dei buoni propositi.

4. Proporre escursioni in famiglia in luoghi interessanti, soprattutto nella natura. Vi assicuro che è meglio che passare il pomeriggio di un fine settimana in un grande centro commerciale: ci sono così tanti posti belli da scoprire! È un bagno di cultura, di natura, di conoscenza della nostra terra... oltre che un momento di grande qualità in famiglia.

5. Cenare in famiglia con i bambini ogni volta che è possibile. di essere in grado di raccontare (e di ascoltare) ciò che è accaduto loro durante la giornata. Sicuramente imparerete molto e questo faciliterà la comunicazione per il futuro. Dovrebbe essere un momento sacro per tutti i membri della famiglia.

Come vedete, si tratta di consigli semplici, ma vi assicuro che se li metterete in pratica e li pianificherete ora che l'anno scolastico sta iniziando, nella vostra famiglia accadranno cose meravigliose.

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Cinema

L'opera di narrativa "Il cardinale" e i paralleli con Papa Leone XIV

Il romanzo e film "Il Cardinale" descrive la vita di un sacerdote americano la cui storia risuona con quella dell'odierno Papa Leone XIV.

Onésimo Díaz-19 settembre 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Negli ultimi mesi tutti abbiamo sentito parlare del cardinale Robert Prevost, l'alto gerarca ecclesiastico di origine americana che è stato recentemente eletto pontefice e che ha scelto il nome di Leone XIV. Quello che molti non sanno è che prima del cardinale Prevost c'è stato un film, tratto da un romanzo, che aveva come protagonista un cardinale americano. 

Nel mio libro Storia, cultura e cristianesimo (1870-2020). Un racconto attraverso dieci romanzi e i loro adattamenti cinematografici.Dedico uno spazio alla riflessione sul rapporto tra religione, letteratura e cinema, evidenziando alcuni esempi in cui il cristianesimo diventa l'asse narrativo di opere moderne. All'interno di questa analisi, il romanzo Il Cardinale (1950) dell'americano Henry Morton Robinson e il successivo adattamento cinematografico diretto dall'ebreo Otto Preminger nel 1963 occupano un posto importante.

Il romanzo

Il romanzo Il Cardinalepubblicato nel 1950, è incentrato sulla vita e sul cammino spirituale di Stephen Fermoyle, un sacerdote cattolico che sale progressivamente nella carriera ecclesiastica fino al cardinalato. Robinson, che documentò ampiamente la vita di figure ecclesiastiche del suo tempo (secondo alcuni autori sembra essersi parzialmente ispirato alla vita dell'arcivescovo di New York, Francis Joseph Spellman), presenta una storia che intreccia dilemmi personali, tensioni politiche e la missione pastorale della Chiesa in un contesto segnato da guerre, totalitarismi e crisi sociali. L'opera ha avuto un grande impatto editoriale perché ha avvicinato il pubblico dei lettori alla vita interiore ed esteriore di un sacerdote in dialogo con i problemi del XX secolo.

Questo romanzo, che la rivista Tempo scelto come "il libro più popolare dell'anno", deve essere compreso all'interno della tradizione letteraria del cattolicesimo in ambito anglosassone, dove anche autori come Graham Greene o Evelyn Waugh hanno esplorato la tensione tra fede e mondo moderno. In questo caso, Robinson opta per un approccio più istituzionale, mostrando il sacerdote come una figura pubblica che deve affrontare decisioni con enormi ripercussioni storiche. In questo modo, l'opera diventa una testimonianza di come la Chiesa cattolica abbia cercato di mantenere la propria rilevanza in un'epoca travagliata.

Il film

Il film diretto da Otto Preminger nel 1963, ispirato al romanzo, riprende molti di questi contenuti, ma li presenta nel linguaggio cinematografico di Hollywood. Il film, con protagonista Tom Tryon (Stephen Fermoyle), racconta la sua formazione sacerdotale, i suoi conflitti personali e le sue responsabilità in un mondo scosso dal nazismo, dal razzismo e dalle trasformazioni sociali. Preminger, noto per aver affrontato temi controversi, usa la storia per sollevare questioni di giustizia, coscienza morale e impegno religioso.

Il film ha una doppia valenza culturale. Da un lato, riflette come l'industria cinematografica americana della metà del XX secolo potesse affrontare con serietà i temi cattolici, mostrando il sacerdote come un protagonista complesso, lontano dagli stereotipi. Dall'altro, funge da finestra per capire come la Chiesa fosse percepita in un contesto segnato dalla Guerra Fredda e dal Concilio Vaticano II, che iniziava proprio all'epoca dell'uscita del film, con Papa Giovanni XXIII e poi con Paolo VI. 

Paralleli

La dimensione pedagogica di queste opere è degna di nota. Sia il romanzo che il film offrono al grande pubblico una visione delle sfide che un sacerdote deve affrontare nel tentativo di vivere coerentemente la propria vocazione in mezzo alle pressioni esterne. Il protagonista deve costantemente discernere tra l'obbedienza ecclesiale, la fedeltà alla propria coscienza e l'impegno sociale, un tema che si collega direttamente alla riflessione sul ruolo dei cardinali nella storia della Chiesa. C'è un momento difficile nella storia, quando il protagonista incontra una giovane donna intelligente e bella (interpretata da Romy Schneider), e prende in considerazione l'idea di lasciare il sacerdozio, concedendosi un periodo di prova di alcuni mesi in cui insegna inglese in un istituto scolastico viennese, quando i nazisti sono sul punto di prendere il controllo dell'Austria. Ma reagisce e decide di proseguire la sua vocazione sacerdotale. Il ritratto di Preminger di queste vicissitudini, in cui il religioso ne esce bene, è credibile.

In conclusione, Il Cardinale -sia nella sua versione letteraria che nell'adattamento cinematografico, è un chiaro esempio di come la cultura moderna abbia rappresentato la figura ecclesiastica come mediatrice tra la fede e il mondo. Affrontando questioni di potere, moralità e spiritualità, queste opere mostrano la rilevanza del cristianesimo come tema culturale e narrativo nel XX secolo. Inoltre, Il Cardinale Il film presenta alcuni parallelismi con la vita dell'attuale papa: proveniente da una famiglia americana profondamente cattolica, di origini sociali modeste e con radici europee; carriera ecclesiastica iniziata negli Stati Uniti e culminata a Roma... Non voglio fare spoiler, ma l'eccezionale film di Preminger vale la pena di essere visto; e per chi ama i libri voluminosi e notevoli, può leggere il romanzo di Robinson. In questo caso il film è migliore del romanzo: il lavoro di Preminger lo supera in bellezza e ritmo. E, infine, per chi è interessato a comprendere queste opere nel loro contesto storico, può consultare il mio libro, in cui discuto altre nove grandi opere del cinema e della letteratura per comprendere gli ultimi 150 anni di storia mondiale. Quasi niente.

L'autoreOnésimo Díaz

Ricercatore presso l'Università di Navarra e autore del libro Storia dei Papi nel XX secolo

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Salvare i giovani dagli schermi: la missione delle persone che leggono

La missione ineludibile dei veri lettori: risvegliare nei giovani la passione per i libri e sottrarli al dominio assorbente degli schermi.

19 settembre 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Nelle scuole in cui lavoro ho visto adolescenti leggere. Esistono. Tirano fuori il romanzo durante l'ora di lettura, passano oltre quando si infortunano e non possono fare educazione fisica. Nel migliore dei casi, lo finiscono nel pomeriggio, mentre aspettano di essere ripresi. Nei colloqui con gli studenti, di solito rompo il ghiaccio con questo argomento (la letteratura è il mio punto debole). In questo modo ho conosciuto le loro abitudini di lettura e con più di uno di loro siamo diventati amici.

Alla domanda: "Ti piace leggere?", alcuni rispondono di sì, molto, e citano anche titoli eccezionali. Ma sono pochi. La maggior parte risponde qualcosa come: "Non sopporto i libri obbligatori del piano di lettura, quindi cerco i riassunti su Internet... ma a volte leggo altre cose per conto mio". Poi entriamo in sintonia e, non appena nominano titoli o personaggi letterari, sorridono, respirano e inizia una bella conversazione.

Ebbene, seguendo l'esempio degli adolescenti, ho letto alcuni dei romanzi che loro scelgono come hobby (forse come parte di quei 5,5 libri che un cileno legge all'anno, secondo il recente rapporto del Ministero delle Culture e dell'INE). Il mio intento era quello di farmi un'idea del loro mondo e ho finito per apprezzare più di loro: Maze Runner, The Hunger Games, Percy Jackson. Sono romanzi divertenti, pieni di magia, fantasia o fantascienza che, effettivamente, accelerano il cuore e sono abbastanza forti da iniziare qualcuno all'abitudine della lettura. Tuttavia, lasciano un sapore di poco e talvolta tendono a una brutalità poco edificante.

"Vorresti leggere di più?", chiedo loro. "Sì, ma i social media mi rubano troppo tempo". Finiamo sempre lì. È ineluttabile. Qualunque cosa faccia, il tutoraggio porta a una denuncia contro gli schermi, alla difficoltà di liberarsi dai loro tentacoli, al desiderio di camminare agilmente, senza il peso di quell'ancora tascabile. Il cellulare è l'elefante nel bicchiere dell'educazione. A causa di esso, le menti dei bambini stanno perdendo la capacità di digerire storie più o meno adrenaliniche che illustrano ambiti essenziali della vita. Come lamentava Gabriela Mistral nel 1925, il Cile è un "popolo che cerca la cronaca nera violenta, per ricevere la sensazione elettrica, perché ignora il brivido delicato di altre emozioni". In effetti, i giovani di oggi bevono molta violenza nei best seller: personaggi che si offrono per competere in macabre gare di vita e di morte, altri che lottano per la pelle mentre cercano di fuggire da un labirinto assurdo. Questo può essere un inizio, non lo nego, ma temo di avvertire la possibilità che possa anche costituire un limite.

Cosa direbbe la nostra poetessa se fosse tra noi? Probabilmente, agli adulti rivolgerebbe una domanda discreta: in quale scala di priorità collocate l'educazione dei bambini? Come li aiutate a passare dalla crudezza di The Hunger Games all'eleganza di un Verne, di uno Stevenson, di un Tolstoj? Allora forse ci darebbe questo consiglio, che diede nel 1935: "Il compito degli insegnanti e dei genitori a favore dei libri è di risvegliare l'appetito per essi, di passare da lì al piacere di essi, e di terminare l'impresa lasciando che una semplice simpatia si promuova a passione". Infatti, nello stesso scritto aggiungeva che la sfida dell'educatore consiste in: "Far leggere, come si mangia, ogni giorno, finché la lettura diventi, come il guardare, un esercizio naturale, ma sempre gioioso. L'abitudine non può essere acquisita se non promette e non soddisfa il piacere". Questa è la chiave per il nostro Premio Nobel: la lettura si impara attraverso il piacere, e il bambino ha bisogno dell'adulto che lo guidi.

Il compito degli educatori, quindi, non è quello di pretendere un certo numero di libri letti dai loro studenti, o di aspirare a superare la media di 5,5 libri all'anno con qualsiasi titolo, ma di invocare la loro stessa esperienza di lettori, di irradiare desiderio, di condividere l'enorme felicità che riceviamo dalla creazione letteraria. Tuttavia, motivare è una sfida ardua, a causa del numero di rovi che ricoprono la terra. Il nemico principale, dicevamo, è il telefono: i bambini hanno un apparecchio che decima la loro attenzione, di giorno e di notte, non dando loro tregua, non permettendo loro di approfondire nulla, tenendoli lontani dai classici della letteratura.

In questo senso, l'opera di genitori e insegnanti è più meritoria che in passato: spetta a loro convincere per attrazione, magnetismo, entusiasmo irresistibile. L'insegnante ordinario non basta più, ora abbiamo bisogno dell'eroe. Abbiamo urgente bisogno di uomini e donne con la vocazione di incoraggiare i bambini ad assaporare le ricchezze del folklore, delle storie, dei romanzi e dei buoni saggi. Farlo, senza dubbio, è molto più difficile che raggiungere l'obiettivo di un certo numero di libri letti all'anno. Infatti, solo chi, da un lato, ama i buoni libri e, dall'altro, accompagna i giovani nella loro lotta contro le distrazioni, riuscirà a instillare l'amore per i libri. In definitiva, i ragazzi vogliono leggere di più, ma hanno bisogno del nostro aiuto per farlo.

L'autoreJuan Ignacio Izquierdo Hübner

Avvocato presso la Pontificia Università Cattolica del Cile, Licenza in Teologia presso la Pontificia Università della Santa Croce (Roma) e Dottorato in Teologia presso l'Università di Navarra (Spagna).

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SOS reverendi

DNS europeo: scudo contro le minacce digitali

Il furto di dati informatici o le frodi sono una realtà con cui anche le parrocchie e i sacerdoti devono fare i conti quotidianamente. Per evitarli, è molto utile conoscere il funzionamento del DNS ed evitare problemi durante la navigazione in Internet.

José Luis Pascual-19 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Su Internet, quasi tutto inizia con una richiesta al Domain Name System (DNS). Questo sistema traduce nomi come www.vatican.va in indirizzi IP numerici che servono ai computer per comunicare. 

Il rischio di un punto di ingresso vulnerabile

Il malware (malware) e il spam (spam) non sono semplici fastidi: possono rubare dati, dirottare file o compromettere la privacy delle comunità religiose. Poiché tutto il traffico web inizia con una query DNS, se un aggressore controlla questo punto, può reindirizzare l'utente verso pagine false, installare virus o facilitare l'invio di mailing di massa fraudolenti.

Cosa sta facendo l'Unione Europea: "Il progetto DNS4EU"

La Commissione europea e l'Agenzia dell'Unione Europea per la sicurezza informatica (ENISA) hanno lanciato DNS4EUun risolutore che:

-Aumenta la sicurezza: blocca i domini con malware, phishing o spam.

-Tutela della privacy: non commercializza né memorizza inutilmente le query.

-Assicura la resilienza: mantiene il servizio attivo anche in presenza di attacchi massicci.

Le liste nere di DNS4EU sono aggiornati in secondi. Se un dominio inizia a distribuire malwarepossono essere bloccati in tutta la rete DNS4EU in pochi secondi.

Come funziona il filtraggio

Quando un dispositivo di una parrocchia interroga un indirizzo, il resolver DNS:

-Ricevere la richiesta (Qual è l'IP di mail.parish.net?).

-Verificare se il dominio è elencato nei database delle minacce.

-Risponde con un IP legittimo se sicuro, o blocca/reindirizza se pericoloso.

Questo filtraggio avviene in microsecondi e non rallenta la navigazione.

Vantaggi per la Chiesa

Anche parrocchie, diocesi e comunità religiose sono nel mirino dei criminali informatici. Alcuni attacchi reali includono:

-Phishing ai preti per rubare le password.

-Ransomware criptare documenti diocesani e chiedere un riscatto.

Spam inviati da indirizzi legittimi per ingannare i fedeli.

L'utilizzo di risolutori DNS sicuri può impedire al computer della segreteria parrocchiale o al portatile personale di un sacerdote di connettersi ai server che ospitano il sito web. malware. Si tratta di una difesa proattiva: l'attacco viene interrotto prima che raggiunga il dispositivo.

Privacy e dati sensibili

I DNS gratuiti delle grandi aziende possono registrare le abitudini di navigazione. Sebbene non raccolgano contenuti, mostrano modelli di attività.

Risolutori europei come DNS4EU sono disciplinati dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), che garantisce che le interrogazioni non vengano utilizzate per scopi commerciali o conservate inutilmente. Ciò fornisce un livello di protezione della privacy particolarmente prezioso per gli enti religiosi che gestiscono dati sensibili sui fedeli e sulle attività pastorali.

Come implementarlo in una parrocchia o in una comunità

Dispositivo: nelle impostazioni di rete di un computer o di un telefono è possibile inserire gli indirizzi IP del resolver. DNS4EU (pubblicato sul sito web ufficiale).

Router: è sufficiente modificare la configurazione in modo che l'intera rete parrocchiale utilizzi il DNS sicuro. In questo modo si proteggono automaticamente tutti i dispositivi collegati.

Inoltre, l'utilizzo di protocolli crittografati come DNS su HTTPS (DoH) o DNS su TLS (DoT) impedisce che le query DNS viaggino "in chiaro" sulla rete, rendendo difficile per un aggressore intercettarle o manipolarle.

Anche la difesa pastorale

Nel XXI secolo, proteggere il gregge significa anche proteggere i suoi dati e le sue comunicazioni. Così come chiudiamo le porte della chiesa di notte o installiamo serrature in sacrestia, oggi è prudente erigere "serrature digitali". Avere un sistema che individua e blocca le minacce prima che entrino in contatto con i nostri dispositivi è un'opera di prudenza... e di carità pastorale.

Per saperne di più
Vaticano

Uno sguardo alla prima intervista di Papa Leone XIV: indizi sul suo pontificato 

La giornalista di Crux Elise Ann Allen pubblica oggi, 18 settembre, un libro contenente la prima intervista a Leone XIV. In essa il Papa condivide le sue opinioni sulle sfide del papato e su numerose questioni attuali della Chiesa.

Paola Arriaza-Flynn-18 settembre 2025-Tempo di lettura: 9 minuti

Nella sua prima intervista da Pontefice, contenuta nel libro "Leone XIV: Cittadino del mondo, missionario del XXI secolo", il Papa ha tracciato una possibile mappa per la navigazione del suo pontificato. A soli quattro mesi dalla sua elezione, il Papa ha deciso di sedersi con la corrispondente di Crux Elise Ann Allen e di offrire il suo punto di vista sulle questioni più urgenti che il successore di San Pietro si trova ad affrontare oggi: il suo ruolo di Sommo Pontefice, il suo compito di mediatore o di voce morale in un mondo pieno di conflitti armati, il suo rapporto con la leadership della Chiesa nel suo Paese d'origine, la sua posizione sulle questioni controverse del Sinodo sulla sinodalità come "la richiesta di riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso" - la questione della celebrazione della Messa tridentina e della situazione finanziaria della Santa Sede. Tra le altre cose, il Pontefice ha confermato nelle sue parole che il suo zelo ecumenico lo porterà a Nicea alla fine di novembre.  

Sin dall'inizio del suo pontificato, Leone XIV ha messo in guardia dal grande strumento e dalla grande sfida che è la Intelligenza artificiale Ai nostri giorni, una delle motivazioni della scelta del nome Leone XIV, allude alla risposta di Leone XIII alla rivoluzione industriale.

Nell'intervista, il Papa ha espresso la sua opinione sul pericolo che l'intelligenza artificiale sostituisca la verità e ha raccontato un aneddoto in cui lui stesso è stato vittima di un'intelligenza artificiale. deepfake. Dopo aver risposto alle domande del giornalista senza troppe esitazioni, il Pontefice stesso ha aggiunto un tocco unico concludendo: "Dormo bene, sento molto la presenza del Signore, lo Spirito Santo è con me".  

Il ruolo del Sommo Pontefice, le relazioni bilaterali e multilaterali della Santa Sede

"Come sono stato scelto per questo ufficio, per questo ministero? Per la mia fede, per quello che ho vissuto, per la mia comprensione di Gesù Cristo e del Vangelo", con queste parole il Santo Padre ha spiegato ciò a cui hanno assistito più di 250.000 persone in Piazza San Pietro, dove, da Via della Conciliazione, stavo raccontando in diretta per EWTN durante l'incontro con il Papa. habemus papam che ci hanno fatto accapponare la pelle. Tra i giornalisti dei principali network come Fox News, CNN e ABC News, i corrispondenti dei media cattolici hanno condiviso il peso di quelle parole: il peso che l'anello del Pescatore avrebbe avuto sull'ex cardinale Prevost.

"Ho detto sì, sono qui. Spero di poter confermare altri nella loro fede, perché questo è il ruolo fondamentale del successore di Pietro", ha spiegato il Pontefice nella sua prima intervista. Nel farlo, ha indicato le priorità del suo pontificato: portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra.

Alla domanda se il Vaticano sarà un mediatore nel conflitto in Ucraina, ha spiegato che il Vaticano si è già offerto di ospitare i negoziati in diverse occasioni, ma - cosa molto importante - ha aggiunto: "Farei una distinzione tra la voce della Santa Sede che sostiene la pace e un ruolo di mediatore, che penso sia molto diverso e non così realistico come il primo.

Ha chiarito che, secondo la sua concezione del pontificato, il ruolo del Papa oggi, in questo tempo, è principalmente quello di "annunciare la Buona Novella, di predicare il Vangelo". Da qui è comprensibile che il Papa alzi la voce per la pace, poiché i valori che la Chiesa promuove quando si tratta di crisi globali "non vengono dal nulla, vengono dal Vangelo. Vengono da un luogo che rende molto chiaro come intendiamo la relazione tra Dio e noi, e tra noi". Il Pontefice ha affermato con decisione: "Non vedo il mio ruolo primario nel cercare di essere il risolutore dei problemi del mondo.

Per quanto riguarda il conflitto in Medio Oriente, alla domanda su quale spazio ci sia attualmente per il dialogo tra Gaza e Israele, il Santo Padre ha ammesso la difficoltà della questione e ha sottolineato il ruolo molto importante degli Stati Uniti quando si tratta di "fare pressione su Israele". Pur ammettendo di non conoscere la risposta, ha assicurato che una cosa è certa: oltre a risolvere l'urgente problema della carestia, c'è la sfida di portare assistenza medica in una situazione che è stata descritta da diverse organizzazioni internazionali come "genocidio". Tuttavia, ha confermato che la Santa Sede non ritiene di poter fare una dichiarazione ufficiale sulla questione in questo momento.

Il Papa ha sottolineato che il presidente Donald Trump si è già avvicinato alle possibili soluzioni, ma ha espresso preoccupazione per la mancanza di "una risposta chiara in termini di ricerca di modi efficaci per alleviare le sofferenze della popolazione di Gaza". Il giornalista ha chiesto al Papa se ha in programma un incontro con il presidente degli Stati Uniti, e lui ha risposto: "Penso che sarebbe molto più appropriato che la leadership della Chiesa negli Stati Uniti si impegnasse con lui, molto seriamente".

Con queste parole ha sottolineato un aspetto essenziale di come probabilmente gestirà alcuni colloqui con i capi di Stato, precisando che il lavoro del Nunzio Apostolico e della Conferenza Episcopale sarà molto forte in ogni Paese quando si tratta di questi temi. Agenti locali con conoscenze locali, questo sembra essere il suo approccio ai dibattiti che si svolgono all'interno del Paese, come il caso dell'immigrazione, a cui ha fatto riferimento citando la lettera che Papa Francesco ha inviato alla Conferenza episcopale statunitense alla fine del suo pontificato.  

È impossibile ignorare la forza del fatto che Papa Leone XIV è il primo Papa americano, per cui durante l'intervista gli è stato chiesto se questo possa fare la differenza o amplificare la sua voce quando si rivolgerà al Paese. Il Pontefice ha fatto subito riferimento alla Conferenza episcopale statunitense dicendo: "Spero che a lungo andare faccia la differenza per i vescovi degli Stati Uniti... Il fatto che io sia americano significa, tra l'altro, che la gente non può dire, come hanno fatto con Francesco, 'non capisce l'America, non vede cosa sta succedendo'".

Dichiarandosi pienamente nordamericano, tifoso dei White Sox, ha detto di sentirsi "pienamente americano", ma di amare molto il popolo peruviano e che questo amore è una parte molto grande della sua identità. In questo modo, ha ammesso di comprendere la vita della Chiesa in America Latina, che io interpreto come un aspetto che avrà un grande peso nel modo in cui si rivolgerà al pubblico internazionale.

Definizione di sinodalità, questione dell'ordinazione femminile, ministero LGBTIQ+. 

Durante l'intervista il Pontefice ha offerto una definizione di sinodalità. Ha spiegato che si tratta di "un atteggiamento, un'apertura, una disponibilità a capire" attraverso il dialogo, che è un metodo importante per vivere la missione della Chiesa.

Il Papa ha ammesso che alcuni vescovi o sacerdoti si sono sentiti minacciati dallo sviluppo di questo ascolto: "La sinodalità mi toglierà l'autorità", ha detto. Una risposta pungente: "Non è questo il senso della sinodalità, e forse la loro idea di quale sia la loro autorità è un po' sfocata, sbagliata. Penso che la sinodalità sia un modo per descrivere come possiamo riunirci ed essere una comunità e cercare la comunione come Chiesa".

Tuttavia, il chiarimento più importante sulla sinodalità, a mio avviso, che ha fatto durante questa intervista è il seguente: "Non si tratta di cercare di trasformare la Chiesa in una sorta di governo democratico". Una dichiarazione che, senza dubbio, richiama il suo rispetto per la gerarchia ecclesiastica, la tradizione e la dottrina, che sono la base e il fondamento della Chiesa. In altre parole, sembra che il Pontefice volesse dire che la metodologia sinodale non è altro che un processo di ascolto dei bisogni della Chiesa nelle diverse parti del mondo e che molto resta da fare a questo proposito.

Alcune delle questioni sollevate durante il Sinodo della sinodalità sono state la gestione della pastorale LGBTIQ+. Quando gli è stato chiesto come avrebbe affrontato la questione, ha risposto: "Non ho un piano al momento" e ha sottolineato che si tratta di una questione altamente polarizzante all'interno della Chiesa, aggiungendo: "In questo momento storico, sto cercando di non promuovere ulteriormente la polarizzazione nella Chiesa".

Tuttavia, è stato molto chiaro quando ha detto: "Mi sembra molto improbabile, certamente nel prossimo futuro, che la dottrina della Chiesa cambi in termini di ciò che insegna sulla sessualità e sul matrimonio".

È stato qui che il Pontefice ha fatto un'apologia del matrimonio: "la famiglia è un uomo e una donna in un impegno solenne, benedetto nel sacramento del matrimonio". Il Pontefice ha espresso preoccupazione per il sostegno alla "famiglia tradizionale". Padre, madre e figli, ha detto. Ha spiegato che questa è la struttura di base che è stata attaccata negli ultimi decenni.

Ha confessato che nella sua vita l'influenza della sua famiglia è stata fondamentale per formare la persona che è: "Sono quello che sono perché ho avuto un rapporto meraviglioso con mio padre e mia madre. Hanno avuto una vita matrimoniale molto felice per oltre 40 anni.

Ha anche aggiunto di essere consapevole del panorama in cui ci sono pressioni per l'approvazione dei matrimoni gay o per il "riconoscimento delle persone trans", al che ha risposto che le persone saranno "accettate e accolte" nella Chiesa, che i sacerdoti ascolteranno le confessioni "di tutti i tipi di persone", ma che "l'insegnamento della Chiesa continuerà così com'è". 

Per quanto riguarda l'ordinazione delle donne diacono, ha spiegato che non ha intenzione di cambiare la dottrina della Chiesa su questo tema, ma che è disposto a continuare ad ascoltare le conclusioni dei gruppi di studio, come il Dicastero per la Dottrina della Fede.

Qualche parola sulla Messa tridentina  

In risposta alla domanda sulle "molte lettere" che sono arrivate in Vaticano sulla "Messa in latino", il Pontefice ha risposto in modo semplice: "Beh, si può dire la Messa in latino in questo momento. Se è il rito del Vaticano II, non c'è nessun problema. Ovviamente, tra la Messa tridentina e la Messa del Vaticano II, la Messa di Paolo VI, non so dove si andrà a parare. È ovviamente molto complicato.  

Ha aggiunto che la complicazione nasce dal fatto che, a suo avviso, la questione è diventata uno strumento politico. Ha ammesso che spera di poter parlare con un gruppo di persone che sostengono il rito tridentino per sedersi e parlare senza che la conversazione si trasformi in una questione di ideologie. Perché, come ha detto fin dall'inizio del suo pontificato, l'unità e la comunione nella Chiesa sono per lui una priorità.  

Le riforme che seguono Praedicate Evangelium e la situazione finanziaria della Santa Sede 

Il Pontefice ha spiegato che l'obiettivo del Praedicate Evangelium è stato quello di mettere la Santa Sede al servizio del ministero del Papa e dei vescovi locali e di trovare un modo per organizzare la Santa Sede in modo che sia al servizio del popolo di Dio. Tuttavia, ha ammesso che la Santa Sede è un'organizzazione umana e quindi ha "aspetti da migliorare". Aspetti che abbiamo visto accentuarsi negli scandali finanziari, come la compravendita di un immobile in Sloane Avenue, che ha comportato una perdita di oltre 100 milioni di euro per la Santa Sede.

Lo stesso Pontefice ha fatto riferimento a questo caso: "Dobbiamo evitare le decisioni sbagliate che sono state prese negli ultimi anni. L'acquisto di questo edificio a Londra, in Sloane Avenue, è stato molto pubblicizzato, e quanti milioni sono andati persi per questo motivo".

Sulla situazione finanziaria della Santa Sede, il Papa ha spiegato che "diverse unità finanziarie della Santa Sede stanno funzionando bene" e ha citato la relazione 2024 dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Ha ammesso ottimisticamente che non crede che la crisi finanziaria sia finita, ma che è un problema su cui non "perde il sonno", e ha invitato il Vaticano stesso a cambiare la narrazione per rendere la Santa Sede di nuovo attraente per coloro che vogliono donare. In altre parole, offrire loro la garanzia che il denaro donato sarà gestito bene.

Ha spiegato che dicendo che "il Vaticano ha spesso dato un messaggio sbagliato" non sta invitando a cambiare il messaggio solo per il gusto di cambiarlo, ma per mostrare con più forza che c'è una certa stabilità.

Per il momento, ha concluso che la sua riforma si concentrerà su un'altra questione: migliorare la comunicazione tra i dicasteri, in modo che non lavorino in modo isolato ma in collaborazione, cosa che considerava già importante dal tempo in cui era a capo del dicastero per i vescovi.  

Ecumenismo: un viaggio a Nicea, Turchia 

"Una delle ferite più profonde nella vita della Chiesa di oggi è il fatto che come cristiani siamo divisi", con queste parole il Papa ha ribadito che uno degli obiettivi della Chiesa di oggi deve essere l'unità. Per concretizzare questa proposta, ha assicurato che uno dei suoi progetti è la celebrazione del 1700° anniversario del Concilio di Nicea: "Sono molto interessato a questo e, se tutto va bene, andrò a Nicea alla fine di novembre". Quello che, secondo la proposta di Francesco, sarebbe stato un incontro con il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, è diventato una richiesta di Leone XIV di estendere l'invito ai "leader di molte religioni o comunità cristiane diverse".

Il prossimo punto all'ordine del giorno: "trovare una data comune per la Pasqua". Il Pontefice ha ammesso che sono stati fatti alcuni passi in questo senso, senza dire se sono stati fatti progressi o meno. Sarà sicuramente una questione allo studio in Vaticano.  

Intelligenza artificiale: deepfakes  

"Sarà molto difficile scoprire la presenza di Dio nell'IA", ha ammesso Papa Leo nella sua intervista. Senza presentare un tono pessimistico, ha accolto con favore i grandi progressi di questa tecnologia e l'impatto che potrebbe avere nel campo della medicina. Tuttavia, ha ammesso di essere preoccupato per la questione della verità e per l'impatto che la creazione di un "mondo falso" avrebbe sulla popolazione mondiale.

Trovare Dio nell'intelligenza artificiale? Il Papa ha spiegato che "nelle relazioni umane possiamo almeno trovare i segni della presenza di Dio", nel rispetto reciproco, nel lavoro per la pace, che secondo il Papa sono valori che nascono "da una reale comprensione del meraviglioso dono che Dio ci ha fatto come esseri umani". Leon ha aggiunto che, in questo caso, è compito della Chiesa alzare la voce, perché se non lo fa, diventa "solo un'altra pedina".

Il Papa ha raccontato un aneddoto su quello che lui chiama quel falso mondo e sul pericolo del deepfakesUn giorno, parlando con qualcuno, mi hanno chiesto: 'Stai bene? E io ho risposto: "Sì, sto bene, perché? "Beh, sei caduto da una rampa di scale". Ho risposto: "No, non sono caduto", ma c'era un video da qualche parte in cui avevano creato un Papa artificiale, io, che cadeva da una rampa di scale mentre camminava, e a quanto pare era così bello che hanno pensato che fossi io.  

Sulla vostra identità 

L'intervista ha rivelato spunti affascinanti sulla sua identità. Papa Leone XIV si è presentato come un uomo che tiene alla privacy e ha ammesso che questo è stato uno degli aspetti che lo ha fatto soffrire di più al momento della sua elezione: "Francamente non è per niente facile rinunciare a tutto ciò che si è stati e si è avuto in passato e assumere un ruolo che è ventiquattro ore su ventiquattro, fondamentalmente, e quindi pubblico. Si sa tutto di me, passato, presente e così via, e le responsabilità e la missione stessa", ha detto. Ha ammesso che assumere il papato è stato per lui un pellegrinaggio tra "la morte e la vita", un'immagine tipica di questo anno giubilare.

Dopo aver citato in più occasioni il suo predecessore, Papa Francesco, Leone XIV ha ricordato un momento vissuto molto intensamente qui a Roma: l'ultima apparizione di Francesco nella loggia centrale della Basilica di San Pietro il giorno di Pasqua. La sua difficoltà a parlare, motivo per cui non ha letto il suo stesso discorso, in cui ha espresso con decisione che non siamo fatti per la morte ma per la vita eterna e che la Risurrezione di Cristo ne è la prova. Parole che molti di noi giornalisti hanno ascoltato in quell'occasione e che io conservo nella mia mente con grande affetto....

Insomma, il suo messaggio ha avuto un grande impatto sull'attuale Pontefice, ma le riforme e le iniziative che Leone XIV porterà avanti come nuovo successore di San Pietro saranno molto sue. Le deciderà lui, con la libertà e la responsabilità che tale carica gli conferisce. Vedremo l'impronta della sua fede, di ciò che ha vissuto, della sua comprensione di Gesù Cristo e del Vangelo.

L'autorePaola Arriaza-Flynn

Corrispondente dal Vaticano per il programma spagnolo "Noticias" di EWTN. Recentemente ha condotto la diretta del conclave e dell'elezione di Papa Leone XIV. Prima di entrare in EWTN, è stata corrispondente dal Vaticano per NBC Telemundo News. Si è laureato in giornalismo e filosofia presso l'Università di Navarra, in Spagna.

Vaticano

Il Papa rifiuta l'idea di un "papa virtuale" e spiega la sua visione dell'IA

Papa Leone XIV ha dichiarato che la proposta di creare una versione di intelligenza artificiale di lui, in modo che le persone possano avere un'udienza virtuale con il Papa, lo ha praticamente inorridito. Lo ha detto in un'intervista rilasciata a Elise Ann Allen, giornalista e scrittrice, per Crux.

CNS / Omnes-18 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

- Cindy Wooden, CNS

Leone XIV si è detto inorridito dalla proposta di creare una versione di intelligenza artificiale di lui, un "Papa virtuale". "Se c'è qualcuno che non dovrebbe essere rappresentato da un avatar, direi che il Papa è in cima alla lista", ha detto. Così ha detto in un'intervista con Elise Allen, parlando tra l'altro di AI (Intelligenza Artificiale).

Il intervista L'intervista di Allen a Papa Leone del 30 luglio è l'ultimo capitolo della sua biografia, "Leo XIV: Citizen of the World, Missionary of the 21st Century". È stata pubblicata in spagnolo da Penguin Perù il 18 settembre. Il testo, in inglese e spagnolo, è stato consegnato ai giornalisti.

Papa Leone ha espresso chiaramente la sua preoccupazione per i potenziali pericoli dell'intelligenza artificiale (AI) dopo la sua elezione all'inizio di maggio. E ha fornito alcuni esempi concreti del perché.

Un io artificiale: "Non lo autorizzerò".

"Recentemente, qualcuno ha chiesto il permesso di creare un io artificiale in modo che chiunque potesse accedere a questo sito web e avere un'udienza personale con il 'Papa'", ha raccontato Allen. Questo Papa artificialmente intelligente avrebbe dato loro le risposte alle loro domande, e io ho detto: "Non lo autorizzerò".

È vero che la creatività umana può essere sorprendente e che l'intelligenza artificiale ha già dimostrato la sua utilità in alcuni campi. Ma "c'è un pericolo in questo, perché si finisce per creare un mondo falso e poi ci si chiede: qual è la verità?

Impatto sulla dignità umana e sull'occupazione

Al centro della sua preoccupazione, ha detto il Papa, c'è l'impatto dell'IA sulla dignità umana e sull'occupazione.

"La nostra vita umana ha un senso non grazie all'intelligenza artificiale", ha detto. Ma grazie agli esseri umani e all'incontro, allo stare insieme, al creare relazioni e allo scoprire in queste relazioni umane anche la presenza di Dio".

"Il pericolo è che il mondo digitale vada per la sua strada e noi diventeremo pedine o saremo lasciati in disparte", soprattutto per quanto riguarda l'occupazione.

La dignità umana ha un rapporto molto importante con il lavoro che facciamo", ha detto il Papa. "Il fatto che possiamo, grazie ai doni che abbiamo ricevuto, produrre, offrire qualcosa al mondo e guadagnarci da vivere" è un segno di dignità umana.

Papa Leo ha detto di ritenere che ci sia una crisi incombente a causa della mancanza di un numero sufficiente di posti di lavoro dignitosi per le persone a causa della tecnologia e dell'intelligenza artificiale.

Potrebbe esserci un problema enorme in futuro

"Se automatizziamo il mondo intero e solo poche persone hanno i mezzi per non solo sopravvivere, ma per vivere una vita buona e significativa, ci sarà un grosso problema. Un problema enorme in futuro", ha detto.

"Questa era una delle domande che avevo in mente quando ho scelto il nome Leone", ha detto il Papa. La sua scelta ha reso omaggio a Papa Leone XIII, autore dell'enciclica "Rerum Novarum". In essa affrontava i problemi del lavoro e i diritti dei lavoratori durante la rivoluzione industriale.

Rapporto tra scienza e fede

"La Chiesa non è affatto contraria ai progressi della tecnologia", ha detto, ma insiste anche sul mantenimento di un rapporto tra fede e ragione, scienza e fede.

"Credo che perdendo questo rapporto la scienza rimarrà un guscio vuoto e freddo che danneggerà gravemente l'essenza dell'umanità", ha detto Papa Leo. "E il cuore umano si perderà in mezzo allo sviluppo tecnologico, come accade oggi".

L'autoreCNS / Omnes

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Spagna

Il Papa riceve il commissario pontificio per Torreciudad

Pochi giorni dopo che il vescovo di Barbastro Monzón ha nuovamente portato sotto i riflettori dei media la situazione della chiesa e dei suoi dintorni, Leone XIV ha ricevuto in udienza il vescovo Alejandro Arellano Cedillo. Alejandro Arellano Cedillo in udienza.

Maria José Atienza-18 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Questa mattina Leone XIV ha ricevuto in udienza l'arcivescovo Alejandro Arellano Cedillo, decano del Tribunale della Rota Romana, che dall'ottobre 2024 sarà il nuovo decano della Rota Romana. commissario pontificio plenipotenziario di risolvere la questione aperta tra la Prelatura dell'Opus Dei e il Vescovo di Barbastro Monzón sulla questione del Torreciudad.

Si tratta della seconda udienza in poco più di tre mesi, dato che il 3 giugno anche il vescovo Alejandro Arellano è stato ricevuto in udienza dal Pontefice. Anche Alejandro Arellano è stato ricevuto in udienza dal Pontefice.

Inoltre, alla fine di agosto del 2025, lo spagnolo è stato nominato da Papa Leone XIV membro del Consiglio di Stato. Dicastero per il CleroL'Opus Dei, l'organismo che si occupa dell'accompagnamento, della formazione e della supervisione dei sacerdoti e dei diaconi in tutto il mondo e l'organismo della Santa Sede sotto il quale si colloca la Prelatura dell'Opus Dei dopo il cambiamento apportato da Papa Francesco con l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Motu Proprio Ad charisma tuendum.

Torreciudad, ultimi giorni sotto i riflettori dei media

L'ambito di questo incontro non è stato reso pubblico, anche se pochi giorni fa, l'8 settembre, mons. Ángel Pérez Pueyo, il vescovo diocesano di Barbastro Monzón, ha tenuto un nuovo capitolo nello sviluppo del processo, iniziato nel luglio 2023, quando, nella sua omelia durante i festeggiamenti patronali di Barbastro, ha incentrato le sue parole sullo stato di Torreciudad, sottintendendo il suo rifiuto a una possibile decisione della Santa Sede che non tenesse conto delle principali richieste del vescovo.

Cinque giorni dopo, la spianata di Torreciudad ha ospitato la 33ª Conferenza delle Famiglie Marial 6.000 persone provenienti da tutta la Spagna hanno partecipato, con Ignacio Barrera, vicario regionale del Opus Dei.

Decisione nelle mani della Santa Sede

Dalla nomina del rettore di Torreciudad nel luglio 2023, unilateralmente da parte del vescovo della diocesi di Barbastro Monzón, la situazione di Torreciudad e dell'intero complesso è stata immersa in un processo complicato.

Nell'ottobre del 2024, Papa Francesco ha nominato Alejandro Arellano Cedillo, decano del Tribunale della Rota Romana, come commissario plenipotenziario con l'obiettivo di farne il giurista incaricato di trovare una soluzione a una questione, a cui si sono aggiunti diverse richieste del vescovo di Barbastro, nonché divergenze di criteri riguardo all'accordo tra la prelatura dell'Opus Dei e la diocesi aragonese.

L'ultimo comunicato dell'Opus Dei risale al giugno 2025 quando ha smentito le voci di un presunto accordo tra la Prelatura dell'Opus Dei e la Diocesi di Barbastro-Monzón in merito a Torreciudad e ha dichiarato di essere in attesa della decisione del Vaticano.

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Evangelizzazione

I Santi Stanislao Kostka, Giuseppe da Copertino e i martiri dell'Uganda

Papa Leone XIV ha raccomandato ieri a San Stanislao Kostka "la Polonia e la pace nel mondo". All'udienza ha anche chiesto che il diciottenne sia "esempio e ispirazione nella ricerca della volontà di Dio e nel coraggioso compimento della sua vocazione". Il 18 settembre si celebrano anche San Giuseppe da Copertino e due martiri ugandesi.

Francisco Otamendi-18 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Il Papa si è rivolto in particolare ai fedeli di lingua polacca, e alle "nuove generazioni di credenti", ma il messaggio è stato per tutti ieri a San Pietro. Che San Stanislao Kostka sia "esempio e ispirazione" nella ricerca della volontà di Dio. 

La liturgia celebra oggi questo giovane novizio, "patrono del suo Paese e dei giovani", che era gesuita da nemmeno un anno quando morì. Sebbene la sua festa universale sia il 15 agosto, in alcuni luoghi viene celebrata anche il 18 settembre, soprattutto in Polonia, dove è patrono. 

Premonizione che sarei morto il 15 agosto

Stanislao di Kostka (Stanislaw Kostka, 1550-1568) "è noto per la sua santità giovanile e per la sua ferma decisione di seguire la chiamata di Dio, nonostante gli ostacoli posti dalla sua famiglia", secondo il Sito web dei gesuitidove è possibile leggere la loro vita. 

All'inizio di agosto del 1568 ebbe un premonizione che sarebbe morto presto. Il 14 agosto disse all'infermiera che sarebbe morto il giorno dopo. Nessuno gli credette, ma alle tre del mattino della festa dell'Assunzione, il 15 agosto, annunciò che Maria stava venendo da lui circondata da angeli per portarlo in cielo, e morì immediatamente.

Frate napoletano 

San Giuseppe da Copertino, o Copertino, (1603-1663), nato Giuseppe Maria Desa, fu Frate napoletano. Fin da giovane ha mostrato scarso talento intellettuale. Superando molte difficoltà inserito Entrò nell'Ordine dei Francescani Conventuali e riuscì a diventare sacerdote. Si dice che i suoi fenomeni mistici corporei, in particolare la levitazione, divennero famosi. 

Il Martirologio Romano ne sottolinea l'umiltà e la carità. "A Osimo, nel Piceno, San Giuseppe da Copertino, sacerdote dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, famoso, in circostanze difficili, per la sua povertà, umiltà e carità verso i bisognosi di Dio (1663)". Ha mostrato una grande devozione a Cristo nell'Eucaristia e alla Madre di Dio.

Giovani cristiani ugandesi

Il giovani ugandesi David Okelo e Gildo Irwa sono nati da genitori pagani, ma si sono convertiti e battezzati nello stesso anno, il 1916. Entrambi erano catechisti e si dedicavano all'evangelizzazione. Nel 1918 furono uccisi a colpi di lancia nel villaggio di Paimol, vicino alla missione di Kalongi (Uganda). Sono stati beatificati nel 2002.

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

Tunisia e Algeria: la terra di Sant’ Agostino

Lo storico Gerardo Ferrara ci introduce alla storia di Cartagine che, avendo dato i natali a Sant'Agostino, rivela dalla Tunisia e dall'Algeria la ricchezza storica, culturale e spirituale del Nord Africa.

Gerardo Ferrara-18 settembre 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Cartagine dall’alto

Scrivo questo articolo il 28 agosto, memoria liturgica di Sant’Agostino (e giorno della morte del santo) in un anno giubilare in cui è stato eletto un papa appartenente all’Ordine agostiniano.

Non potevo non tornare a 25 anni fa, quando, durante un altro Giubileo, mi trovavo a Tunisi per un mese di studio dell’arabo in un’università locale. Tunisi: accanto all’antica Cartagine, dove Agostino si formò come studente e oratore.

Ricordo ancora l’emozione di varcare per la prima volta il Mediterraneo in aereo e planare sulle rive d’Africa proprio sopra le rovine dell’antica città di Didone (l’aeroporto di Tunisi si trova precisamente a Cartagine).

Fu un periodo intenso, caldissimo, in aula dalle 7:30 del mattino e poi in spiaggia a Sidi Bou Said, a visitare la medina di Tunisi, le rovine di Cartagine, le passeggiate per gli ampi viali della città nuova costruita da francesi e italiani. E nel fine settimana escursioni in luoghi meravigliosi come Sousse, Kairouan, Hammamet o l’isola di Djerba.

Là dove nasce l’Africa

È proprio questa l'area del Maghrebintorno all'antica Cartagine, fu chiamata inizialmente Africa. Il nome, infatti, fu coniato dai Romani (come la Palestina per un'altra provincia, dopo un'altra guerra) dopo la sconfitta definitiva di Cartagine (146 a.C.) da parte degli Afri, una tribù berbera stabilitasi lì. In origine, Africa designava solo la provincia romana corrispondente all'attuale Tunisia e a parte dell'Algeria e della Libia (Africa Proconsularis). L'etimologia è incerta: dal berbero ifri ("grotta"), dal fenicio ʿafar ("polvere") o dal latino aprica ("soleggiata"). Solo nel Medioevo il termine venne a designare l'intero continente.

Alcuni dati

L’Algeria e la Tunisia sono oggi due Stati dell’Africa mediterranea (anche detta Magreb), vicine non solo da un punto di vista geografico ma anche culturale. Se però l’Algeria, con oltre 2,38 milioni di km², è lo Stato più esteso dell’Africa e conta circa 45 milioni di abitanti, la Tunisia ne è uno dei più piccoli (163.000 km² con una popolazione di 12 milioni di abitanti). L’Algeria, poi, ha un’economia meno diversificata e sviluppata, pur ricchissima di gas e petrolio che ne fanno uno dei primi esportatori mondiali. La Tunisia, invece, ha fatto di agricoltura, turismo e servizi le proprie fonti economiche principali e ha pure uno dei tassi di alfabetizzazione più alti della regione.

Gran parte del territorio di entrambi i Paesi è occupata dal Sahara, ma le zone costiere settentrionali ospitano fertili pianure (in Algeria anche catene montuose).

Dalla Numidia a Cartagine: la “città nuova”

Prima ancora di Cartagine, e prima di chiamarsi Africa, la costa di Algeria e Tunisia, come tutto il resto del Magreb, era (ed è) abitata da popolazioni autoctone: i berberi, o amazigh (in berbero: “uomini liberi”), da millenni stanziati sulle montagne, le pianure e i deserti della regione. La loro organizzazione tribale e le loro lingue diedero vita a una cultura che resistette alle ondate di popoli e imperi che invasero e dominarono il territorio (inclusi gli arabi). In Algeria, la Numidia rappresentò l’espressione politica più forte di questo mondo: un regno berbero che divenne protagonista nelle guerre tra Cartagine e Roma, alleandosi ora con l’una, ora con l’altra. Figure come Massinissa, re numida, segnarono la storia mediterranea, mostrando come le genti locali fossero attori e non solo spettatori.

Tuttavia, Cartagine è stata la vera protagonista della fioritura culturale del Nord Africa. La città fu fondata nel IX secolo a.C. dai Fenici di Tiro, sulla costa dell'odierna Africa. a.C. dai Fenici di Tiro, sulla costa dell'odierna Africa. Libano (lo stesso nome Qart Hadash, in fenicio, significa "città nuova" o Nuova Tiro).

Fin dall’inizio Cartagine mantenne forti legami con la madrepatria fenicia, ereditandone il culto delle divinità Baal Hammon e Tanit, le tecniche nautiche e soprattutto la lingua punica, variante occidentale del fenicio (lingua semitica molto vicina all’ebraico) che rimase parlata per secoli in tutto il Nordafrica anche dopo la caduta di Cartagine (ne è una prova il Poenulus, “Il piccolo cartaginese”, commedia di Plauto del III-II secolo a.C., in cui compare un passo in punico. Sant’Agostino stesso, vescovo di Ippona, ricordò poi che il punico era ancora parlato in Nordafrica).

Carthago delenda est

Cartagine divenne la più potente colonia fenicia (fondando a sua volta altre colonie, tra cui Cartagena, in Spagna), ma dovette presto scontrarsi con una Roma anch’essa in piena espansione. Le tre guerre puniche (III-II secolo a.C.) furono appunto combattute tra le due dominatrici del Mediterraneo (e la Seconda guerra vide protagonista Annibale Barca, con la celebre traversata delle Alpi con gli elefanti) e videro la sconfitta definitiva di Cartagine e la sua fine nel 146 a.C., per opera di Scipione l’Emiliano. Sulle rovine dell’antica città, Giulio Cesare e poi Augusto rifondarono però Colonia Iulia Carthago, che divenne una delle più splendide città dell’Impero, cui dobbiamo retori, Padri della Chiesa (non solo Agostino, ma anche Tertulliano e Cipriano di Cartagine), santi e martiri come Perpetua e Felicita.

La vittoria di Roma trasformò la Tunisia e l’Algeria in province africane fiorenti (la prima, poi suddivisa, fu l’Africa Proconsularis), con la costruzione di città e monumenti celebri (come l’anfiteatro di El Jem, in Tunisia, e i mosaici custoditi al museo del Bardo, a Tunisi: la più grande collezione al mondo).

Patria di Sant’Agostino

In questa provincia nacque Agostino di Ippona (354-430), a Tagaste (oggi Souk Ahras, in Algeria, non lontano dal confine tunisino) da padre pagano e madre cristiana. Molto giovane, Agostino si recò a Cartagine, vibrante e cosmopolita metropoli mediterranea brulicante di ozi, vizi, virtù, culture e religioni, per studiarvi retorica e passarvi quegli anni turbolenti della giovinezza, fra teatro, passioni varie e adesione al manicheismo, da lui menzionati nelle Confessioni:

“Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature”.

Agostino partì poi per Roma e Milano, da dove, dopo la conversione al cristianesimo, tornò nella sua terra, questa volta a Ippona (Hippo Regius, oggi Annaba, sulla costa algerina nei pressi del confine tunisino), dove fu ordinato sacerdote nel 391 e poi vescovo nel 395. Ippona fu teatro dei suoi 30 anni d’indefessa attività pastorale e intellettuale, fino alla morte nel 430, durante l’assedio dei vandali di Genserico, di fede ariana, in un momento fatale per l’Africa romana. Ad Annaba sorge oggi la basilica-santuario di Sant’Agostino, costruita nel 1900 sul colle che domina la città.

Berberi, arabi, ottomani, pirati

I vandali conquistarono Cartagine nel 439 e vi regnarono un secolo, ma nel 534 i Bizantini la riconquistarono con l’esarcato, perdendola dopo pochi anni. È del VII secolo, infatti, l’avvento dell’islam, con la fondazione di Kairouan (670), prima città islamica del Magreb e tuttora centro religioso di primaria importanza (Tunisi, invece, era nata come insediamento punico-romano e divenne capitale araba nel IX secolo, mentre Algeri, già cittadina romana, fu ribattezzata con questo nome nel X secolo, dagli isolotti prospicienti la sua costa, in arabo al-Jazāʾir, “le isole”).

Anche qui si creò, come pure in Libia, un interessante connubio tra cultura arabo-berbera e mistica islamica (sufismo) che ha lasciato tracce importanti nelle tradizioni locali. Tunisia e Algeria furono anche porte d’ingresso di influenze andaluse: dopo la Reconquista in Spagna, molti musulmani ed ebrei trovarono rifugio a Tunisi, Algeri e in altre città costiere, portando con sé saperi, musica, tradizioni culinarie e architettoniche.

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Cosa significa oggi essere una chiesa missionaria in un mondo secolarizzato?

La missione della Chiesa in tempi di secolarizzazione non è la strategia o il marketing, ma la vicinanza, la compassione e la certezza che Cristo è all'opera in ogni cuore.

18 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Viviamo in un'epoca di paradossi. La fede che ha trasformato continenti e dato identità a interi popoli sembra ora relegata ai margini della vita pubblica. L'Europa, e anche gran parte dell'America, mostra chiari segni di secolarizzazione: chiese vuote, giovani che non si identificano più con nessuna religione e una crescente sfiducia nelle istituzioni.

In questo contesto, molti si chiedono: che senso ha parlare di missione?

La tentazione è quella di rispondere con la nostalgia o il lamento. Ricordare i tempi passati in cui la Chiesa ha lasciato un segno nella vita sociale, o lamentarsi che il mondo non ci ascolta più. Ma la missione non nasce dalla nostalgia, bensì dalla certezza: Cristo è ancora vivo e attivo. La Chiesa missionaria non è un ricordo, è l'identità stessa del popolo di Dio. Non c'è altra Chiesa possibile.

Oggi la missione si gioca su un terreno diverso: non nella conquista di spazi, ma nella testimonianza personale e comunitaria. Il mondo secolarizzato non ha bisogno di lunghi discorsi, ma di uomini e donne che vivano la fede che professano in modo coerente. Essere missionari oggi significa avere il coraggio di essere diversi senza cadere nell'arroganza, di vivere la gioia del Vangelo in mezzo all'indifferenza.

La missione non è nemmeno un marketing religioso. Non si tratta di progettare strategie di espansione come chi lancia un nuovo prodotto. La missione è andare incontro all'incontro, come Gesù sulle strade della Galilea: con compassione, vicinanza e verità. Si tratta di aprire spazi di ascolto, costruire ponti, mostrare che la fede illumina le domande più profonde del cuore umano.

Nelle scuole, nelle parrocchie e nelle comunità religiose, la missione si concretizza in gesti semplici: un'educazione che forma persone libere e solidali; una pastorale che non si limita ai riti, ma accompagna i processi; una comunità che accoglie, perdona e cammina con i più fragili. La missione non si misura con i numeri, ma con la capacità di seminare speranza.

La Chiesa missionaria in un mondo secolarizzato non è quella che grida più forte, ma quella che ama di più. È quella che non si vergogna di essere una minoranza, perché sa che il piccolo lievito lievita il tutto. Non si tratta di conquistare, ma di servire. Non si tratta di imporre, ma di proporre.

Insomma, essere una Chiesa missionaria oggi significa tornare all'essenziale: annunciare con la propria vita che Cristo è risorto. E se il mondo secolarizzato sembra chiuso, a maggior ragione dobbiamo mostrare che il Vangelo continua a essere la buona notizia capace di trasformare ogni cuore umano.

L'autoreDiego Blázquez Bernaldo de Quirós

Avvocato. Consulente di congregazioni religiose in materia di gestione patrimoniale, raccolta fondi e protocolli di prevenzione degli abusi. Direttore di Custodec.

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Vangelo

La vera ricchezza. 25ª domenica del Tempo Ordinario (C)

Joseph Evans commenta le letture della 25ª domenica del Tempo Ordinario (C) del 21 settembre 2025.

Giuseppe Evans-18 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Le letture di oggi ci mostrano quanto la corruzione distrugga le persone e la società. Nel Vangelo, Gesù ci racconta una curiosa parabola su un uomo che imbroglia. Accusato di "sperperare" i beni del suo padrone e di rischiare il licenziamento, escogita un trucco per poter, a suo dire, "sperperare" i beni del suo padrone, "Quando mi cacciano dall'amministrazione, trova qualcuno che mi accolga a casa".. Chiama i debitori del suo padrone e, avvalendosi della sua autorità di amministratore - non è ancora stato licenziato - dimezza o riduce notevolmente quanto i debitori devono al suo padrone.

L'atteggiamento dei debitori dimostra che sono complici della corruzione del servitore. La corruzione si basa sui corruttori e su coloro che sono disposti a trarre vantaggio dalle loro malefatte. Ma quei debitori sarebbero stati davvero sciocchi ad assumere quest'uomo dopo il suo licenziamento, perché avrebbero dovuto rendersi conto che avrebbe praticato con loro la stessa disonestà che pratica con il suo attuale padrone. Questo ci mostra la follia dell'"economia" che crea corruzione, creando un sistema in cui le persone sprecano tempo e talento. La corruzione e l'inganno sono un grande spreco di entrambi.

Un'altra forma di corruzione appare nella prima lettura: quegli uomini malvagi, impazienti che le feste religiose finiscano per poter tornare a truffare i poveri, che sono sempre vittime della corruzione. Ma Dio conosce ogni cosa. Possiamo farla franca con la corruzione sulla terra (anche se spesso non è così), ma non la faremo mai franca davanti a Dio. Il Vangelo ci mostra chiaramente che il Padrone (cioè Dio) è consapevole dell'imbroglio del suo servo, e riconosce persino una piccola parte di bontà in esso (la sua astuzia).

Le parole di Nostro Signore sono quindi misteriose. Potrebbe parlare in modo ironico, come se volesse dire: "Pensate che gli amici che fanno soldi vi porteranno in Paradiso. Ma non possono e non lo faranno".. Ma potrebbero anche avere la sensazione che il denaro ben speso, per il bene degli altri, ci renderà amici che, se moriranno prima di noi, ci accoglieranno in Paradiso.

"Se non siete stati fedeli in mammona ingiusta, chi vi affiderà le vere ricchezze?".. Qualsiasi ricchezza riceviamo viene da Dio. È contaminata, ma può essere messa a frutto se la usiamo per il bene degli altri. La vera ricchezza è la vita eterna. Dio non ci darà i tesori del cielo se non usiamo bene - per il bene degli altri e onestamente - i tesori contaminati della terra.

Gesù conclude che non possiamo "Non si possono servire due padroni... Non si può servire Dio e il denaro".Chi vogliamo servire: Dio o il denaro? Questa è la domanda fondamentale.

Vaticano

Il Papa mostra la sua vicinanza al popolo palestinese e invoca la dignità umana

Leone XIV ha espresso oggi la sua "profonda vicinanza al popolo palestinese di Gaza, che continua a vivere nella paura e in condizioni inaccettabili, sfollato a forza nella propria terra". Con tono solenne, "davanti al Signore onnipotente, che ha ordinato di non uccidere", ha ricordato la "dignità inviolabile" di ogni persona.

Francisco Otamendi-17 settembre 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Papa Leone ha lanciato un forte appello questa mattina in Piazza San Pietro, davanti a decine di migliaia di fedeli, per il cessate il fuoco a Gaza e per la liberazione degli ostaggi. Al termine della Pubblicoin italiano, il giorno del suo onomastica, il Pontefice ha mostrato la sua "profonda vicinanza al popolo palestinese, che continua a vivere nella paura e in condizioni inaccettabili, sfollato a forza nella propria terra". 

In tono solenne, "davanti al Signore onnipotente, che ha comandato di non uccidere", il Santo Padre ha ricordato, insieme a tutta la storia umana, che "ogni persona ha una dignità inviolabile che deve essere rispettata e curata".

Inoltre, Papa Leone ha rinnovato il suo "appello per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Per una soluzione diplomatica negoziata, per il pieno rispetto dei diritti umani. diritto umanitario internazionale. Vi invito tutti a unirvi alla mia preghiera, affinché sorga al più presto un'alba di pace e giustizia.

"Cercare un'altra soluzione".

Ieri, al termine della sua permanenza di qualche ora a Castel Gandolfo, il Papa frequentato ad alcuni giornalisti. Alla domanda sull'esodo da Gaza, ha confermato di aver ascoltato al telefono la comunità di Gaza e il parroco e ha spiegato la sua preoccupazione.

Molti", ha detto, "non hanno un posto dove andare ed è per questo che è una preoccupazione, ho parlato anche con la nostra gente lì, con il parroco, per ora vogliono rimanere, stanno ancora resistendo ma dobbiamo davvero cercare un'altra soluzione".

Il silenzio, protagonista della catechesi

Nelle sue catechesi, Leone XIV affermava che "la speranza cristiana nasce dal silenzio dell'attesa amorosa e dell'abbandono fiducioso alla volontà di Dio". In questo senso, ci incoraggiò a scoprire il significato del silenzio e della contemplazione. La parola "silenzio" è stata la colonna portante della catechesi.

Il Papa ha iniziato la sua meditazione sul mistero del Sabato Santo e sull'"assenza" di Cristo nel sepolcro. È un'"attesa, è un silenzio carico di significato, come quello di una madre che custodisce nel suo grembo il figlio non ancora nato ma già vivo". Nell'anno del Giubileo, la serie di catechesi è su "Gesù Cristo, nostra speranza". Il tema di oggi è "Un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era ancora stato deposto" (Gv 19,40-41). 

Il senso del silenzio e della contemplazione

Nelle sue parole ai fedeli e ai pellegrini di diverse lingue, il Pontefice ha incoraggiato che "in mezzo al rumore e alla fretta in cui talvolta ci troviamo, chiediamo l'intercessione della Vergine Maria. Che ci insegni, come lei, a vivere il Sabato Santo scoprendo il significato del silenzio e della contemplazione".

Ha invitato i fedeli di lingua araba a "ricordare che la speranza cristiana nasce dal silenzio dell'attesa amorosa e dall'abbandono fiducioso alla volontà di Dio; il Signore vi benedica tutti e vi protegga sempre da ogni male!

Nella stessa ottica, ha incoraggiato i pellegrini di lingua tedesca a "dedicare ogni giorno del tempo al silenzio e alla preghiera. Per incontrare Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, e rimanere sempre uniti a lui".

Una pausa completo

Il Sabato Santo è anche un giorno di riposo, ha detto il Papa in un'altra occasione. "Secondo la legge ebraica, il settimo giorno non si deve lavorare: infatti, dopo sei giorni di creazione, Dio si riposò (cfr. Gen 2,2). 

Ora il Figlio, avendo completato la sua opera di salvezza, si riposa anche lui, ha continuato. "Non perché sia stanco, ma perché ha terminato la sua opera. Non perché si sia arreso, ma perché ha amato fino alla fine. Non c'è altro da aggiungere. Questo riposo è il sigillo dell'opera compiuta, è la conferma che ciò che doveva essere fatto è stato effettivamente compiuto. È un riposo pieno della presenza nascosta del Signore".

L'insegnamento del Vangelo: "sapersi fermare".

"Abbiamo difficoltà a fermarci e a riposare. Viviamo come se la vita non fosse mai abbastanza. Corriamo per produrre, per dimostrare, per non perdere terreno. Ma il Vangelo ci insegna che sapersi fermare è un gesto di fiducia che dobbiamo imparare ad avere". 

"Il Sabato Santo ci invita a scoprire che la vita non dipende sempre da ciò che facciamo, ma anche da come diciamo addio a ciò che siamo riusciti a fare".

La speranza cristiana "non è frutto di euforia, ma di abbandono fiducioso", ha concluso il Santo Padre. "La Vergine Maria ce lo insegna: incarna questa attesa, questa fiducia, questa speranza. Quando sembra che tutto si fermi, che la vita sia un viaggio interrotto, ricordiamoci del Sabato Santo".

Intercessione di San Stanislao Kostka

Ha menzionato il loro santo patrono, San Stanislao Kostka, in lingua polacca. "Domani ricorderete San Stanislao Kostka. Che questo diciottenne, patrono della sua patria e dei giovani, sia un esempio e un'ispirazione per le nuove generazioni di credenti nella ricerca della volontà di Dio e nella realizzazione coraggiosa della loro vocazione. Alla sua intercessione affido la Polonia e la pace nel mondo. Vi benedico con tutto il cuore.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Evangelizzazione

I santi Roberto Bellarmino e Ildegarda di Bingen, e le stimmate di San Francesco

Il cardinale gesuita San Roberto Bellarmino e la mistica benedettina tedesca Ildegarda di Bingen, dottori della Chiesa, sono tra i santi del 17 settembre. Oggi la famiglia francescana celebra l'impronta delle stimmate, segni della Passione, di San Francesco d'Assisi.

Francisco Otamendi-17 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Quattrocento anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1621, la santità di San Roberto Bellarmino "continua a illuminare la storia parlando di Cristo e del suo amore per la Chiesa". Canonizzato nel 1930, è diventato Dottore della Chiesa l'anno successivo, scrive l'agenzia vaticana. La Chiesa celebra il santo e il dottore della Chiesa anche il 17 settembre. Ildegarda di BingenBadessa e mistica benedettina, consigliera di principi, papi e imperatori.

San Roberto Bellarmino (1542-1621), con due "l" secondo il Sito web dei gesuiti (Bellarmino) fu un intellettuale, teologo e impavido difensore della fede durante le controversie della Riforma. Come cardinale servì tre papi, che apprezzarono la sua saggezza e i suoi saggi consigli. 

Il cardinale Bellarmino approfittò degli esercizi annuali, che prolungava fino a 30 giorni ogni anno, per scrivere libri di spiritualità. Quando il nuovo Papa Paolo V fu eletto il 16 maggio 1605, chiese al cardinale di risiedere a Roma, dove lavorò per diversi dicasteri vaticani. Dopo la sua morte e i suoi funerali, il suo corpo fu trasferito nel 1823 nella Chiesa di Sant'Ignazio.

Ildegarda di Bingen, mistica e tuttologa 

La badessa benedettina Ildegarda di Bingen nacque a Bermesheim, in Germania, nel 1098. Era l'ultima di dieci figli e una donna di grande intelligenza. Nonostante la sua salute delicata, visse una vita intensa fino all'età di 81 anni. Era ben istruita in studi biblici e liturgici, filosofia, scienze naturali e musica.

Le sue visioni, trascritte in appunti e successivamente in libri, la resero famosa. Ildegarda fondò il primo monastero sul monte San Ruperto, vicino a Bingen, sul Reno. Nel 1165 fondò il secondo monastero sulla riva opposta del fiume. Nel 2012 è stata dichiarata Dottore della Chiesa Universale da Benedetto XVI, che le ha dedicato un'opera di culto. Lettera apostolica.

Stimmate di San Francesco d'Assisi

"Dal settembre 1224 a oggi sono passati otto secoli, come ricorda la celebrazione di questo centenario", notato i francescani. Infatti, la famiglia francescana, e tutta la Chiesa, ha poi celebrato gli otto secoli di accoglienza dei francescani da parte di San Francesco d'Assisi dei "segni della Passione" del Cristo crocifisso. 

Con loro fu segnato sul monte santo della Verna (provincia di Arezzo, Italia). Quando San Francesco scese dal monte, portò sul suo corpo l'effigie del Crocifisso incisa nella sua carne. Non da un artista, ma dalla mano del Dio vivente (San Bonaventura).

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

10 idee per la preghiera in adorazione del Santissimo Sacramento

Il Podcast Mantita y Fe, un progetto della Gospa Arts Foundation, condivide il lancio del primo episodio della quarta stagione. Ecco 10 idee per pregare davanti al Santissimo Sacramento.

Francisco Otamendi-17 settembre 2025-Tempo di lettura: 6 minuti

Il potere trasformativo della visita al Santissimo Sacramento. È questo il tema del nuovo episodio del Podcast Mantita y Fe, concepito come una guida pratica e spirituale all'adorazione eucaristica. In questa occasione, Bárbara Bustamante ne parla con padre Pablo Fernández-Martos, della diocesi di Getafe (Spagna). Da parte nostra, abbiamo selezionato 10 idee per la preghiera in adorazione.

L'episodio completo è ora disponibile su YouTube e sulle principali piattaforme audio. La durata è di 54' e qui vengono riassunti solo alcuni spunti.

Gli autori di questo episodio del Podcast Mantita y Fe evidenziano nella presentazione del video, intitolato "Come fare una buona visita al Santissimo Sacramento", una frase del sacerdote Pablo Fernández-Martos. Ad esempio, "non andiamo al Santissimo Sacramento per dimostrare che siamo molto bravi, ma per riconoscere che Dio è molto buono". 

Bustamante, una madre, sottolinea che il messaggio è "di speranza". "Gesù ci aspetta sempre, anche in mezzo alle nostre cadute.

Le domande del podcast sono state poste da Bárbara Bustamante e sono le seguenti le risposte sono di Pablo Fernández-Martos. La selezione delle 10 idee di preghiera, ridotte a brevi pillole o frasi non testuali, è personale.

1) "Non ho tempo".

- Bisogna capire che al diavolo non interessa che noi facciamo visita a Gesù. A A volte pensiamo che ci vorrà molto tempo. Ma una visita può durare circa 15 secondi, è tutto quello che serve, spero che duri 15 minuti. Se avete fretta e non avete tempo di fermarvi, quando passate davanti a una chiesa dove sapete che si trova il Santissimo Sacramento, potete fare un gesto di adorazione...

San Francesco, quando camminava per le strade e vedeva un campanile, si prostrava a terra e diceva una preghiera che viene recitata ancora oggi. Anche se siete un po' di fretta per strada, se vedete una chiesa all'orizzonte, potete sempre fare un gesto di adorazione, un saluto a Gesù che è lì.

Poi, ovviamente, si può entrare in chiesa quando è aperta, avvicinarsi al tabernacolo, prostrarsi umilmente, di solito in ginocchio se si è fisicamente in grado, e dire una piccola preghiera come chi cerca di essere amico di colui che sappiamo ci ama (Santa Teresa), sapendo che è realmente presente nel tabernacolo, con il suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità.

2) Che cos'è la preghiera di supplica a Dio?

- La preghiera di supplica non è per informare Dio, ma alla fine è come quando si apre un sacchetto per prendere qualcosa, un bambino che apre il sacchetto per prendere i dolci. 

È per preparare il cuore ad accogliere le grazie che Dio vuole darmi nel momento del bisogno. Sarà quella appropriata al mio bisogno, non quella che chiedo. Dio risponde sempre alle nostre preghiere, solo che non sempre risponde a ciò che vogliamo.

3) Qual è la differenza tra andare a Messa e adorare il Santissimo Sacramento?

- Vediamo. L'Eucaristia celebrata e comunicata è la massima intimità che possiamo avere con Cristo e con la sua Chiesa. Perché la Chiesa è il Corpo mistico di Cristo, e quindi quando sperimentiamo l'intimità nell'Eucaristia non lo facciamo solo da soli. Non siamo dei cecchini della fede.

La Chiesa è una comunità, è una famiglia, e quindi l'Eucaristia ci unisce come una famiglia, ci unisce come una comunità. Ciò che l'adorazione fa è preparare il nostro cuore a vivere meglio l'Eucaristia. Non avrebbe senso che voi andaste all'adorazione eucaristica e non andaste a Messa.

Papa Leone XVI durante la benedizione dopo la processione del Corpus Domini del 22 giugno 2025 per le strade di Roma (Foto CNS/Lola Gómez).

4) Adorazione, amore vivificante

- La prima cosa da fare è andare a Messa la domenica e nei giorni festivi. L'adorazione ravviva il nostro amore per l'Eucaristia e prepara il nostro cuore, permettendoci di entrare più profondamente in intimità con il Signore stando alla sua presenza, contemplando con stupore e ammirazione la presenza di quel Dio che ha voluto rimanere vicino a noi, imprigionato nel tabernacolo, perché anche noi potessimo prostrarci, e così guadagnare in intimità con il Signore.

È come quando vostro marito vi ha conosciuto e si è innamorato di voi: si trattava di preparare il vostro incontro nel matrimonio e di vivere questa intimità. Ma una volta sposati, ci si prende cura della propria relazione, quindi non basta sposarsi per trascurarla. Bisogna continuare a vivere quella preparazione che permette quell'intimità, e lo si fa nella visita eucaristica e nell'adorazione.

5)  Sai cantare e leggere?  

- Si può cantare, naturalmente. Potete leggere la Scrittura, qualche passo per meditarlo, cercare di vedere cosa Dio vi sta dicendo lì, in quella Parola, o perché è il Vangelo che sta suonando quel giorno, o perché aprite la Scrittura a caso, o perché state leggendo un passaggio di un capitolo.

La lettura spirituale è molto buona, è qualcosa di virtuoso, è molto consigliabile ed è bello leggere qualcosa di pio, qualcosa scritto da un santo, una biografia?

Poi c'è il tentativo di ascoltare interiormente, con quel silenzio che cerchiamo di fare, ciò che il Signore mi sta dicendo e come sta muovendo il mio cuore.

6) Vita eucaristica

- Di solito si conclude con il Padre Nostro o con la Comunione Spirituale. Attraverso questa unione spirituale il Signore riversa le grazie spirituali sul nostro cuore, preparando il nostro cuore a ricevere la comunione, perché stiamo già guadagnando in quell'intimità con il Signore, in quel desiderio di stare con lui, in quel desiderio di condividere con lui, affinché sia la mia vita, la nostra vita.

Ciò che un cristiano fa quando adora l'Eucaristia o riceve la comunione è rendere eucaristica la sua vita. Vado per incontrare Lui, ma vado anche per incontrare gli altri, e con un atteggiamento simile, vado per incontrare mio fratello, un conoscente, un parente, un amico. O nel mio lavoro, vado a incontrare Cristo nel mio lavoro, che ben vissuto, offerto a Cristo, mi prepara anche la strada per stare con il Signore.

7) Ostacoli. Non sento nulla, mi distraggo spesso.

- A volte siamo molto complicati dentro di noi. Dio è contento che andiate a dedicargli quel po' di tempo in cui potreste fare qualcos'altro. E anche se siete distratti, siete con Lui, proprio come tutti noi. Quante volte ci piace quando i nostri figli e la nostra famiglia tornano a casa, anche se non stanno facendo nulla di speciale. Oppure a casa, tu ti siedi su quella poltrona e tuo marito su quell'altra poltrona, e siete entrambi lì a non fare nulla di speciale.

È molto importante essere presenti a Dio, essere consapevoli di dove sono, aiuta a focalizzare la nostra attenzione perché siamo un po' dispersi. Ma dobbiamo accettare il nostro modo di essere, chi ha un problema di deficit di attenzione lo avrà in cappella o a casa, ovunque. 

Il problema che abbiamo con la preghiera, secondo me, è che siamo molto egocentrici ed egoisti. In altre parole, andiamo al culto per vedere cosa sento io. È come se dicessimo: non vado all'ospedale a visitare un malato che è in coma, perché non mi dice niente e mi annoia.

Molti dei problemi che abbiamo nella preghiera derivano dal fatto che io prego per vedere cosa ottengo, ma non mi preoccupo affatto di come sta facendo Gesù. E Gesù è contento che io sia lì con Lui.

8) Un esempio: dove tuo marito ti ha amato di più?

- Faccio sempre questo esempio. Immaginate di avere un matrimonio sabato. Il venerdì vi rendete conto che vi mancano un paio di scarpe per il vestito che avete per il matrimonio. Chiedete a vostro marito se può portarvi al centro commerciale alle 18:00. Lui vi risponde: "La finale di Champions League tra Madrid e Barcellona è in corso". Lui risponde: "C'è la finale di Champions League tra Madrid e Barcellona, non posso perdermi la partita. Non posso andare, mettiti un altro paio di scarpe.

Alla fine, viene con voi al centro commerciale e aspetta pazientemente per un'ora, è scontroso, ma va, e voi provate e comprate le scarpe per il matrimonio e il ballo.

La domanda è dove ti ha amato di più, nel centro commerciale arrabbiato o al ballo del matrimonio (Bárbara Bustamante gli dice: nel centro commerciale, e Pablo Fernández Martos continua). È chiaro. Dobbiamo rivendicare la "noia" di saper stare con Lui. 

9) Avvicinarsi al Signore, soprattutto quando si è peccatori.

- Soprattutto quando si è peccatori. Un piccolo corre tra le tue braccia perché ha avuto più paura quando ha rotto qualcosa. D'altra parte, quando cresciamo, ci nascondiamo. Con Dio è esattamente il contrario. Quando sono caduto, quello che devo fare è tirare fuori un Cristo, baciarlo, guardarlo e dirgli: Signore, dal fango del mio peccato, so solo che tu mi ami, ed è lì che inizia il cambiamento. Con la certezza che l'amore di Dio è molto più importante, vado all'adorazione eucaristica per stare vicino a Dio, che è misericordia.

10) L'abitudine al silenzio

- Il silenzio è aprire uno spazio per far parlare Dio. Perché arriviamo dalla strada con tanto rumore, con la spesa, il lavoro, i figli, la famiglia... Non gli diamo la possibilità di darci una risposta, ma a volte andiamo solo per informarlo di ciò che deve fare. 

Si racconta del sacerdote di Ars che si trovava in parrocchia e che entrò un contadino che stava andando a pregare in chiesa. Il sacerdote gli chiese quale preghiera stesse recitando. Il contadino rispose: "Guardi, spesso non so come pregare. Poi guardo Lui, Lui mi guarda e ci capiamo. Dobbiamo chiedere al Signore la sua luce per poter vivere questo, la forza dello Spirito Santo per poter essere attenti a ciò che il Signore vuole dirmi.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Evangelizzazione

L'amore per la montagna di Pier Giorgio Frassati

Estratto da "Affascinati dalle cime", di Pedro Estaún: la passione di Pier Giorgio Frassati per la montagna, vissuta come scuola di virtù e via di incontro con Dio.

Pedro Estaún-17 settembre 2025-Tempo di lettura: 9 minuti

Lo scorso 7 settembre Papa Leone ha canonizzato a Roma due giovani: Carlo Acutis, di 15 anni, e Pier Giorgio Frassati, di 24. In una piazza stracolma, Leone XIV ha ricordato le virtù di questi due ragazzi che possono essere di esempio per tanti altri. Mi soffermerò solo su un aspetto di uno di essi: l'amore per la montagna di Fassati. 

 Pier Giorgio nasce nel 1901 a Torino da una famiglia benestante. Frequenta la scuola elementare dei gesuiti e poi la scuola di ingegneria. Amava lo sport. Percorreva spesso in bicicletta gli 87 chilometri che separano Torino da Pollone. Era anche attratto dal mare. Assaporava la gioia di combattere l'acqua nuotando, remando o navigando. Praticava l'equitazione su Parsifal, un cavallo piuttosto difficile. Ma la sua grande passione era la montagna. Era un hobby che, come ogni buon alpinista, cresceva con il passare del tempo.

La passione per la montagna è nata molto presto. Questa passione nasce dai suoi soggiorni estivi a Pollone, vicino a Biella, in provincia di Vercelli, sulle Alpi, dove era solito fare escursioni con la famiglia e gli amici. In alcuni appunti presi dalla madre nel 1909, al ritorno dal Col du Teodulo, 3.317 metri sopra Zermatt, che nelle guide è indicato come una passeggiata di dieci ore, si legge: "Salimmo verso le Cime Bianche. Tutto il paesaggio era, come quasi sempre a quell'ora, senza ombre, senza rilievo (...). La traversata del Teodulo con Pier Giorgio legato a me dalla corda andò molto bene - il ragazzo aveva spesso fame - e in questo ero d'accordo anche con sua madre. Ci fermavamo, mangiavamo e proseguivamo. Ci fermammo per due giorni allo Schwarzsee. Tutti erano interessati al bel piccolo alpinista". L'amore per la montagna, che stava sviluppando in quel periodo, lo accompagnerà per tutta la vita. Una passione che in seguito avrebbe giustificato per due motivi. In primo luogo, perché l'alpinismo gli offriva una magnifica opportunità di esercitare virtù umane come la forza d'animo, la compagnia, ecc. e, in secondo luogo, perché le cime gli rivelavano la magnificenza del Creatore.

Pier Giorgio amava lo sport. Già da giovanissimo andava in bicicletta. Spesso percorreva gli 87 chilometri che separano Torino da Pollone. Era anche attratto dal mare, soprattutto nella prima giovinezza. Assaporava la gioia di affrontare l'acqua a nuoto, a remi o a vela. Praticava l'equitazione su Parsifal, un cavallo piuttosto difficile sul quale spesso andava e veniva da Torino a Pollone. Ma la sua grande passione era la montagna. Un hobby che, come ogni buon alpinista, gli è cresciuto con il passare del tempo.

"Ogni giorno mi entusiasma sempre di più la montagna", scriveva a un amico. "È qualcosa che mi affascina. Mi piace scalare le cime sempre di più, raggiungere le vette più ardite, provare quella gioia pura che solo la montagna può dare. Vorrei rinunciare all'alpinismo, ma come potrei rinunciare al fascino della neve? 

Poco dopo scriveva a un altro: "Ho lasciato il mio cuore sulle cime e spero di ritrovarlo quando salirò sul Monte Bianco". E ancora: "Se i miei studi me lo consentissero, vorrei passare intere giornate sulla montagna e ammirare, in quell'atmosfera pura, la magnificenza del Creatore".  

È comprensibile che cogliesse ogni occasione per scalare le Alpi, che erano così vicine a lui. Durante gli anni dell'università era solita approfittare delle vacanze di Natale per trascorrere qualche giorno al Piccolo San Bernardo. Andava a sciare con un gruppo di amici. Alloggiavano nella pensione, in stanze che di notte erano così fredde che l'acqua delle vasche si congelava; era uno di quei posti in cui ci si doveva avvolgere al caldo quando si andava a letto.

Una mattina lui e un amico sono partiti con gli sci in discesa verso la Svizzera. La discesa era bellissima, il tempo imbattibile: buone condizioni di neve, vento favorevole, cartelli indicatori... E scesero, scesero... Quanto lontano? Non possono dirlo con certezza, ma la discesa fu molto lunga. Quando ripresero la salita, il vento che li aveva favoriti nella discesa era ora un serio ostacolo: raffiche di nevischio e trombe d'aria sferzavano i loro volti; la traccia era stata cancellata, i cartelli segnaletici erano diventati invisibili. L'amico cominciò ad ansimare e pregò Pier Giorgio di rallentare. Dopo molto tempo e con notevole sforzo, raggiunsero il rifugio. Pier Giorgio non si era quasi stancato; il suo compagno, invece, ci mise molto tempo a riprendersi. 

Dopo cena, trascorrevano momenti piacevoli insieme, cantando, ricordando gli eventi della giornata o giocando. A tarda sera si ritiravano nelle loro stanze, che erano ampie e potevano ospitare molti di loro. Pier Giorgio invitava i suoi compagni a recitare il rosario, cosa che di solito tutti accettavano, anche se molti lo seguivano dal letto. Lo recitava in ginocchio sul pavimento duro. Al mattino era il primo ad alzarsi. Chiamava gli altri e ricordava loro che la sera prima avevano promesso di accompagnarlo a messa. Di solito aiutava il sacerdote e faceva sempre la comunione.  

In un'altra occasione si recò con un amico al rifugio Adolfo Kind e si fermarono più del necessario senza rendersi conto che il tempo stava cambiando. Il luogo in cui dovevano tornare era molto lontano. Dovevano scalare una montagna e poi discenderla con gli sci. Il viaggio diventava sempre più difficile, soprattutto perché il tempo stringeva. All'improvviso Pier Giorgio si accorse di aver perso l'orologio. Il suo compagno voleva fermarsi per cercarlo, ma Pier Giorgio dovette opporsi energicamente, rendendosi conto che un ritardo in quelle circostanze poteva essere pericoloso. Verso le sette raggiunsero la cima del Fraiteve. Era buio e la tempesta imperversava. Iniziarono la discesa insieme con cautela. A un certo punto Pier Giorgio fece una curva per fermarsi e uno sci si staccò e volò via nella neve ghiacciata. Vediamo il racconto del suo compagno: 

 "Frassati, a quel tempo, era un alpinista e un uomo. Nel mio lungo peregrinare sulle Alpi, ho imparato a conoscere la psicologia dell'uomo in quota, a giudicarlo e a capirlo. Conosco bene i momenti di smarrimento che colpiscono improvvisamente anche gli alpinisti più coraggiosi in quota, quando vengono travolti da un incidente che può avere conseguenze. Pier Giorgio era consapevole dell'incidente, anche se io, più pratico, avrei cercato di attenuarne la gravità, per evitare lo sconforto che avrebbe potuto avere conseguenze negative sul suo spirito. Lui lo capì e rimase sereno in quel momento; ero perfettamente convinto di essere in presenza di un tipo di razza montana: coraggiosa e fredda di fronte al pericolo. Scesero come meglio poterono attraverso una fitta nevicata con l'ostilità della montagna quando diventa nemica. Alla fine scoprirono una luce che era il loro destino. Quando qualche giorno dopo lo raccontò a sua madre, cercando di minimizzare, le disse:

"Guarda, ho perso uno sci. Ma quando la neve si scioglierà andremo a cercarlo e lo troveremo di sicuro. Ho perso anche l'orologio. Nient'altro?", chiese la madre con un sorriso ironico. Pier Giorgio rispose subito: "Ma quando la neve si scioglierà... Nascerà una pianta", rispose la madre, sorridendo ancora di più. Lo sci apparve e oggi è conservato come ricordo di quell'uomo che si era tanto divertito sulla neve.

Ma l'attività alpinistica di Pier Giorgio era soprattutto l'arrampicata. Scalò in tutti i periodi dell'anno. In estate aveva scalato più volte il Col Mucrone, sul quale si trovava una grande croce. Venti, pioggia e neve l'avevano fatta cadere nell'inverno del 1920. Quando arrivò la bella stagione, il parroco di Pollone, su suggerimento di altri del paese, decise di metterne una nuova, installarla correttamente e ricostruirla. Frassati si unì all'iniziativa.

Durante la scalata, che si è svolta di notte, il sacerdote ha avuto una grave caduta che, sebbene non abbia avuto gravi conseguenze, ha comportato la necessità di proseguire con l'aiuto degli altri. Pier Giorgio ha dato una mano e ha anche aiutato a portare su parte del materiale necessario per celebrare la messa in vetta.

Nel novembre 1924, due compagni proposero un'escursione a Bessanesse, a 3.622 metri. Durante il tragitto da Bal-me al rifugio, furono sorpresi dalla notte e non riuscirono a risalire. Furono costretti a fermarsi in un piccolo spazio, con la prospettiva di passarvi la notte. Ce lo racconta lo stesso Pier Giorgio: 

"La nostra intenzione alla partenza era quella di salire sulla cima della Bessanesse attraverso la via Zsigsmondi. Quando abbiamo visto lo stato della neve ci è sembrato imprudente e abbiamo deciso di cambiare i nostri piani e di dirigerci verso l'Albaron de Savoie (3.392 metri). Sulla via del ritorno, la non notte ci ha assalito e non abbiamo avuto altra scelta che improvvisare un bivacco a 2.500 metri di altitudine. Siamo stati fortunati e abbiamo trovato una roccia su cui pendeva uno strato di neve molto spesso, come un tetto; abbiamo scavato un rifugio di 2,50 metri di lunghezza per 0,50 metri di larghezza e non più di 0,40 metri di altezza, molto ben ventilato. Una volta preparato lo spazio, abbiamo mangiato qualcosa e abbiamo dovuto passare tutta la notte a inventare divertimenti, perché dormire in quelle condizioni sarebbe stato pericoloso". 

Uno dei compagni ricorda che recitavano il rosario e, appena spuntata l'alba, recitavano l'Angelus alla Vergine.

La sua ultima salita alla montagna risale al 7 giugno 1925. Salì sulle cime delle Lunelle. Arrivò alla stazione all'ultimo momento, il che gli valse una protesta da parte dei suoi compagni. Lui rispose loro:

"Cosa volevi che perdessi la messa? Mi sono svegliato tardi e non ho potuto raggiungerti per quella che avevamo concordato". 

 Uno di loro ricorda quella salita, che era sulla parete più difficile, la Placa Santi, dove un alpinista era caduto. "Pier Giorgio era il secondo della nostra squadra e mi assicurava nei punti più difficili. L'arrampicata gli dava una vera gioia e gli piacevano particolarmente alcune discese con la corda doppia (...) Appena arrivati in cima, ci chiese di recitare una preghiera per Cesarino Rovere, che si era ucciso su quella parete solo un anno prima". Al suo ritorno, Pier Giorgio scrisse alla sorella raccontandole di una scalata e dicendole che sperava di tornare con altro materiale per aprire una nuova via. Questa non era più possibile. Meno di un mese dopo, il 4 luglio, Pier Giorgio rese l'anima a Dio dopo una rapida malattia che nessuno aveva potuto prevedere.  

Per Giovanni Paolo II, Frassati era un modello. Da cardinale di Cracovia, ha ricordato la figura di questo giovane che per qualche giorno non riuscì a completare gli studi di ingegneria. "Era un modello per tutti coloro che scalavano le montagne per andare ad arrampicare o a sciare: pensava che anche lui faceva lo stesso, che questo era per lui il cammino di santificazione, perché in tutto scopriva Dio. Era anche consapevole della sua responsabilità nella società. Responsabilità per la vita della nazione a cui apparteneva; responsabilità per la sua autentica tradizione spirituale e cristiana. Affrontò questa responsabilità senza risparmiare alcuno sforzo. Allo stesso tempo, la sua sensibilità verso i poveri, i bisognosi e i malati era impressionante. Questo è senza dubbio un richiamo di particolare significato e una sfida per la nostra generazione e per il nostro tempo, che rischia di cadere nell'insensibilità. Tutti noi dobbiamo spezzare una lancia - tutti noi, me compreso - per scoprire il volto dell'uomo e renderci conto della sua situazione, delle sue sofferenze, delle sue difficoltà. Tutto questo lo troviamo in Pier Giorgio".

Quando era già Romano Pontefice, durante una delle estati in cui il Papa trascorreva qualche giorno sulle Alpi, celebrò la Messa a Cogne, in un immenso prato verde chiamato San Urso o valle del Gran d'Eyvia (Grande Acqua), situato a 30 chilometri da Aosta. Arrivato in elicottero, dopo essere stato accolto dal vescovo locale, si è trasferito sull'altare costruito in legno da artigiani locali e ha celebrato l'Eucaristia davanti a più di 20.000 fedeli locali. Nell'omelia ha fatto riferimento alla maestosità di quelle montagne e ha detto: "Questo luogo incantevole conserva anche la memoria di un giovane credente del nostro secolo, Pier Giorgio Frassati, che ho avuto la gioia di proclamare beato il 20 maggio 1990. Egli era solito frequentare il paese di Cogne. Esplorava con ardore le cime che la coronano; aveva fatto di ogni salita ai monti un itinerario che accompagnava quello ascetico e spirituale, una scuola di preghiera e di adorazione, uno sforzo di disciplina e di elevazione. Diceva agli amici: "Ogni giorno che passa mi innamoro sempre più perdutamente delle montagne". E continuava: "Desidero sempre più scalare le montagne, conquistare le vette più ripide, provare la gioia pura che si può provare solo in montagna". (...) "Amati fratelli", ha concluso il Papa, "come san Besso e sant'Orso, il beato Pier Giorgio ha saputo coniugare l'ammirazione per l'armonia del creato con il servizio generoso al Signore e ai fratelli. Questa ammirazione del creato, questa ammirazione dell'opera di Dio, è estremamente necessaria. Attraverso l'ammirazione del creato, ammiriamo Dio stesso; attraverso l'ammirazione del visibile, ammiriamo l'invisibile. Che Pier Giorgio, quasi un nostro contemporaneo, sia un esempio soprattutto per i giovani, per chi viene qui e per chi va in montagna a trascorrere un periodo di meritato riposo. Davanti a uno spettacolo così straordinario della natura, ci viene spontaneo alzare il cuore al cielo, come faceva spesso il giovane Frassati".

Il giovane Frassati non è stato dimenticato nel corso degli anni. Dal 1996, il Club Alpino Italiano ha messo il suo nome su una rete di sentieri di montagna in tutto il Paese. Nel 2001, anno del centenario della sua nascita, sono stati inaugurati quelli di Marche, Veneto e Lazio. Per l'occasione è stata creata anche un'associazione, "L'Assotiazione Internazionale Sentieri Pier Giorgio Frassati". In questo modo, la figura di questo giovane italiano viene mantenuta viva tra gli alpinisti di questo secolo in cui tante persone vivono le loro esperienze di montagna attraverso l'escursionismo sia su vecchi sentieri riabilitati che su altri di recente creazione. E ora, da santo, sarà un modello per i tanti di noi che amano la montagna e si recano sui suoi pendii ogni volta che è possibile. 

Capitolo tratto dal libro "Affascinati dalle cime", pubblicato su autorizzazione dell'autore.

L'autorePedro Estaún

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Cultura

L'app dei gesuiti usa l'intelligenza artificiale per curare la vostra vita spirituale

Creata dal Loyola Communication Group (Compagnia di Gesù), AMDG è un'applicazione gratuita che suggerisce ogni giorno preghiere, letture e musica personalizzate grazie all'intelligenza artificiale.

Redazione Omnes-16 settembre 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il Gruppo di Comunicazione Loyola ha presentato AMDGun'applicazione gratuita che unisce tecnologia all'avanguardia e interiorità. È la prima piattaforma mobile che, con l'aiuto dell'intelligenza artificiale, accompagna la vita spirituale di ogni utente in modo personalizzato.

Con lo slogan "Perché Dio sia notato", il nuovo strumento offre preghiere quotidiane, letture e musica selezionate in base agli interessi e alle ricerche della persona. "Abbiamo voluto mettere
l'enorme quantità di risorse spirituali e riflessive a disposizione delle persone.
Compagnia di Gesù. Può anche essere offerto in modo approfondito attraverso i telefoni cellulari", spiega il gesuita Carlos Maza, direttore dei contenuti dell'AMDG.

L'applicazione, sviluppata da SJDigital, raccoglie e organizza migliaia di risorse pastorali e spirituali prodotte da progetti gesuiti come Rezandovoy, PastoralSJ, SerJesuita, IGNIS, VocesSJ, Evangelio Diario, Sal Terrae, Mensajero, TSNC, La Biblia de Nuestro Pueblo, Jesuitas Acústico, Manresa o MAG+S. Uno degli elementi di spicco di AMDG.app è l'integrazione della rassegna giornaliera, una
pratica spirituale classica che, grazie a questa applicazione, offre una nuova prospettiva.

AMDG può essere scaricato gratuitamente. Chi desidera un accompagnamento più ampio può optare per la versione AMDG PLUS, che per 6,90 euro al mese o 69 euro all'anno offre l'accesso completo a un ampio catalogo di libri e riviste di riferimento - con autori come José María Rodríguez Olaizola o José Carlos Bermejo - oltre a contenuti esclusivi senza pubblicità.

Con questa iniziativa, i gesuiti intendono dimostrare che profondità spirituale e tecnologia non solo non sono incompatibili, ma possono completarsi a vicenda per avvicinare la preghiera e la riflessione alla vita quotidiana.

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Evangelizzazione

I santi Cornelio, papa, Cipriano, vescovo, e Ludmila, madre di una famiglia nobile

I santi Cornelio e Cipriano, rispettivamente papa e vescovo, che la liturgia celebra il 16 settembre, sono menzionati nel Canone Romano della Messa. Furono martiri e figure importanti nella Chiesa del III secolo. Santa Ludmila era madre di una famiglia nobile nel IX secolo e nonna di San Venceslao.

Francisco Otamendi-16 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La commemorazione di questi due eventi nello stesso giorno santi martiri Il terzo secolo, Cornelio, Papa, e Cipriano, Vescovo di Cartagine, che il Martirologio Geronimiano ricorda insieme, è molto antico. Qualche secolo dopo visse Santa Ludmila, che sposò il Duca di Boemia, ebbe sei figli e allevò il nipote, Santa Ludmila. San Wesceslao nel IX secolo.

I santi Cornelio e Cipriano furono vittime della persecuzione di Valeriano nel giugno del 253 e nel 14 settembre del 258. Le loro memorie compaiono insieme negli antichi libri liturgici di Roma dalla metà del IV secolo. La loro storia è intrecciata, anche se il vescovo africano spicca maggiormente con i suoi scritti.

Il Martirologio romano Li cita come segue. "Memoria dei santi Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, martiri, dei quali si racconta la sepoltura del primo e la passione del secondo il 14 settembre. Insieme sono celebrati in questa memoria dal mondo cristiano. Entrambi, infatti, testimoniarono, in giorni di persecuzione, il loro amore per la verità indefettibile davanti a Dio e al mondo (252, 258)".

Papa Cornelio, romano, dovette constatare come la sua elezione non fosse accettata dall'eretico Novaziano, che si consacrò antipapa e promosse uno scisma a Roma. Morì in esilio, ma fu sepolto a Roma nelle catacombe di San Callisto.

Santa Ludmila, madre e nonna cristiana

Santa Ludmila (Mielnik, attuale Polonia, intorno all'860), era figlia del duca di Milsko e sposò il duca di Boemia, dal quale ebbe sei figli. Nell'874 il marito si convertì al cristianesimo e fu battezzato da San Metodio. 

Anche Ludmila abbracciò la fede cristiana e la diffuse tra il suo popolo non cristiano. Alla morte del marito e del figlio, i nobili boemi le affidarono l'educazione del nipote San Venceslao, al quale insegnò la fede cristiana. Morì a Praga, strangolata in una congiura.

L'autoreFrancisco Otamendi

FirmeBryan Lawrence Gonsalves

Ridurre il dibattito sull'aborto alla religione significa non cogliere il punto

Etichettare la causa pro-vita come "religiosa" è un modo per eludere il vero dibattito etico: la difesa della vita si basa sulla ragione, sull'etica e sulla giustizia, non solo sulla religione.

16 settembre 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Alla luce dei recenti dibattiti nel Parlamento lituano sulla legislazione in materia di aborto, ho notato un'affermazione ricorrente che mi sembra intellettualmente pigra e moralmente evasiva: l'aborto dovrebbe essere vietato perché in conflitto con le credenze religiose.

Questo approccio non è solo riduttivo, ma anche disonesto. Implica che la posizione pro-vita sia intrinsecamente religiosa, un residuo di dogma piuttosto che una conclusione derivata dalla ragione, dall'etica o da una filosofia coerente del valore umano. Peggio ancora, questo assunto è spesso usato come arma dagli oppositori, che dipingono chiunque abbia convinzioni pro-vita come un fanatico religioso o un fanatico in guerra contro le donne.

Le credenze religiose non sono il fondamento

Le idee non perdono validità solo perché sono sostenute anche da persone religiose. Sostenere che una convinzione debba essere scartata perché condivisa da una religione è una fallacia di prim'ordine. Ci sono atei che rifiutano l'aborto non per mandato divino, ma perché ritengono, attraverso la ragione, che la vita abbia un valore intrinseco. Dobbiamo accusarli di pietà segreta? Dobbiamo respingere le loro argomentazioni perché non si adattano a una narrazione religiosa?

Ridurre l'argomento pro-vita a una questione di sola fede non solo impoverisce il dibattito, ma rappresenta anche un'abdicazione alla responsabilità morale. È più facile liquidare una convinzione come "dogma religioso" piuttosto che affrontare la logica, l'etica e le domande scomode che può sollevare.

Definire la difesa della vita una "questione religiosa" significa tentare di screditare una posizione morale senza affrontarne la sostanza. Non si tratta solo di un'etichetta debole; a mio avviso, è una vigliaccata intellettuale.

I fondamenti pro-vita sono religiosi?

L'argomento fondamentale a favore della vita si basa sulla biologia (quando inizia la vita umana), sull'etica (il valore della vita umana) e sulla virtù della giustizia (l'obbligo morale e innato di proteggere gli innocenti e gli indifesi). Nessuno di questi aspetti richiede una fede in Dio per essere accettato.

Sì, è vero che molti membri del movimento pro-vita sono religiosi, e allora? Da quando in qua la demografia di un movimento determina la verità o la legittimità dei suoi principi? Non liquidiamo il movimento per i diritti civili come una crociata religiosa, anche se molti dei suoi leader, con Martin Luther King in testa, erano pastori. Non scartiamo l'ambientalismo perché molti dei suoi seguaci parlano della natura in termini emotivi e personali. Perché allora la causa pro-vita viene individuata, riducendo la sua serietà morale a mero sentimento religioso?

Il movimento pro-vita è nato per motivi religiosi?

Anche se il movimento pro-vita avesse forti radici nelle comunità religiose (un punto storico complesso e contestato), questo non dice nulla sul merito delle sue argomentazioni. La verità di un'idea non dipende da chi l'ha enunciata per primo o perché.

Se Einstein fosse stato un sacerdote, la teoria della relatività sarebbe stata teologica? Se una persona religiosa dice che rubare è sbagliato, il peso morale di questa posizione prevale sulla sua fede?

Questo tipo di ragionamento, che tenta di screditare un argomento rintracciandone l'origine, è noto come fallacia genetica. È lo stesso ragionamento usato da chi dice che "la democrazia è un'idea occidentale" per rifiutarla nelle società non occidentali. È pigro, superficiale e irrilevante rispetto al contenuto dell'argomento.

Perché questo errore di etichettatura è importante

Le parole danno forma alla percezione e la percezione dà forma al discorso. Classificare la posizione pro-vita come una "questione religiosa" non è solo una questione di classificazione; è un modo per distorcere la natura della discussione prima ancora che inizi. Etichettare le convinzioni pro-vita come "religiose" emargina l'argomento fin dall'inizio. Lo rimuove dal regno dell'etica pubblica e lo colloca nel regno privato della fede, come se non avesse più rilevanza per la politica di una preferenza alimentare personale. Insegna alle persone a considerare una questione sociale altamente morale come l'opinione personale di "pochi pii" e quindi suggerisce che questa conversazione ha senso solo nelle chiese, non nei tribunali o nei parlamenti.

La mia preoccupazione è che questo travisamento insegni alle persone, soprattutto ai giovani e a coloro che non appartengono a circoli religiosi, che, a meno che non si appartenga a una fede specifica, non si ha motivo o diritto di avere una posizione a favore della vita. Suggerisce che la preoccupazione per la vita non nata è solo per i religiosi, escludendo gli individui riflessivi che potrebbero giungere alla stessa conclusione attraverso la ragione, l'etica o la convinzione personale. Trasforma una questione morale universale in un emblema tribale. E, così facendo, chiude la porta a migliaia di persone che altrimenti si impegnerebbero seriamente su questo tema.

Peggio ancora, porta a una sorta di segregazione argomentativa, in cui certe prospettive sono escluse dal legittimo dibattito pubblico non perché false o dannose, ma perché percepite come appartenenti alle "persone sbagliate". In un certo senso, può anche portare alla segregazione intellettuale, in quanto promuove l'idea che alcune convinzioni siano meno degne di essere discusse semplicemente a causa di chi le detiene.

Questa errata etichettatura impoverisce anche il lato pro-aborto del dibattito. Rifiutando di confrontarsi seriamente con i più forti argomenti a favore della vita, radicati nella biologia, nell'etica e nella giustizia, molti di coloro che si definiscono pro-abortisti finiscono per discutere contro uno spaventapasseri. Discutono contro una teocrazia immaginaria piuttosto che contro una filosofia reale. Ridicolizzano cattivi caricaturali piuttosto che impegnarsi in un ragionamento rigoroso. E, di conseguenza, l'intera conversazione ristagna.

Una società funzionante non può permettersi di trattare le questioni morali fondamentali come dispute teologiche di nicchia. Non releghiamo le questioni della guerra, del razzismo o della povertà all'ambito religioso solo perché molti religiosi hanno opinioni forti al riguardo. Non diciamo che l'opposizione al razzismo è una "questione religiosa" solo perché le chiese hanno sostenuto le marce di Selma del 1965 per garantire il diritto di voto agli afroamericani. Non sosteniamo che la preoccupazione per i poveri non sia valida perché richiama i principi biblici. Comprendiamo giustamente che non si tratta di preoccupazioni settarie, ma di preoccupazioni pubbliche, civiche e profondamente umane.

Allora perché non la vita?

 Perché la questione dell'aborto, probabilmente una delle più profonde questioni morali del nostro tempo, viene individuata e circoscritta come se fosse solo territorio dei "religiosi"? Se la dignità umana è importante, se la giustizia per i vulnerabili è importante, se apprezziamo l'etica, la compassione e la ragione, dobbiamo a noi stessi - e agli altri - affrontare questo tema con onestà, non con etichette.

Il valore della vita umana non è una questione confessionale. Non è né cattolico né protestante, né musulmano né ebraico, né spirituale né laico. È universale. E qualsiasi società che aspiri a essere giusta deve trattarlo come tale. Non è una "questione religiosa". È una questione umana. E merita di essere trattata con la serietà e la chiarezza morale che si addice a tutte le questioni umane.

L'autoreBryan Lawrence Gonsalves

Fondatore di "Catholicism Coffee".

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Ecologia integrale

Perché il Papa critica gli "alti stipendi" di alcuni manager?

Le dichiarazioni sono state pubblicate su Crux, il giornale dove lavora Elise Allen, che ha realizzato la prima grande intervista a Leone XIV.

Javier García Herrería-16 settembre 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Gli esorbitanti stipendi dei manager e degli sportivi d'élite sono stati un argomento ricorrente del dibattito pubblico. Le recenti dichiarazioni di Papa Leone XIV, nella sua prima intervista ufficiale, ravvivano l'interesse per questo tema.

Alla domanda sulla polarizzazione delle nostre società, Leone XIV ha risposto: "Trovo molto significativo il crescente divario tra i livelli di reddito della classe lavoratrice e il denaro ricevuto dai più ricchi. Per esempio, gli amministratori delegati che 60 anni fa potevano guadagnare da quattro a sei volte di più di quanto ricevono i lavoratori, l'ultima cifra che ho visto è 600 volte di più di quanto riceve il lavoratore medio". Ieri è emerso che Elon Musk sarà il primo miliardario del mondo: che cosa significa e di che cosa si tratta? Se questa è l'unica cosa che ha ancora valore, allora siamo in guai seri...".  

Leone XIV non fa una condanna esplicita del capitalismo o del liberalismo, ma sottolinea come le gigantesche disuguaglianze siano problematiche. Non sembra che il Papa intenda criticare il successo personale, ma mette in discussione i valori che la società privilegia.

Perché la Chiesa si intromette nel dibattito sui salari?

La Chiesa cattolica ha voce in capitolo sui salari sproporzionati non per intromettersi in questioni puramente economiche, ma per una questione di principio morale. La Dottrina sociale della Chiesa sostiene che il capitalismo e il liberalismo non possono essere sistemi senza limiti. Uno dei principi fondamentali di questa dottrina è la destinazione universale dei beni umani.

Questo principio, che risale ai Padri della Chiesa, afferma che la terra e le sue risorse sono destinate a essere utilizzate da tutta l'umanità. Pertanto, finché un gran numero di esseri umani si trova in condizioni di grave deprivazione materiale, l'accumulo eccessivo di ricchezza da parte di altri è problematico.

Sebbene la Chiesa riconosca e difenda il diritto alla proprietà privata come strumento per garantire l'autonomia e lo sviluppo personale, questo diritto non è assoluto. In un mondo in cui la disuguaglianza è salita alle stelle, la Chiesa ritiene che l'accumulo eccessivo di ricchezza da parte di una minoranza sia contrario alla destinazione universale dei beni.

Disuguaglianza globale: i dati che convalidano la critica

La critica della Chiesa è supportata dall'evidenza di una crescente disuguaglianza economica. Come sottolineano unanimemente i rapporti di numerose organizzazioni (UNESCO, OSXFAM, Credit Suisse), le 1% più ricche del mondo possiedono una quantità di ricchezza superiore a quella della maggioranza della popolazione mondiale. Ad esempio, i 10% più ricchi della popolazione mondiale detengono 76% della ricchezza totale, mentre i 50% più poveri detengono solo 2% della ricchezza globale.

Questa disparità non è solo un problema statistico, ma un'ingiustizia morale che ha gravi conseguenze sociali e civili. Il problema del nostro sistema economico non è che permette alle persone di essere molto ricche, ma che questo avviene mentre milioni di persone lottano per accedere alle basi di una vita dignitosa. La Chiesa non cerca l'abolizione della proprietà privata o l'uguaglianza economica tra tutti gli esseri umani, ma un'economia che fornisca un minimo di dignità materiale a tutte le persone.

L'eco della critica di Michael Sandel

Le parole del Papa risuonano con le idee del filosofo americano Michael Sandel, vincitore della Principessa delle Asturie e famoso ex professore di Harvard, che è stato uno dei più famosi critici della disuguaglianza salariale. Se l'unico indicatore di valore è l'accumulo di ricchezza, l'importanza della solidarietà e del bene comune viene meno. Scorporando il valore del lavoro dal suo reale contributo alla società, si erode la dignità di quei lavori che, pur essendo essenziali, sono mal pagati.

Sandel sostiene che l'idea che il successo sia basato esclusivamente sullo sforzo individuale è una falsità. La fortuna, l'ambiente sociale e le circostanze di nascita giocano un ruolo cruciale, eppure la società meritocratica tende a ignorare questi fattori. I dati dimostrano che l'ascensore sociale non funziona e quindi non si è responsabili del proprio successo (o fallimento) come il sogno americano vorrebbe farci credere. 

Per Sandel, gli stipendi astronomici di manager e atleti sono il prodotto di una società che confonde il valore di mercato con il valore morale. Questa distinzione è cruciale: un gestore di fondi d'investimento può generare una fortuna, ma il suo contributo alla società è davvero più prezioso di quello di un insegnante o di un'infermiera? La critica di Sandel, come quella del Papa nelle sue dichiarazioni, non cerca di rovesciare il successo, ma di ridefinire ciò che dovrebbe essere valutato dalla società.

In un mondo in cui la disuguaglianza cresce e la polarizzazione sociale aumenta, le parole di Leone XIV invitano a rivedere i nostri valori. Mettendo in discussione la sproporzione salariale, Leone XIV solleva il dibattito sul tipo di società che stiamo costruendo e su chi viene realmente premiato.

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Spagna

Il Papa nomina l'arcivescovo Piero Pioppo Nunzio in Spagna

L'arcivescovo italiano, con una lunga carriera nel servizio diplomatico della Santa Sede, assume ora la rappresentanza in Spagna.

Redazione Omnes-15 settembre 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Papa Leone XIV ha nominato Mons. Piero Pioppo, arcivescovo titolare di Torcello, nuovo Nunzio Apostolico in Spagna. La nomina, resa pubblica oggi alle 12.00, è stata comunicata dalla Nunziatura Apostolica alla Conferenza Episcopale Spagnola.

Nato a Savona (Italia) il 29 settembre 1960, Pioppo è stato ordinato sacerdote nel 1985 nella diocesi di Acqui Terme e lì incardinato. Ha conseguito il dottorato in Teologia dogmatica e, dal 1993, è membro del Servizio diplomatico della Santa Sede, dove ha lavorato nelle nunziature di Corea e Cile, oltre che in Segreteria di Stato. Parla correntemente italiano, francese, inglese e spagnolo.

Nel 2006 è stato nominato Prelato dell'Istituto per le Opere di Religione (IOR) e, quattro anni dopo, Nunzio Apostolico in Camerun e Guinea Equatoriale, incarico per il quale è stato ordinato vescovo il 18 marzo 2010. Dal 2017 è Nunzio in Indonesia e, dal 2018, nell'ASEAN.

Ritardo nella nomina

La nomina dell'arcivescovo Piero Pioppo a nunzio apostolico in Spagna è stata accompagnata da un dettaglio diplomatico sorprendente: la concessione dell'approvazione del governo spagnolo ha richiesto diversi mesi.

Nei circoli diplomatici, tali ritardi sono spesso interpretati come un segno di disaccordo o di protesta nei confronti del partito che presenta il candidato. Sebbene la Moncloa non abbia fornito alcuna spiegazione ufficiale, molti analisti l'hanno interpretato come un segno di protesta.

Mondo

60 adulti battezzati a Shanghai in occasione della festa della Santa Croce

Sessanta adulti sono stati battezzati durante una celebrazione presieduta dal vescovo di Shanghai, mons. Joseph Shen, nella Cattedrale di Sant'Ignazio (Xujiahui).

Redazione Omnes-15 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

In un'atmosfera di profonda fede e gioia, la Cattedrale di Sant'Ignazio, nello storico quartiere Xujiahui di Shanghai, è stata teatro di un evento straordinario: sessanta adulti hanno ricevuto il sacramento del Battesimo durante la celebrazione della festa dell'Esaltazione della Santa Croce. La solenne Eucaristia è stata presieduta da monsignor Joseph Shen, vescovo di Shanghai, e ha raccolto centinaia di fedeli che hanno voluto accompagnare i nuovi membri della Chiesa.

Le testimonianze dei presenti testimoniano l'emozione del momento, uno dei quali ha raccontato: "Era impressionante vedere quel grande gruppo di catecumeni che si avvicinava alla fonte della grazia per essere battezzato".

Durante il rito, mi sono venute spontaneamente in mente le parole dell'Apocalisse: "Allora uno degli anziani mi disse: "Chi sono questi che sono vestiti di bianche vesti e da dove vengono? E io gli dissi: 'Signore, tu lo sai'. Ed egli mi rispose: "Questi sono coloro che sono usciti dalla grande tribolazione, hanno lavato le loro vesti e le hanno rese candide nel sangue dell'Agnello"" (Ap 7, 13-14).

Un segno di speranza

Le vesti bianche dei neofiti hanno evocato questo passaggio, ricordando a tutti che il Battesimo è nuova nascita in Cristo e partecipazione alla sua vittoria sul peccato e sulla morte. In un contesto in cui la fede è spesso vissuta nel silenzio e nella discrezione, questo evento è percepito come un vero segno di speranza e un motivo per rendere grazie a Dio per la vitalità della sua Chiesa.

Il sacramento del Battesimo è la porta d'ingresso alla vita cristiana e, per questi sessanta adulti, significa l'inizio di un cammino di fede sostenuto dalla comunità. La comunità cattolica di Shanghai, con il sostegno dei loro parroci e catechisti, ha pazientemente accompagnato la loro preparazione in un cammino catecumenale che ora sboccia in questa celebrazione, in cui hanno ricevuto anche la Cresima e l'Eucaristia.

Nella festa dell'Esaltazione della Santa Croce, in cui si ricorda che nella Croce di Cristo è stata donata la salvezza del mondo, la Chiesa di Shanghai rinnova il suo impegno ad essere testimone della fede in mezzo alla società contemporanea.

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Evangelizzazione

Nostra Signora dei Dolori

Nel mese di settembre, che contiene così tante invocazioni della Vergine Maria, la Chiesa celebra la Madonna Addolorata il 15, una memoria legata all'Esaltazione della Santa Croce di domenica 14.

Francisco Otamendi-15 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La devozione alla Mater Dolorosa, la Madonna Addolorata, particolarmente diffusa nei Paesi mediterranei, si sviluppò a partire dalla fine dell'XI secolo. Papa Pio VII introdusse la celebrazione nel calendario liturgico romano nel 1814. E San Pio X ne fissò definitivamente la data al 15 settembre, passando dai "Sette Dolori" alla "Madonna Addolorata", sottolinea. Notizie dal Vaticano.

Testimonianza dell'antichità di questa devozione è lo "Stabat Mater", attribuito al beato Jacopone da Todi (1230-1306). Le prime celebrazioni liturgiche di Maria Addolorata ai piedi della Croce risalgono al XV secolo, spiega l'agenzia vaticana. Non va dimenticato che nel 1233 fu fondato l'Ordine dei frati "Servi di Maria". I serbi hanno contribuito alla diffusione della devozione alla Madonna Addolorata.

La festa commemora la sofferenza e la forza d'animo di Maria durante la Passione e la Morte di Gesù. La dedicazione è conosciuta anche con altri nomi come La Dolorosa, Virgen de la Amargura e Virgen de la Piedad. In unione con l'opera redentrice del Figlio, Maria diventa la Madre che dà vita a ogni cristiano, a ogni discepolo di Gesù.

Maria, ai piedi della croce

In riferimento a questa celebrazione, scritto San Paolo VI: è "un'occasione propizia per rivivere un momento decisivo della storia della salvezza. E per venerare insieme al Figlio esaltato sulla Croce la Madre che condivide il suo dolore". In unione con l'opera redentrice del Figlio, Maria diventa la Madre che dà vita a ogni cristiano, a ogni discepolo di Gesù.

Benedetto XIV ha osservato nella sua enciclica "Deus caritas est" che nostra Madre "è umile", e una donna di fede, di speranza. "Una donna che ama", come il libro Maria. "L'ora della Madre verrà solo al momento della croce, che sarà la vera ora di Gesù. Allora, quando i discepoli saranno fuggiti, lei rimarrà ai piedi della croce".

L'autoreFrancisco Otamendi

Zoom

Charlie Kirk poco prima di essere ucciso

L'evento si è svolto il 10 settembre presso l'Università dello Utah.

Redazione Omnes-15 settembre 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

L'agnello senza macchia

Il 15 settembre, festa dell'Addolorata, è nato questo racconto: la storia di una madre straziata e redenta, che nel proprio dolore ha trovato un'eco di quello di Maria ai piedi della croce.

15 settembre 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Il bambino che era appena uscito dal suo grembo era la creatura più bella che avesse mai visto. Anche se le era stato insegnato a non affezionarsi a lui, il cuore di Alina si spezzò quando fu portato fuori dalla sala parto avvolto in un asciugamano.

Anche l'équipe medica era stata addestrata a evitare il più possibile il contatto tra la madre e il bambino, per cui aveva posto un lenzuolo davanti a loro come schermo. Ma, come la provvidenza ha voluto, nel movimento di estrazione del bambino, l'ostetrica ha involontariamente tirato il lenzuolo, lasciando intravedere quel fugace scorcio attraverso il quale, ancora esausta, la madre ha potuto ammirare la bellezza di quel piccolo miracolo marrone. 

Le altre due figlie, che la aspettavano a casa, erano bionde come il sole. Erano nate calve, ma presto erano cresciuti loro lunghi capelli che Alina si premurava di spazzolare ogni mattina prima di andare a scuola: quanto le piaceva accarezzare quelle setose ciocche dorate mentre le ascoltava raccontare quelle cose che si dicono solo a una madre durante una seduta di parrucchiere in famiglia! A proposito, come sarebbero? Dopo due settimane in clinica con il rischio di pre-eclampsia, aveva dimenticato le loro voci e il loro odore. 

L'agenzia di maternità surrogata era molto preoccupata per la salute delle sue "associate" e l'aveva costretta a ricoverarsi in ospedale, così le bambine erano dovute rimanere con la nonna paterna, l'unica famiglia che era rimasta loro a Kiev. La suocera aveva superato felicemente la depressione causata dalla perdita del suo unico figlio, Dmytro, sul fronte del Donbas. Le nipoti e la nuora erano state la sua scala per uscire dal baratro della malattia mentale. La sua misera pensione le permette di arrivare a malapena al 7 del mese e ora, dopo la notizia che la Russia ha recentemente bombardato una fila di pensionati in attesa di riscuoterla, non osa nemmeno andarci.   

Mentre veniva preparata per l'episiotomia, Alina iniziò ad avere pensieri terribili sul futuro del bambino. Sapeva che i genitori che lo avevano commissionato erano benestanti. I 14.000 euro che avrebbe ricevuto, pari a tre volte il salario medio annuo, erano solo una parte del costo totale dell'assunzione dei loro servizi. Con tanto denaro, era sicura che al bambino non sarebbe mancato nulla dal punto di vista materiale, ma non poteva fare a meno di immaginarlo maltrattato, abusato o indesiderato. 

Il dolore acuto del primo punto di sutura (l'anestesia è razionata negli ospedali in tempo di guerra) la costrinse a gettare la testa all'indietro con un gesto riflesso che fece incontrare il suo sguardo con quello di una Vergine a capo del letto. Era l'icona del Perpetuo Soccorso, l'immagine in cui Gesù bambino, spaventato alla vista dei chiodi e degli altri strumenti della Passione portati dagli angeli, corre a cercare la protezione della madre. 

-Oh, un altro punto, un altro chiodo. Aiuto, madre! - gridò Alina dentro di sé, stringendo i denti e desiderando di potersi nascondere, come il bambino, sotto il manto di Maria. Che razza di madre mette al mondo un figlio per darlo agli altri? -si rimproverò. Quel bambino grasso e bello, che conosce solo me, come puoi darlo a qualcuno di cui non sai come si prenderà cura? 

Ma si giustificò pensando alle sue due bionde che non sarebbero rimaste senza un bicchiere di latte a colazione per gli anni a venire.

-Inoltre, quello marrone non è mio", continuò, scusandosi, "non porta i miei geni. 

Ma era così bello! Lo aveva visto solo per un attimo, ma le era sembrato perfetto, era così orgogliosa di averlo messo al mondo, e il dolore per la separazione, che era durata solo pochi minuti, continuava a crescere. 

-E quante altre volte mi cercherà e io non sarò lì ad aiutarlo! Oh, il mio bambino! Oh, il mio marrone! gridò ad alta voce.

-Calmati, Alina, sta bene", la tranquillizza un assistente. È con i suoi genitori che gli vorranno molto bene e domani rivedrete le vostre figlie e le porterete a mangiare un gelato come mi avete detto ieri.

Le parole di consolazione non servivano a nulla, non voleva più quel gelato con le sue bionde. Non voleva più il "risarcimento per l'inconveniente", come chiamano eufemisticamente l'umiliante sfruttamento delle povere donne in agenzia, che è quello che fanno davvero. Le sue figlie e sua suocera? Ce l'avrebbero fatta, pensò. 

Guardando di nuovo l'icona bizantina, pregò con tutto il cuore: "Maria, tu conosci il dolore della perdita di un figlio. Anche tu hai dovuto rinunciare a tuo figlio per gli altri. Tu che hai visto il tuo agnello immacolato condotto al macello, non permettere che al mio succeda qualcosa di brutto, dagli una madre, la migliore madre, sii la sua madre. Abbi cura di lui ovunque vada e di' a tuo figlio di perdonare la mia testa cattiva. Mi dispiace, mi dispiace molto". 

Non aveva ancora finito di pronunciare la frase quando la porta della sala parto si aprì di nuovo e apparve il capo dell'agenzia, con l'aria di chi ha qualcosa che non va. 

-Ciao Alina", la donna d'affari si è avvicinata con dolcezza, "Come stai? Mi hanno detto che alla fine il parto è stato molto buono, nonostante la pressione alta e i punti.... 

-Sì, grazie, questo è stato più veloce dei precedenti", rispose. Come sta il ragazzo, i suoi genitori lo hanno già visto?

-Vedi, Alina, c'è un problema...

-Problema, quale problema? Dimmi che sta bene, ti prego, dimmi che non gli è successo nulla.

-Va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene. È solo che... Ha un piccolo difetto, qualcosa che non è stato possibile rilevare con l'ecografia, un emangioma sul braccio. Non è un problema di salute, è solo una macchia sulla pelle che... Beh, non è perfetto e i genitori lo hanno rifiutato perché si vergognano del fatto che i bambini lo possano maltrattare quando va a scuola. Inoltre, sono degli instagramers e volevano fargli molte foto e questo non era possibile. Dato che non hanno problemi di soldi, ci riproveranno. 

-E' la cosa più bella che abbia mai visto!

-Sì, è vero, Alina, io penso come te", drammatizzò. Il bambino è un amore. Vede... In questi casi è previsto che, quando il bambino deve essere offerto in una nuova adozione, la madre surrogata venga interpellata per prima. Naturalmente lei riceverà il compenso che avevamo concordato, con un piccolo bonus che verrà addebitato separatamente ai genitori per la restituzione. È d'accordo?

-Sono d'accordo? -rispose sorridendo da un orecchio all'altro e mettendosi a sedere come se non avesse appena partorito. Portatemi subito il bambino, è mio e solo mio, e nessuno lo ha mai voluto o lo vorrà mai più di me. 

Con un gesto di sollievo, la donna d'affari uscì rapidamente dalla stanza e tornò con il bambino in braccio.

Quando la madre lo strinse al seno, lui sembrò riconoscerla immediatamente e iniziò a scuotere la testa, cercando di spremere il primo colostro. Alina non riusciva a smettere di guardare ogni piega della sua pelle e di accarezzare il ciuffo di capelli neri sulla testa. E la macchia sul braccio? A ben guardare, ha la forma di una stella, come quella che la Madonna porta sul capo nell'icona qui sopra. 

-Questo sarà il tuo segno, Dmytro", sussurrò al neonato, accarezzandogli la macchia mentre lo allattava, "il segno della madre di un altro bambino marrone; un agnellino senza macchia, a cui ha dovuto rinunciare con grande dolore per salvarne molti; ma che poi le è stato restituito per vivere con lei per sempre.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

Educazione

José María La Porte: "L'apertura del pensiero è un'attrazione delle università cattoliche".

Il professor José María La Porte è una delle forze trainanti del Congresso Internazionale Scopo dell'UniversitàL'obiettivo dell'incontro era quello di riflettere sull'identità e sulla missione delle università cattoliche.

Alina Maria Balaj-15 settembre 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

In occasione del Congresso internazionale Scopo dell'Università sulla finalità dell'università in ambito cattolico, che si terrà dal 29 al 31 ottobre 2025, Omnes ha intervistato uno dei promotori dell'evento, il professor José María La Porte (docente presso la Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce), che fa parte del gruppo internazionale di ricercatori Università e identità cattolica

Questo team fa parte del Laboratorio di ricerca dell'Università della Santa Croce e mira a creare un forum internazionale di esperti e una piattaforma interdisciplinare che approfondisca le questioni chiave legate alla cultura e alla missione delle università cattoliche.

L'intervista viene pubblicata anche in occasione del lancio del libro Università, finalità e identità cattolica. Esame della governance, della comunicazione e del core curriculumpubblicato da Routledge. Questo libro affronta le sfide e le aspirazioni contemporanee delle università cattoliche attraverso una lente storica, filosofica e pratica.

La conversazione affronta le ragioni che hanno ispirato l'organizzazione di questo primo congresso, il ruolo delle università cattoliche in un mondo polarizzato, il loro modello di governance e le sfide che devono affrontare in termini di insegnamento, ricerca e impegno sociale. Uno sguardo approfondito che esplora come queste istituzioni possano offrire una proposta educativa davvero significativa, aperta alla diversità, impegnata sulla persona in tutte le sue dimensioni e attenta alle esigenze della società odierna.

Perché avete organizzato un convegno sullo scopo dell'università in ambito cattolico?

-Questa conferenza fa parte di un progetto più ampio. È promossa da un gruppo di ricerca sull'identità cristiana dell'università: in cosa consiste, come si manifesta, come viene coltivata o diffusa. 

Il gruppo è composto da professori di nove università di diversi Paesi, che intendono svolgere ricerche su questi temi nei prossimi anni. Questa conferenza è la prima promossa dal gruppo. Lo scopo dell'università ci è sembrato un buon tema di partenza, poiché è qualcosa di essenziale, in quanto ispira tutte le attività e motiva le persone.

Come si definisce la "governance" di un'università cattolica e come si differenzia da quella di un'università laica?

-La governance è un elemento fondamentale in un'università: determina la direzione, stabilisce la strategia, distribuisce le risorse. In questo senso, tutte le università sono simili: devono avere obiettivi chiari, devono puntare alla qualità, devono essere ben gestite. 

Forse il governo di un'università cattolica potrebbe essere caratterizzato da un'attenzione particolare alle persone. Dico "speciale" perché capisco che è nell'interesse di tutti. E anche la consapevolezza della propria missione evangelizzatrice. 

Quale sarebbe lo scopo di un'università cattolica nel contesto polarizzato di oggi?

-Penso che, in questo momento, le università cattoliche possano dare un grande contributo promuovendo alcuni valori cristiani: il rispetto della persona, l'amore per la libertà, la cultura del dialogo e dell'incontro, il desiderio di servire la propria comunità.

La mentalità cattolica universale è abituata alla coesistenza di persone provenienti da Paesi e culture diverse. Questo si vede molto bene nelle università pontificie, che sono un vero e proprio mosaico. Tutto questo, a mio avviso, è un antidoto che evita il pensiero unico e la polarizzazione.

L'insegnamento, la ricerca e l'impegno sociale sono i pilastri su cui si basa qualsiasi università: come si declinano in un contesto cattolico?

-È una domanda molto ampia, e ci vorrebbe più di un congresso per rispondere. Per dire qualcosa di comune a tutte e tre le missioni, penso che un'università cattolica debba offrire la possibilità di studiare i grandi temi dell'antropologia, le grandi domande che ogni essere umano si pone: la vita, la morte, il senso dell'esistenza, la vocazione al servizio. La fede getta molta luce su queste domande, che sono presenti nella ricerca, nell'insegnamento e nella divulgazione.

Quali modelli di gestione aziendale possono essere applicati nelle università cattoliche, pur mantenendo una visione di servizio e di cura della persona?

-Non sono sicuro che esista un modello di gestione aziendale migliore per le università cattoliche. I modelli dipendono dalla cultura del Paese in cui si trova l'università. Ma se c'è una cosa comune a tutte, secondo me, è che devono essere eccellenti nel gestire risorse scarse. Questo implica molta professionalità e molto ingegno.  

Quale impatto può avere la cultura di un'università cattolica sulla società di oggi e può indurre cambiamenti nella mentalità collettiva?

-L'influenza di un'università cattolica sulla società è simile a quella di qualsiasi altra università. Si nota soprattutto nella formazione che i suoi studenti hanno ricevuto. Sono loro che, quando terminano gli studi ed entrano nel mondo del lavoro e della vita sociale, portano con sé comportamenti, valori, idee, progetti, che hanno un impatto incalcolabile. 

Credo che mantenere questa prospettiva personale e concreta aiuti molto a lavorare con serenità.

Quali sfide devono affrontare le università cattoliche per rimanere rilevanti attraverso la ricerca?

-Le migliori università trasmettono conoscenza e la generano. Penso che la ricerca nelle università cattoliche possa essere molto rilevante per i temi che tratta e per gli approcci che adotta. 

Ad esempio, so di un progetto di ricerca portato avanti da diverse università che si concentra sullo studio dei valori che ispirano i giovani, di ciò che li attrae e li muove. Le possibilità di sviluppare una ricerca d'impatto sono infinite.

Perché i giovani continuano a scegliere un'università cattolica e come si possono attirare nuovi studenti in una società secolarizzata?

-Le università cattoliche incontrano le stesse difficoltà di tutte le altre: problemi demografici, economici, ecc. Credo che gli studenti siano molto attratti da due aspetti delle nostre università: l'atmosfera di vicinanza e l'apertura di pensiero.

Qualche mese fa, uno studente ateo proveniente da un'università teoricamente neutrale ma ideologicamente molto parziale ha detto al docente di un'università cattolica: "Nel vostro corso mi sono sentita molto più libera rispetto alla mia precedente università. Qui ho potuto parlare di tutto, discutere di idee senza paura. C'erano alcuni argomenti che non potevano essere discussi o che potevano essere affrontati solo in un certo modo..

L'autoreAlina Maria Balaj

Dottorando in Comunicazione presso la PUSC

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Cinema

Grande furto, piccolo ladro

L'appiccicoso Un mix di umorismo, dramma e crimine: tre disadattati, una rapina da un milione di dollari e tanto sciroppo: la più dolce commedia del crimine.

Pablo Úrbez-15 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Serie

Indirizzo: Brian Donovan e Ed Herro
Distribuzione: Margo Martindale, Guillaume Cyr
Piattaforma: Prime Video
PaeseCanada, 2024

L'appiccicoso - Prime VideoUna piccola città del Canada francofono ospita la quasi totalità della produzione mondiale di sciroppo d'acero. Ruth Clarke, che vive vendendo sciroppo e il cui marito è in coma, subisce la gestione corrotta e dispotica della Federazione dei produttori di sciroppo. Remy Bouchard, invece, è un quarantenne che vive ancora nella casa paterna e lavora come guardia di sicurezza nel magazzino della Federazione. Infine, Mike Byrne appartiene a una famiglia di gangster, ma nessuno gli affida lavori seri a causa della sua inettitudine, per cui fa il fattorino. Insieme, questi tre personaggi decidono di intraprendere il furto di centinaia di barili di sciroppo, per un valore di milioni di dollari.

Il termine appiccicoso che dà il titolo a questa serie, significherebbe appiccicosoin riferimento allo sciroppo d'acero. Si tratta di una serie locale, di produzione canadese, con riferimenti geografici e culturali pienamente attribuibili alla regione francofona del Canada, ma universale nello sviluppo della storia, nella caratterizzazione dei personaggi e nel modo di narrare. L'appiccicoso è una tragicommedia, che alterna la comicità dovuta alle situazioni tragiche subite dai suoi personaggi, con la suspense e il dramma sullo sfondo. Una delle sue maggiori virtù è la moderazione nel saper ridicolizzare in ogni momento, mettendo a nudo l'assurdità delle situazioni e usando l'arguzia, oltre a dare credibilità al dramma dei protagonisti e a spingere lo spettatore a empatizzare con loro.

La serie in sei puntate (con una seconda stagione in arrivo) è ispirata a un fatto realmente accaduto: tra il 2011 e il 2012, i ladri hanno rubato quasi 10.000 barili di sciroppo nell'arco di alcuni mesi. Un cartello all'inizio di ogni episodio ci informa di questa circostanza, ma proprio per indicare che non si intende ricostruire quell'episodio. Non si tratta, quindi, di una serie storica, ma si basa su un succoso aneddoto per disegnare tre personaggi simpatici e plasmare questo lavoro secondo gli schemi delle storie di grandi rapine: ideare il piano, armare il materiale ed eseguirlo, con le relative sottotrame. È una storia che ha come protagonisti i reietti della società, il cui valore va di pari passo con il successo o il fallimento del loro ambizioso piano.

L'autorePablo Úrbez

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Cultura

Scienziati cattolici: Amalia Heredia, ricercatrice e filantropa

Il 16 ottobre 1902 muore Amalia Heredia, ricercatrice, filantropa, collezionista e mecenate; fu anche marchesa di Casa Loring. Questa serie di brevi biografie di scienziati cattolici è pubblicata grazie alla collaborazione della Società degli scienziati cattolici di Spagna.

Società degli scienziati cattolici-15 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Amalia Heredia Livermore (3 marzo 1830 - 16 ottobre 1902) era il più giovane di dieci figli di una famiglia in cui, oltre all'educazione cattolica, veniva insegnato l'amore per le belle arti.

All'età di vent'anni sposò Jorge Loring Oyarzábal, un influente ingegnere, uomo d'affari e politico, poi divenuto marchese, dal quale ebbe nove figli. Dopo il matrimonio, trasformò la sua residenza di Malaga in un giardino botanico, come quelli che aveva visto nei suoi viaggi in Europa. Si tratta del Giardino Botanico La Concepción, che si può visitare ancora oggi a Malaga. Interessata anche al collezionismo, insieme al marito acquistò le tavole della Lex Flavia Malacitana, un pezzo composto da due lastre di rame del I secolo d.C. che contiene parte degli articoli legislativi della Malaga romana. Questa acquisizione fu il seme di quello che è conosciuto come il Museo Loringio, che Amalia e Jorge costruirono nella loro residenza raccogliendo pezzi archeologici provenienti da molti luoghi diversi.

Finanziò anche l'Ospedale di San Julián, l'Ospedale Civile di Malaga e il Colegio de La Asunción, che portò a Malaga le suore della congregazione francese fondata da Santa Maria Eugenia di Gesù. Le prime allieve della scuola furono le figlie di Amalia, ma la scuola accolse anche ragazze che altrimenti non avrebbero potuto ricevere un'istruzione.

Da donna che aveva accolto nella sua casa personaggi illustri come il re Alfonso XII e l'imperatrice Sissi, si racconta che mentre era in visita all'Alhambra di Granada con il marito, scoppiò un incendio. Lei, senza esitare, iniziò a portare secchi d'acqua per spegnerlo, lavorando come qualsiasi altro manovale senza alcun timore che il suo vestito si rovinasse.

Inoltre, quando la coppia si trasferì a Madrid, Amalia Heredia fu membro fondatore della Società Reale Spagnola di Storia Naturale e membro dell'Ordine delle Nobili Dame di María Luisa, un ordine creato da Carlo IV nel 1792 per distinguere le nobildonne che si distinguevano per i loro servizi o le loro qualità.

L'autoreSocietà degli scienziati cattolici

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Vaticano

I martiri di oggi mostrano il potere dell'amore sull'odio, dice il Papa

Papa Leone XIV ha detto in una preghiera ecumenica domenica 14 settembre, festa dell'Esaltazione della Santa Croce, che i martiri e i testimoni della fede di oggi mostrano la forza dell'amore di fronte all'odio. In mattinata, più di 30.000 fedeli in Piazza San Pietro si sono congratulati calorosamente con Leone XIV per il suo 70° compleanno.

CNS / Omnes-14 settembre 2025-Tempo di lettura: 7 minuti

- Cindy Wooden / Carol Glatz (CNS).

In situazioni in cui "l'odio sembrava aver permeato ogni aspetto della vita", i martiri cristiani moderni hanno dimostrato che l'amore è più forte della morte. Ecco come ha dichiarato Papa Leone XIV durante un servizio di preghiera ecumenico la sera della festa dell'Esaltazione della Santa Croce, la domenica in cui ha compiuto 70 anni.

Il servizio di preghiera del 14 settembre ha ricordato 1.624 cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti morti per la loro fede tra il 2000 e il 2025. Durante l'Anno Santo 2000, San Giovanni Paolo II ha guidato una commemorazione simile dei cristiani uccisi nel XX secolo, principalmente dai regimi comunisti e fascisti.

Papa Leone ha incontrato 28 rappresentanti di altre chiese e comunità cristiane per il servizio di preghiera nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma.

Con anglicani, ortodossi e protestanti 

Il vescovo anglicano Anthony Ball, che rappresenta l'arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede, e l'arcivescovo ortodosso Elia di Helsinki e di tutta la Finlandia, che rappresenta il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, erano ai lati del Papa. Era presente anche il metropolita ortodosso Antony di Volokolamsk, presidente del dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca.

Il Vaticano non ha pubblicato i nomi dei 1.624 nuovi membri. martirile cui storie sono state presentate negli ultimi due anni dalle conferenze episcopali, dagli ordini religiosi e dalle nunziature di tutto il mondo.

Dorothy Stang, il padre Ragheed Ganni, il fratello Francis Tofi...

Ma Papa Leone ha menzionato alcuni di loro nella sua omelia, tra cui suor Dorothy Stang, un membro americano delle Suore di Notre Dame de Namur. È stata uccisa nell'Amazzonia brasiliana nel 2005 per aver difeso i diritti alla terra di contadini indigeni e poveri.

"Quando coloro che stavano per ucciderla le chiesero un'arma, lei mostrò loro la sua Bibbia e rispose: "Questa è la mia unica arma"", ha detto Papa Leone.

Ha parlato anche del padre caldeo Ragheed Ganni, di Mosul, in Iraq, "che si è rifiutato di combattere per testimoniare il vero comportamento cristiano". Lui e tre suddiaconi sono stati uccisi a colpi di pistola fuori dalla loro chiesa nel 2007.

Il Papa ha anche ricordato Fra Francis Tofi, anglicano e membro della Fratellanza Melanesiana, che ha dato la sua vita per la pace nelle Isole Salomone. Tofi e altri sei membri dell'ordine religioso sono stati uccisi dai miliziani a Guadalcanal nel 2003.

Le persecuzioni sono in aumento e "non vogliamo dimenticare".

"Purtroppo, nonostante la fine delle grandi dittature del XX secolo, la persecuzione dei cristiani non è cessata fino ad oggi", ha detto il Papa. "Al contrario, in alcune parti del mondo è aumentata".

"Non possiamo e non vogliamo dimenticare", ha detto il Papa. E "vogliamo mantenere viva questa memoria insieme ai nostri fratelli e sorelle di altre Chiese e comunità cristiane. Per questo motivo, desidero riaffermare l'impegno della Chiesa cattolica a salvaguardare la memoria dei testimoni della fede di tutte le tradizioni cristiane".

I nuovi martiri e testimoni della fede non sono stati uccisi a causa della denominazione a cui appartenevano, ma perché erano cristiani, ha detto, e vivevano il Vangelo del servizio amorevole ai loro fratelli e sorelle.

Ecumenismo del sangue

"Come abbiamo riconosciuto durante il recente sinodo, l'ecumenismo del sangue unisce cristiani di diversa provenienza che insieme danno la vita per la fede in Gesù Cristo", ha proseguito. "La testimonianza del loro martirio è più eloquente di qualsiasi parola: l'unità viene dalla Croce del Signore", ha detto, citando il documento finale del sinodo.

"Il loro martirio continua a diffondere il Vangelo in un mondo segnato dall'odio, dalla violenza e dalla guerra", ha detto Papa Leone. "È una speranza piena di immortalità perché, anche se sono stati uccisi fisicamente, nessuno può far tacere la loro voce o cancellare l'amore che hanno dimostrato".

Un gruppo di persone della città peruviana di Monsefu (Chiclayo) porge gli auguri per il 70° compleanno di Papa Leone XIV in Piazza San Pietro (Foto CNS/Vatican Media).

Al mattino a San Pedro, congratulazioni 

Auguri Papa Leone", recitava un grande striscione dei pellegrini in Piazza San Pietro questa mattina durante la funzione di preghiera. AngelusE ancora: Buon compleanno, Papa Leone! I fedeli si sono congratulati con il Papa per il suo 70° compleanno, nella festa dell'Esaltazione della Santa Croce. 

Lo striscione più grande, rosso e bianco, era tenuto da un gruppo della città peruviana di Monsefu, nella provincia di Chiclayo, dove il Papa ha servito come vescovo per otto anni.

"Cari amici, sembra che sappiate già che oggi compio 70 anni", ha detto il Papa tra grandi applausi e grida di "auguri", che in italiano significa "congratulazioni" e "buon compleanno".

Riconoscimentos

"Ringrazio il Signore e i miei genitori; e ringrazio tutti coloro che mi hanno ricordato nelle loro preghiere", ha detto dopo aver recitato l'Angelus con i fedeli in Piazza San Pietro.

I musicisti e le bande della piazza hanno suonato la melodia di "Happy Birthday" e la gente ha cantato e applaudito.

Grazie a tutti", ha detto, e qualcuno ha gridato: "Viva il Papa!

"Grazie, buona domenica", ha detto.

Il Vaticano ha anche pubblicato il trailer di un nuovo documentario che celebra le radici americane di Papa Leone XIII. Il primo Papa nato in America, Robert F. Prevost, è nato il 14 settembre 1955 a Chicago ed è cresciuto a Dolton, un sobborgo vicino.

 "Leo da Chicago

Titolo Leo da ChicagoIl documentario "uscirà presto sui canali di Vatican Media" e "offrirà agli spettatori un ritratto intimo della prima vita di Papa Leone XIV negli Stati Uniti. Inizia con le testimonianze dei suoi fratelli Louis e John, insieme a numerose voci, immagini e storie" raccontate da persone a lui vicine, secondo il comunicato stampa del 13 settembre.

Segue "Leo da Chicago Leone del Perùun documentario sugli anni di missione del Papa in Perù.

Nel frattempo, i bambini dell'ospedale pediatrico di proprietà del Vaticano hanno inviato al Papa biglietti e lettere disegnate a mano. Anche i leader della Chiesa di tutto il mondo hanno augurato al Papa un buon compleanno, secondo quanto riportato da Vatican News.

Preghiere

Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, ha rilasciato un messaggio a nome della Curia Romana. Ha espresso "profonda gratitudine per la sua instancabile testimonianza del Vangelo e per il suo costante incoraggiamento ai fedeli".

"Le assicuriamo le nostre preghiere per la sua salute e la sua forza, affinché possa continuare a guidare il popolo di Dio nell'unità e nella pace", si legge nel messaggio.

Saluti dalle personalità 

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha elogiato il Papa, scrivendo: "Le sue parole hanno sempre ricordato alla comunità internazionale la dignità di ogni persona umana e la necessità della pace. A nome del popolo italiano, le auguro ogni bene in salute e serenità".

Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha scritto per ringraziare il Papa per la sua "ferma difesa del dialogo e della cura della nostra casa comune. La sua leadership morale continua a ispirare la comunità globale".

Il Patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo di Costantinopoli ha scritto: "Ci rallegriamo con i nostri fratelli e sorelle cattolici in questo giorno, ringraziandoli per il loro spirito fraterno e la loro dedizione all'unità dei cristiani. Il Signore conceda loro ancora molti anni di salute e di pace".

Vescovi italiani

La Conferenza Episcopale Italiana ha scritto: "Ringraziamo il Signore per il dono di Papa Leone XIV, che ci ricorda ogni giorno che la speranza e la fraternità sono al centro della vita cristiana. Ci uniamo a tutta la Chiesa nell'augurargli serenità e gioia dello Spirito".

Scrivendo a nome della diocesi di Roma del Papa, il cardinale Baldassare Reina, vicario papale per Roma, ha osservato. "Voglia accogliere le nostre preghiere e il nostro affetto per tutto quello che fa ogni giorno, con instancabile dedizione, al servizio della Chiesa universale, a cominciare dalla Chiesa di Roma".

"Nel condividere le vostre preoccupazioni, soprattutto per i tanti scenari di guerra che insanguinano il mondo, speriamo che possiate realizzare il desiderio del vostro cuore e continuare a seminare speranza per gli uomini e le donne di oggi", ha detto il cardinale.

Altre congratulazioni

Il padre gesuita Arturo Sosa, superiore generale della Compagnia di Gesù, ha inviato i saluti a nome di tutti i gesuiti del mondo, scrivendo: "Il vostro incoraggiamento ad "andare nelle periferie" continua a ispirare la nostra missione e il nostro lavoro apostolico.

Caritas Internationalis, l'organizzazione vaticana che riunisce le organizzazioni caritative cattoliche nazionali, ha scritto: "La vostra voce a favore dei poveri e degli sfollati rafforza la nostra missione caritativa. Celebriamo il tuo compleanno rinnovando il nostro servizio ai più bisognosi".

60° anniversario del Sinodo dei Vescovi

Al termine dell'Angelus, il Santo Padre ha ricordato che "domani (lunedì), celebriamo il 60° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, un'istituzione profetica di San Paolo VI, affinché i vescovi potessero esercitare una maggiore e migliore comunione con il Successore di Pietro". "Spero che questa celebrazione", ha aggiunto, "rinnovi l'impegno per l'unità, la sinodalità e la missione della Chiesa".

Esaltazione della Santa Croce

Il Papa ha iniziato il suo discorso facendo riferimento alla festa del giorno. "Oggi la Chiesa celebra la festa dell'Esaltazione della Santa Croce, che ricorda il ritrovamento del legno della Croce da parte di Sant'Elena a Gerusalemme nel IV secolo, e la restituzione della preziosa reliquia alla Città Santa da parte dell'imperatore Eraclio.

Dopo aver commentato la conversazione di Gesù con Nicodemo nel Vangelo del giorno, il Papa ha sottolineato la profondità della donazione di Gesù.

"Dio ci ha salvato mostrandosi a noi, offrendosi come compagno, maestro, medico, amico, fino a diventare per noi Pane spezzato nell'Eucaristia. E per compiere quest'opera si è servito di uno dei più crudeli strumenti di morte che l'uomo abbia mai inventato: la croce", ha detto.

L'immenso amore di Gesù

Per questo motivo, "oggi celebriamo la sua "esaltazione". Lo facciamo per l'immenso amore con cui Dio, abbracciandola per la nostra salvezza, l'ha trasformata da strumento di morte in strumento di vita". In questo modo ella ci insegna che "nulla può separarci da Lui (cfr. Rm 8,35-39) e che la sua carità è più grande del nostro peccato (cfr. Francesco, Catechesi, 30 marzo 2016)".

In conclusione, Papa Leone ha invitato a chiedere, "per intercessione di Maria, la Madre presente sul Calvario con il Figlio, che il suo amore salvifico si radichi e cresca anche in noi". E che anche noi sappiamo donarci gli uni agli altri, come Lui si è donato interamente a tutti".

L'autoreCNS / Omnes

Per saperne di più
Vaticano

Storico concerto a San Pedro: musica per la fratellanza universale

Piazza San Pietro ha ospitato ieri sera il macro-concerto. Grazia per il mondoche ha riunito artisti internazionali come Andrea Bocelli, Karol G e Pharrell Williams.

Redazione Omnes-14 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Ieri sera, Piazza San Pietro si è trasformata in un palcoscenico festoso e simbolico per il macroconcerto "Grazia per il mondoSi è conclusa la terza edizione dell'Incontro Mondiale sulla Fraternità Umana.

Qual era lo scopo del concerto?

L'evento, promosso dal Vaticano e dalla Fondazione Fratelli TuttiL'obiettivo dell'evento era quello di diffondere un messaggio globale di pace, unità, fratellanza e riconciliazione di fronte ai conflitti e alle divisioni che affliggono il mondo di oggi. È stato concepito come una festosa chiusura dell'Incontro Mondiale sulla Fraternità Umana, che ha riunito esperti e leader di vari settori.

Chi ha agito?

La formazione comprendeva artisti di fama internazionale con stili diversi:

  • Karol G, l'artista colombiano, che ha eseguito Mentre il mio cuore guarisce all'inizio, e in seguito si è unito al tenore nel cantare Vivo per lei.
  • Andrea Bocelli, la figura centrale dell'evento, ha aperto la manifestazione con una Ave Maria e ha partecipato a diversi duetti.
  • Pharrell Williams, che ha applaudito il pubblico con Felice e ha chiesto di accendere i telefoni cellulari per illuminare la piazza come gesto simbolico di unità.
  • John Legend, che ha contribuito con canzoni come La gloria o Il ponte sull'acqua.
  • Hanno partecipato anche Angélique Kidjo, Jennifer Hudson, il rapper Jelly Roll, artisti K-pop come BamBam e altri ospiti che hanno portato la loro diversità musicale al repertorio.

Elementi visivi e speciali

Uno dei momenti più suggestivi è stato lo spettacolo della dronicon oltre 3.500 dispositivi che disegnavano nel cielo immagini iconiche della cristianità, come i frammenti della Creazione di Adamo della Cappella Sistina e il volto sorridente del defunto Papa Francesco.

Presenza istituzionale

Sebbene Papa Leone XIV non abbia partecipato al concerto, il suo ruolo è stato presente attraverso il messaggio istituzionale del Vaticano. Il cardinale Mauro Gambetti, in rappresentanza del Vaticano, ha ribadito la condanna della guerra e l'appello alla fratellanza universale.

Spagna

Pep Borrell, Gregorio Luri e Sara Pérez Tomé tra i relatori della 1° Conferenza del Forum delle Famiglie

La I Jornada Foro de la Familia si terrà il 18 ottobre dalle 10:00 alle 14:00 presso il Colegio Mayor Universitario de San Pablo a Madrid.

Redazione Omnes-14 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 18 ottobre, l'auditorium del Colegio Mayor Universitario de San Pablo di Madrid sarà la sede dell'evento 1° Conferenza del Forum delle famiglie, un incontro che vuole riflettere sul ruolo della famiglia nella società odierna come spazio privilegiato di crescita umana, affettiva ed educativa.

L'evento riunirà rinomati specialisti nei campi della filosofia, dell'educazione, della psicologia e della consulenza familiare.

Famiglie ed economia

Gregorio Luriuno dei pensatori spagnoli più influenti nel campo dell'educazione contemporanea, sarà incaricato di aprire la conferenza con una relazione dal titolo: Elogio delle famiglie sensibilmente imperfette con cui Luri affronterà l'importanza della casa come luogo originario in cui si apprende la verità sulla bontà, l'amore e l'identità.

Uno dei temi più originali e interessanti della giornata è quello dell'educazione finanziaria, che sarà affrontato da Marta Cuevas, direttore della formazione dell'Istituto di pianificazione finanziaria familiare (IPFF). Cuevas sottolineerà l'importanza della famiglia come prima scuola di abitudini finanziarie per prevenire le crisi, incoraggiare la responsabilità e dare ai figli gli strumenti di serenità e libertà nella gestione delle proprie risorse.

Educazione emotiva e stabilità familiare

La seconda parte della giornata vedrà protagonista Pep Borrell, uno degli autori più in voga per le sue interessanti proposte in difesa della gioia e della bellezza del matrimonio. Borrell parlerà di come l'amore coniugale diventi una vera e propria scuola emotiva per i figli.

Dopo questa presentazione, tre esperti: Fernando Muñoz, psicologo specializzato in affettività e sessualità; Sara Pérez-Tomé, consulente familiare e terapeuta di coppia; e Fernando Sánchez, psicologo specializzato in disturbi infantili, affronteranno la necessità di una stabilità emotiva e di un impegno quotidiano basato sull'ascolto, sull'esempio e sulla costruzione di limiti sani per permettere ai bambini di svilupparsi con forza, equilibrio ed empatia.

La giornata si concluderà con una cerimonia di chiusura istituzionale, che riaffermerà l'impegno della Forum delle famiglie porre la famiglia al centro della vita sociale, sottolineandone il valore come nucleo di educazione, stabilità e trasmissione culturale.

Spagna

"Quanta bellezza e gioia può trasmettere una famiglia che prega", dice Ignacio Barrera a Torreciudad.

La 33ª Giornata mariana della famiglia ha riunito più di seimila pellegrini in un'atmosfera di fede, gioia e impegno per i valori della famiglia.

Redazione Omnes-13 settembre 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Torreciudad ha celebrato oggi la 33ª Giornata Mariana della Famiglia, che ha riunito più di seimila pellegrini provenienti da tutta la Spagna. Ángel Lasheras ha dato il benvenuto ai partecipanti, nell'ambito della celebrazione del 50° anniversario dell'apertura al culto della nuova chiesa dedicata alla Vergine di Torreciudad.

Dopo la preghiera dell'Angelus, si è svolta una variegata presentazione di offerte da parte delle associazioni, delle parrocchie, delle scuole e dei gruppi partecipanti, come fiori, prodotti locali, manufatti per bambini, immagini della Vergine e oggetti decorativi.

Le famiglie come "case luminose e allegre".

L'Eucaristia celebrata sulla spianata è stata l'atto principale dell'evento ed è stata presieduta da Ignacio Barrera, Vicario dell'Opus Dei in Spagna. Nella sua omelia ha incoraggiato le persone a collaborare affinché "la società impari ad amare senza calcoli, a servire, a perdonare, a dare gioia e pace". Con le parole di San Josemaría, ha fatto riferimento alle famiglie come "case luminose e gioiose", "seminatrici di pace e di gioia". E ha chiesto: "Non pensate che ci sia un grande bisogno di questo nel nostro tempo, nella vita sociale, nella vita politica, nel posto di lavoro?

Barrera ha anche detto che, partendo dalla luce personale, "il Signore si occuperà del resto e accenderà molte altre luci. Date luce nelle vostre case, nelle vostre scuole, negli ascensori, quando fate sport, sul posto di lavoro, nei parchi, nei bar, nei trasporti, nelle feste, negli stadi e nei concerti... Quanta bellezza e gioia può trasmettere una famiglia che prega, che si ama, che si serve, che si perdona ed è unita!

"Ridere con gli altri, non ridere degli altri".

Al termine della cerimonia, i genitori hanno fatto la tradizionale offerta dei loro figli alla Vergine di Torreciudad all'interno della chiesa. Alle 15:00 il Coro della scuola Alboradadi Alcalá de Henares (Madrid), ha tenuto un recital sulla spianata, seguito da un colloquio con la nota coppia Nachter e Roseanne (ha 27 milioni di follower sui social network) su "Come migliorare le nostre relazioni familiari con molto umorismo".

Roseanne ha sottolineato che, per non ferire nessuno, è molto importante "ridere con gli altri, non ridere degli altri". Nachter ha ricordato che "come le madri possono fare tutto e fare tutto allo stesso tempo, così può fare la Vergine Maria, e per questo possiamo chiederle molto aiuto". Entrambi hanno concordato nella loro esperienza che "di fronte al dolore, è essenziale che la nostra vita non sia definita dalla sofferenza, ma dall'aiuto che ci diamo l'un l'altro. E soprattutto Dio, che è nostro padre e di cui possiamo fidarci completamente, anche se a volte non lo capiamo".

Volontari e partner

Gli eventi si sono conclusi con la recita del rosario nei portici della spianata e la benedizione del Santissimo Sacramento dall'altare all'aperto. Durante la giornata sono stati raccolti prodotti igienici di base per le famiglie bisognose della zona, che saranno distribuiti in collaborazione con la Caritas Diocesana di Barbastro-Monzón.

Più di 200 volontari hanno aiutato i partecipanti con il parcheggio, le informazioni, l'allestimento di sedie e cartelli, l'assistenza ai bambini, il parco giochi e la pulizia. All'evento hanno collaborato la Guardia Civil, Aragona Turismo, le regioni di Huesca Somontano de Barbastro, Ribagorza e Cinca Medio, i comuni di Secastilla e El Grado, la Fondazione CARF e il Gruppo Mahou San Miguel.

Valutazione delle autorità

Javier Betorz, delegato del Governo di Aragona a Huesca, ha sottolineato che "Torreciudad è un indiscutibile polo di attrazione, pertanto ha il nostro pieno appoggio nella promozione del turismo religioso e culturale".

Mari Carmen Obis, sindaca di El Grado, ha sottolineato l'importanza del festival "in questi eventi per condividere il nostro patrimonio e la nostra gioia, al fine di raggiungere nuovi visitatori".

José Luis Arasanz, vicesindaco di Secastilla, e Ana María Rabal, consigliere comunale, sono fiduciosi nel progetto dell'asse stradale con El Grado e Graus attraverso il comune. Antonio Comps, sindaco di Castejón del Puente, ritiene che "la giornata sia un evento molto importante per l'Alto Aragona, con un profondo significato positivo per la famiglia e come elemento di promozione".

Fernando Torres, sindaco di Barbastro, si è detto "molto felice di ripetere un'altra edizione e di aver condiviso la preoccupazione per il santuario a causa dei danni causati dalla tempesta della scorsa notte", mentre per José Pedro Sierra, sindaco di Peraltilla, "la cosa migliore è che ho visto molte persone, con famiglie che speriamo tornino a conoscere il nostro ambiente".

José María Civiac, presidente della regione Cinca Medio e sindaco di Alfántega, ha commentato che "ho visto molta gente, disposta a viaggiare a lungo, e naturalmente dobbiamo lavorare tutti insieme per aumentare il numero di visitatori".

Lola Ibort, consigliera di Almudévar e deputata provinciale, nella sua seconda partecipazione a questa giornata, ha dichiarato: "Sono molto felice di tornare perché condivido tanti valori che promuovono la famiglia, che è così importante. E queste giovani famiglie sono, allo stesso tempo, i migliori ambasciatori del nostro territorio".

Evangelizzazione

San Giovanni Crisostomo e San Marcellino di Cartagine

San Giovanni Crisostomo, vescovo, padre e dottore della Chiesa, è conosciuto con il soprannome di "bocca d'oro", per la sua eloquente capacità di parlare della fede. Nato nel IV secolo, fu patriarca di Costantinopoli e morì in esilio. San Marcellino di Cartagine fu un martire laico, amico di Sant'Agostino e di San Girolamo.

Francisco Otamendi-13 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La liturgia celebra San Giovanni Crisostomo e San Marcellino di Cartagine, tra gli altri santi, il 13 settembre. Il primo era originario di Antiochia, nell'attuale Turchia (349), dove i seguaci di Gesù iniziarono a chiamarsi cristiani. Figlio di un funzionario imperiale, ricevette un'ottima educazione e fu ordinato sacerdote. 

Come vescovo di Costantinopoli, ha intrapreso una profonda riforma dei costumi del clero e dei fedeli. L'opposizione della corte imperiale, di cui denunciò gli eccessi, e di persone invidiose, lo portarono più volte al bando.

San Giovanni Crisostomo, un pilastro della fede

È considerato uno dei Grandi genitori È ricordato per la sua difesa della verità e della giustizia e per i suoi scritti che hanno arricchito la dottrina cattolica, tanto da meritare il soprannome di Crisostomo, cioè "bocca d'oro" (in greco). E anche per gli scritti che arricchirono la dottrina cattolica, al punto da meritare il soprannome di Crisostomo, cioè "bocca d'oro" (in greco).

Il vescovo Giovanni "bocca d'oro" morì nel 407, a Comana Pontica, durante uno dei tanti viaggi che dovette compiere. La sua saggezza è rimasta intatta attraverso i secoli, osserva il giorni dei santi Vaticano. Centinaia di scritti di un uomo e di un sacerdote convinto che "in ogni cosa" "la gloria deve essere data a Dio" lo confermano.

San Marcellino, martire laico

San Marcellino di Cartagine (ci sono altri Marcellini nel calendario dei santi), nato a Toledo nel IV secolo, divenne tribuno e notaio dell'imperatore Onorio, diplomatico spagnolo-romano. Amico di Sant'Agostinoche gli dedicò alcune delle sue opere, e San Girolamo. A partire dal 411 fu coinvolto nelle controversie dei donatisti, i quali perdono negato Cristiani che hanno apostatato durante le persecuzioni.

Inviato a Cartagine (Tunisi) per mediare un dialogo tra i vescovi cattolici e i donatisti, Marcellino fu assassinato nel 413. L'imperatore Onorio riconobbe l'arbitrarietà dell'esecuzione da parte di un generale e la annullò, ma era troppo tardi. Si può vedere la storia qui. La Chiesa cattolica lo proclamò martire. Sant'Agostino e San Girolamo scrissero il suo elogio funebre. 

Il Martirologio romano si legge: martire laico. "A Cartagine, in Africa, san Marcellino, martire, che fu un alto funzionario imperiale strettamente imparentato con i santi Agostino e Girolamo. Fu accusato di essere un sostenitore dell'usurpatore Eraclio e, sebbene innocente, per aver difeso la fede cattolica fu ucciso dagli eretici donatisti (413)".

L'autoreFrancisco Otamendi

Educazione

Braval: dal dialogo alla vera integrazione

Josep Masabeu, presidente di Braval, spiega come le "Conversazioni" - incontri mensili con diversi profili - siano diventate uno strumento fondamentale per l'integrazione dei giovani immigrati nel Raval.

Teresa Aguado Peña-13 settembre 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Nel 2005, Braval lavorava già da sette anni per migliorare l'integrazione dei giovani immigrati attraverso lo sport, il sostegno educativo e la convivenza interculturale. Josep Masabeu, il suo presidente, voleva andare oltre: "Ci siamo chiesti: 'Cosa succede in altre entità? Cosa succede con l'amministrazione? Quali sono le tendenze? 

Così, alla ricerca di una comprensione profonda e pratica della realtà, sono nate le "Conversazioni sull'immigrazione", sotto forma di pranzi mensili con persone provenienti da diversi settori: giornalisti, imprenditori, educatori, funzionari pubblici... sempre con profili variegati per evitare visioni unilaterali: "Il contrasto di opinioni ed esperienze è molto arricchente", sottolinea Josep.

20 anni e 142 conversazioni dopo, Braval ha creato una rete di connessioni che gli permette di avere contatti diretti ed efficaci con enti che aiutano a risolvere i problemi concreti dei giovani. Inoltre, molte persone condividono esperienze che funzionano anche altrove. "A volte invitano anche i loro leader al pasto successivo, e in questo modo si genera una rete di apprendimento reciproco", dice Josep.

L'impatto è stato anche sull'occupazione. Grazie ai colloqui, sono nate opportunità di inserimento di giovani in settori che necessitano urgentemente di personale. E grazie alla fiducia generata, spesso sono gli stessi ospiti ad aprire le porte a nuove collaborazioni.

La chiave: mescolare per integrare

Masabeu sottolinea che la mescolanza culturale è la chiave dell'integrazione: "Se non ci si mescola, si mantiene il ghetto".

A Braval la mescolanza si realizza soprattutto attraverso lo sport: "Le nostre squadre di calcio e di basket sono miste. Perché se hai una squadra di filippini contro una di marocchini, o di ecuadoriani contro spagnoli, non hai rotto nulla.

Attraverso il gioco condiviso, i bambini abbattono i pregiudizi. Il calcio e il basket sono solo il punto di partenza. Da lì, Braval struttura una serie di supporti: rinforzo scolastico, incontri settimanali di squadra, accompagnamento personalizzato... e formazione ai valori.

Ma l'approccio è chiaro: nessuna attività "migratoria". "Non siamo in un campionato per immigrati. Siamo nel normale campionato di Barcellona, con 120 squadre di tutti i quartieri. Questo permette ai nostri ragazzi di uscire dal quartiere e agli altri di venire a conoscere la nostra realtà".

In contrasto con l'immagine stereotipata dell'immigrato passivo o dipendente, Masabeu sottolinea una realtà molto diversa: "Hanno una capacità brutale di combattere, che i ragazzi qui non hanno".

Dialogo interreligioso basato sull'identità cristiana

Una delle dimensioni più sorprendenti di Braval è la naturale coesistenza tra le religioni. Il centro ha un'identità cristiana - è un'iniziativa dell'Opus Dei - e non la nasconde.

"Abbiamo un oratorio con il Santissimo Sacramento, un sacerdote viene una volta alla settimana e offriamo la catechesi a chiunque la desideri. Ma non abbiamo mai avuto problemi con nessuno", dice Masabeu.

La convivenza fa parte dell'esperienza quotidiana. Ci sono volontari e partecipanti di nove religioni: cattolici, evangelici, ortodossi, musulmani, buddisti, induisti, testimoni di Geova, ebrei e atei. Il risultato è una ricca convivenza, dove la religione, lungi dal dividere, unisce attraverso il rispetto reciproco.

"I bambini fanno un sacco di domande: che festa festeggiate oggi? Perché mangiate questo? Perché non mangiate quello? Se mi inviti alla tua festa, vengo. E quando è la mia, vieni anche tu". Alle cresime, ad esempio, i ragazzi invitano gli amici della squadra - di qualsiasi religione - e tutti partecipano con gioia.

Amore e trascendenza

Alla fine, il successo di Braval non si spiega solo con una buona organizzazione o un modello educativo. Ciò che fa la differenza è qualcosa di più profondo: "Quello che trasmettete è amore. E loro se ne accorgono. A volte bisogna rimproverarli, certo, ma si sentono benvenuti.

Perché alla fine, più che una strategia, Braval è una comunità di persone che si preoccupano l'una dell'altra. Dalla preghiera, dalla dedizione, dalla fede. E così, l'integrazione non è un programma, ma un'esperienza concreta di amicizia, servizio e speranza condivisa.

L'autoreTeresa Aguado Peña

Mondo

Gli appelli del Papa a Gaza portano "grande gioia", dice il parroco

Ricevere telefonate dal Papa continua a portare "grande gioia" alle centinaia di persone che ricevono rifugio e sostegno dall'unica chiesa cattolica di rito latino a Gaza, ha detto il parroco.  

CNS / Omnes-12 settembre 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

- Carol Glatz, Città del Vaticano (CNS)

Circa 450 persone costrette a fuggire dalle loro case, per lo più anziani, malati e bambini, sono ospitate nel complesso della Chiesa della Sacra Famiglia a Gaza. Il parroco argentino Gabriel Romanelli ha raccontato ai media vaticani quanto sta accadendo. Ha detto che le telefonate del Papa danno "grande gioia". "Sta seguendo la situazione molto da vicino.

Papa Francesco, un argentino, ha chiamato il parroco quasi ogni giorno per più di un anno e mezzo dall'inizio della guerra a Gaza nell'ottobre 2023. Ha chiamato anche solo due giorni prima della sua morte, avvenuta in aprile.

Padre Romanelli ha detto a Vatican Media che anche Papa Leone XIV li ha chiamati, ma non ha specificato con quale frequenza.

La situazione rimane molto difficile

Dopo che Israele ha lanciato un attacco contro i leader di Hamas in Qatar il 9 settembre, Papa Leone XIV ha detto ai giornalisti che aveva appena cercato di chiamare la parrocchia di Gaza City.

"Ho appena provato a chiamare il pastore, ma non ho notizie", ha commentato il Papa, esprimendo preoccupazione per un nuovo ordine di evacuazione da parte di Israele. Gli aerei israeliani avevano sganciato dei volantini sulla città di Gaza in mattinata. Avevano avvertito di un nuovo attacco alla città e incoraggiato i civili ad evacuare.

Padre Romanelli ha condiviso un video con i media vaticani il 10 settembre, in cui afferma che lui e altri residenti sono riusciti a parlare con il Papa dopo il suo tentativo di chiamata. "Gli abbiamo detto che stiamo bene, che la situazione è ancora difficile".

"La maggioranza della popolazione non vuole andarsene", ha detto, sottolineando che "siamo ancora vicini a loro". "Stiamo bene, nonostante la terribile situazione in tutta la Striscia di Gaza", ha detto a Vatican Media nel suo video.

"Segue da vicino la situazione ed è molto impegnato".

In un video condiviso sul suo feed Instagram il 10 settembre, padre Romanelli ha detto che non era la prima volta che Papa Leone chiamava.

"Segue sempre da vicino la situazione ed è molto impegnato per la fine di questa guerra, lavorando e pregando per la pace", ha detto il sacerdote in spagnolo. Il Papa "invia le sue benedizioni a tutti, a tutta la Striscia di Gaza, a tutta la comunità parrocchiale".

"È una grande gioia essere in comunicazione con il Santo Padre, con Papa Leone", ha detto.

Il sacerdote ha spiegato che non poteva rispondere al telefono quando il Papa chiamava perché erano nel bel mezzo di una lunga e bella celebrazione liturgica.

Padre Romanelli ha detto a Vatican Media che stavano celebrando la messa e il sacramento del matrimonio per una coppia cattolica, "una grande gioia". Un'altra notizia gioiosa, "in mezzo a tanto dolore", ha detto, è stata la nascita di un bambino di nome Mark. La madre è una dei tanti sfollati interni che ospitano.

I sacerdoti si sono rifiutati di andarsene

I sacerdoti della chiesa della Sacra Famiglia e della chiesa greco-ortodossa di San Porfirio si sono rifiutati di evacuare perché stavano dando rifugio a centinaia di civili che non avevano altro posto dove andare.

Le forze israeliane hanno danneggiato entrambe le chiese: San Porfirio nell'ottobre 2023 e la Sacra Famiglia nel dicembre 2023 e nel luglio di quest'anno. L'esercito israeliano ha affermato che gli attacchi non sono stati intenzionali.

"Siamo ancora in parrocchia".

Padre Romanelli ha fatto riferimento alle conseguenze di questi attacchi nel suo video a Vatican Media. "Siamo ancora qui in parrocchia con le persone di cui ci prendiamo cura". Questo include famiglie e "un numero considerevole" di anziani, malati e bambini.

"In altre zone di Gaza City, la gente si sta spostando verso sud", ha detto, sottolineando che "la maggior parte della popolazione non vuole andarsene".

"Molti dicono le stesse cose che abbiamo sentito dall'inizio della guerra: ovunque c'è pericolo, ci sono bombardamenti, c'è un pericolo reale, ci sono morti, feriti, distruzione", ha detto.

Tuttavia, poiché molti vogliono continuare a vivere in città, ha detto, "continuiamo con le nostre attività quotidiane, che è quello che possiamo fare. Siamo riusciti ad aiutare molte famiglie.

L'autoreCNS / Omnes

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Evangelizzazione

Il Santissimo Nome di Maria

Durante un viaggio apostolico a Monaco, Alttöting e Ratisbona (2006), Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa il 12 settembre. Ha detto: "Oggi celebriamo la festa del "Nome di Maria". A coloro che portano questo nome - come mia madre e mia sorella - desidero esprimere le mie più vive congratulazioni per il loro onomastico.

Francisco Otamendi-12 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

In occasione della festa del Dolce Nome di Maria, che ha avuto origine a Cuenca (Spagna) e che Papa Innocenzo XI ha esteso alla Chiesa in Occidente, Benedetto XVI ha fatto riferimento alla Parola di Dio. "Oggi abbiamo sentito nel Vangelo come il Signore la dona come Madre al discepolo amato e, in lui, a tutti noi". 

"In ogni epoca i cristiani hanno accolto con gratitudine questo testamento di Gesù", ha aggiunto. "E insieme alla Madre hanno sempre trovato la sicurezza e la speranza fiduciosa che ci riempiono di gioia in Dio e nella nostra fede in lui".

Benedetto XVI: "Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità".

Il 25 dicembre 2005, pochi mesi dopo la sua elezione a Papa, Benedetto XVI ha firmato la sua enciclica "Deus caritas est". Per la festa che ci riguarda, vedi i nn. 40-42. 

Papa Benedetto vi scriveva: "I santi sono i veri portatori di luce nella storia, perché sono uomini e donne di fede, speranza e amore. Tra i santi spicca Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità".

"Il Vangelo di Luca la mostra impegnata in un servizio caritatevole nei confronti della cugina Elisabetta, con la quale rimase "circa tre mesi" (1,56) per accudirla durante la gravidanza", prosegue.

La figura di Maria

Questo frammento dell'enciclica, verso la fine, e altri, sono raccolti nell'ultimo capitolo del libro "Maria", una selezione di omelie e discorsi di Benedetto XVI, edito da Cristiandad. L'introduzione è di Pablo Blanco SartoLa breve prefazione è del cardinale Angelo Comastri, vicario generale emerito di Sua Santità per la Città del Vaticano.

"'Mariaè un'accurata antologia di testi di Benedetto XVI sulla Vergine Maria, selezionati per la loro profondità, bellezza e coerenza dottrinale. Lungi dall'essere una devozione secondaria, la figura di Maria appare qui come il nucleo vivo della fede cristiana: dove c'è Maria, c'è la Chiesa; dove c'è Maria, risplende il volto umano di Dio", descrive Christianity editions. Lunedì 15, giorno dell'Addolorata, torneremo su questo tema.

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

La duchessa di Kent, una reale che ha scelto la fede cattolica

Ricordata per la sua passione per la beneficenza, l'insegnamento della musica e l'incrollabile umiltà, la Duchessa di Kent, membro cattolico di alto livello della famiglia reale britannica, è morta il 4 settembre all'età di 92 anni. Il funerale si terrà il 16 settembre nella Cattedrale di Westminster.

OSV / Omnes-12 settembre 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

- Simon Caldwell (OSV News).

Il cardinale Vincent Nichols di Westminster, in una dichiarazione del 5 settembre, ha detto di ricordare "con affetto" la memoria della duchessa di Kent, nata Katharine Lucy Mary Worsley, che si è convertita al cattolicesimo nel 1994.

"Mi ha rattristato sapere oggi della morte di Sua Altezza Reale, Caterina, Duchessa di Kent", ha dichiarato il Cardinale Nichols, presidente della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles.

"Ricordo con affetto la sua presenza nella nostra comunità, in particolare la sua partecipazione al pellegrinaggio a Lourdes, così come la sua vita di servizio pubblico", ha detto il cardinale Nichols.

Preghiere della comunità cattolica

"Ho scritto a Sua Altezza Reale il Duca di Kent e gli ho assicurato le preghiere della comunità cattolica in Inghilterra e Galles", ha continuato il cardinale. "Preghiamo affinché Dio accolga la sua anima in cielo, come promesso da nostro Signore Gesù Cristo. Possa Caterina riposare in pace e risorgere nella gloria".

La Duchessa è stata accolta nella fede dal Cardinale Basil Hume nel 1994 in una cerimonia privata nella Cattedrale di Westminster. Già negli anni '80 si era parlato di una sua possibile conversione al cattolicesimo. È stata la prima reale britannica ad aderire alla fede cattolica dal 1685.

La Duchessa di Kent partecipa ai Childline Awards del 1995 (Foto di OSV News/Reuters).

Un cattolico attivo e impegnato

Da quel momento in poi, la Duchessa di Kent divenne una cattolica attiva e impegnata, aiutando spesso i malati e gli anziani nei pellegrinaggi al santuario mariano di Lourdes in Francia, ad esempio.

È diventata patrocinatrice dei Samaritani, un'associazione di beneficenza il cui scopo è fornire sostegno emotivo a chiunque si trovi in una situazione di disagio emotivo. e in difficoltà o a rischio di suicidio in tutto il Regno Unito e in Irlanda. 

Ha anche seguito un corso di formazione di 10 settimane per poter fare turni di quattro ore per assistere persone sull'orlo del suicidio. Ha anche sostenuto "The Passage", un'associazione di beneficenza gestita dalla Chiesa cattolica per i senzatetto.

La Duchessa ha usato raramente il titolo di Altezza Reale e ha preferito sempre più l'anonimato ai doveri reali. Alla fine è scomparsa dalla vita pubblica, scegliendo invece di insegnare in una scuola elementare di Hull, nel nord dell'Inghilterra, dal 1996 al 2004.

Spinta dall'amore per la musica e per i bambini".

"Faceva viaggi settimanali di 400 miglia per insegnare, spinta dall'amore per la musica e per i bambini", si legge nel necrologio della sua associazione, Future Talent.

"Volutamente discreta, era conosciuta semplicemente come 'signora Kent', e i suoi alunni e i loro genitori non sapevano chi fosse in realtà", ha dichiarato l'associazione.

La morte della Duchessa è stata annunciata "con profondo rammarico" da Buckingham Palace in una dichiarazione ai media il 5 settembre.

Il comunicato afferma che la Duchessa "si è spenta serenamente" a Kensington Palace, la sua residenza londinese, "circondata dalla sua famiglia".

La nota aggiunge che Re Carlo III e la Regina Camilla, e "tutti i membri della Famiglia Reale, si uniscono al Duca di Kent, ai suoi figli e nipoti nel piangere la sua perdita. E per ricordare con affetto la dedizione di tutta la vita della Duchessa a tutte le organizzazioni a cui era associata, la sua passione per la musica e la sua empatia per i giovani".

Il Presidente Nelson Mandela cammina mano nella mano con la Duchessa di Kent durante una conferenza stampa presso gli Union Buildings di Pretoria, in questa foto di file (Foto OSV News/Reuters).

Sepoltura il 16 settembre a Windsor

Il 6 settembre, Buckingham Palace ha dichiarato che la duchessa sarà sepolta a Windsor dopo un servizio di requiem il 16 settembre nella Cattedrale di Westminster a Londra.

Il comunicato afferma che inizialmente la bara della Duchessa "riposerà nella cappella privata di Kensington Palace", prima di essere trasferita con un carro funebre alla cattedrale il 15 settembre, dove "si svolgeranno il Rito dell'Accoglienza e i Vespri".

La bara riposerà per tutta la notte nella Cappella della Vergine e il Re, la Regina e altri membri della Famiglia Reale si uniranno ai lutti per il funerale il giorno successivo.

Il cardinale Nichols presiederà i funerali

Secondo i media britannici, il cardinale Nichols presiederà i funerali, ai quali parteciperà anche il decano anglicano di Windsor.

La Duchessa proveniva da una famiglia benestante, ma non aristocratica, e divenne la prima persona non titolata a sposare un membro della famiglia reale britannica dal periodo dei Tudor. Sposò Edoardo, duca di Kent e cugino della regina Elisabetta II, nel 1961.

Il primo figlio, George, nasce nel 1962, seguito da Helen nel 1964 e da Nicholas nel 1970. Nel 1975, contrasse il morbillo durante la gravidanza e abortì il quarto figlio su consiglio del medico e dopo aver consultato le autorità religiose anglicane.

La vita umana, un dono di Dio

L'esperienza ebbe un profondo impatto sulla sua vita e nel 1977 non poté intervenire al Congresso britannico delle ostetriche. Invece, il testo fu letto in sua vece", ha scritto il Telegraph nel suo voluminoso necrologio della duchessa.

Nel suo discorso ha espresso l'opinione che la vita umana sia un dono di Dio e ha elogiato il movimento pro-vita.

Due anni dopo ha perso il suo quinto figlio, il piccolo Patrick, che è nato morto. "Ha avuto un effetto devastante su di me", ha dichiarato in seguito la BBC. 

 "Ho sofferto di depressione acuta per un po' di tempo. Credo che sarei una persona piuttosto strana se non avessi ceduto in quelle circostanze", ha detto.

Per decenni è stato considerato un faro di empatia.

Per decenni, tuttavia, la Duchessa è stata considerata un vero e proprio faro di empatia e associata all'annuale torneo internazionale di tennis di Wimbledon, a Londra. Ha presentato il Trofeo di singolare femminile dal 1976 al 2001 in tutte le occasioni tranne tre.

Un esempio divenuto iconico è stato quello in cui, nel 1993, la Duchessa di Kent ha confortato un'affranta Jana Novotna, una tennista ceca che aveva perso la finale, semplicemente abbracciandola. 

Le sopravvivono il marito e i tre figli, il più giovane dei quali, Nicholas, l'ha seguita nella fede cattolica nel 2001.

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Simon Caldwell scrive per OSV News da Liverpool, Inghilterra. 

Queste informazioni sono state pubblicate originariamente su OSV News. È possibile leggerle all'indirizzo qui.

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L'autoreOSV / Omnes

Più aerei vengono riempiti, più culle vengono svuotate.

Dal 1964, il turismo internazionale ha continuato a crescere mentre il tasso di natalità mondiale si è dimezzato.

12 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Il turismo internazionale presenta un'elevata correlazione inversa con i tassi di natalità. La correlazione non implica una causalità, ma un'ipotesi plausibile è che la massificazione del turismo sia in gran parte dovuta al fatto che le persone hanno smesso di avere figli e hanno meno costi fissi.

Secondo l'Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 2024 gli arrivi turistici internazionali raggiungeranno 1,465 miliardi, lo stesso livello del 2019 in numeri assoluti, con una crescita annuale composta di 4,5% tra il 1964 e il 2024, molto superiore alla crescita del PIL mondiale in dollari costanti e pro capite, che dal 1964 è cresciuto a un tasso annuale composto di circa 2,0%.

In percentuale sulla popolazione, i turisti che viaggiano a livello internazionale rappresentavano 3,20 % della popolazione globale nel 1964, mentre nel 2024 rappresenteranno 17,95 % (ancora leggermente al di sotto del 2019).

Pertanto, né la crescita della ricchezza pro capite né quella della popolazione possono spiegare l'enorme crescita del turismo negli ultimi 60 anni. Devono esserci altri fattori. La mia ipotesi è che uno dei più importanti, se non il più importante, sia il calo della natalità.

Secondo la Banca Mondiale, il tasso di fertilità mondiale nel 1964 era di 5,13 figli per donna. Da allora è crollato a 2,2 figli per donna nel 2023, ed è inferiore a 2 figli per donna se si esclude l'Africa subsahariana, dove le donne hanno ancora, grazie a Dio, 4,4 figli in media. In Spagna il tasso è di 1,12 figli per donna, in Italia di 1,18, negli Stati Uniti di 1,62, in Giappone di 1,20 e in Corea del Sud di 0,72.

Dobbiamo fare qualcosa per invertire la tendenza alla diminuzione del tasso di natalità, soprattutto nel mondo sviluppato. Altrimenti, settori come il turismo continueranno a crescere, ma sempre più in "modalità Imserso", per poi declinare e scomparire rapidamente.

Preparato da José Gefaell
L'autoreJoseph Gefaell

Analista. Scienza, economia e religione. Cinque figli. Banchiere d'investimento. Profilo su X: @ChGefaell.

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Cinema

"Luce del mondo": un film evangelico da vedere con i bambini

"Light of the World" è un film evangelico d'animazione che combina narrazione catechetica e sfumature evangeliche ed è destinato ai preadolescenti e alle loro famiglie.

OSV / Omnes-12 settembre 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Di John Mulderig, Notizie OSV

"Light of the World" (Salvation Poem Project), una storia evangelica animata, è un ottimo veicolo per trasmettere il suo messaggio centrale in modo facile da digerire. Sebbene il film includa materiale troppo spaventoso per i bambini più piccoli, il suo pubblico ideale è quello dei bambini più grandi.

Narrato dal punto di vista di un giovane Giovanni Evangelista (doppiato da Benjamin Jacobson), questo viaggio generalmente spensierato attraverso la storia della salvezza ha necessariamente dei momenti più seri. Tra questi, un breve flashback sulla caduta di Adamo ed Eva e scene che descrivono la natura oppressiva del dominio romano in Terra Santa nel I secolo.

In questo contesto storico, Giovanni - un ragazzo benintenzionato ma impulsivo e irascibile - subisce una conversione quando subisce l'influenza di Gesù (voce di Ian Hanlin). Diventato uno dei Dodici, assiste ai miracoli del Messia promesso e prende sul serio i suoi insegnamenti, alcuni dei quali sono trasmessi in parabole.

Fin dall'inizio, i genitori e il fratello di John, James (voce di Dylan Leonard), Salomè (voce di Erin Mathews) e Zebedeo (voce di Dave Pettitt), rappresentano rispettivamente gli opposti polari della fede salda e dello scetticismo, con John che a volte è incerto su quale dei loro esempi seguire (attenzione: vince la mamma).

La teologia alla base del dramma accattivante e ricco di humour dei registi John J. Schafer e Tom Bancroft è frammentaria dal punto di vista cattolico. Pietro (doppiato da Sam Darkoh) viene presentato, anche se di sfuggita, come la roccia su cui si appoggerà Gesù. E la sua riconciliazione con il Salvatore dopo la Resurrezione, che guarisce la ferita del suo rinnegamento di Gesù, è rappresentata in modo silenzioso ma efficace.

Anche la Vergine Maria (doppiata da Rebekah Schafer) è al centro della scena, dotata di un'intuizione superiore a quella di chi la circonda e più coraggiosa di altri di fronte alla condanna di Gesù alla croce. Un dipinto struggente che ricorda la Pietà di Michelangelo segue la sua morte.

Tuttavia, secondo la sceneggiatura di David e Drew Armstrong, il film ha un forte carattere evangelico. Di conseguenza, i sacramenti ricevono poca attenzione. L'istituzione dell'Eucaristia nell'Ultima Cena, ad esempio, è quasi informale, poiché gli Apostoli non condividono il pane e il calice dati loro da Gesù, ma consumano porzioni di pane e vino già presenti al loro posto.

Per quanto riguarda il battesimo, la situazione è più complessa. Giovanni Battista (voce di Jesse Inocalla) è un personaggio importante nella narrazione (in una battuta ricorrente, la sua eccentrica passione per il mangiare insetti disgusta sia il giovane Giovanni che Gesù). E il rituale di purificazione da lui praticato è accuratamente descritto come simbolico, non sacramentale.

Ma il fatto che Gesù abbia finalmente elevato il battesimo al rango di sacramento e lo abbia stabilito come porta d'accesso alla nuova alleanza nel suo sangue viene ignorato. Invece, la recita della preghiera poetica da cui prende il nome la casa di produzione del film viene mostrata, in una scena culminante, come la chiusura del desiderio di un personaggio di convertirsi al cristianesimo.

I genitori potrebbero considerare queste lacune come base per una conversazione in famiglia. Vale anche la pena di tenere presente, in anticipo, che la Passione è descritta in modo troppo grafico per i bambini più piccoli. Tuttavia, il risultato finale è che, nel complesso, "Luce del mondo" può essere un valido strumento di catechesi e una piacevole esperienza visiva per i preadolescenti e i loro coetanei.

Il film contiene scene di sofferenza e morte e personaggi in pericolo. La classificazione di OSV News è A-II (per adulti e adolescenti). La classificazione della Motion Picture Association è PG (PG-rated); si raccomanda la supervisione dei genitori. Alcuni materiali possono essere inappropriati per i bambini.

L'autoreOSV / Omnes

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Libri

Israele e Palestina. La storia di un conflitto senza fine

Il libro di Eduardo Baura su Israele e Palestina spiega in modo chiaro e non di parte le radici storiche, religiose e politiche del confronto, dalle origini bibliche ai giorni nostri.

Álvaro Gil Ruiz-12 settembre 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

È raro il giorno in cui non si ha notizia dell'interminabile conflitto tra Israele e Palestina. Una realtà ingarbugliata dai rami di questa "fitta foresta" in Medio Oriente, che genera confusione, rifiuto e compassione. E che inevitabilmente fa precipitare molti da una parte o dall'altra - pochi vengono risparmiati - a causa della conoscenza distorta e slegata che abbiamo di questa realtà. Poiché i "capitoli" di questa "serie" senza stagione finale non seguono l'ordine previsto per raggiungere la pace, ma l'ordine dettato dall'odio e dalla vendetta, e dal desiderio di raggiungere i propri obiettivi.

È anche raro, forse non quanto la "storia infinita" di questa lotta armata, trovare una persona che conosca questa complessa realtà e che sappia spiegarla in modo sintetico e, per di più, non di parte. Ecco perché il libro "Israele e Palestina. La historia de un conflicto interminable" di Eduardo Baura García, pubblicato da Ediciones Ciudadela, è una meravigliosa e preziosissima novità. Come si può sintetizzare una realtà così complessa in modo così fortunato? Qual è la chiave per chiarire i fatti più fondamentali che hanno portato a questo "vespaio semitico"? Sta nella conoscenza e nella capacità di comunicazione dell'autore.

Baura (Madrid, 1986) si è laureato in Lettere, ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia medievale presso la CEU San Pablo ed è anche assistente alla cattedra di Storia contemporanea presso la stessa università. Ha conseguito tre master su argomenti diversi in varie università ed è autore di numerose pubblicazioni. In questo libro dimostra la sua profonda conoscenza di questo argomento di attualità e le sue capacità pedagogiche per spiegarlo in modo chiaro e diretto. La sua penna è leggera, il che rende il libro una lettura agile, piacevole ed essenziale, ideale per ogni momento.

Struttura del lavoro

Si parte dai racconti biblici che ci permettono di capire l'origine dei popoli semiti, in particolare degli ebrei e degli arabi. E della legittimità che entrambi sostengono per rivendicare questo territorio come proprio fin dai tempi antichi.

Continua spiegando come, curiosamente, le religioni monoteiste siano intimamente legate alla leggendaria Città Santa (Gerusalemme), in modo triplice. Per i cristiani, è il luogo in cui Gesù Cristo, il Figlio di Dio, fu torturato e ucciso sulla croce. È anche santa per gli ebrei, perché è la terra promessa da Dio ad Abramo e perché è il luogo in cui si trova la roccia dove egli quasi sacrificò suo figlio Isacco, sul Monte Moriah. Ed è sacra anche per i musulmani, perché accanto a questa roccia, che si trova all'interno della Cupola della Roccia (nella Spianata delle Moschee, dove si trova anche la famosa Moschea di Al-Aqsa), si trova il luogo in cui, secondo la tradizione islamica, Maometto salì al cielo su un cavallo alato, il Buraq. 

Ma la maggior parte del libro si concentra sull'inizio dell'interminabile conflitto, quando gli Ottomani persero la Palestina a favore degli inglesi dopo la Prima guerra mondiale. E presta attenzione anche allo sviluppo, dopo molte azioni politiche, militari e di altro tipo, del movimento sionista. Questa lobby chiedeva una nazione per gli ebrei, sulla scia dei movimenti antiebraici che avevano avuto luogo soprattutto in Europa negli ultimi decenni del XIX secolo e nei primi decenni del XX secolo.

Movimento sionista

Questo movimento politico-culturale riuscì a portare la Palestina sotto il nome di Israele. Era il 15 maggio 1948, sotto l'impulso del suo primo presidente, David Ben-Gurion. Con il passare del tempo, questa nazione mediorientale è riuscita ad ottenere l'accesso al Mediterraneo e al Mar Rosso, quasi 10 milioni di abitanti, 22.000 chilometri quadrati, dove vivono arabi musulmani, cristiani, drusi e samaritani. Considerano Gerusalemme la loro capitale, anche se il centro finanziario è a Tel Aviv-Yafo e il più grande centro industriale è a Haifa. Le principali fonti di finanziamento del Paese sono la produzione di diamanti tagliati e lucidati, la fabbricazione di chip e altri prodotti. Il Paese è noto anche per il turismo. 

La disputa di Israele con la Palestina (prevalentemente araba) sullo stesso territorio, che si limita alla Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e alla Striscia di Gaza (non si sa per quanto tempo), rende questo luogo un "vespaio", poiché la disputa ha dimensioni internazionali, a causa del sostegno che riceve dai Paesi che difendono gli interessi di ciascuna parte. 

La conclusione dell'autore è chiara: questo conflitto ha una soluzione difficile o impossibile in modo giusto e quindi lo rende interminabile. Alla fine del libro, fornisce un elenco di saggi, romanzi, film, documentari e serie che facilitano l'approfondimento di questa realtà. 

Israele e Palestina. La storia di un conflitto senza fine

AutoreEduardo Baura García
Editoriale: Cittadella
Anno: 2025
Numero di pagine: 208
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Spagna

Una fede silenziosa: i cattolici cinesi in Spagna

Anche se invisibili a molti, i cattolici cinesi in Spagna vivono una fede vibrante, con comunità giovani, attive e impegnate. La loro testimonianza discreta, forgiata nella persecuzione e ora vissuta in libertà, è un seme di speranza per la Chiesa.

Javier García Herrería-12 settembre 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Anche se molti non se ne accorgono, la comunità cattolica cinese in Spagna rappresenta una realtà sorprendentemente attiva e profondamente impegnata. In mezzo a una diaspora caratterizzata da duro lavoro e discrezione, si stima che ci siano circa 2.000 cattolici cinesi nel Paese, di cui circa 1.500 sono praticanti regolari, secondo diversi sacerdoti che accompagnano queste comunità.

Lontana dagli occhi del pubblico, questa Chiesa fiorisce dall'interno: catechesi, ritiri e celebrazioni eucaristiche tessono una rete di fede che unisce diverse generazioni, molte delle quali già nate in Spagna.

Celebrazione del Giubileo ad Almudena

Domenica 25 maggio 2025, nella Cattedrale dell'Almudena di Madrid, si è svolta un'imponente Eucaristia in occasione del Giubileo della Speranza delle comunità cattoliche cinesi in Spagna. Presieduta da Mons. Vicente Marín, vescovo ausiliare di Madrid, e concelebrata da diversi sacerdoti cinesi, è stata un momento di profonda comunione.

Dalle 11 del mattino, i fedeli sono arrivati da ogni parte del Paese: Valencia, Barcellona, Bilbao, Maiorca, Saragozza, oltre alle comunità di Madrid. La liturgia, vissuta con grande raccoglimento, è stata espressione di unità e diversità.

Il coro cinese ha stupito il pubblico. "Non sono un esperto di musica, ma quel coro era la traduzione cinese del gregoriano".ha commentato uno dei partecipanti. La precisione, l'armonia e la spiritualità hanno creato un'atmosfera unica. E il silenzio riverente dei fedeli - soprattutto dei bambini - ha colpito tutti.

Storie di fede e coraggio

Tra i presenti c'erano Anna e Maria, accompagnate dalla madre Teresa. La loro famiglia, segnata dalla fede in tempi di persecuzione, ha vissuto una storia commovente. Il nonno, ex funzionario comunista, si convertì dopo un'esperienza spirituale legata alla sua malattia. Sua sorella, commossa da un messaggio interiore attribuito alla Madonna, promise di convertire il suo popolo se il fratello fosse guarito. E così accadde.

Teresa, la figlia del malato, ha vissuto in clandestinità per mesi per avere un secondo figlio in piena politica del figlio unico. In seguito, emigrarono in Spagna, dove la famiglia ha continuato a vivere e a trasmettere liberamente la propria fede.

Presenza in crescita: nove comunità 

Attualmente ci sono nove comunità cattoliche cinesi attive in Spagna, a Valencia, Maiorca, Bilbao, Saragozza, Tenerife e Barcellona. A Madrid ci sono altre tre comunità: a Usera, Santa Rita e Parla, quest'ultima nella diocesi di Getafe.

Il lavoro pastorale specifico a Madrid è iniziato nel 2007, quando il crescente numero di fedeli cinesi ha portato all'avvio di attività a Santa Rita, una parrocchia gestita dagli Agostiniani Recolletti. I primi responsabili sono stati padre José Yan Tao e successivamente padre Juan María Guo Kun Peng. Da allora, la Messa in cinese viene celebrata settimanalmente e viene mantenuto un programma costante di attività.

Nella diocesi di Getafe, più di cento fedeli fanno parte di questa realtà. Nella parrocchia dei Santi Justo e Pastor a Parla, tra le quaranta e le cinquanta persone partecipano alla Messa delle 20.00 di ogni sabato. Vi si svolgono anche catechesi in cinese per bambini, giovani e adulti, con il supporto di due Suore degli Angeli Custodi, parte fondamentale della cura pastorale. Tuttavia, molti saranno sorpresi di sapere che Maiorca e Valencia sono le due parrocchie con il maggior numero di fedeli e di attività. 

La parrocchia di Usera

La pastorale cinese nel quartiere madrileno di Usera si è consolidata grazie alla visione dell'allora parroco Daniel Rodríguez. Egli contò innanzitutto sull'aiuto del religioso Pablo Liu, che per alcuni anni aiutò a organizzare le celebrazioni e le attività.

Col tempo, la necessità di una dedizione più stabile divenne evidente, e così arrivò il sacerdote Pedro Liu (non parente di Pablo), formatosi al seminario Redemptoris Mater di Madrid. Fu vicario parrocchiale per diversi anni e sotto la sua guida la comunità crebbe notevolmente. Anche se ora si trova in un'altra parrocchia, il lavoro che ha lasciato ha dato frutti duraturi in una comunità viva e in via di sviluppo.

Dalla clandestinità alla libertà religiosa

Molti dei cattolici cinesi in Spagna provengono dalla Chiesa clandestina, non riconosciuta dal regime del loro Paese. Due sacerdoti di Getafe, ad esempio, sono stati formati in seminari nascosti prima di essere inviati in Spagna. Uno di loro ricorda come la sua famiglia abbia abbracciato la fede dopo la guarigione miracolosa di suo padre. Battezzato nel 1987, ha vissuto una vocazione che lo ha portato dalla sua diocesi in Cina a servire oggi i connazionali in terra spagnola. 

La maggior parte delle famiglie cinesi in Spagna sono giovani. Molti bambini sono nati qui o sono arrivati da piccoli. Mentre i bambini parlano correntemente lo spagnolo, i loro genitori a volte lo parlano a malapena, il che crea una sfida linguistica e culturale nella vita quotidiana e nella cura pastorale.

Infatti, non è raro che i sacerdoti facciano da ponte, accompagnando i genitori alle riunioni scolastiche, traducendo, organizzando aiuti e sostenendo le questioni sanitarie. Sono pastori e mediatori culturali allo stesso tempo.

Fede vissuta in comunità

Oltre alla Messa e alla catechesi, le comunità organizzano attività che rafforzano i legami tra i loro membri: escursioni mensili, incontri giovanili e ritiri spirituali. A Parla, ad esempio, ci sono 18 adolescenti completamente integrati. Molti studiano in scuole cattoliche come la Juan Pablo II o la Santiago Apóstol.

A partire dai 16 anni, molti giovani iniziano a lavorare in estate, il che rende difficile la loro partecipazione. Nonostante ciò, rimangono legati alla comunità e frequentano la catechesi quando possono.

La scorsa estate, più di 40 bambini di Madrid e Saragozza hanno partecipato a una settimana di campo. Per quest'anno, uno dei sacerdoti ha programmato un campo urbano per tutto il mese di luglio, dal lunedì al venerdì, con orario prolungato fino alle cinque del pomeriggio. Una valida alternativa per i bambini i cui genitori non possono andare in vacanza.

Evangelizzare attraverso l'amicizia

Evangelizzare tra i cinesi, soprattutto quelli del Fujian, non è facile. Sono culturalmente riservati e poco aperti alla religione. "Prima di tutto bisogna fare amicizia e avere fiducia in loro".spiega un sacerdote. Tuttavia, nonostante le difficoltà, ogni anno si registrano conversioni. A Valencia, ad esempio, vengono battezzati circa venti adulti all'anno. In altre comunità, i numeri sono più modesti ma costanti.

Il passaparola è fondamentale: i nuovi arrivati arrivano su invito di un amico e molti restano grazie al calore della comunità.

Impegno deciso e costante

A differenza di molte parrocchie spagnole, dove la frequenza cala, in queste comunità fino all'80 % dei fedeli partecipa regolarmente alla Messa. Chi è assente viene contattato e incoraggiato a tornare. Questa vicinanza pastorale rafforza l'impegno.

Uno dei grandi problemi nel partecipare alla Messa domenicale è il lavoro nel fine settimana. Infatti, nel grande complesso di distribuzione di prodotti provenienti dalla Cina a Madrid, la famosa zona industriale Cobo Calleja, ogni domenica c'è un'Eucaristia in una sala del magazzino. Alcuni lavoratori vi partecipano durante una pausa del lavoro. 

Una Chiesa tra le culture

I cattolici cinesi in Spagna vivono tra due lingue, due culture e due mondi. Ma nella parrocchia tutto si unisce: bambini che parlano a malapena il cinese, genitori che capiscono a malapena lo spagnolo... e il Vangelo come luogo di incontro.

Queste comunità sono una testimonianza silenziosa di fedeltà, sacrificio e speranza. Una Chiesa che, sebbene piccola, è grande nella fede. Una Chiesa che sta crescendo. Molti hanno conosciuto la fede in contesti di persecuzione e la loro testimonianza è profonda. Inoltre, l'assenza di anziani - che spesso rimangono in Cina - fa sì che queste comunità siano composte principalmente da giovani famiglie.

La diversità ecclesiale al servizio della missione

Le comunità cinesi sono aiutate da diversi carismi. Oltre ai sacerdoti cinesi, le suore domenicane, le suore dell'Istituto del Verbo Incarnato e le agostiniane recollette collaborano con loro nella catechesi, nella formazione e nella liturgia.

La Messa del Giubileo non è stata solo una celebrazione, ma un richiamo visibile alla cattolicità della Chiesa. Un corpo vivo, diverso e unito nella fede. Una testimonianza che sfida. E un invito a guardare con speranza al futuro della Chiesa in Spagna.

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America Latina

La Chiesa respinge la legge sull'eutanasia in Cile

La Commissione Sanità del Senato approva la legge sull'eutanasia; la Chiesa cattolica ribadisce il suo rifiuto e chiede la tutela della vita

Pablo Aguilera-11 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 9 settembre, la Commissione Sanità del Senato cileno ha approvato la legge sull'eutanasia inviata dal governo; 2 senatori di sinistra e 1 indipendente hanno votato a favore e 2 senatori di destra hanno votato contro. La legge passerà ora all'aula per il voto di tutti i senatori.

Nelle settimane precedenti, diversi esperti hanno parlato davanti alla Commissione. Il cardinale Fernando Chomalí, arcivescovo di Santiago, accompagnato da monsignor Juan Ignacio González, vescovo di San Bernardo, ha presentato la posizione della Chiesa cattolica.

Il giorno dopo il voto, il Comitato permanente della Conferenza episcopale cilena ha rilasciato una dichiarazione. Si inizia ricordando le parole di San Giovanni Paolo II: "L'eutanasia rimane un atto inammissibile, anche in casi estremi, poiché costituisce "una grave violazione della Legge di Dio, in quanto è un'eliminazione deliberata e moralmente inaccettabile di una persona umana". Questa dottrina si basa sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta; è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal Magistero ordinario e universale" (Evangelium Vitae, n. 65).

Ricordano che "la scienza medica e l'esperienza legislativa di altre nazioni hanno avvertito - sulla base della realtà di ciò che è accaduto - che l'apertura legale all'eutanasia porta sempre a un progressivo ampliamento delle cause ammesse, conducendo infine alla cosiddetta medicina del desiderio, dove il valore della vita è misurato dall'utilità o da una decisione personale".

I vescovi confidano nella saggezza del Senato e nella sua responsabilità di proteggere la vita e sperano che la legislazione che consente l'eutanasia non venga approvata.

Nelle prossime settimane è prevista una votazione su questa legge al Senato, il cui esito è incerto.

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Evangelizzazione

Nostra Signora di Coromoto, patrona del Venezuela

L'11 settembre è il giorno dell'incoronazione di Nostra Signora di Coromoto, Regina e Patrona principale del Venezuela, consacrata da Pio XII nel 1952. Questo avvenne solo 300 anni dopo la sua apparizione al capo indigeno Coromoto e a sua moglie. Il 10 febbraio 1996, San Giovanni Paolo II ha inaugurato il santuario in Venezuela nel luogo delle apparizioni.

Francisco Otamendi-11 settembre 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Nostra Signora di Coromoto è la patrona del Venezuela, venerata nella città di Guanare, dove apparve l'8 settembre 1652, e in tutto il Paese. I venezuelani la celebrano più volte all'anno. Ogni 2 febbraio (festa della Presentazione del Signore), 8 settembre (Natività della Vergine Maria) e 11 settembre (giorno centrale).

Quando Guanare fu fondata nel 1591, gli abitanti indigeni della regione, i Cospes, fuggirono nella giungla a nord della città. Si sostiene che questo abbia reso difficile la evangelizzazione che la Chiesa aveva intrapreso nella regione. Un giorno, nel 1561, il capo indigeno Coromoto e sua moglie stavano attraversando un ruscello. Videro una Signora di straordinaria bellezza che disse loro nella loro lingua: "Andate a casa dei bianchi e chiedete loro di versare dell'acqua sulla vostra testa, così potrete andare in paradiso".

Comunità indiana di Cospes

Secondo la storia, la Beata Vergine apparve a diversi indiani in giorni diversi e ai loro figli quando andavano a prendere l'acqua. Dopo diversi vicissitudiniCoromoto fu battezzato. E i Cospes formarono una comunità di fedeli, accompagnati per anni da un frate cappuccino di nome José de Najera.

Il 7 ottobre 1944, Papa Pio XII ha dichiarato Nostra Signora di Coromoto "Patrona della Repubblica del Venezuela". La sua incoronazione canonica ebbe luogo l'11 settembre 1952, in occasione del terzo centenario dell'apparizione. Il Santuario nazionale della Vergine di Coromoto è stato dichiarato basilica dallo stesso Papa il 24 maggio 1949.

San Giovanni Paolo II: "Nostra Signora di Coromoto, prega per il Venezuela!". 

Il 10 febbraio 1996, San Giovanni Paolo II ha inaugurato il Santuario Nazionale di Nostra Signora di Coromoto, costruito sul luogo delle apparizioni. Il santuario si trova nella parrocchia di "Virgen de Coromoto" (Guanare). Quel giorno, il Papa polacco pregato alla Madonna in questo modo.

"Tu sei l'orgoglio del nostro popolo! Nei numerosi santuari mariani che vengono eretti in tanti luoghi della terra, ripetiamo queste parole del libro di Giuditta, per esprimere la nostra gioia, perché la Madre di Dio ha stabilito la sua dimora tra il suo popolo. Oggi queste parole sono pronunciate dagli abitanti del Venezuela, che proprio qui a Coromoto si uniscono per venerarla come Patrona del Venezuela". Nostra Signora di Coromoto, prega per Venezuela e per l'America cattolica!

L'autoreFrancisco Otamendi

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Evangelizzazione

Le sorprendenti proposte del filosofo Byung-Chul Han sulla difficoltà di pregare

Il filosofo tedesco Byung-Chul Han (1959), nato in Corea del Sud, è stato insignito a maggio del Premio Principessa delle Asturie 2025 per la comunicazione e le scienze umane. En ottobre viene lanciato "Su Dio". Vediamo alcune delle sue proposte sulla società di oggi e sulla preghiera.

Francisco Otamendi-11 settembre 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Considerato uno dei più importanti filosofi contemporanei, il pluripremiato Byung-Chul Han ha dedicato alcune delle sue riflessioni in particolare a quella che chiama "società della stanchezza" o "società della trasparenza". La Giuria Il Premio Principessa delle Asturie ha evidenziato la sua "brillantezza nell'interpretare le sfide della società tecnologica". 

In effetti, uno dei principali punti di interesse per i suoi seguaci è che nei libri precedenti aveva fatto riferimento a Dio, ma non in modo del tutto esplicito. Tuttavia, la pubblicazione Sprechen Über Gott" (Sprecare su Gott) (Parlare di Dio), di Matthes & Seitz Berlin, è in linea con il titolo. Y Su DioQuello che è già in prevendita da Paidós, anche in spagnolo.

L'analisi della società odierna e le proposte offerte dal filosofo Han, basate sul pensiero di Simone Weil e che combinano la saggezza orientale, sono sorprendenti. Simone Weil è, secondo Byung-Chul Han, la figura intellettuale più brillante del XX secolo. Il pensatore sudcoreano si affida alla filosofa francese come "bussola etica e spirituale per il nostro tempo, di fronte a un mondo dominato dalla performance, dal consumo e dall'iperattività". 

Riscoprire il silenzio, la trascendenza...

Han e Weil ci invitano quindi a "riscoprire il vuoto, il silenzio, l'attenzione e la trascendenza come forme di vita possibili e necessarie", in una misura che rischia di analisti della loro evoluzione, o di altre studiosinon sospettavano, o forse sì...

Uno dei primi autori a commentare le riflessioni di Byung-Chul Han è stato il filosofo e professore dell'Università Complutense, José María Barrio. A suo avviso, Han realizza "uno dei migliori ritratti del nostro tempo, nonché una medicina per i suoi lati più vulnerabili. Raccoglie il meglio della saggezza orientale per purificare le nostre ferite post-cristiane".

D'altra parte, il laureato in filosofia e ricercatore di Nietzsche Iván Campillo commenta gli ultimi contributi di Han con alcuni videoche "non sostituiscono l'opera originale, ma sono solo un complemento alla lettura". 

Alcune riflessioni di Byung-Chul Han

L'esposizione del filosofo Han è descritta in sette concetti fondamentali, secondo "Sprechen Über Gott" (Parlare di Dio). Secondo l'indice, si tratta di sette punti, preceduti da un prologo, che compaiono anche in "Su Dio". Essi sono i seguenti: Attenzione, Non creazione, Vuoto, Silenzio, Bellezza, Dolore, Inattività e Note.

In queste righe presentiamo brevi citazioni, non complete, dall'edizione tedesca, con la nostra traduzione, e qualche commento sul tema scelto, che è la difficoltà di pregare. Di conseguenza, ci concentriamo sul primo punto: l'attenzione, e su alcune idee aggiuntive, sempre secondo Byung-Chul Han (e Simone Weil).

30 idee. Attenzione a 

1) Qualche tempo fa, "Simone Weil (SW) si è insediato in me. Si è insediato nella mia anima.

2) (Weil) non legge mai "la storia del fico sterile" senza rabbrividire. 

3) "L'attuale crisi della religione non è semplicemente perché alcuni contenuti della fede hanno perso la loro validità" (...), o perché la Chiesa ha perso ogni fiducia. Piuttosto, ci sono ragioni strutturali (...)". "Tra queste c'è il calo di attenzione".

4) "La crisi della religione è quindi anche una crisi di attenzione, una crisi della vista e dell'udito".

5) "La percezione è diventata estremamente vorace. Manca di ogni ampiezza contemplativa. Mangia continuamente.

6) "Il consumo è il loro atteggiamento di base. Binge watching" è un'espressione appropriata della loro voracità.

7) "Solo l'anima che digiuna può guardare (...) La parte eterna dell'anima si nutre della fame". 

8) "La fame dell'anima è dura da sopportare, ma non c'è altro rimedio per la malattia".

9) "L'attenzione contemplativa è essenziale per guardare". Contemplare le cose senza volersene appropriare. Chi è capace di guardare si svuota".

10) Secondo Simone Weil, è l'immaginazione che, al servizio dell'io, sogna costantemente il cibo, assoggettando le cose ai bisogni, ai desideri e agli interessi dell'io. 

11) "L'immaginazione, come 'gravità', acceca l'anima al vero rapporto tra le cose (...) Impedisce all'anima di elevarsi verso il trascendente"....

12) L'attenzione religiosa è "guardare" e non "cercare", non "aggrapparsi". Forse è per questo che stringiamo le mani quando preghiamo.

Digitalizzazione

13) "La digitalizzazione accelera enormemente la disponibilità totale della realtà. Ci abitua ad avere tutto immediatamente disponibile, accessibile, prevedibile e consumabile.

14) Atteggiamenti mentali come l'attesa o la pazienza, che permetterebbero di accedere all'inaccessibile, cadono in disuso.  

15) L'informazione come stimolo frammenta l'attenzione. L'attenzione profonda è resistente agli stimoli e addirittura li rifiuta. Assomiglia a una preghiera: "Con la pienezza dell'attenzione si può pensare solo a Dio". 

Distratto

16) "Siamo costantemente distratti (...) Solo con la costante distrazione Dio ci ha abbandonato: "Dio è attenzione non distratta". Se non fossimo distratti, saremmo con Dio". 

17) L'odierna società dipendente è "una società senza attenzione". La percezione è controllata dalla dipendenza e dalla dopamina. La dipendenza e l'attenzione sono forze opposte. 

18) "I social network utilizzano algoritmi di dipendenza per rendere le persone dipendenti, controllarle e indirizzarle. Lo smartphone è una macchina per la dipendenza digitale.

19) "L'attenzione profonda e contemplativa è rivolta a ciò che è duraturo, a ciò che rimane e resiste".

20) Il vero è il duraturo. Il dominio dell'informazione lo distrugge immergendoci in un vortice permanente di attualità. 

21) "Una caratteristica essenziale del bene è che non interrompe l'attenzione come la preghiera. Esiste un solo criterio perfetto del bene e del male: la preghiera interiore ininterrotta".

Il bene, il male 

22) "Il bene è indiretto, discreto, persino timido, mentre il male è invadente. Il male si comporta al contrario. Ci seduce, ci rende dipendenti. Solo l'attenzione può respingerlo.

23) "Il bene unisce e riconcilia, mentre il male separa e divide. Il male è multiforme. Il bene, invece, si basa sull'unica verità".

24) Simone Weil parte dal presupposto che il male o la violenza siano dovuti alla disattenzione: ci sarebbe meno violenza nel mondo se fossimo più capaci di prestare la stessa attenzione alla preghiera.

25) Il mondo intero si è trasformato in un vivace mercato dove tutti gridano per attirare l'attenzione. Il capitalismo non apprezza il silenzio perché il rumore genera capitale, mentre il silenzio non produce profitto.

26) Simone Weil: non c'è felicità paragonabile al silenzio interiore, lo spirito ha bisogno di questo silenzio per poter creare o ricevere qualcosa di totalmente diverso.

Bombardati dal rumore 

27) Non riusciamo a pregare facilmente perché siamo costantemente bombardati dal rumore delle informazioni. I nostri sensi sono in continua voracità, sempre a divorare stimoli. 

28) L'arte nella sua essenza più profonda è un'esperienza religiosa. La bellezza più elevata è in realtà un sacramento. 

La bellezza

29) La bellezza è una prova di Dio molto più forte dei soliti argomenti basati sull'ordine del mondo. 

30) La bellezza come incarnazione di Dio spiritualizza anche la scienza, trasformando lo studio in una forma di preghiera. "Il silenzio che emana da una grande opera d'arte è un'eco del silenzio divino. 

Ricordiamo. La fonte è Byung-Chul Han, "Sprechen über Gott", Matthes & Seitz, 2025. Il libro "Su Dio", delle Ediciones Paidós, è già in prevendita e uscirà in ottobre. Si può chiedere alla Casa del Libro, ecc.

L'autoreFrancisco Otamendi

Per saperne di più
Evangelizzazione

San Giovanni Paolo II e la ricerca della verità, della bontà e della bellezza

Alejandro Pardo, dottore di ricerca in Teologia morale, ha recentemente pubblicato il volume intitolato Sulle orme di Dio nel mondo: San Giovanni Paolo II e la ricerca della verità, della bontà e della bellezza. Cn occasione del 20° anniversario della sua morte, nel 2025, pubblicheremo una serie di articoli sul suo insegnamento.

Alejandro Pardo-11 settembre 2025-Tempo di lettura: 8 minuti

Lo scorso aprile ricorreva il ventesimo anniversario della morte di San Giovanni Paolo II. La sua figura ha lasciato un segno profondo nella storia recente della Chiesa e del mondo. Poeta e drammaturgo, filosofo e teologo, è stato un uomo di straordinaria cultura, un leader morale acclamato e rispettato, un pastore vicino al suo popolo, un testimone vivente della fede incarnata.

Martire in vita, dopo la sua morte la sua fama di santità è esplosa in un'acclamazione popolare senza precedenti, che ne ha richiesto l'immediata elevazione agli altari. Fu beatificato sei anni dopo la morte e canonizzato nel giro di un decennio. Il suo lungo pontificato ha lasciato un vasto corpo di insegnamenti, che sono stati abbondantemente esposti e trattati negli ultimi decenni. Tuttavia, ci sono ancora prospettive da esplorare. Questo articolo ne propone una, presentando questo santo Papa come un promotore della ricerca della verità, del bene e della bellezza come un modo per ricristianizzare la cultura ispirandola a un umanesimo cristocentrico.

Un organo polifonico per una sinfonia antropologica

La figura intellettuale e pastorale di Karol Wojtyła/Giovanni Paolo II ha continuato a crescere nel corso degli anni, come testimoniano le numerose pubblicazioni che continuano ad apparire dopo la sua morte. Il suo impegno principale - prima come sacerdote e professore universitario, poi come pastore della Chiesa universale - si riassume nel dialogo di reciproco arricchimento tra la Rivelazione cristiana e la modernità (o meglio, la post-modernità), soprattutto nei campi dell'antropologia, dell'etica e della cultura. Tale sfida coinciderà pienamente con la preoccupazione espressa, nello stesso senso, dal Concilio Vaticano II, come si evince dai primi numeri della Costituzione pastorale Gaudium et SpesL'allora giovane arcivescovo di Cracovia partecipò attivamente alla sua stesura.

Mosso da questa sfida, Karol Wojtyła si propose di sviluppare un'antropologia personalistica e trascendente che, partendo da una solida base aristotelico-tomista e arricchita da un approccio fenomenologico, rispondesse alle esigenze della modernità - soggettività, libertà e autonomia, coscienza - in una prospettiva cristiana. Su questa base, sviluppò un'etica della persona e della cultura, che rifletteva anche la sua teoria dell'azione umana (la persona si proietta nelle sue azioni; l'azione umana ha un effetto trasformante, cioè umanizzante).

In seguito, durante il suo magistero petrino, continuò il suo impegno a chiarire la realtà cristocentrica dell'uomo e del mondo, proponendo così un umanesimo nuovo e rigenerante, in linea con le direttive dell'ultimo concilio ecumenico.

Semmai, gli studiosi della vita e dell'opera di Wojtyła hanno messo in luce la profonda unità e coerenza di un pensiero, presente in una personalità tanto potente quanto poliedrica: poeta, drammaturgo, filosofo, teologo e pastore. Come scrisse Massimo Serreti nei primi anni del suo pontificato, "questa multiformità di pensiero - abbastanza insolita oggi nel nostro panorama culturale - permette a Wojtyła di avvicinarsi alla verità sull'uomo e alla verità su Dio da piani visivi e angolazioni disparate, ma alla fine sorprendentemente confluenti".

Dello stesso parere è un altro esperto della sua figura, Lluís Clavell, per il quale le opere di Wojtyła "nascono all'interno di un soggetto unico e irripetibile, ma secondo vari registri, come il suono di un organo durante un concerto". È una metafora molto azzeccata. Lo stesso San Giovanni Paolo II la utilizzò in una lettera al professor Giovanni Reale, responsabile dell'edizione critica delle sue opere filosofiche in italiano. In essa difendeva come la verità sull'essere umano e sul mondo possa essere esplorata tanto attraverso l'arte (musica, poesia, pittura) quanto attraverso la riflessione filosofica o teologica, in modo che, tra tutte queste modalità espressive, si possa ottenere "una sorta di singolare "sinfonia" antropologica, in cui la vena ispiratrice che scaturisce dal perenne messaggio cristiano (...) orienta tutte le culture alla maggior gloria di Dio e dell'uomo, inseparabilmente uniti al mistero di Cristo".

E ha aggiunto: "Ringrazio il Signore, che mi ha dato l'onore e la gioia di partecipare a questa impresa culturale e spirituale: prima con la mia passione giovanile e poi, col passare degli anni, con un approccio progressivamente arricchito dal contrasto con altre culture e, soprattutto, dall'esplorazione dell'immenso patrimonio dottrinale della Chiesa".

La via dei trascendentalisti

Questa proposta antropologica ed etica che Karol Wojtyła/Giovanni Paolo II avanza può essere analizzata da diversi punti di vista. Uno di questi consiste nell'illuminarla dal prisma delle trascendentali dell'essere - in particolare, della verumil bonum e il pulchrum-. Certo, questo santo Papa non li ha trattati in modo monografico; tuttavia, colpisce il suo costante riferimento ad essi, in particolare quando si è riferito al fondamento antropologico ed etico della persona, nonché alla sua proiezione nella sfera culturale e sociale.

In che misura la ricerca del bene, della verità e della bellezza sono essenziali per gli insegnamenti di questo pensatore e papa? Possiamo ricordare un paio di sue dichiarazioni, tanto rivelatrici quanto sconosciute. Una di queste ebbe luogo durante una delle sue visite pastorali a una parrocchia romana (Santa Maria in Traspontina), dove, dopo essere stato accolto da un coro di bambini, colse l'occasione per parlare dell'importanza dell'educazione alla bellezza.

Nel colloquio improvvisato che seguì, in risposta a una domanda, San Giovanni Paolo II rivelò qualcosa che era profondamente impresso nel suo cuore: "Uno di voi mi ha chiesto che cosa avrebbe fatto il Papa se non fosse stato Papa (...) Anche se non fossi Papa, il mio compito principale sarebbe quello di conservare, proteggere, difendere, aumentare e approfondire questa aspirazione al bene, al vero, al bello".

Una rassegna dei suoi interventi in occasione di incontri con esponenti della cultura, artisti e comunicatori dimostra che non si è trattato di un commento isolato. Ad esempio, appena un mese e mezzo dopo l'elezione a Successore di Pietro, in un'udienza con i rappresentanti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano in occasione del centenario del suo fondatore, padre Agostino Gemelli, il neoeletto Pontefice polacco ha affermato chiaramente che "la persona umana trova la piena realizzazione di sé solo in riferimento a Colui che costituisce la ragione fondamentale di ogni nostro giudizio sull'essere, sul bene, sulla verità e sulla bellezza". Da quel momento in poi, nei discorsi e nei discorsi rivolti a chi opera nel campo della cultura, dell'arte o della comunicazione, saranno numerosi i riferimenti espliciti a questi tre trascendenti.

Lo "stigma eterno di Dio" nel mondo e nel cuore dell'uomo

Infatti, partendo dal mistero dell'uomo come persona, creata a immagine di Dio, Karol Wojtyła/Giovanni Paolo II propone un itinerario ascendente verso Dio, perché, dice, "ciò che è umano porta in sé lo stigma eterno di Dio, è un'immagine di Dio". Verità, Bene e Bellezza non sono che altri nomi di quell'Essere Supremo e Personale che chiamiamo Dio, e ad essi aspiriamo; sono l'oggetto delle nostre forze spirituali (intelligenza, volontà, affetti). A partire da questa convinzione, Wojtyła seguirà un suo particolare percorso intellettuale e artistico, basato sulla fenomenologia e illuminato dalla fede, che ebbe modo di descrivere nelle prediche alla Curia del 1976 e raccolte nel libro Segno di contraddizioneIl itinerarium mentis in Deum emerge dal profondo delle creature e dal profondo dell'uomo.

In questo percorso, la mentalità moderna si basa sull'esperienza dell'uomo e sull'affermazione della trascendenza della persona umana (...). La trascendenza della persona è strettamente legata al riferimento all'Uno che è la base fondamentale di tutti i nostri giudizi sull'essere, sul bene, sulla verità e sulla bellezza. È legata al riferimento a Colui che è anche totalmente Altro, perché infinito".

La via dei trascendentali risponde così all'esigenza antropologica dell'essere umano di aprirsi all'infinito, a cui aspira per la propria natura razionale e spirituale. Queste categorie o dimensioni dell'essere (verità, bene, bellezza) costituiscono i fili conduttori del quadro che unisce l'uomo (creatura, essere partecipato) a Dio (creatore, essere per essenza), grazie alla sua condizione di imago Dei. Lo stesso Wojtyła ha cercato di seguire questo triplice percorso attraverso l'arte, la filosofia e la teologia, convinto che, in realtà, tutto ciò che è veramente umano riflette l'impronta di Dio. In questo modo, come nota lo stesso Wojtyła, "la itinerarium mentis in Deumcome "via del pensiero di tutto l'uomo", finisce per diventare una vera "via di tutto l'uomo", una vera "via di tutto l'uomo".itinerarium hominis".

Questo percorso di verità, bontà e bellezza è particolarmente adatto a recuperare il fondamento cristiano di una società e di una cultura che si sono allontanate da Dio e dall'uomo stesso, cadendo in qualche modo nell'autodistruzione e nella disperazione. Di fronte alla crisi della metafisica - e alla conseguente dispersione o disunione tra i trascendenti - provocata dalla filosofia moderna, San Giovanni Paolo II ha recuperato ancora una volta il fondamento metafisico della filosofia e ha proposto una prospettiva personalista e trascendente, da cui deriva una proposta etica ugualmente ancorata alla persona umana e alla sua trascendenza. In questo senso, Papa Wojtyła ha voluto raccogliere questa enorme sfida culturale e antropologica indicata dal Concilio Vaticano II e ha costruito una solida risposta antropologica ed etica alle questioni poste dal pensiero moderno.

Un progetto di vita e di insegnamento

Karol Wojtyła/Giovanni Paolo II ha dedicato la sua vita a questo percorso, con costanza, convinzione e fermezza. Inizialmente indicato durante il suo periodo di filosofo e professore di etica da un punto di vista più antropologico, ha acquisito maggiore sviluppo e maturità nel corso del suo pontificato, durante il quale lo ha affrontato anche da una prospettiva teologica (cristologica e trinitaria). In particolare, ribadisce con insistenza la necessità di fondare le espressioni culturali, artistiche e comunicative sui trascendenti dell'essere. La cultura è l'incarnazione delle esperienze spirituali di un popolo", dirà in un'occasione, "e dà espressione concreta alla verità, al bene e alla bellezza". Infatti, la ricerca del bene vero e bello conduce l'uomo all'incontro con Dio e con la realtà più profonda del proprio essere.

Nella misura in cui la persona proietta se stessa nella sua opera, può contribuire a far sì che questo itinerario sia seguito anche da coloro che contemplano ciò che è uscito dalle sue mani o è frutto della sua intelligenza o del suo talento creativo. Quindi, le manifestazioni culturali e artistiche, e i contenuti diffusi attraverso i media e lo spettacolo, sono un canale ideale per "una più vigorosa irradiazione culturale della Chiesa in questo mondo alla ricerca della bellezza e della verità, dell'unità e dell'amore". Questa ricerca antropologica diventa anche un incontro cristologico, poiché Gesù Cristo è il Modello secondo il quale l'uomo è stato fatto, e come Via, Verità e Vita è anche la piena manifestazione della Bellezza, della Verità e della Bontà.

"Porto il tuo nome in me"

Nel corso della sua vita, questo santo Papa ha percorso personalmente questi tre sentieri della bellezza (attraverso la coltivazione della poesia e del teatro), della ragione (nella sua sfaccettatura filosofica) e della fede (come teologo), fermo nella sua determinazione a trovare le tracce divine presenti nella persona umana e nella creazione (la pulchrumil verum e il bonum) per elaborare, a partire da lì, quella "sinfonia" antropologica che ha interpretato con la sua vita, come parte della missione evangelizzatrice a cui Dio lo ha invitato a partecipare. Anche in questo caso, egli ha onorato il suo ruolo di pontifex ("costruttore di ponti"), perché ha unito le due sponde, a volte opposte, della fede e della cultura, e ha anche incarnato l'ideale dell'umanista cristiano, favorendo la messa al servizio del Vangelo di ogni mezzo di comunicazione e delle diverse espressioni culturali e artistiche.

Una parte importante di questo sforzo è stata quella di riscoprire il cammino dei trascendenti, quelle tracce o stimmate di Dio presenti nel cuore umano. Ne parlerà ancora nella raccolta di poesie che scrisse al crepuscolo della sua vita (Trittico romano), in cui scrive: "Porto in me il tuo nome, / questo nome è segno dell'alleanza / che il Verbo eterno fece con te prima della creazione del mondo (...) / Chi è Lui? L'Uno indefinibile, / l'Essere da sé, / l'Unico. Creatore di tutto, / Allo stesso tempo, la Comunione delle Persone, / In questa Comunione c'è un dono reciproco della pienezza della verità, della bontà e della bellezza."

Nella lettera che scrisse al professor Giovanni Reale alla fine della sua vita, San Giovanni Paolo II espresse la sua gratitudine alla Divina Provvidenza per averlo reso capace di portare avanti una tale "impresa culturale e spirituale" - un progetto di vita intera - al cui centro si trova sempre "l'uomo come persona (...), immagine dell'Essere Sussistente, (...) oggetto di incessante analisi filosofica e teologica". A nostro avviso, si può affermare che egli ha più che raggiunto questo obiettivo. Non invano, come afferma Rino Fisichella, "ogni successore di Pietro è chiamato al momento giusto e con la sua personalità corrisponde alle esigenze che si presentano nell'arazzo della storia".

Sulle orme di Dio nel mondo

AutoreAlejandro Pardo
Editoriale: Eunsa
Numero di pagine: 536
Anno: 2025
L'autoreAlejandro Pardo

Sacerdote. Dottore in Comunicazione audiovisiva e Teologia morale. Professore presso l'Istituto Core Curriculum dell'Università di Navarra.